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Autore: NPC_Stories    09/09/2017    2 recensioni
Sono un ranger elfo dei boschi della foresta di Sarenestar, o foresta di Mir come la chiamano gli umani. Il mio nome è Johlariel, per gli amici Johel.
Sì, ho degli amici.
Sì, per davvero, anche se sono un elfo, quelle voci che girano sul nostro conto sono solo calunnie. In realtà sono un tipo simpatico e alla mano.
Questa storia è una raccolta di racconti, alcuni brevi altri lunghi e divisi in più parti, che narrano dei periodi in cui ho viaggiato per il mondo insieme a un mio amico un po' particolare. Per proteggere la sua privacy lo chiamerò Spirito Agrifoglio (in lingua comune Holly Ghost, per comodità solo Holly). Abbiamo vissuto molte splendide avventure che ci hanno portato a crescere nel carattere e nelle abilità, e che a volte hanno perfino messo alla prova il nostro legame.
...
Ehi, siamo solo amici. Sul serio. Già mi immagino stuoli di ammiratrici che immaginano cose, ma siamo solo amici. In realtà io punto a sua sorella, ma che resti fra noi.
.
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Nota: OC. A volte compariranno personaggi esistenti nei libri o nella wiki, ma non famosi.
Luglio 2018 *edit* di stile nel primo capitolo, ho notato che era troppo impersonale.
Genere: Avventura, Fantasy, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Forgotten stories of the Forgotten Realms'
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1308 DR: Quando ci rivedremo avrai un’altra forma, ovvero Le molte strade della vita e della morte


“Hai parlato con lei del motivo che ti ha spinto qui? La richiesta di tornare in vita?” gli domandai un giorno, mentre facevo colazione con pane fresco e uova strapazzate, esperimenti culinari dei bambini ospiti della locanda.
“Non ancora. Non ho trovato il tempo, sembra impegnata a preparare qualcosa di importante e non voglio disturbarla.” Mi rispose, tenendosi sul vago.
“Non ti senti pronto a parlarne?”
Minimizzò la mia teoria con un gesto della mano. “Le parlerò. Ma è la verità, sembra sempre impegnata.”
In quel momento, per caso o per fortuna, Krystel si avvicinò al nostro tavolo con due tazze di caffè d’orzo, me ne porse una e si sedette insieme a noi.
“Ho finito per stamattina” annunciò, con aria soddisfatta. “O almeno ho finito le faccende. Mi dispiace non essere ancora riuscita a parlare con voi come si deve, anche se siete arrivati da giorni.”
“Oh? Sei stata davvero impegnata, come crede Holly?”
Si spostò una ciocca di capelli dietro l’orecchio con un gesto aggraziato. Sembrava accaldata, probabilmente veniva dalla cucina. In quel momento, anche nei suoi semplici abiti da lavoro, era davvero adorabile.
“Per la verità sì. La festa di Mezzinverno si avvicina. Il mese di Alturiak di solito porta una serie di disgeli alternati a morse di freddo, e in occasione del primo disgelo dopo Mezzinverno i ragazzi più grandi tornano alle loro fattorie per aiutare i genitori nella preparazione dei campi prima della semina. Quindi ho delle cose da predisporre, fra pochi giorni resteranno solo i più piccoli e il carico di lavoro sarà maggiore. Inoltre Tiffany verrà qui perché sta morendo e c’è da predisporre il suo Rituale di Passaggio.”
Aveva parlato tutto d’un fiato, come chi è abituato a non avere molto tempo da perdere in chiacchiere. Non so chi fosse Tiffany, ma mi sembrava strano che una persona buona come Krystel parlasse della sua morte come avrebbe parlato del tempo.
“Tiffany era una delle sue apprendiste.” Mi venne incontro Holly, intuendo il mio disagio. “Almeno mi pare.”
Krystel passò lo sguardo da lui a me, vide la mia confusione e colse al volo la mia domanda inespressa. “Sì, Tiffany è stata mia apprendista. Venne a studiare qui subito dopo la pestilenza del 1266, che l’aveva lasciata orfana. È stata un’ottima strega per la cittadina di Daggerford e le sue campagne, negli ultimi trentacinque anni. Ora ne ha... non tantissimi, forse cinquantacinque... ma la malattia aveva indebolito il suo corpo ed è sempre stata di costituzione fragile da allora. I vari acciacchi a cui ha fatto fronte negli anni alla fine l’hanno fatta invecchiare precocemente, non le resta molto tempo ormai. Lei lo sa e io lo so, quindi verrà qui e bisogna preparare tutto per bene.”
“Preparare per cosa? Cos’è il... Rituale di Passaggio?” domandai, ricordando come lo aveva chiamato poco prima.
“Una cosa che una strega può scegliere di fare al momento della sua morte naturale. Forse avrai modo di vederlo.”

Quattro settimane dopo, sotto una mezzaluna pallida e lontana, un gruppo di persone se ne stava in piedi accanto a un basso mucchio di pietre. Non eravamo lontani dalla locanda, eravamo ancora all’interno del suo territorio, prima che iniziassero i campi dei contadini. Alcune fiaccole ardevano delimitando l’area del rituale, illuminando i presenti di una luce incerta e scostante.
Krystel era in piedi accanto al mucchio di pietre, su cui era stato posato il cadavere di una donna smunta e fragile. I suoi capelli, ormai più grigi che castani, erano stati lasciati sciolti e accuratamente pettinati, ma conservavano ancora la forma ondulata delle trecce che la donna usava in vita.
“Ti salutiamo, Tiffany della Congrega dell’Orso” intonò Krystel, con voce solenne. Tre dei suoi quattro figli, la sua apprendista Esmeralda, l’apprendista di Tiffany e altre due streghe giunte da Uluvin e Red Larch apposta per l’occasione ripresero in coro il saluto. Sette persone avevano parlato all’unisono come se qualcuno gli avesse dato un segnale.
Io e Holly osservavamo il rituale restando più indietro; era la prima volta che assistevo a una simile cerimonia e ne ero affascinato.
“La tua nuova vita sarà libera dagli orpelli del mondo.” Recitò la strega di Uluvin, una donna di mezza età che credo si chiamasse Morgan. “Non avrai bisogno di gioielli”. Così dicendo, prese una collana che era stata appoggiata sul collo della defunta, ma senza essere agganciata.
Un’altra strega si avvicinò al tumulo. “La tua nuova vita non ti vedrà deperire e invecchiare.” Dichiarò la ragazza giunta da Red Larch, una donna dall’aspetto anonimo di cui non sapevo nulla.
“Non avrai bisogno di specchi”. Tolse un piccolo specchio a manico dalla presa fredda e immobile della morta.
Krystel prese di nuovo la parola: “Ma nella tua nuova vita avrai bisogno dei tuoi ricordi.” Si fece avanti e poggiò un piccolo oggetto fra le mani di Tiffany, non potevo vederlo bene ma penso fosse una statuina. “Ricorda chi sei, Tiffany della Tenuta della Collina, figlia della famiglia Archer. Tiffany della Congrega dell’Orso, seconda apprendista di Krystel. Tiffany strega di Daggerford, supporto e guaritrice di tante brave persone. Tiffany maestra di Rae, che lasci in buone mani.”
“Nella tua nuova vita, porta con te i tuoi ricordi. Nella tua nuova vita, porta con te il nostro affetto. Nella tua nuova vita, porta con te le nostre benedizioni.” Recitarono tutti, in coro, ancora con quel tempismo perfetto e inquietante.
“Se qualche divinità ci sta ascoltando” annunciò Krystel “accetteremo le sue benedizioni con gioia. Ma siamo noi, noi mortali, a decidere cosa fare delle nostre vite e della nostra morte. Tiffany ha fatto la sua scelta. Addio e arrivederci Tiffany della famiglia Archer, Tiffany della Congrega dell’Orso, Tiffany di Daggerford.”
Di nuovo tutti insieme, come una sola voce: “Addio e arrivederci. Quando ci rivedremo, avrai un’altra forma.”
Poi, uno alla volta, si avvicinarono tutti e cominciarono a impilare pietre sul corpo della defunta, alternandosi fra loro, finché dopo diversi minuti ebbero creato un vero e proprio tumulo.

Andammo a dormire che ormai era notte fonda. Non sapevo cosa pensare di quel rituale, era stato come una cerimonia funebre e in un certo senso ero deluso. Ero convinto che sarebbe stato più... magico. Che sarebbe successo qualcosa.

La mattina dopo mi svegliai all’alba, prima che i bambini cominciassero con il solito chiasso mattutino. Quando scesi a fare colazione fu Tinefein, la figlia più giovane di Krystel, a portarmi il caffè d’orzo, il pane e il burro.
La salutai con gentilezza e lei mi sorrise di rimando. Sapevo che la ragazza non poteva sentire, ma stava diventando brava a leggere il labiale.
Mi guardai intorno. Avevo una domanda da porre, ma non volevo disturbare una ragazza incapace di parlare. Ahimè, non c’era nessun altro in vista.
“Tua madre non c’è, stamattina?” chiesi guardandola in faccia e scandendo bene le parole. Lei sembrò incerta su come rispondermi. Di solito si esprime a gesti o comunque si fa capire, ma non è facile esprimere concetti complessi in questo modo. Risolse il problema prendendo una lavagnetta che portava sempre con sé in una larga tasca del grembiule. Cominciò a scriverci sopra con un gessetto, e scrisse tanto che mi sentii in colpa per avere chiesto. Alla fine rivolse la lavagnetta verso di me. Ero sorpreso di quanto fosse precisa e minuta la sua grafia, anche con un gessetto.
È proibito compiere azioni legate alla vita il giorno dopo aver officiato una cerimonia funebre. Mia madre, Morgan e Talia hanno avuto un ruolo attivo ieri notte, quindi lei oggi non cucinerà, non baderà agli animali né alle piante.
Ci pensò un momento, mi guardò con aria critica e poi aggiunse in calce:
E neanche agli uomini.
Il suo ultimo commento mi strappò una risata. Si tende sempre a pensare che le persone che non possono sentire siano anche ingenue, ma a quanto pare non è vero.
Avrei voluto parlare con Krystel, ma solo per chiederle lumi sulla cerimonia. Mi rassegnai ad aspettare.

Tre notti dopo venni svegliato dal suono melodioso di una voce che cantava all’esterno. Non so chi potesse essere così pazzo (o pazza, sembrava una voce femminile) da starsene fuori di notte con quel freddo. Aprii le imposte e mi affacciai alla finestra, tollerando che l’aria pungente scivolasse sulla mia pelle.
Una ragazza ballava sul prato, vicino al tumulo funerario ormai ricoperto di terra e neve. La luce della luna crescente illuminava la notte rifrangendosi sul terreno innevato, così la vedevo piuttosto bene: indossava un vestito molto semplice e anche da quella distanza ero quasi certo che fosse a piedi nudi.
Qualcuno uscì dalla locanda per andarle incontro. La figura era coperta da un mantello ed era impossibile capire chi fosse, ma presto altre persone si unirono al gruppo.
“È successo.” Mormorò una voce accanto a me. Trasalii per la sorpresa, ma era solo Holly. Diamine, gli ho detto mille volte di non entrare nella mia stanza senza permesso! Ma quella volta lasciai correre perché avevo sentito qualcosa nel suo tono che non si sente spesso: meraviglia.
Infilai gli stivali e i miei vestiti più pesanti e scesi di corsa le scale. Qualunque cosa fosse, volevo vederla anch’io.

Avevo visto Tiffany Archer quando era arrivata alla locanda e la ricordavo come una donna anziana e tremante. La figura leggiadra che ora danzava nella neve non aveva nulla a che fare con quella visione: era una fanciulla, giovane e più spensierata di quanto la vera Tiffany dovesse essere mai stata. Tuttavia era lei, era chiaramente Tiffany, o come doveva essere apparsa quarant’anni prima. Un sorriso leggero le illuminava il volto pallido e trasparente.
“È una fantasma?” sussurrai, guardando Holly. Di certo lui doveva saperlo.
“No.” Rispose, mantenendo anche lui la voce bassa “È qualcos'altro. Non so cosa sia.”
“È una Bean Sidhe.” Intervenne una delle figlie di Krystel, rimasta indietro con noi perché aveva qualche problema a muoversi nella neve. “Una fanciulla del popolo fatato. A volte chi venera la natura, come i druidi o le streghe o perfino certi sciamani, può scegliere di restare in questo mondo dopo la morte incarnando la sua anima in una creatura fatata, un Aes Sidhe. Sono folletti che nascono espressamente dai resti dei mortali tumulati secondo questo rituale.” Riuscì a spiegare una questione così tecnica senza sembrare fredda, perché anche nella sua voce si percepiva la stessa meraviglia che provavamo noi.
“È bellissima.” Commentai soltanto.
“Quella che vedi è la bellezza della sua anima.” Hilda, così si chiamava la ragazza, sorrise con grande affetto verso la neonata Bean Sidhe. “Se non fosse stata degna non sarebbe riuscita a tornare. Ma ora è... e allo stesso tempo non è... la Tiffany che ricordiamo. Lei sa chi era e sa chi siamo, ma ora vede il mondo come un folletto, non più come una donna umana. Il suo approccio alla vita sarà completamente diverso.”
“Che cosa vuoi dire?”
Hilda si strinse nel mantello, rabbrividendo per il freddo.
“Voglio dire che andrò a salutarla ma poi cercherò di convincere tutti a tornare dentro, perché Tiffany vorrebbe condividere con noi la sua immensa gioia e il suo amore, e quindi vorrebbe che ci fermassimo a ballare con lei per tutta la notte. Così ragionano i folletti: una cosa bella o estatica non può essere dannosa. Non capisce più i nostri limiti.”
Sentii un brivido gelido lungo la schiena mentre assimilavo quella spiegazione. La nuova Tiffany era bellissima. Era terribile. Era selvaggia come la natura e ingenua come una bambina. Una combinazione pericolosa, da ammirare da lontano.
“Ecco, quella è la mia nipote con più buonsenso.” Osservò Holly, mentre guardavamo Hilda avvicinarsi con cautela al capannello di gente. “Dev’essere la sua metà umana. La tiene con i piedi per terra.”

Il mese di Alturiak passò rapidamente come era venuto. Le streghe ospiti erano tornate alle loro cittadine; tutte tranne Rae, l’apprendista di Tiffany, che doveva completare i suoi studi. Quanto a Tiffany, ogni tanto di notte si faceva vedere, ma non sempre. Più spesso potevamo godere del riposo di cui in inverno si ha così bisogno.
Con il mese di Ches arrivarono i primi fiori e la conferma definitiva del disgelo. Verso metà mese, i genitori dei bambini rimasti vennero a riprendersi i pargoli. Ogni giorno arrivava questo o quel fattore, e Krystel aveva una parola per tutti. La primavera era ancora una promessa, ma alla locanda tutti avevano iniziato i preparativi per salutare l’arrivo dell’Equinozio. Anche il primogenito di Krystel, di solito schivo e riservato, si stava facendo vedere più spesso del solito. Krystel ce ne svelò la ragione una sera in cui si fermò a cenare con noi (o meglio con me, Holly non mangiava).
“Duvainion ha preso una decisione. Probabilmente è stato il Rituale di Passaggio di Tiffany a convincerlo definitivamente, ma erano alcuni anni che ci pensava. Lui vive nella foresta.” Raccontò, riferendosi alla Grande Foresta che estendeva le sue propaggini quasi fino alla via mercantile fra Secomber e Uluvin. “Adesso ha deciso di diventare tutt’uno con la foresta. Vuole abbracciare il cambiamento che da tempo sente nel suo cuore, e diventare una Creatura Boschiva.”
Rimasi molto colpito da quella decisione. Come ranger, capisco l’amore per la natura e per le foreste incontaminate, ma una simile dedizione mi era estranea.
“Ne è proprio sicuro? E tu come la pensi?”
Krystel si concesse un sorriso triste.
“Mi stai chiedendo se mi mancherà mio figlio? Non credo che i nostri rapporti cambieranno rispetto ad ora. Sta solo diventando ciò che già è nel suo cuore. È sempre stato un solitario e non ha mai avuto un popolo verso cui sviluppare attaccamento, come te e come altre persone vicine alla natura. Io sono una strega e sento una responsabilità verso la gente di queste zone. Tu sei un ranger e sei legato al tuo clan, per te il clan e il suo territorio sono una cosa sola... correggimi se sbaglio, ma credo che proteggere la natura e proteggere la tua gente siano due necessità che si rafforzano a vicenda.”
Annuii, sorpreso. Non pensavo che fosse arrivata a capirmi così bene.
“Mio figlio non ha delle vere radici. Lo so che è un’affermazione buffa, se pensi che diventerà una Creatura Boschiva,” ancora quel sorriso triste, “ma è così. Suo padre era un elfo selvaggio, e se fossimo rimasti con il suo popolo forse Duv avrebbe sviluppato un senso di appartenenza verso di loro, ma ce ne siamo andati quando il mio compagno è morto. Da allora l’ho cresciuto da sola. So che mi vuole bene e che ne vuole alle sue sorelle, ma l’attaccamento non fa parte di lui.”
“Quindi lo aiuterai nel suo cambiamento. Farete un rituale o qualcosa del genere.”
“Sì Johlariel, faremo un rituale in occasione dell’Equinozio di Primavera.” Non scese nei dettagli, coprendo il suo silenzio con una sorsata di infuso caldo.
“E sul serio per te questa cosa va bene?” Ripetei la domanda perché non riuscivo a capacitarmi della sua risposta. Mi sentivo un po’ stupido, ma non riuscivo proprio a capire. Per noi elfi il concetto di famiglia è sacro, anche perché siamo così poco fertili.
“Che madre sarei se impedissi ai miei figli di fare ciò che il loro cuore gli detta? Io li supporterò sempre. A cosa servirebbe il contrario?” Mi domandò, con onestà disarmante, e mi resi conto che non avevo una risposta. “Se anche dovessi vedere Duvainion ancor meno di ora, so che continuerà a volerci bene ed è l’unica cosa che conta.”

L’Equinozio arrivò. L’Equinozio passò, portandosi dietro tutti i suoi cambiamenti. Questa volta non mi fu concesso assistere al rituale di trasmutazione, e la mattina dopo Duvainion se n’era già andato, di ritorno nella sua amata foresta. Un peccato, perché devo confessare che ero curioso, anche se forse la mia curiosità era inopportuna.
“Ho deciso di parlare con mia sorella” annunciò Holly quella mattina.
“Ah bene, alla fine siamo qui solo da due mesi.” Fu il mio solo commento.
Holly ignorò il sarcasmo.
“Quindi cosa hai concluso?”
“Che mi serve tempo per pensarci. Ultimamente ho assistito a... alle azioni di gente che ha scelto di cambiare la propria condizione... e la cosa mi affascina ma mi preoccupa anche. Ma ci penserò, sul serio.”
Accettai la sua posizione. Era la sua vita, o qualunque cosa fosse.
“C’è un’altra cosa. Krystel vorrebbe riprendere a viaggiare.” Disse tutto d’un fiato.
“Come? Ma lei non vive qui in modo stanziale?”
Si passò una mano dietro alla testa, era chiaramente a disagio ma non sapevo perché. “Più o meno. Molte streghe sono semi-nomadi e girano nella loro regione per coprire un’area più vasta. Ma lei nel corso della sua vita ha anche viaggiato più lontano, e vorrebbe ricominciare a farlo. Dice che serve ad ampliare la mente.”
Scrollai le spalle: a quello non potevo controbattere, anche io viaggiavo per ragioni simili.
“Quindi, se per te va bene... partiremo dopo la festa di Pratoverde.”
Battei le palpebre una o due volte, senza capire. “Come, tutti e tre?”
“Io preferirei non lasciarla sola. Non dopo l’ultima volta.” Si giustificò. “E penso che desideri recarsi nella Brughiera Sterminata e quello è un luogo pericoloso. Lei dice che lo conosce bene, ma in alcune zone è una vera palude ed è infestata dai troll, non me la sento di perderla di vista. Per te è un problema viaggiare in tre?”
Avrei fatto una battuta sul non perderla di vista, ma qualcosa nel tono di Holly mi dissuase.
“Cosa è successo l’ultima volta?” domandai, percependo del dolore nel modo in cui aveva sorvolato rapidamente l’argomento.
“Non sono riuscito a proteggerla adeguatamente.” Disse soltanto, ombrandosi. E non ci fu verso di scucirgli altro.

Mesi dopo eravamo tutti e tre appena emersi a fatica dalla Brughiera Sterminata.
“Sai cosa? Penso che farò incantare ulteriormente la mia sciabola.” Annunciai, saggiando il filo della lama con un dito. Non ero soddisfatto della sua utilità contro i troll.
“Forse sei tu che non la sai usare a dovere.” Mi provocò Holly. “Che ne dici di dimostrare quanto vali?” Sfoderò le sue spade corte; era una sfida in piena regola. Era molto che non avevamo occasione di addestrarci un po’ combattendo contro un avversario abile e non contro mostri senza cervello, quindi accettai con slancio. La scarsa utilità della mia arma contro i troll mi aveva reso frustrato.
Purtroppo non avevo calcolato che combattere contro di lui è a sua volta una cosa più frustrante di un coito interrotto.
“Maledizione, ma ti degni di prendere un colpo?” sbottai a un certo punto.
“Combattiamo da solo tre minuti e già pretendi di colpirmi? Mi deludi Johel.” Rispose con un gran sorriso, deviando il mio ultimo affondo con una delle sue lame e scattando avanti con l’altra in un attacco poco convinto, che parai senza problemi.
“Sei fastidioso!”
Gongolò in modo ancora più fastidioso.
“Non è colpa mia se sei un incapace!”
A questo insulto gratuito, mi fermai. “Holly, che diamine stai facendo?”
Finse di non capire.
“Ti conosco Holly, ti stai rendendo antipatico apposta. Perché?”
Stavolta sospirò e abbassò le armi.
“Ricordi che c’è stato un periodo in cui io e te ci vedevamo solo d’estate?”

Sarebbe partito. Con sua sorella. Per tutto l’inverno, in un luogo troppo pericoloso per me.
“Tornerai, giusto?”
Allargò le braccia, come per indicare tutto se stesso. “La mia stessa natura indica che io torno sempre!” rise.
“E la riporterai indietro sana e salva?”
“Corro più rischi io di lei” fu l’enigmatica risposta.
“E quando ci rivedremo... avrai un’altra forma?”
Sorrise, ma era un sorriso rassegnato.
“Credo di no. Non ho ancora deciso nulla.”

           

   
 
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