ANNOYING
«Oh guarda! C’è la tua principessa in
tv!»
Adrien non sapeva cosa provare. Non era la
prima volta che scopriva di avere delle fan – queste ultime non ne facevano un
mistero, gli si buttavano letteralmente addosso – ma riusciva bene o male a
gestire la situazione, perché erano ragazze che non conosceva direttamente e
con cui non aveva nulla a che fare; questo non significava che mancava loro di
rispetto, solo non doveva pensare a come approcciarsi la volta successiva.
Tutto si complicava se si trattava di
compagne di scuola: come avrebbe dovuto comportarsi se tra quelle pazze ammiratrici
figurava anche la dolce e timida Marinette Dupain-Cheng, la ragazza che in sua presenza si comportava
stranamente e lui non aveva mai capito come mai?
Era buffa e tenera quando gli si
rivolgeva, balbettava e non riusciva a formulare una frase di senso compiuto al
primo tentativo, scambiava persino le parole, fino a che esasperata rinunciava.
Per questo non era in grado di accostarla a quelle teenagers
fanatiche.
Tuttavia la sua fama doveva, in
qualche modo, centrare per avere questo effetto su di lei. E Adrien non era sicuro se sentirsi lusingato o deluso.
Era strano, come se non fosse giusto.
«Perché quella faccia? Non è un
problema se la Principessa è una tua fan. Se non altro non è così irritante
come tutte le altre!»
Plagg non soffriva gli starnazzi di
ragazzine eccitate che facevano di tutto per attirare l’attenzione del giovane
modello e non gli permettevano di gustarsi, nel suo angolino nascosto, il suo adorato Camembert.
In fondo, se la sua campagna di
classe lo adorava e gli faceva gli occhi dolci nelle sue quattro mura di casa,
non ci vedeva nulla di male.
Adrien corrucciò la fronte. Non gli piaceva
affatto quello che stava dicendo Plagg, non era
d’accordo. Come faceva a non vederlo, il problema?
«Non ti capisco proprio!» continuò il
Kwami, imperterrito, svolazzandogli intorno.
Cosa aveva di diverso lei dalle
altre?
La realizzazione lo colpì come un
treno in corsa, bloccando il suo volo frenetico.
«Oh adesso ci sono!» esclamò la
piccola divinità. «Non ti va giù perché lei è la tua Principessa»
Si era illuso che Plagg
potesse arrivarci; era stata una speranza vana.
Scosse la testa, sconsolato.
«No, non è quello. E poi Marinette è solo un’amica.»
«Continua a crederci!»
Gli umani, creature ottuse! Per non
parlare degli adolescenti. Cosa aveva mai fatto di male per dover invischiarsi ancora
con questa categoria?
Il giovane fece finta di non aver
sentito il suo commento.
«E poi lo sai, no? Il mio cuore
appartiene solo a Ladybug.»
Come poteva scordarselo, se
puntualmente tutti i giorni glielo ricordava?
Come poteva dimenticare i pregi
dell’eroina, se Adrien non si mancava mai di
elogiarne la bellezza «da mozzare il
fiato» – quante volte durante i
pattugliamenti Chat si era scoperto a fissarla imbambolato – la bravura e
l’intelligenza – «Sa sempre cosa fare!»–
la destrezza e la fluidità dei movimenti – «Ah…l’osserverei tutto il giorno…»
– la gentilezza e la preoccupazione genuina verso gli altri, la fedeltà e la
lealtà?
Plagg poteva sopportare l’ammirazione del
giovane Agreste, ma quello che proprio gli faceva sanguinare le orecchie e gli
faceva provare un forte senso di rigettare il suo amato Camembert era sentire
il suo protetto lanciarsi in descrizioni stucchevoli, come facevano ai tempi i
poeti – e per fortuna non esistevano più!
A ogni «il blu dei suoi occhi rassomiglia
a un mare infinito», «il colore dei suoi capelli è scuro come una notte senza
stelle», «il suo sorriso è così luminoso da portarmi al settimo Cielo», il Kwami della sfortuna e della distruzione percepiva di
perdere una delle sue nove vite.
Perché mi capitano sempre i Chat Noir che si innamorano perdutamente di Ladybug, che però non contraccambia?
Una volta tanto desiderava fosse Tikki, quella che doveva sopportare sospiri sognanti, lamenti
di amori non corrisposti, domande senza fine e innumerevoli richieste di
consigli.
Un vero supplizio. Almeno fino alla
rivelazione delle identità dei due eroi. Generalmente da quel momento in poi le
cose andavano meglio. Ma non sempre.
Perché ho sempre la fortuna di beccare i Chat Noir più sentimentali?
Da una parte non era da biasimare
solo l’attrazione dell’eroe gatto per la sua partner visto che Plagg ci metteva del suo, dopotutto anche lui poteva
sentire la mancanza di Tikki, dopo millenni separati.
In fondo erano come lo ying e lo yang, complementari,
erano la faccia di una stessa medaglia, l’uno la metà dell’altra.
Nonostante amasse profondamente la
sua Lady, il ragazzo non poteva negare di provare una certa curiosità verso la
sua compagna di classe, soprattutto perché non gli era sfuggito come si
sentisse più a suo agio intorno a Chat Noir rispetto a quando era in compagnia
di Adrien.
E non sapeva che farsene
dell’informazione appena appresa. Ci avrebbe pensato per il resto della
giornata, senza cavarne un ragno dal buco e magari traendo delle conclusioni
errate.
Forse era meglio occuparsene subito,
rivolgendosi direttamente alla fonte.
Plagg aveva osservato le espressioni del
suo giovane portatore e aveva capito quali erano le sue reali intenzioni ma,
prima che potesse fargli presente come non pensasse che fosse una buona idea,
venne risucchiato dall’anello.
«Plagg,
trasformami!»
◊
Tikki aveva ragione: disegnare era un
ottimo anti-stress e la stava aiutando a non pensare troppo alla giornata
seguente di scuola, alle prese in giro da parte dei suoi compagni, alle
cattiverie che sicuramente Chloé le avrebbe rifilato,
alla vergogna di incontrare i suoi occhi.
Oddio, Adrien cosa penserà di me? Sicuramente che
sono una pazza; non accetterà mai di uscire con me, quando troverò il coraggio
di chiederglielo; non ci sposeremo mai; non avremo una bella casa con un cane e
un criceto, non ci saranno Emma, Louis e Hugo Agreste.
Forse esagerava un po’, come Tikki e Alya le facevano sempre notare
ma, quando si parlava di Adrien, non ne poteva fare a
meno. Era più forte di lei. Forse un giorno avrebbe imparato. Forse.
In fondo era semplice: doveva fare un
profondo respiro per calmarsi, scacciare tutti i brutti pensieri e convincersi
che sarebbe riuscita a sopravvivere a un nuovo giorno di scuola.
Tutto nella norma.
Augurandosi che Papillon non volesse
metterci lo zampino, come ciliegina sulla torta.
Si meravigliò come la sua mano avesse
vita propria e non seguisse affatto il filo dei propri pensieri.
Osservò il risultato e le piacque
quello che vide. Poteva uscirne proprio un bel capo; si sentiva ispirata e
fiduciosa.
Stava pensando a quali materiali
sarebbero stati i migliori che non si accorse della velocità con cui Tikki era andata a nascondersi.
Ne comprese il motivo, quando udì un
paio di battiti sul vetro della finestra.
Alzò gli occhi e incontrò la figura
di Chat Noir.
Ci manca solo lui, in questa giornata perfetta…
Era particolarmente tentata di non
farlo entrare: non era dell’umore giusto, però da una parte le sembrava
scortese.
Magari riusciva a cavarsela con poco…
Andò verso la fonte del rumore e aprì
le ante della finestra per accogliere meglio il suo ospite.
«Ehilà Purrincipessa!» salutò il nuovo
arrivato con aria giocosa.
Marinette ruotò gli occhi al cielo, senza
premurarsi di nascondere il fastidio.
Che pazienza che ci vuole.
Non si sentiva nemmeno in grado di
recitare la parte della fangirl
come al primo incontro di Marinette con l’eroe di
Parigi, non si preoccupò se il cambiamento del suo comportamento destasse
sospetti nel suo partner.
«Chat, cosa ci fai qui?» gli chiese,
diretta, come avrebbe fatto nei panni di Ladybug.
La risposta non tardò ad arrivare:
non appena il ragazzo mise piede nella camera della ragazza, i suoi occhi
vagarono nella stanza come alla ricerca di qualcosa, fino a posarsi con
interesse su quelle foto che
l’avevano esposta davanti a tutta la Francia.
La ragazza seguì lo sguardo di Chat e
i suoi occhi cobalto si spalancarono con orrore.
«L’hai visto anche tu» sospirò,
sconfitta.
Che imbarazzo.
Chissà come si sarebbe sentita a scuola
davanti alla sua cotta. Come glielo avrebbe spiegato?
«Sai, Principessa, non ti facevo una
di quelle ragazze.»
La sua era una semplice constatazione,
ma la ragazza si sentì comunque insultata.
«Tu pensi che io... Ah! Credi quello
che ti pare. Non ti devo nessuna spiegazione!» rispose, indignata.
E invece sì, Principessa.
Lo voleva sapere, eccome se lo voleva
sapere. Altrimenti quella notte non sarebbe riuscito ad addormentarsi, cercando
delle spiegazioni. Avrebbe avuto le sue risposte, ne andava della sua sanità
mentale e di quella di Plagg. Dopotutto, la sua Lady
gli diceva sempre che era il migliore a infastidire la gente, per cui con la
sua persuasione avrebbe ottenuto quello che tanto agognava.
Ghignò, impercettibilmente.
«Allora, dimmi: ti piace solo per il
suo aspetto?» le domandò, disinvolto.
Non poteva crederci! Chat era venuto
solo per infierire? Pensava che avrebbe lasciato perdere, le sembrava di essere
stata chiara, ma in fondo da uno come lui non poteva aspettarsi altrimenti.
«P-piacere?
Chi ha detto che mi piace?» esclamò, rossa in viso.
Lui alzò un sopracciglio, con fare
saputo.
«No, no no no no, non è come sembra» protese
le mani davanti a sé, mentre scosse la testa diverse volte.
Il ragazzo, però, non sembrava del
tutto convinto. Ci voleva più di questo.
«Vedi, Chat: il mio sogno è quello di
entrare nel mondo della moda. Gabriel Agreste, il padre di Adrien,
è il mio stilista preferito. Per questo ho le foto di suo figlio: perché ammiro
il suo lavoro.»
Marinette sperò che apparisse come una spiegazione plausibile,
in fondo non stava mentendo, stava solo omettendo alcune informazioni. D’altronde
c’erano segreti da mantenere e lei, ormai, ne sapeva qualcosa.
Il giovane non ne era del tutto
persuaso. Era come se qualcosa gli sfuggiva.
Marinette rifletté che qualcosa in più poteva
rivelargli, così se ne sarebbe andato via più felice e lei non doveva sorbirsi
troppo a lungo la sua compagnia.
«All’inizio non lo sopportavo.
Pensavo fosse come Chloé: viziato, altezzoso e
vanitoso.»
L’incidente della gomma da masticare.
Se lo ricordava come se fosse ieri.
La rabbia e la furia in quei due grandi occhi blu, non poteva dimenticarle. Non
gli aveva lasciato il tempo di spiegarsi, anche se non era sicuro di esserne in
grado. Per fortuna, poi, Nino l’aveva convinto a farsi avanti e a non lasciare
irrisolto quel malinteso.
«È stato un mio errore pensare che fosse
come Chloé, solo perché sono amici. Infatti lui si è
scusato e mi ha spiegato come stavano, in realtà, le cose. E lì ho visto la
persona che è veramente: d’animo gentile, sensibile, paziente – a volte mi
chiedo come faccia a sopportare la figlia del sindaco – disponibile, sempre
pronto ad aiutare il prossimo, davvero un ottimo amico.»
Era strano, per Marinette,
descrivere le qualità di Adrien a qualcuno che non
fosse Alya. Non si sarebbe mai sognata di
farlo con Chat tra tutti. Forse, era riuscita a aprirsi così facilmente
con lui, perché sapeva di fidarsi; gli avrebbe affidato la propria vita senza
battere ciglio.
Per Adrien
era la prima volta sentire parole positive sul suo conto che non riguardassero
il suo aspetto fisico. Marinette non era una ragazza
superficiale, non si fermava alle apparenze, ma era riuscita a cogliere il suo
carattere. Era sorprendente.
Era emozionato, commosso.
Questo vuol dire avere degli amici, qualcuno che ti vuole bene e che si
preoccupa per te.
Non era molto abituato a sentire il calore e
l’affetto, da quando sua madre non c’era più; suo padre non era il tipo da
mostrare le proprie emozioni, era sempre così distante, non sapeva nemmeno cosa
pensasse di lui, non parlavano mai, non riceveva mai complimenti, ma solo ordini
e rimproveri.
Nei momenti più malinconici, era
giunto a pensare che suo padre lo evitasse di proposito, come se lo incolpasse
della scomparsa della signora Agreste.
Osservò la ragazza di fronte a sé:
nel blu dei suoi occhi brillava una luce particolare, mentre stava rivivendo un
ricordo speciale.
Era davvero carina, si trovò a
pensare Chat. Sapeva che Marinette era una ragazza
straordinaria, talentuosa, ma non si era mai soffermato a osservarla per davvero, perché non aveva mai avuto occasione
di starle così vicino.
Era un miracolo. Poteva essere il suo
miracolo.
«Glielo hai mai detto?»
La voce del ragazzo la fece
trasalire, riportandola alla realtà.
«Cosa? Impossibile, se non riesco
nemmeno a salutarlo decentemente!» s’imbarazzò lei.
«Io sono sicuro che gli farebbe
piacere sentirlo» le disse, ammiccando.
Sentì le sue guance tingersi di un
colore rosato, non era sicura se per l’immagine che le sue parole le avevano
scaturito o per la dolcezza con cui le aveva pronunciate.
«Princesse,
grazie per la chiacchierata! Ci vediamo!» la salutò l’eroe.
Marinette era così stupita che non registrò
l’uscita di scena di Chat Noir.
Solo quando si sarebbe ripresa,
avrebbe realizzato come quel gatto fosse riuscito a distrarla dai suoi
problemi.
Salve a tutti!
Anch’io sono caduta nel fandom. Insomma adoro questa serie e questi due cupcake. ♥
E quindi ho provato a scriverci su qualcosina. Nulla di che.
Sono partita dallo spoiler in cui Adrien – come tutta la Francia – scopre delle foto in camera
di Marinette.
E niente, questo è quello che ne è
venuto fuori. C:
À la
prochaine fois!
Selly