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Autore: Snix91    09/09/2017    0 recensioni
In assenza di Wynonna Earp pubblico questa storia nella categoria The100 dove ho già scritto "Hope" fanfiction sulle Clexa/Elycia.
Trama: Racconto breve sulle Wayhaught (per chi non lo sapesse sono Weaverly e Nicole una coppia del telefilm Wynonna Earp). La storia è ambientata nel mondo di Wynonna ma senza l'esistenza di demoni.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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WEAVERLY:

 

Trascorrere del tempo con mia nipote era una delle cose che più amavo ma ormai era quasi una settimana che Wynonna mi aveva lasciato il compito di tenerla a bada. Il lavoro la stava divorando e a me stava impedendo di vedere Nicole nelle ore libere. Nel momento in cui venni a sapere tramite la mia ragazza che nelle pause mia sorella andava da Shorty's quando io non lavoravo, allora, andai su tutte le furie. Quella mattina decisi più che mai di precipitarmi nel suo ufficio, ma prima di farlo, lasciai la piccola da Doc e passai al bar per ordinare due caffè d’asporto.

 

Lasciata mia nipote salutai Doc e lui alzò il suo cappello in segno di saluto.

 

“Sii buona con Wynonna!” mi disse in lontananza ed io lo fulminai con lo sguardo. Il suo sorrisetto sparì come un fulmine e prima che io potessi dire altro chiuse la porta dell’ingresso. 

 

La macchina la parcheggiai nel retro della stazione, scesi, sistemai il mio bellissimo cappotto leopardato sulle spalle e mi avviai verso la caffetteria. 

 

Attraversai la strada più veloce che potevo con i mano il cartone che teneva ben saldi i due bicchieri. 

 

Entrai nella porta di servizio della stazione di polizia dove solitamente solo gli autorizzati potevano accedervi. Nicole mi aveva dato il permesso di farlo ma senza dare nell’occhio. Mi addentrai subito nella stanza relax dove solitamente il personale poteva usufruire della cucina o di 5 minuti di riposo e la oltrepassai richiudendo l’altra porta dietro le mie spalle.

 

Camminai quasi in punta di piedi fino ad arrivare all’ingresso principale. Mi guardai attorno prima di notare Wynonna in lontananza, intenta a giocare con una matita e a sbuffare di tanto in tanto.

 

Accelerai il passo prima che potesse parlare, lei alzò lo sguardo e mi guardò spaventata.

 

“Dimmi che non è quello che penso!” esclamai posando i due bicchieri sul lungo bancone prima di farli volare per terra.

 

“Cosa?” mi chiese mia sorella sgranando gli occhi e inarcando le sopracciglia.

 

“Sono giorni che mi prendo cura di tua figlia….” mi fermai per un momento ammorbidendo il tono “…non che non mi faccia piacere…” tornai seria “….che arrivo persino in ritardo a lavoro e vengo a sapere che dopo aver finito di lavorare invece di precipitarti a casa fai prima un salto da Shorty's?!” cercai di riprendere fiato.

 

Wynonna  alzò gli occhi al cielo.

 

“Dannata, Nicole!” disse per poi tornare a concentrarsi sui fogli davanti a lei.

 

Aveva già capito che ero stata informata da Nicole.

 

“Smettila di fare così e ridammi indietro la mia libertà e miei momenti d’intimità!” le ultime parole le dissi a bassa voce per non farmi sentire dagli altri e Wynonna mi guardò disgustata.

 

Ci mise qualche secondo per rispondermi.

 

“Ok, hai vinto.” disse tornandosi a sedere composta e alzando entrambe i palmi delle mani sopra la testa.

 

“Meno male!” sospirai chiudendo gli occhi.

“Ma devi tenermela anche stasera.” aggiunse, ed ero già pronta per rimproverarla.

 

La fissai soltanto.

 

“Stasera c’è il torneo di freccette.” disse lanciandomi un sorrisetto.

 

“Mi prendi in giro?” feci un piccolo urlo.

 

Improvvisamente fummo attirate da un rumore proveniente dalla mia sinistra. Nicole era uscita dalla sua stanza e in mano teneva ben salda la sua giacca con sopra il distintivo del distretto. Era piuttosto preoccupata.

 

“Ehi, baby!” mi disse seria, sospirando appena. Vederla avvicinarsi a me con quel fare autoritario mi fece venire i brividi. 

 

Amavo tutto di lei, persino quando mi guardava con quegli occhi persi a pensare chissà cosa.

 

“Ehi.” la salutai sorridendole come una cretina ormai ammaliata dalla sua bellezza.

 

La guardai alzando leggermente la testa a causa della differenza di altezza che ci portavamo.

 

“Che ci fai qui?” mi chiese posando l’avambraccio sul bancone, pronta a rivolgere l’attenzione a Wynonna. Notai che andava piuttosto di fretta.

 

“Sono venuta a pregare Wynonna di lasciarci un pò più di tempo per noi….” e a quelle parole Nicole acconsentì alla mia richiesta serrando le labbra e pensandoci su “….e poi a lasciarvi questi.” Le indicai i caffè che ormai era diventato solo uno dato che Wynonna ne aveva subito assaggiato un sorso, evitando le nostre parole.

 

Nicole mi sorrise e quel dolce momento mi bastò per essere felice tutto il giorno.

 

“Grazie tesoro ma ho ricevuto una chiamata e abbiamo un’uscita d’emergenza.” disse guardando mia sorella con la coda dell’occhio.

 

Wynonna si ricompose e bevve l’ultimo sorso.

 

“Ok, sono pronta!” disse gettando il bicchiere nel cestino e facendo il giro del bancone.

 

Nicole seguì Wynonna con lo sguardo per poi tornare a guardare me e mi sorrise di nuovo.

 

Risposi alle sue attenzioni ed ebbi come una strana sensazione. Come se non volessi che lei andasse via. Fu come un segno per me. 

 

Si portò la giacca sulle spalle e la indossò. Nel frattempo mia sorella ci raggiunse.

 

Si era messa di fianco a me.

 

Nicole si tirò su la zip della giacca e parlò.

 

“C’è stata una rapina a mano armata tra la terza e la quarta strada non molto lontano da qui, pare ci siano anche degli ostaggi.”

 

Si era creato un certo movimento in centrale cosa che non mi sfuggì.

 

Il mio cuore cominciò a battere forte poiché due tra le persone più importanti della mia vita stavano per affrontare un pericolo a dir poco da sottovalutare.

 

“Ok, allora ti aspetto fuori.” disse Wynonna. Ci guardammo per un istante in cui fece la spocchiosa e senza timore si avviò verso l’uscita. 

 

Nicole restò ancora per un momento con me.

 

“Sta attenta.” le dissi terrorizzata.

 

Era la terza volta che mi sorrideva.

 

“Non preoccuparti, torno presto.” mi disse e si sporse verso di me lasciandomi un bacio sulla tempia. Al tocco di quelle soffici labbra chiusi gli occhi e persi un battito. 

 

Non si sbilanciava mai a lavoro e su questo eravamo entrambe d’accordo.

 

Si staccò da me e cominciò ad infilarsi i guanti.

 

Pian piano si avviò verso l’uscita.

 

“Ah…” richiamò la mia attenzione.

 

“..il caffè lo berrò più tardi, puoi lasciarlo anche sulla mia scrivania. Lo sai che lo bevo anche freddo.” Il suo sorriso ormai era perenne sul suo viso.

 

Con ansia le feci cenno con il capo e la vidi voltarsi dandomi le spalle. Avevo sempre paura quando riceveva chiamate d’urgenza ma purtroppo quello era il suo lavoro come lo era anche di Wynonna quindi dovevo solo imparare a lasciarle andare, non facendomi guidare dalle emozioni.

 

 

NICOLE:

 

Uscii dal distretto più veloce che potevo con ancora alla mente il volto angelico della mia Weaverly. Ogni volta che uscivo per affrontare qualunque pericolo il mio cuore richiamava solo la sua figura.

 

Mi apprestai ad andare dal lato del guidatore della mia auto di servizio e il mio occhio cadde su Wynonna che era già seduta sul posto del passeggero e masticava la chewing-gum a bocca aperta.

 

“Non ha proprio nulla di Weaverly.” pensai tra me e me.

 

Salii sull’auto e allacciai la cintura.

 

“Allora Agente Haught…” richiamò la mia attenzione “…cosa c’è da sapere nel dettaglio?” mi chiese guardandosi intorno.

 

“Rapina in una banca, dovrebbero essere in due e stanno tenendo in ostaggio all’incirca 6 persone. Due sono sono dipendenti il resto clienti.” dissi in breve parole e lei non si scompose minimamente.

 

“Ok, facciamogli vedere di che pasta siamo fatti!” esclamò e alcune volte mi sembrava come se prendesse tutto quello come uno scherzo. Era suo solito fare battute ma quando c’era da essere seri Wynonna era l’ultima persona su cui potevi contare.

 

Arrivata a destinazione fermai la macchina davanti altre quattro pattuglie. Il resto dei colleghi era già pronto con pistola e fucili in mano per ogni evenienza. Puntavano tutti nella stessa direzione l’entrata della banca.

 

Scendemmo dall’auto e dopo aver discusso sulla situazione e su come procedere prendemmo posizione accanto agli altri.

 

“Fammi andare a me, li farò ragionare.” disse Wynonna mettendosi spalle contro lo sportello dell’automobile. Io ero accanto a lei in ginocchio con la pistola ben salda tra le mani.

 

“Non ci pensare nemmeno. Questo non è un gioco.” la rimproverai. 

Lei sbuffò come suo solito.

 

Mi voltai per accertarmi che tutto fosse al suo posto e per un attimo distolsi l’attenzione da Wynonna.

 

Non feci in tempo a guardare un mio collega posto dietro la macchina accanto la mia che Wynonna era in piedi oltre le auto. Aveva lasciato “Peacemaker” a terra. Cosi aveva chiamato la sua pistola. Mani tese sopra la testa in segno di resa. Aveva già iniziato a parlare per negoziare qualche sorta di scambio o di rilascio.

 

“Dannazione, Earp!” imprecai sgranando gli occhi e guardandola oltre il finestrino.

 

“E’ tutto ok.” mi sussurrò senza voltarsi.

 

Le pulsazioni cominciarono a farsi sempre più veloci. Non potevo permettermi di perderla. 

 

“Lo so che non è facile ma cerchiamo di raggiungere un accordo. Per favore rilasciate almeno gli ostaggi.” lo ripete più volte mentre io non facevo altro che chiudere gli occhi e pensare a cosa fare.

 

Ad un tratto accadde qualcosa di inaspettato, gli ostaggi pian piano furono rilasciati e Wynonna tirò un sospiro di sollievo abbassando entrambe le braccia.

 

Non le tolsi gli occhi di dosso nemmeno per un secondo.

 

Le persone appena rilasciate cominciarono a correre verso di noi e alcuni dei miei uomini li scortarono il più lontano possibile.

 

Tornai a fissare l’entrata della banca che ora aveva la porta spalancata e improvvisamente nella penombra uscì una mano che teneva una pistola di colore grigio metallizzato.

 

Terrorizzata cercai di richiamare Wynonna ma tutto accadde alla velocità della luce. Senza pensarci due volte uscii dalla copertura e mi avviai verso di lei che era disarmata. Con tre passi lunghi la raggiunsi e mi posizionai davanti a lei. Wynonna mi guardava come se stessi compiendo la cazzata del secolo ma ormai ero lì e lei non poteva fare più nulla.

 

Sentii uno sparo che mi colpì tra la clavicola e il collo evitando il giubbotto antiproiettile e poi ne seguirono altri due che colpirono la mia gamba destra. 

 

“Nicole.” sentii urlare dalla bocca della mora.

 

Non ebbi più la forza di restare in piedi e mi accasciai lasciando cadere la pistola e il peso all’indietro. Sentii il mio sangue fuori uscire dalle ferite e in poco tempo ne fui invasa completamente.

 

Una sequenza di spari partì subito dopo e Wynonna si gettò a terra accanto a me non volendomi lasciare sola. La mia vista cominciò pian piano ad annebbiarsi e l’ultima cosa che vidi fu il volto sfocato di Wynonna che non la smetteva di urlare dicendo di chiamare un’ambulanza e di restare con lei. Sentivo le sue mani contro il mio collo mentre cercava di fermare l’emorragia.

 

“Weaverly.” sussurrai senza avere più fiato in corpo. Quella fu l’ultima parola che pronunciai, poi gli occhi cominciarono a cedere e fui sommersa dal buio più totale.

 

 

WEAVERLY:

 

Ero rimasta in attesa del loro rientro. Le lancette dell’orologio scorrevano incessantemente ed io non la smettevo di fissare in lontananza il bicchiere che avevo lasciato poco prima sulla scrivania di Nicole. Posai un gomito sul bancone e mi morsi un labbro. Non vedevo l’ora che la mia ragazza tornasse anche solo per vedere quegli occhioni color nocciola posarsi su di me.

 

Di tanto in tanto qualche poliziotto passava dietro le mie spalle ed io mi voltavo ogni volta per vedere chi fosse. Sapere che Nicole comandava quel distretto per me fu confortevole. Aveva da poco ricevuto la promozione e già ottenuto la completa fiducia di tutti.

 

Tornai a guardare l’orologio fissato in alto sul muro alla mia destra.

 

Sbuffai. L’ansia mi stava divorando.

 

Improvvisamente il mio telefono prese a squillare, lo tirai fuori dalla tasca e vidi il nome di Wynonna stampato sullo schermo.

 

“Perché mi chiama?” dissi tra me e me inarcando le sopracciglia.

 

Avevo il cuore in gola. Cominciai a pensare al peggio.

 

“Pronto?” dissi portandomi una mano sulla fronte e in pochi secondi quella telefonata divenne una delle più brutte mai ricevute in tutta la mia vita.

 

Lasciai cadere il cellulare a terra e presi a correre più veloce che potevo senza pensare a chi mi stava intorno. L’ospedale non era poi così lontano dal distretto. Calde lacrime fuoriuscirono dagli occhi scontrandosi con il freddo pungente dell’esterno.

 

Ringraziai me stessa per aver messo scarpe comode quel giorno. Corsi senza fermare e con il fiatone raggiunsi l’entrata.

 

Ero sconvolta. Vagavo in quella struttura come una vagabonda. Cappotto sbottonato, capelli scompigliati dal vento, trucco sbavato.

 

Dopo aver percorso due corridoi finalmente raggiunsi Wynonna. Inizialmente la vidi di spalle poi si voltò verso la mia direzione e mi prese un colpo quando vidi le sue mani e la sua t-shirt sporche di sangue.

 

Quasi svenni a quella vista.

 

Le andai incontro.

 

“Mi dispiace.” mi disse senza forze.

 

Sgranai gli occhi pensando a Nicole.

 

Wynonna pianse in silenzio.

 

Fui attirata da movimenti ad intermittenza oltre il vetro sulla mia sinistra. Rimasi a bocca aperta quando vidi alcuni medici e infermieri intorno a Nicole che cercavano di fermare l’emorragia ed erano pronti ad intubarla.

 

“No, no, no!” urlai presa dallo sconforto. Volevo entrare in quella stanza. Feci uno scatto fulmineo diretta verso la porta ma Wynonna mi bloccò stringendomi in un abbraccio. A malincuore le diedi qualche gomitata nello stomaco non smettendo di fissare il volto spento di Nicole.

 

Piansi. Piansi forte e mia sorella con me e per un pò restammo lì fin quando i medici non ci scortarono nella sala d’attesa.

 

Restammo per buone 4 ore ad attendere notizie da parte dei medici. Per la prima volta Wynonna non pronunciò parola, si limitò solo a portarmi dell’acqua e qualcosa di caldo che io rifiutai senza nemmeno guardarla negli occhi. Ero rannicchiata su una sedia in cerca di risposte e finalmente quando il medico arrivò il mio volto riprese leggermente colore.

 

“Allora?” chiesi mettendo entrambe le mani sui fianchi.

 

Avevo la tachicardia.

 

“Voi siete?” ci chiese l’uomo.

 

“Sono la sua compagna.” risposi di fretta, non volevo più aspettare. Il medico ci guardò per qualche secondo e gli bastò lo sguardo minaccioso di mia sorella per prendere parola.

 

“Allora…” esitò ed io mi morsi la lingua per non piangere.

 

“Nicole è riuscita a superare l’intervento ma la situazione è critica. Ha perso molto sangue e attualmente è in corso una piccola infezione nella gamba destra che speriamo di risolvere…”

 

Per un attimo persi la vista. Avevo le lacrime che mi impedivano di vedere.

 

Wynonna posò una mano sulla mia spalla.

 

“…purtroppo non si è svegliata dopo l’intervento e siamo stati costretti ad intubarla.” 

 

“Quindi è in coma?” dissi non capendone niente di medicina. Mi portai solo una mano davanti la bocca e sconvolta piansi senza mai fermarmi.

 

Mia sorella era sempre accanto a me che mi sosteneva.

 

“Per il momento la situazione è questa, quando avremo accertamenti sarete informate.” concluse.

 

“Posso vederla?” per un attimo mi ripresi.

 

“Domani potrà vederla. Adesso è appena uscita dall’intervento e ha bisogno di riposo.” rispose il medico con gentilezza.

 

Non mi rimase altro che annuire ed attendere il giorno dopo.





to be continued....
  
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