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Autore: vortix    14/09/2017    2 recensioni
Tarquinio il Superbo non aveva preso molto bene la storia che lui fosse l'ultimo re di Roma, e la monarchia per lui doveva continuare. Ora l'ultimo dei re è tornato in vita e sta cercando di impossesarsi nel fuoco di Estia, la fiamma che tiene in vita non solo Roma ma anche la fede negli dei.
Sarà Chiara, l'ultima semidea in Europa, insieme ad alcuni illustri personaggi a noi conosciuti, che cercherà di fermare il temibile Tarquinio.
Storia post "Le sfide di Apollo".
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Estia, Leo Valdez, Nuovo personaggio, Percy/Annabeth, Reyna/Jason
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Una serie di (sfortunati) eventi.'
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«Ragazzi, laggiù c’è una fermata dell’autobus che dice che arriva fino al Salt Lake. -faccio notare- Possiamo prendere il prossimo, che dite?»
«Vi ricordo che Festus è bello che funzionante.» Dice Leo, alzando la sua valigetta in aria.
Un ennesimo tuono rimbomba dal cielo. «Si metterà a piovere da un momento all’altro, Festus sarà anche funzionante, ma non è impermeabile. È meglio prendere l’autobus.» Decide infine Reyna e io esulto nuovamente.
Leo questa volta sembra non prenderla troppo sul personale, magari si è convinto che la pioggia possa arrugginire il suo drago meccanico, per cui non fa nessuna obiezione.
Ci avviamo quindi verso la fermata dell’autobus e aspettiamo. Nell’attesa ognuno di noi viene risucchiato dai propri pensieri: Leo tira fuori dal suo borsellino lo stesso marchingegno a cui stava lavorando in macchina quando eravamo in viaggio per Phoenix, Percy si distende su una panchina e Reyna si siede sul marciapiede e pulisce la sua spada, come se il gesto le desse una certa calma.
Dopo una quindicina di minuti un autobus giallo sbuca fuori dal fondo della strada, e noi ci rimettiamo in piedi in meno di un secondo.
Il conducente ferma il mezzo in modo lento, e apre le porte permettendoci di entrare.
«Sono tre dollari e mezzo a testa.» Biascica l’uomo alla guida, pulendosi la fronte imperlata di sudore con la manica della sua camicia azzurra.
Percy, che è la banca del gruppo, tira fuori un pezzo da venti e la lascia all’uomo, senza prendere il resto, e poi si va a sedere sul primo posto libero.
Insieme a noi ci sono solo due vecchiette sedute in fondo all’autobus che ricamano una sciarpa.
Una volta preso posto il conducente riparte in quarta, e noi veniamo sballottati sui finestrini del mezzo.
«Ragazzi!» Esclama Leo, preso da un’improvvisa scarica di adrenalina. «Ho dimenticato la mia guida!»
«Che peccato. Ce ne faremo una ragione.» Dico io, ridendo, cercando di rimanere in equilibrio ogni volta che il conducente dell’autobus prende una curva. Ma chi gli ha dato la patente?
«Oh, ma non dovete restarci troppo male, perché me la sono imparata a memoria.»
«Che cosa?!» Esclamiamo all’unisono io, Percy, Reyna e il conducente dell’autobus.
«Salt Lake City è la capitale e città più popolosa dello Stato dello Utah. Essa prende il nome dal Gran Lago Salato immediatamente a nord-ovest della città. Questa è stata fondata nel 1847 da Brigham Young, Isaac Morley, George Washington Bradley e molti altri seguaci che hanno ampiamente irrigato e coltivato l'arida valle. Grazie alla sua vicinanza con il Grande Lago Salato, la città era originariamente chiamata "Great Salt Lake City" ma…»
Tutti alziamo gli occhi al cielo, lamentandoci rumorosamente, ma Leo continua imperterrito con quel solito sorrisetto stampato in volto.
Dopo una trentina di minuti l’autobus finalmente si ferma in una strada poco trafficata in mezzo ad un piccolo bosco, con al centro un segnale stradale che indica il famoso Salt Lake a cinque minuti di distanza. Senza fare tante domande scendiamo dal mezzo e ci incamminiamo, finché non ci troviamo davanti ad una distesa d’acqua salata grande quanto una provincia italiana.
L’acqua è azzurra e limpida, tanto che si possono intravedere i sassolini che occupano il fondale; intorno a noi ci sono una serie di conifere che racchiudono in un cerchio perfetto il lago, rendendolo ancora più suggestivo di quello che è. Dalla strada da cui siamo appena arrivati all’acqua c’è una piccola spiaggia granulosa che sta in mezzo, e io impreco mentalmente perché non sono neanche dieci minuti che sono qui e ho già il deserto del Sahara dentro le scarpe.
«Woah, non pensavo fosse così grande.» Sussurro io.
«Sai, è la stessa cosa che dicono della mia testa ogni volta che compro una tuta nuova.» Dice Leo, e io rido.
«Si, mi ricordo di essere già stato qui durante la guerra con Gea. Gran bel posto, non è vero Leo?» Fa Percy, in memoria dei bei vecchi tempi.
«Certo, proprio laggiù io e Hazel abbiamo incontrato Eco, Narciso e una dozzina di ninfee che volevano ucciderci.»
Ormai non mi stupisce più nulla.
«Domanda: come facciamo a trovare la pietra qui? Potrebbe essere nel fondale sotto miliardi di pietre, non ce la faremo mai.» Chiedo io, avvicinandomi di qualche passo verso la sponda del lago.
«Ah ah, punto uno: il Salt Lake non ha un fondale, perché i fondali si trovano solo in acque con una profondità di 25 metri o più e questo lago è profondo solo quattro metri e mezzo, e punto due: quelle che vedi in acqua non sono delle semplici pietre, ma pietruzze di lago, aiutano i pesciolini a nascondersi dai pesci più grandi.» Non so cosa gli sia preso, ma improvvisamente Percy è diventato antipatico.
«Mai scherzare con un figlio di Poseidone davanti ad un lago.» Sussurra Leo vicino al mio orecchio, e scoppiamo a ridere.
Nel frattempo Reyna si accovaccia per terra ed esamina qualche conchiglia che riesce a trovare a terra. «Nel volantino la pietra era in una di queste giusto? Sarà meglio mettersi a cercare, non abbiamo tutta la vita.»
E non ha tutti i torti.
Così come dei veri ricercatori cominciamo ad esaminare tutte le conchiglie che ci capitano davanti agli occhi, ma tutte quante sono vuote, o se siamo fortunati, ci troviamo una vongola.
Dopo venti minuti e un grande mal di schiena io decido di arrendermi, e mi accascio sulla spiaggia, non curante nemmeno della quantità di sabbia che mi ritrovo sui vestiti.
«Basta, ci rinuncio.»
«Chiara, andiamo! È divertente.» Mi dice Leo, prendendo la prima conchiglia e aprendola con forza, per poi trovarci un mollusco ancora vivo che scivola nelle sue mani. Il ricciolino lancia un piccolo urletto agitando le mani in aria, e gettando la conchiglia il più lontano possibile da lui.
Noi tre cominciamo a ridere per la comicità della scena, e Leo fa il broncio. «La fate facile voi, non mi sono mai piaciuti i molluschi.»
Per il quarto d’ora successivo la scena è sempre la stessa: conchiglia dopo conchiglia la pietra focaia non si trova, e noi cominciamo a perdere la pazienza.
«Percy, sei figlio di Poseidone, fa’ qualcosa!» Incita Reyna, ormai disperata.
Prima che il ragazzo possa fare effettivamente qualcosa, ad un tratto l’acqua del lago diventa più movimentata, tanto che noi siamo costretti ad indietreggiare verso la strada da cui siamo arrivati.
E poi succede: dall’acqua spunta fuori con un salto un enorme…granchio.
Si lo so ragazzi, non credo neanche io ai miei occhi: ormai mi ero abituata a spaventosi draghi e mostri dalle sembianze umane ma quello che c’è davanti a noi non è altro che un semplice e comune granchio rosso con due chele giganti; certo, è grande come un condominio a due piani, ma sono dettagli.
«Percy, hai fatto fin troppo.» Dico io, e lui mi lancia un’occhiata come per dirmi: “ah ah ah, molto simpatica.”
«Qualcuno sa dirmi cosa sia questo crostaceo o possiamo chiamarlo semplicemente granchio troppo cresciuto?» Esclama Leo, urlando leggermente per via delle onde del mare che si infrangono contro la spiaggia.
«Penso sia un carcino, è un animale estremamente raro. Nel mito compare durante la lotta di Eracle contro l'idra di Lerna: emerge dalla palude per soccorrere l'idra in combattimento, e pizzicò i piedi di Eracle con le sue chele, ma lui lo schiacciò sotto il suo tallone. Per ricompensarlo del suo sacrifici, Era lo trasportò in cielo, dove divenne la costellazione del Cancro.» Ci informa Percy, prendendo immediatamente in mano la sua penna, per poi trasformarla nella sua fidata spada.
Aspettate, il famoso tallone non era quello di Achille? Diamine, troppe cose da ricordare…
«Se Era lo ha sacrificato, vuol dire che se lo uccidiamo ci troviamo la regina degli dei incavolata?» Chiede Reyna, con un pizzico di disperazione.
«Esattamente. Era non mi ha mai reso le cose facili.» A queste parole Percy sembra ricordare un sacco di momenti terribili e io muoio dalla curiosità di saperli.
«Di cosa parla?» Chiedo a Leo, discretamente.
«Penso si riferisca a quando Era ha tolto la memoria a Percy e a Jason, per poi scambiarli di Campo e bla bla bla…»
«Che cosa? È una follia!» Dico io, e lui annuisce.
«Pensa io che ho dovuto sorbirmi entrambi nel…» Ma Leo non finisce la frase perché il granchio nel frattempo si è avvicinato pericolosamente a noi, e quindi siamo costretti a dividerci per non essere fatti a fette dalle sue chele.
«Ragazzi, prendete tempo. So cosa fare.» Esclama sicuro di sé Percy, per poi tuffarsi in acqua sotto il nostro sguardo scioccato.
«Cioè fatemi capire, l’unico che può sconfiggere questa mega aragosta si è tuffato in acqua e ci ha lasciato da soli?» Grido io, in preda ad una mezza crisi isterica.
«Vedo che non ti sfugge niente. -Mi dice Reyna, per poi coprirmi le spalle dal mostro- Leo, come sei messo con il fuoco?»
Lui alza una mano e la accende in un nano secondo, per poi lanciare un veloce sguardo a Reyna. «Quando vuoi.»
E tutti e due partono in quarta come se non ci fosse un domani. Devo ammettere che la calma e la razionalità non fa parte del loro patrimonio genetico.
Mentre io cerco di capire cosa davvero io debba fare, Leo e Reyna cercano in tutti i modi di tenere a bada il granchio. Come al solito Reyna è veloce come una pantera, ed essendo molto più piccola del mostro, riesce facilmente a schivare le sue chele e a colpirle con più forza possibile, ma non sembra funzionare.
Leo invece punta agli occhi, cercando di dargli fuoco, ma anche lui non sta avendo grandi risultati: ogni volta che cerca di colpire l’animale, l’acqua del lago respinge il fuoco di Leo, spegnendolo e proteggendo gli occhi rossi del crostaceo.
E pensandoci bene, ha un senso.
D’un tratto sento il terreno sotto i miei piedi cominciare a muoversi paurosamente e subito dopo vedo una scena che farebbe venire un infarto al prete che vive nel mio paese: le acque del lago si dividono a metà come una cerniera, lasciando aperto una specie di tunnel largo venti metri, quanto basta per racchiudere il carcino.
Alla fine del tunnel, circa un centinaio di metri più in là, riesco ad intravedere Percy Jackson con un sorrisetto divertito stampato sul volto, che tiene in alto l’acqua intorno al mostro con la stessa facilità di quando mia madre stende le lenzuola.
Lo paragonerei a Mosè, ma ho paura di far incazzare troppe divinità in un solo giorno, quindi me ne resto zitta e aspetto ordini da AcquaMan.
Il carcino nel frattempo si è completamente dimenticato di noi tre, essendosi interessato ovviamente ad una situazione molto più interessante.
«Ehi ragazzi, figo vero?» Urla Percy per farsi sentire.
«Che razza di piano è questo?» Urla a sua volta Reyna, frustrata perché non ha cosa fare.
«Vuole privare il carcino dell’acqua, senza quella non vive.» Capisce subito Leo. «Ma certo, solo così possiamo liberarcene.»
«Va bene. -Esordisce Reyna, tenendo stretta la spada- Io lo attaccherò sulle zampe inferiori, ma voi dovete distrarlo con i vostri poteri. Pensate di riuscirsi?»
«Chica, non ce lo ripetere due volte.» Risponde subito Leo, e con un segno del capo mi incita a seguirlo in mezzo al tunnel dalle pareti d’acqua e a puntare più luce possibile sugli occhi del granchio.
Dopo qualche minuto, il piano di Reyna sembra funzionare, e il carcino è parecchio in difficoltà, tanto da cercare in ogni modo di raggiungere l’acqua, ma puntualmente io e Leo glielo impediamo.
«Ragazzi! Muovetevi!» Grida poco dopo Percy, che ora sta sentendo il peso del lago.
«Al mio tre, correte tutti verso la spiaggia!» Urla Reyna, dopo aver ferito gravemente il granchio, che con un’oscillazione spaventosa sta cadendo di lato sul terreno.
«Non ce la faccio più, mettetevi al sicuro!» Grida Percy, e dopo un secondo lo vedo abbassare le braccia.
«TRE!» Grida poco dopo Reyna, seguita dal rumore assordante dell’acqua che ricade verso il basso e si riunisce.
«Che razza di conto alla rovescia sarebbe?!» Strillo, ma la mano di Leo mi prende al volo e mi trascina verso la spiaggia; dietro di noi c’è Reyna che corre più veloce che può, ma le onde sono spaventosamente veloci.
Mentre corro seguendo la mano di Leo, vedo di sfuggita una conchiglia più grande di quelle che abbiamo visto sulla spiaggia, e mi sembra di intravedere un barlume azzurro che fuoriesce.
«La pietra! Reyna, la pietra nella conchiglia!» Urlo girandomi verso la ragazza, ormai vicina al punto dove avevo visto la pietra focaia.
Lei inizialmente sembra non capire, ma poi quando guarda il punto indicato dal mio indice, capisce tutto.
Nel frattempo Percy è stato risucchiato dall’acqua insieme al carcino, ma le onde non sembrano rallentare, e Reyna ci sta mettendo troppo a decidere se scappare oppure fermarsi per prendere la pietra.
Vedendola in difficoltà, riesco a staccarmi dalla presa di Leo, e comincio a correre verso Reyna; lei riesce dopo degli interminabili secondi ad afferrare la pietra dalla conchiglia, ma l’acqua ormai è troppo vicino perché possa scappare.
«Reyna! Scappa!» Grido, presa dal panico. Leo mi afferra per il busto e riesce a trascinarmi via, portandomi all’ultimo secondo sulla spiaggia.
Io e Leo cadiamo di peso sulla sabbia, ansimanti, ma non aspetto molto per rialzarmi e guardarmi indietro: l’acqua sembra essere ritornata calma e piatta, come se non fosse successo nulla, ma di Reyna e Percy non c’è nessuna traccia.
Ora anche Leo sembra scrutare l’orizzonte per vedere qualcuno o qualcosa muoversi, ma non vediamo anima viva. Entrambi fissiamo l’acqua tenendo il respiro, e più passa il tempo e più sentiamo una strana sensazione di angoscia.
Dopo quella che sembra un’infinità una bolla d’acqua grande quando un gonfiabile, con dentro due ragazzi, sbuca fuori dal lago, per poi ormeggiare tranquillamente verso la riva.
Una volta che Percy e Reyna possono toccare terra, la bolla si rompe, e noi due corriamo ad abbracciarli, sollevati di rivederli sani e salvi.
«Non mi farò mai più un bagno in un lago, mai più.» Sussurra Reyna con un pizzico di ironia, e io non posso fare a meno di abbracciarla una seconda volta.
Quando mi sono staccata, la ragazza tira fuori dalla sua mano una pietra azzurra e la cede a Leo, che la prende con sé con la stessa delicatezza che userebbe se fosse un bambino.
«Ragazzi, ce l’abbiamo fatta. Abbiamo recuperato tutte le Vestali!» Esulta Percy, e noi per un momento sorridiamo, ma poi un pensiero più terribile prende posto nelle nostre menti.
«E ora? Come procediamo?» Chiedo nello stesso momento in cui Leo prende dal suo borsellino giallo le altre tre pietre focaie.
«Chirone aveva detto che una volta che le Vestali si fossero riunite ci avrebbero indicato la strada per raggiungere Tarquinio.» Suggerisce Reyna, ma non ci è d’aiuto.
Leo quindi appoggia le pietre per terra, mettendole in fila indiana, e si rialza, aspettando un qualche segno di vita.
Aspettiamo e aspettiamo, ma non succede nulla.
«Maledictionis.» Dice Reyna, in latino.
Leo mi guarda, aspettando una traduzione. «Ha detto “maledizione”.»
«Se hai un parente greco, perché sai il latino?» Chiede Percy.
Io alzo le spalle. «Nella mia scuola lo insegnano.»
«In Italia insegnano ancora il latino? E il greco?»
«Anche. Ma non in tutte le scuole.»
«Wow, gli italiani sono così avanti.» Dice sbalordito Percy, e io sorrido con un certo patriottismo.
«Ehm ragazzi, concentratevi. Le pietre non danno segno di vita.» Reyna ci fa tornare alla realtà, buttando giù il morale a tutti.
«Le pietre focaie vivono con il fuoco, magari Leo potrebbe dare un piccolo incentivo a svegliarsi.» Suggerisce Percy, e tutti siamo d’accordo con il suo consiglio, finché una voce femminile non ci ferma.
«Non tutti i tipi di fuoco funzionano.»
Noi ci giriamo di scatto, presi alla sprovvista, ma quello che ci compare davanti per fortuna non è nessun mostro o tirapiedi di Tarquinio, ma è un messaggio Iride.
Davanti a noi compare una specie di arcobaleno, il quale mette a fuoco un volto che io non ho mai visto: occhi verdi, capelli lunghi e rosso fuoco raccolti in una treccia, pelle candida ed eterea con un sacco di lentiggini. La donna in questione si trova in un luogo buio, e sta palesemente tremando.
«Estia.»
«Vesta.» Dicono insieme Percy e Reyna, richiamando i due nomi della divinità.
Sono già stata davanti a delle divinità, ma questa volta provo un senso di rispetto nei confronti della dea molto più grande di quello che provavo prima, e il mio sesto senso dice di inginocchia0rmi, ma nessuno lo fa, per cui me ne resto dietro a Leo.
«Ragazzi, non ho molto tempo per parlare con voi. Tarquinio non sa di questo messaggio, e potrebbe scoprirmi da un momento all’altro, per cui sarò veloce. -Fa una piccola pausa- Siete stati molto coraggiosi a recuperare le quattro pietre, complimenti, ma come vi dicevo prima un semplice fuoco non basta per risvegliarle. Sono quattro per un motivo, come lo siete voi: dovete trovare un modo per legarvi ad esse, solo così riuscirete a risvegliarle e raggiungermi.»
«Cosa intendi con “legarci ad esse”?» Chiede Percy.
«Lo scoprirete voi, ma fate presto! Tarquinio sta ultimando i preparativi per il suo dominio, e non vi rimane molto tempo. Il re non ha ancora rubato tutto il mio potere, ma il suo esercito in pochi giorni raggiungerà il Campo Giove e molti ragazzi romani sono scomparsi, e ho paura che non se la passino bene.»
«Come sono scomparsi? Sono vivi? Stanno bene?» Esclama Reyna, in preda all’ansia, ma il volto di Estia comincia a diventare sempre più sfocato.
«Fate presto, il destino dell’Occidente è nelle vostre mani!» E il messaggio Iride scompare in una bolla di sapone.
«Comunque il mio non è un “semplice fuoco”.» Si lamenta Leo, incrociando le braccia al petto.
«Hai sentito anche tu, dobbiamo trovare un altro modo per risvegliarle. Ma come?» Chiedo.
«Non lo so, ma per ora cercherei un posto dove riposare. Io vorrei asciugarmi prima di prendere una polmonite.» Esclama Percy, e così dopo aver ripreso le pietre da terra, ci incamminiamo verso la strada da cui siamo arrivati, cercando un bed and breakfast.
Reyna nel frattempo è diventata molto silenziosa, e la conosco abbastanza bene da poter immaginare che sia preoccupata per il Campo e i suoi amici.
Decido di non infierire, ma le sto accanto mentre camminiamo, sperando che la mia presenza possa aiutare in qualche modo.
Dopo aver oltrepassato un piccolo villaggio, arriviamo davanti ad un albergo molto carino con fiori gialli sui balconi e porte in legno, ad ovest del lago; Percy decide di entrare, ma noi lo fermiamo subito.
«Percy, cosa fai? Non possiamo permettercelo.» Dico io.
«Mio padre possiede gran parte degli hotel vicino a qualsiasi fonte d’acqua su questo pianeta, penso che per una volta sfrutterò questa cosa.»
Così noi tre aspettiamo fuori il ragazzo, che dopo una ventina di minuti ritorna da noi con un paio di chiavi. «Non c’è di che, ragazzi.»
Io e Leo esultiamo, contenti di aver rimediato un letto decente su dove dormire, mentre Reyna alza gli occhi al cielo, ma non riesce a trattenersi dal sorridere.
«Percy Jackson, sei un maledetto raccomandato.» Dice lei, prendendo dalla sua mano la chiave di una stanza.
 
 
 
 
 
 
………….
Salve a tutti!
E chi non vorrebbe avere a disposizione tutti gli hotel davanti a mare/oceano/laghi/fiumi. Boh, io sta cosa me la sono inventata, però pensavo che ci stesse bene per un figlio di Poseidone hahah
Bando alle ciance. Finalmente le quattro pietre sono state recuperate *canta l’halleluja* ma ora rimane il problema di come attivarle per poi andare da Tarquinio.
Percy nel frattempo è diventato Mosè, tutto normale.
Giusto l’altro giorno ho finito di stilare la scaletta per questa storia, e vi posso annunciare che l’ultimo capitolo sarà il 21esimo. Lo so, lo so, questa storia sta già finendo e io non me ne capacito. Sto ancora pensando se scrivere o meno la seconda storia, per ora non ne sono molto convinta, ma chissà.
Bene, non ho nient’altro da dire, se non ringraziarvi di aver letto il capitolo e di essere arrivati fin qui.
Ci si vede al prossimo!
Potete trovarmi su
Twitter- @glaukopsis
Un bacio, Claire
 
 
Piccolo spoiler dal prossimo capitolo: “Quando riapro gli occhi, il mio cuore sprofonda. Il portale non ha funzionato per tutti.”
 
 
😊 😊 😊 😊 😊😊
 
 
   
 
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