Fanfic su artisti musicali > One Direction
Segui la storia  |       
Autore: mononokehime    13/09/2017    3 recensioni
Elizabeth Thompson abita a Dover, a poche miglia dalle scogliere. La sua vita scorre tranquilla e senza pensieri, fino a che non viene coinvolta in un matrimonio di convenienza con uno degli scapoli più ricchi d'Inghilterra e si ritrova a vivere in una sfarzosa tenuta dello Staffordshire.
Nonostante i mille lussi che la circondano, si sente prigioniera di una vita che non è sua e desidera solo scappare... fino a quando non incontra un affascinante ragazzo dal passato avvolto nel mistero, che complicherà ancora di più la situazione.
***
DAL TESTO:
Infilai le mani nelle tasche della felpa, mentre camminavo lentamente godendomi quel raro momento di tranquillità lontano dall'opprimente sfarzo di Rangemore Hall. Proprio mentre stavo per tornare indietro notai una figura di spalle seduta su un muretto ai limiti del parco.
[...]
Rimanemmo a guardarci in silenzio per alcuni secondi, quando lui accennò un piccolo sorriso.
«Tu devi essere la famosa principessina di Tomlinson»
Storsi leggermente la bocca, contrariata.
«Non è esattamente il modo in cui mi definirei, ma suppongo che ormai tutta Rangemore Hall mi conosca come tale»
Il ragazzo ridacchiò divertito.
«In effetti non posso darti torto. Qui si parlava di te ancora prima che arrivassi»
Genere: Fluff, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Louis Tomlinson, Niall Horan, Nuovo personaggio
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Harry’s POV
 
Rimasi paralizzato con il telefono in mano, senza riuscire a dare un significato a quello che Lizzie aveva appena detto. La mia mente si rifiutava di accettare quelle parole per ciò che erano, e cioè l’equivalente di una condanna a morte.
«Dimmi che stai scherzando» sussurrai, quasi senza voce. «Dimmi che non è vero, Lizzie, ti prego»
«Mi dispiace» rispose soltanto, chiudendosi in un silenzio che durò un paio di minuti.
Dentro di me si stava scatenando un uragano di emozioni contrastanti. Rabbia, rimpianto, delusione, frustrazione, dolore… era davvero possibile provare così tante cose insieme e non implodere?
Faticavo a conservare la lucidità, ma dovevo farlo per impedirmi di accettare quella situazione assurda. Come aveva potuto accettare la proposta di matrimonio di quell’animale di Tomlinson, dopo soli tre giorni – tre giorni – che eravamo stati separati? Dopo tutto quello che ci eravamo detti mi sembrava impossibile che quelle parole fossero uscite proprio da lei.
Abbiamo anche fatto l’amore quel giorno…
«Lizzie» tentai ancora una volta con voce spezzata, aggrappandomi alla speranza che un’inutile conversazione telefonica potesse essere sufficiente a farle cambiare idea, «so che sei spaventata e scoraggiata, ma non puoi buttare via la tua vita così. Sposare Louis ti logorerà, senza contare che sarai in pericolo, maledizione!»
Strinsi a pugno la mano libera e me la portai alla bocca, cercando con tutte le mie forze di mantenere il controllo di me stesso. Dall’altra parte del telefono Lizzie iniziò a piangere sottovoce.
«Perdonami, io non…» serrai gli occhi, dandomi dell’imbecille. «Non voglio renderti le cose più difficili, voglio solo che tu sia felice»
«Potrei essere felice solo con te, idiota» gridò improvvisamente, facendomi trasalire. «Trovami un modo, uno solo, in cui possiamo riuscire a stare insieme senza rovinare la vita alla mia famiglia e me ne andrò all’istante da questo posto, te lo giuro»
Rimasi con la bocca mezza aperta, colto alla sprovvista, ma com’era logico non trovai nulla da rispondere. I secondi passavano con una lentezza devastante, facendomi sprofondare sempre di più nella consapevolezza della mia inutilità.
«Come immaginavo» mormorò infine, con amarezza, prima di riattaccare.
«No, Lizzie, aspetta…» provai a fermarla, ma mi rispose solo il suono regolare della linea interrotta.
«CAZZO!» urlai, gettando il telefono sul letto e coprendomi il viso con le mani. Era davvero finita, e questa volta per sempre. Non avevo più alcuna possibilità di recuperare quello che avevo perso; ero bandito a vita da Rangemore Hall e lei si sarebbe sposata con la persona che detestavo di più al mondo.
D’altra parte non potevo nemmeno prendermela con lei per la sua decisione. In fin dei conti come al solito aveva ragione, pensare di trascinare una relazione senza mai potersi vedere era assurdo e ci avrebbe solo fatto soffrire più di quanto avremmo potuto sopportare. Il matrimonio era comunque una minaccia incombente, perciò prima o poi si sarebbe dovuta sposare in ogni caso.
Ancora una volta era stata costretta a prendere la decisione più difficile da sola, ed io non sapevo in quale lingua maledirmi. Lei stava soffrendo quanto me, ne ero sicuro, ma se non altro io avevo almeno la possibilità di rimettere in carreggiata la mia vita. Lizzie, invece, era in trappola.
Mi scompigliai furiosamente i capelli, la frustrazione che saliva a livelli esorbitanti; mi precipitai d’impulso fuori dalla casa di Niall ed iniziai a correre lungo Tennyson Road in direzione del grande parco della città. Corsi al massimo delle mie capacità per quasi mezz’ora, attraversando l’ampia distesa erbosa in lungo e in largo, quindi mi arenai piegandomi in avanti con le mani sui fianchi.
Ansimavo pesantemente, numerose gocce di sudore mi colavano lungo la fronte ed il mento raccogliendosi sulla punta del naso. I capelli mi si appiccicavano al viso ma non vi badavo, ero troppo impegnato a tenere a bada il bruciore alla gola ed i pensieri sconnessi. Mi lasciai cadere a terra, distendendomi a pancia in su sull’erba, mentre il mio respiro lentamente si regolarizzava ed il sole tiepido faceva capolino di tanto in tanto da dietro le nuvole.
Che bel compleanno di merda.
Mi veniva quasi da ridere per quanto era ridicola tutta quella situazione. Quando ero piccolo, ingenuamente, fantasticavo spesso sulla ricompensa che mi avrebbe riservato la vita per avermi tolto i miei genitori; amavo pensare che sarei stato ricco e felice, senza un solo problema al mondo. Mai avrei immaginato che a soli venticinque anni sarei stato cacciato dalla stessa casa in cui ero stato abbandonato.
Soppesai diverse alternative, senza escluderne completamente nessuna. Forse avrei potuto andarmene dall’Inghilterra, partire verso un Paese lontano dove avrei potuto ricominciare la mia vita da zero. Forse invece avrei potuto iniziare subito a lavorare, e mettere da parte soldi sufficienti per affittare un appartamento in cui far venire ad abitare anche Phil in modo da non restare separati. Oppure avrei potuto semplicemente iniziare a bere fin quando non mi sarei dimenticato perfino il mio nome, visto che sembrava l’unica soluzione per non pensare più a Lizzie.
Sospirai, chiudendo gli occhi e passandomi entrambe le mani sul viso. La corsa mi aveva aiutato a scaricare gran parte della frustrazione, ma mi aveva anche lasciato come svuotato. Facevo fatica a seguire il filo dei miei pensieri, che si trascinavano stanchi uno dietro l’altro senza una successione logica.
Frammenti della mia vita a Rangemore Hall, dei miei momenti con Lizzie e dei miei sogni infantili mi attraversarono le palpebre, lasciandomi in un limbo di dormiveglia che durò probabilmente quasi un paio d’ore. Quando recuperai il contatto con la realtà mi sollevai a sedere, un po’ indolenzito, e sbattei più volte le palpebre per riabituarmi alla luce del giorno.
Forse era il caso di tornare da Niall e Maura; probabilmente erano già preoccupati notando che ero sparito da casa loro senza alcuna spiegazione il giorno del mio compleanno. Mi alzai in piedi sbuffando, gli occhi socchiusi mentre mi guardavo intorno per capire esattamente dove fossi. Ero in prossimità del boschetto nell’angolo sud-est, quindi avrei dovuto attraversare di nuovo tutto il parco per arrivare a casa di Niall; ci avrei messo appena un quarto d’ora, andando di buon passo.
Mi incamminai senza troppe cerimonie, sperando che Maura non fosse troppo arrabbiata per il mio comportamento. La madre di Niall era piuttosto apprensiva; tutte le volte che in quegli anni ero stato a casa del mio migliore amico dovevamo sempre dirle dove saremmo andati, con chi e fino a che ora. Informazioni sbagliate risultavano sistematicamente in una bella lavata di capo ad entrambi, al nostro ritorno.
Affrettai il passo quando avvistai la casa, una bifamiliare di mattoni dal colore rosso spento esattamente identica a tutte le altre case della zona. Niall era uscito in strada, e appena mi vide mi corse incontro. Il suo viso era una maschera di preoccupazione.
«Dove cavolo eri finito?» si lamentò quando mi raggiunse. «Ti ho sentito urlare mentre ero in bagno, e quando sono arrivato in camera non c’eri più»
«Ho avuto… una telefonata poco piacevole, e ho sentito il bisogno di farmi una corsa» spiegai restando sul vago, nella speranza che Niall non facesse mille domande.
I suoi occhi chiari mi scrutarono per diversi secondi, quindi il mio migliore amico sospirò e scosse la testa.
«Se non vuoi parlarmene non farlo, Harry. Però sappi che non potrò aiutarti se non mi dici nulla, e tirare fuori quello che ti fa male potrebbe solo farti stare meglio alla fine»
Annuii, abbassando lo sguardo verso i miei piedi mentre tormentavo un sassolino con la punta della scarpa.
«Lo so, Niall, grazie. Probabilmente più tardi te ne parlerò, è che… ora ho bisogno di rendermi conto io stesso di come stanno le cose, prima di potertele raccontare»
Lui aggrottò per un secondo le sopracciglia, quindi si strinse nelle spalle.
«Quando vuoi, amico» disse semplicemente, sollevando il pugno che io colpii con un piccolo sorriso. «Ehi, buon compleanno comunque»
Ridacchiai, attirandolo in un mezzo abbraccio. Ci incamminammo verso casa, ma a pochi metri dalla porta mi bloccai.
«Tua mamma… si è accorta che…?»
Niall prontamente scosse la testa.
«Non ti ha sentito urlare perché aveva la musica accesa e la porta chiusa in cucina. E anche avesse sentito, non poteva capire che eri tu; poteva benissimo essere qualcuno del vicinato. Quando sei sparito le ho detto che avevi voglia di fare un po’ di jogging, pregando che saresti tornato in tempi plausibili»
Tirai un sospiro di sollievo. Per fortuna Niall aveva avuto la prontezza di inventarsi una scusa; non avrei potuto sostenere anche il peso di una ramanzina di Maura, quel giorno.
Il mio migliore amico iniziò a chiacchierare allegramente, ed io gli fui grato per il suo tentativo di distrarmi dal mio malumore. Tuttavia quel giorno il suo fiume di parole non riuscì a coprire il frastuono dei miei pensieri; desideravo solo buttarmi a letto e dormire, per dimenticare almeno temporaneamente tutti i miei problemi.
 
***
 
«Styles, sei proprio uno stronzo! Avevamo detto che non vale sbirciare nello schermo dell’avversario per capire dove si trova» frignò Niall, facendomi ridere di gusto.
«Le regole sono fatte per essere infrante» replicai soddisfatto, socchiudendo gli occhi per individuare l’avatar di Niall nello schermo. Da buon cecchino mi bastò un colpo per farlo fuori, nonostante si stesse muovendo per tentare di sfuggire al mio mirino infallibile.
«Non vale, questa mappa non la conosco bene come te» borbottò, posando il controller dell’Xbox accanto a sé mentre mi sgranchivo le braccia. Era sempre divertente stracciare Niall a Call of Duty; quando perdeva si lamentava tantissimo, voleva la rivincita e poi perdeva miseramente di nuovo.
«È tutta questione di tattica, Horan» lo punzecchiai con un sorrisetto, godendomi la sua espressione fintamente imbronciata.
«Stronzate» commentò sottovoce, ma abbastanza forte perché potessi comunque sentirlo. Con un ghigno trionfante stampato sulle labbra mi alzai in piedi, raccogliendo i due controller per poi riporli nel mobile su cui era poggiato l’ampio schermo TV. Niall si alzò a sua volta, con aria rassegnata, stropicciandosi gli occhi.
«Direi che potremmo anche andarcene a letto» propose con uno sbadiglio, gettando uno sguardo all’orario sul display del suo HTC. Era da poco passata l’una di notte, Maura dormiva già da un pezzo e noi avevamo giocato all’Xbox per circa tre ore, a conti fatti. Annuii, avviandomi verso la camera che condividevamo – dormivo sul letto riservato al fratello di Niall, Greg, che abitava a Mullingar con il padre – per recuperare un paio di boxer puliti ed una t-shirt, quindi andai ad infilarmi sotto la doccia.
Il getto di acqua ghiacciata mi colpì come una mazzata, ma resistetti impassibile e mi sciacquai in fretta insaponandomi poi il corpo e facendo attenzione a non bagnare i capelli. Amavo le docce fredde, mi rinvigorivano e mi lasciavano addosso una sensazione di benessere. Uscii dal box doccia dopo essermi risciacquato, tamponandomi con un asciugamano, ed infilati i vestiti tornai in camera.
Trovai Niall di spalle, intento ad esaminare un oggetto che vidi con chiarezza solo quando si voltò.
«Ehi, Harry, e questo cos’è?»
Aveva in mano il plico che mi aveva dato Phil. Aggrottai le sopracciglia; mi ero completamente dimenticato di aprirlo, nonostante la mia impazienza, a causa degli eventi accaduti in mattinata. Feci un cenno a Niall che subito mi porse la spessa busta gialla, e quando la afferrai sentii ritornare la curiosità di scoprirne il contenuto.
«È un plico che mi ha lasciato mio nonno, il vecchio maggiordomo della tenuta. Me l’ha dato Phil prima che me ne andassi» mormorai, al che gli occhi del mio migliore amico si illuminarono dall’entusiasmo.
«Che aspetti ad aprirlo, allora? Forza, vediamo cosa c’è dentro»
Facendo attenzione a non distruggere completamente la busta sollevai con delicatezza il lembo adesivo che chiudeva il plico fin quando non si staccò completamente. Ne uscirono diversi fogli, in cima ai quali campeggiava una lettera scritta a mano. Con il cuore che aveva improvvisamente iniziato a battere più forte sollevai la lettera ed iniziai a leggerla nervosamente.
 
 
Rangemore Hall, 25 febbraio 1996
 
Caro Harry,
 
Se stai leggendo questa lettera il giorno previsto ti faccio i miei migliori auguri di buon compleanno. Sei diventato un uomo, ormai, ed è giunto il momento che io ti riveli alcune cose che probabilmente cambieranno per sempre il corso della tua vita.
Immagino che Phil ti abbia già raccontato la storia di come sei arrivato qui, così come ti avrà detto della parentela che ci lega; spero che nel corso degli anni sarai riuscito a perdonare i tuoi genitori per averti abbandonato a Rangemore Hall. Phil è sempre stato un buon amico di tuo padre. È una brava persona, e sono certo che ti ha cresciuto al meglio delle sue possibilità.
Quello che sto per rivelarti non è facile da digerire, ma sono certo che se leggerai con attenzione le mie parole riuscirai ad agire nel migliore dei modi.
Come saprai, il mio padrone era il barone William Albert Wardegrave. È morto un paio di mesi fa; non aveva famiglia, era l’ultimo della sua dinastia e non si è mai sposato. Per questo alla sua morte Rangemore Hall è diventata proprietà dello Stato, prima o poi qualcuno la acquisterà e verrà ad abitarci.
Tuttavia, devi sapere che io ed il barone Wardegrave condividevamo una profonda amicizia. Il nostro rapporto era molto più stretto di quello che solitamente c’è tra un nobile ed il suo maggiordomo, e per questo motivo pochi mesi prima che lui morisse è stato redatto un testamento segreto in presenza di me e mia moglie come testimoni.
Questo testamento, Harry, stabilisce che Rangemore Hall venga assegnata a me dopo la morte del barone Wardegrave. Ciò significa che, quando me ne sarò andato anch’io, la tenuta sarà tua.
Io sono vecchio, non ho bisogno di rilevare la proprietà; ci vivo già e amo prendermene cura da maggiordomo, come faccio da anni. Preferisco mantenere il segreto ed affidare la tenuta a te, siccome Des e Anne non ci sono più. So che non è la stessa cosa, ma spero che contribuirà a riparare almeno in parte a quello che ti è stato tolto quando sei nato.
Nessuno sa nulla di tutto questo; insieme alla mia lettera troverai il testamento e l’atto di proprietà di Rangemore Hall. Non ne sono mai state fatte copie, e ho affidato il plico sigillato a Phil senza ulteriori spiegazioni. Gli ho raccomandato di consegnartelo solo quando avessi compiuto venticinque anni, in modo tale che fossi abbastanza maturo da poter decidere da solo come gestire questa responsabilità.
Sono sicuro che saprai prendere la decisione migliore per il tuo futuro.
 
Con affetto,
 
Tuo nonno
Keith Frederick Styles



 
Spazio autrice
Ci siamo.
Questo è il momento che aspettavo fin dal primo istante in cui ho iniziato a pubblicare la storia - anzi, ancora da prima; fin da quando ho iniziato a concepirla nella mia mente.
Sono curiosissima di sentire le vostre opinioni; vi aspettavate questa svolta nel corso degli eventi? Cosa credete che succederà ora?
Aspetto i vostri commenti, anche in privato :)
Un grazie dal cuore a 
theredone_ per aver inserito High Society tra le storie seguite <3

Un abbraccio,
mononokehime

  
   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: mononokehime