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Autore: Janey    14/09/2017    7 recensioni
INTERATTIVA
Mi sono candidato sindaco perché credevo di poter cambiare le cose e di fare qualcosa per aiutare la mia gente e il mio distretto, avevo ancora fiducia nell’umanità, pensavo in una risoluzione, ma ero solamente un giovane inesperto che non sapeva niente del mondo e della sua corruzione. Ero pieno di ideali che non sono riuscito a realizzare. Sono solamente un povero fallito, uno strumento di Capitol City che si è cacciato in qualcosa di più grande di lui.
Vivo in un mondo orrendo dove regna il male e io non posso fare niente per fare la differenza.
Genere: Avventura, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caesar Flickerman, Presidente Snow, Tributi di Fanfiction Interattive
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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                                     Preludio


 
Sera prima della Mietitura



Galen Willblast, Distretto 1


Schiaccio con impazienza il tasto del telecomando per tornare sul canale principale. Sullo schermo appare un uomo vestito in modo vistoso che sta fissando un punto imprecisato di fronte a lui: “Mia figlia è morta per questa nazione, e anche se nulla potrà restituirmela, sarò per sempre fiera di lei”, continua l’attore. Subito dopo partono i titoli di coda, per quello che sembra essere l’ennesimo telefilm di Capitol City sulla rivolta e gli Anni Bui. 
La qualità pare abbastanza scadente, così come la frase finale, che non è particolarmente brillante o innovativa, anche se in essa è racchiusa tutta l’essenza degli Hunger Games.

I titolo di coda continuano a scorrere sullo schermo, mentre sull’orologio appeso alla parete le lancette segnano le nove di sera: ancora non è iniziato. Sbuffo contrariato e mi appoggio sullo schienale del divano. Credo di non aver mai provato così tanta ansia per una Mietitura in tutta la mia vita. In genere sono sempre abbastanza rilassato, sono un Favorito, ma questa volta la situazione è sicuramente molto diversa. Domani tutti gli occhi saranno puntati su di me quando griderò in modo teatrale “Mi offro volontario come tributo!”. Ogni mio movimento dovrà essere calcolato nei minimi particolari, non posso permettermi di fallire. 
Scuoto la testa, cercando di allontanare questi pensieri negativi.
Non mi devo preoccupare, realizzerò il sogno della mia vita, sarò considerato un eroe, vincerò e tutti mi adoreranno. Sarà semplicemente perfetto.

Finalmente è partita la pubblicità: dopo avrà inizio il consueto discorso del Presidente Snow sugli Hunger Games. Ogni anno è simile, ma è sempre un’emozione ascoltare il perché di tutto questo. Pace, unione e sacrificio. Credo non ci siano parole più adatte per descrivere il significato dei Giochi. È un onore per me poter rappresentare il mio distretto e se anche dovessi morire, sarò felice perché avrò fatto il bene del mio Paese. 
Sento qualcuno sedersi accanto a me, probabilmente ero troppo assorto nei miei pensieri per accorgermi che mia madre era entrata nella stanza. 
“È iniziato?”, mi domanda lei.
“No, non ancora”,  rispondo sempre più nervoso. Ora stanno pubblicizzando un film sulla vita e l’ascesa al potere del Presidente Snow. Al diavolo! Si può sapere quando hanno intenzione di iniziare?  
“Pensi ancora di offrirti volontario domani?”, mi interroga sempre lei, con uno strano tono nella voce che non mi piace per niente.    
“Certo”, replico irrigidendomi. Mi dispiace far preoccupare i miei genitori, sono i migliori, ma non posso di certo rinunciare al mio più grande desiderio per loro.          
“Spero solo tu abbia una vaga idea di cosa stai andando incontro”,  conclude lei tornando a guardare assorta lo schermo. “Dov’è papà?”, chiedo cercando di risollevare un po’ l’atmosfera generale. Questa è la mia ultima serata insieme a loro e non siamo mai stati separati per più di un giorno, non voglio serbare un brutto ricordo di questa notte al Distretto 1. 
“È nel suo studio, ma dovrebbe arrivare, ormai”.
                                             
Lo schermo della TV si fa improvvisamente nero e subito dopo parte l’inno nazionale. La maestosa aquila dorata circondata da una corona di alloro compare, per poi lasciare il posto a una grande veduta di Capitol City. Le telecamere inquadrano il Palazzo Presidenziale, lussuoso, imponente e illuminato da uno spettacolo di luci mozzafiato.         
Mio padre ci raggiunge giusto in tempo per vedere il Presidente che saluta la folla. “Popolo di Panem, domani avranno luogo le Mietiture per la Quarantesima Edizione degli Hunger Games: possa la buona sorte essere sempre a vostro favore!”, inizia lui, venendo accolto da uno scrosciante applauso del pubblico.

Dimentico la spiacevole conversazione avuta con mia madre e tutti i miei dubbi in proposito, perché non posso fare a meno di sorridere. Domani la mia vita cambierà per sempre.


Darlene Watson, Distretto 5


“Sono tutte delle stronzate. Non una singola parola è vera”, esordisce mio padre.                                                    
“Maxwell, ti prego, non osare quel tono in casa!”, lo rimprovera mia madre. Da quando è morto Raphael sono tutti e due più tesi e nervosi e il loro rancore nei confronti della capitale non ha fatto altro che aumentare. Gli Hunger Games ci avranno anche dato una bella casa e soldi a palate eliminando ogni nostro problema economico, ma ci hanno anche tolto tanto: hanno spezzato la vita di mio fratello Raphael e rovinato l’esistenza a Daniel.
“… Per quanto duro e terribile possa sembrare all’apparenza, sacrificare degli adolescenti non è un prezzo così alto per evitare lo scoppio di una nuova guerra e per preservare la pace”, continua il Presidente. Papà ha ragione, sono tutte della bugie: la pace non può essere preservata con il sangue e con il terrore.

Stringo forte la mano di Iris, seduta di fianco a me. Negli ultimi anni le Mietiture sono diventate un incubo per noi: ogni volta viene estratta una persona a noi cara, come Raphael e Daniel. Spero con tutta me stessa che domani le cose vadano un po’ meglio, non sopporterei di vedere o Iris o Lana o James partire di nuovo su quello stesso treno. Chissà cosa si prova però nel prendere un treno, Daniel mi ha detto che vengono tutti dal Distretto 6 e che sfrecciano veloci come il vento… 
Sento l’irrefrenabile impulso di sorridere. Sto solo sognando, non uscirò mai da qua, ci posso scommettere. 
Avverto un dolore acuto al braccio e mi volto verso la mia gemella. Mi sta guardando torva, come al solito. “Ti sembra il caso di sorridere?”, mi sgrida lei. Solo allora noto che anche mia madre mi sta guardando con rimprovero, mentre Daniel mi fissa malinconico. Non capisco che diavolo ho combinato, stavo solo pensando a cosa si prova a salire su un treno…
“… Queste morti possono portare dolore e sofferenza, ma è sicuramente un giusto tributo da pagare e guaribile con il tempo…”, riprende allora il Presidente Snow, facendo riferimento ai ragazzi e alle ragazze morti durante i Giochi. Cavolo, che figura di merda.
“Scusate, io stavo pensando ad altro…”, balbetto cercando di scusarmi. Come ho potuto distrarmi in un punto così dolente alla mia famiglia?!
“E ti sembra il momento di pensare ad altro, Darlene?”, continua Iris, esasperata. Uffa, quando fa così mi manda su di giri. È mia sorella e le voglio bene, ma quando ha questo atteggiamento è davvero pesante.
“Ho detto che mi dispiace!”, esclamo spazientita.   
 “Basta! Ma vi rendete conto? Siete due insensibili, discutere per queste cose!”, tuona mia madre. Non l’ho mai vista così arrabbiata, mi fa quasi paura.
“Ivy, calmati, sono delle ragazze, scommetto che non era loro intenzione”, suggerisce mio padre, cercando di mediare.    
“Calmarmi?! Io ho perso un figlio in questi maledettissimi giochi! Anzi, due!”, grida mia madre, gettando sul pavimento il bicchiere pieno d’acqua che stava tenendo in mano prima. Il bicchiere si frantuma e i cocci di vetro si spargono per terra, mentre l’acqua bagna il tappeto. Jane, che fino a quel momento prima era stata silenziosa, incomincia a piangere. La mamma continua a sfogarsi, sovrastando le parole del Presidente, per poi scoppiare in lacrime davanti a tutti noi. Credo di non aver mai visto nulla del genere, mamma non è mai stata presa da un impeto di rabbia come adesso. Non so cosa dire o cosa fare, se non guardare tutto a bocca aperta. Mi sento terribilmente in colpa per averla fatta piangere, io stavo solo sognando i treni…

“Ragazzi, andate a letto, tutti”, ci intima nostro padre, mentre va ad abbracciare la mamma. Tutti e quattro ubbidiamo in silenzio e ci dirigiamo verso le scale, con Jane ancora in lacrime.                   
Prima di salire sento il Presidente concludere il suo discorso, “Felici Hunger Games, e possa la buona sorte essere sempre a vostro favore!”.


Julivan Sanchez, Distretto 8


Sbadiglio rumorosamente, coprendomi la bocca con la mano. Guardo di sottecchi mio padre, sperando di aver catturato la sua attenzione. No, ha ancora gli occhi puntati sul Presidente. Forse devo provare a sbadigliare più forte, magari si volta. Di solito acconsente sempre alle mie richieste. 

Sto per aprire di nuovo la bocca, ma lui mi ferma prima. “La pianti?”, mi ammonisce senza staccare gli occhi dalla TV . Che palle, si può sapere cosa c’è di così tanto importante in quel discorso? Ogni anno è uguale, ogni anno ti ripetono le stesse menzogne. Se siamo davvero contro Capitol e i Giochi perché la sera prima della Mietitura tutta Panem è sintonizzata su quel canale? Basta, mi rifiuto di stare a sentire altre ipocrisie.    
                
Giro la sedia a rotelle e mi avvicino alla porta. “Dove vai?”, chiede papà. Evidentemente è riuscito ad accorgersi che me ne stavo andando.
“Fuori”, rispondo proprio sull’uscio. Non è perché sono paralizzato allora sono costretto a stare in casa. 
“Julivan, non è la notte adatta per uscire per uno…”, si ferma in tempo per evitare di dire qualcosa che mi avrebbe fatto incazzare non poco. È raro che mi arrabbi per qualcosa, ma quando vengo trattato come un povero quindicenne paralitico proprio non ce la faccio a stare zitto.    
“Io. Esco.”, ripeto scandendo le parole.  
“Fa come diavolo ti pare”, controbatte lui, tornando a sentire il discorso.

Mi fermo nello spiazzo erboso di fronte a casa. Si sta bene, l’aria è fresca e per strada non c’è nessuno. Saranno tutti in casa a rincretinirsi con le balle della capitale.     
Io proprio non capisco perché non facciamo qualcosa. Non dico che sia facile, ma stare a guardare non cambierà le cose. Noi parliamo e parliamo, ma poi? Ci riduciamo a maledirli e a piangere.  
Mi colpisco la coscia, ma non sento assolutamente nulla, come se non mi fossi mai tirato un pugno. Gli altri, che possono camminare, saltare, ballare e correre perché stanno seduti? La vita è movimento, ma loro stanno fermi a ubbidire, come dei morti.

Sospiro, se solo potessi camminare… Scuoto la testa. Io non camminerò mai, ma non per questo mi  devo scoraggiare. Forse tutto sarà più difficile, però ci riuscirò comunque. Dimostrerò a tutti che la mia malattia non è un impedimento, ma un motivo in più per vivere e andare avanti.
Alla faccia di tutti gli abitanti del Distretto 8, che mi guardano con pietà e commiserazione!      
Sento le guance tirarmi e le mie labbra allargarsi in un sorriso. Un giorno compirò diciotto anni, sarò libero dalla Mietitura e… e… e poi? Non posso lavorare, alla fabbrica tessile non assumono presone con problemi fisici…
No, non ci devo pensare! Io farò qualcosa di utile, non sono un peso! Mi dispiace solo per il mio vecchio, che dovrò lasciare solo. È buono e gli voglio bene, anche se è davvero pesante a volte. Ma sono sicuro che capirà e mi lascerà andare per la mia strada.

Alzo gli occhi al cielo, limpido e stellato. Nonostante tutto, questa è una bellissima serata.


Max Garrison, Distretto 10


Spingo il pulsante sulla torcia per controllare che funzioni: un fascio di luce mi investe in pieno, illuminandomi il volto. Ok, questa va. Verifico il funzionamento anche delle altre e tutte sembrano andare. Perfetto, credo che ci aspetti una bellissima caccia questa sera.
 Infilo le quattro torce nello zaino ed esco dalla mia camera. In salotto trovo mia madre intenta a guardare la televisione. Prendo la giacca appoggiata sulla sedia e mi avvicino alla porta, “Io esco con i miei amici, mamma”, le comunico cercando di richiamare la sua attenzione.
Lei si volta e mi guarda ansiosa, come al solito. “Non sarebbe meglio stare a casa, Max? Il discorso incomincerà a breve”, mi ricorda lei. Sbuffo annoiato, sapevo che sarebbe stata contraria. Da quando ho preso quella polmonite non mi lascia vivere in pace, ma se continua così morirà di crepacuore. Pensa se venissi scelto per gli Hunger Games, eh? Come penserebbe di cavarsela?
“Mamma, ti prego”, cerco di convincerla. Non ho proprio voglia di stare ad ascoltare il monologo del Presidente, e poi ho i miei amici che mi aspettano. 
“E va bene, vai. Hai preso la giacca, però? Farà un gran freddo fuori”, continua lei, stressante come pochi.  
“Si, mamma, si”, la tranquillizzo mostrandole la giacca. La saluto ed esco, finalmente libero. Mi incammino verso i confini del distretto, sorpassando fattorie e pascoli. Il 10 è davvero buio di notte, non un lampione ad illuminare le strade, se non proprio nel centro del Distretto. Meglio, renderà la nostra ricerca ancora più realistica.             
Per le strade incontro pochissime persone, saranno tutti in casa ad ascoltare il discorso di Snow sulle Mietiture e gli Hunger Games. Poi io non capisco, ogni anno è uguale, che senso ha stare ad ascoltarlo sempre? Dovrebbero rinnovarlo, ma si vede che a Capitol sono a corto di frasi fatte. Sorrido, questa sarebbe piaciuta a Naso, mi devo ricordare di dirgliela.

Continuo a camminare ancora per qualche minuto in mezzo ai pascoli, per poi raggiungere una casa diroccata. Ad aspettarmi trovo la mia banda al completo.
“Sei in ritardo, Cespuglio”, mi fa notare lo Spilungone.
“Colpa di mia madre”, mi giustifico mentre sistemo i miei spessi occhiali.
“Allora iniziamo?”, ci esorta Naso, impaziente. 
Io, lo Spilungone, Naso e Fulvio ci dirigiamo all’interno della casa, con le torce accese. “L’edificio è abbandonato da anni a causa di un incendio che l’ha ridotto a una struttura pericolante”, ci istruisce Fulvio, pragmatico come sempre. 
 “Secondo voi ci saranno dei fantasmi qui?”, domanda entusiasta Naso.
“Perché non dovrebbero esserci? Ha tutti i fattori per essere una casa infestata dagli spiriti”, replico indicando una parete resa nera dal fumo su cui sono appesi i resti di quello che un tempo doveva essere un quadro. I miei compagni sorridono e poi tutti e quattro incominciamo ad esplorare il piano terra.
 Della casa non rimane tanto, qualche trave sconnessa e alcuni mobili marciti. Tutto è nero, dal colore dei pochi arredi rimasti all’atmosfera, e non si può non sentire la presenza della morte. Non credo che nel disastro siano morte delle persone, però il solo pensiero di essere qua intrappolati e bruciare vivi tra le fiamme…                             

Improvvisamente mi balena un’idea in testa. Lascio andare avanti i miei compagni, mentre io mi infilo in un corridoio parallelo al salotto. Tra un po’ dovrebbero accorgersi che non ci sono più.
“Dov’è Cespuglio?”, la voce di Fulvio conferma tutte le mie teorie. Continuo a camminare per il corridoio e arrivo alle scale, da lì riesco a vedere i miei compagni guardarsi intorno e illuminare  tratti della stanza con le torce.
“Quell’idiota avrà deciso di farsi un giro in solitaria”, dice lo Spilungone. Non c’è bisogno di offendere, ma gliela farò pagare.
“Ehi, vieni fuori, imbecille! Max, può essere pericoloso!”, mi chiama Naso ma decido di non rispondere. Vedrai che spavento che gli farò prendere.
“Dove può essersi cacciato?”, chiede agitato lo Spilungone.
  “Proviamo ad andare di là”, suggerisce Naso indicando le scale che portano al piano di sopra, dove mi sono nascosto io.   
Tutti e tre si dirigono verso le scale, ma quando arrivano si fermano. Avranno capito che non posso essere salito siccome il legno è marcio, o i gradini si sarebbero frantumati.    
Sono tutti voltati, ma quello più vicino a me è Fulvio. Ora. Lo afferro per le spalle e lo spingo a terra, lui urla per poi cadere sul pavimento. Naso e lo Spilungone si voltano, e le loro facce preoccupate mi fanno scoppiare dalle risate. Anche loro due si uniscono a me, mentre Fulvio ci guarda male.  
“Non è divertente, è stato uno scherzo terribilmente banale”, borbotta lui mentre si rialza. 
“Tu sta zitto, che te la sei fatta sotto”, lo apostrofo, “e poi in mancanza di un fantasma ho dovuto fare da sostituto”.
Tutti e quattro torniamo a ridere, perfino Fulvio. 
                                                                         
Vederli così mi fa sentire immensamente felice. È solo grazie a loro se riesco a dimenticare gli Hunger Games, domani e lo schifo che mi circonda. Riempiono le mie giornate, e non so cosa sarebbe la mia vita senza di loro.
 
 
 
Angolo autrice

Pensavo di pubblicare domani, invece ce l’ho fatta oggi.
Ho deciso di scrivere un altro capitolo prima dell’estrazione perché volevo approfondire quelli che erano i sentimenti degli abitanti dei distretti la sera prima delle Mietiture, ma prometto che nel prossimo capitolo ci saranno.

Alla prossima!


P. S Mi scuso per l'impaginazione orrenda...
   
 
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