Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS)
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Autore: whitecoffee    16/09/2017    5 recensioni
❝“Potresti abbassare il volume della tua maledetta musica? Sono almeno quarantacinque minuti che non faccio altro che sentire “A to the G, to the U to the STD”. Per quanto tu sia bravo a rappare, il mio esame è più importante. Grazie”
-W
“N to the O to the GIRL to the KISS MY ASS”
-myg
“Senti, Agust Dick, comincia a calmarti, che non ci metto niente a romperti l’amplificatore e pure la faccia.”
-W❞
rapper/photographer!YoonGi | non-famous!AU | boyxgirl
-
» Storia precedentemente pubblicata sul mio account Wattpad "taewkward"
Genere: Commedia, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Min Yoongi/ Suga, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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XV.
UFO Kookies



“I said, "No!"
"Oh, give it a rest, I could persuade you."
"I'm not your typical, stoned 18-year-old
Give me a night I'll make you."

(The 1975Girls)

 
  W I N T E R  
 
 

«Wow. Sei proprio carina!»
Alzai lo sguardo dal blocchetto per le ordinazioni e lanciai un’occhiata verso la fonte di quella fresca voce maschile. E individuai Kim TaeHyung, con un braccio abbandonato sulle spalle di un ragazzo alto poco più di lui. Mi regalò uno dei suoi sorrisi quadrati, mentre il suo amico sfilava alla presa e si avvicinava ulteriormente a me, studiandomi interessato. Indovinate un po’? Sì, esatto, coreano. E, ovviamente affascinante. Insieme, quei due sembravano due modelli in pausa da un photoshoot per una rivista di moda. Uno, stretto nel suo cappotto grigio scuro elegante, che rifiniva la sua figura perfettamente. Skinny neri e scarpe del medesimo colore, occhiali da sole casualmente abbandonati sul suo capo. L’altro, più casual, indossava una giacchetta di jeans, t-shirt slargata bianca e dei jeans non aderenti. Impeccabili. Bellissimi. Che guardavano proprio me. Costretta ad indossare la divisa di Starbucks, con poco trucco, ancora alle prese con il mal di testa da sbronza del giorno precedente. Notate, erano le otto di mattina. Mi sarei gettata volentieri in terra, a piangere sulla mia miserevole vita. Come spesso facevano le protagoniste degli shojo manga, quando i ragazzi più carini della scuola s’infatuavano di loro. Le cui autrici finivano poi per far scegliere, alle loro povere protagoniste, sempre il ragazzo più burbero. Che le aveva maltrattate dall’inizio della vicenda.
Il nuovo arrivato aveva degli occhi molto grandi e lo sguardo quasi innocente, di un vellutato ebano. Incarnato latteo, lineamenti proporzionati, fini, e lisci capelli scuri che gli ricadevano disordinatamente sulla fronte. Profumava di lavanda ed era parecchio più alto di me. Protese una mano e mi sistemò un ricciolo ramato sfuggito al cappellino della divisa, portandomelo dietro l’orecchio. Vidi il suo sguardo vagare sulla moltitudine di piercing, ammirato.
«YoonGi mi aveva fatto credere che tu fossi come Elsa di Frozen» disse il giovane, sorridendomi e sprofondando le mani nelle tasche del giubbetto di jeans che indossava. «Quando invece sei una Merida in carne ed ossa». Arrossii, battendo le palpebre. YoonGi? Possibile che anche lui fosse amico del mio vicino di casa? Ma quanti ne conosceva? La sua cerchia di amicizie sarebbe probabilmente bastata a riempire metà del nostro condominio. E l’intero perimetro delle mie fantasie erotiche. Ma cosa andavo a pensare?
«Io sono JungKook» mi tese la mano, affabile. Gliela strinsi, imbarazzata. Quanti anni aveva? Era legale fare pensieri su di lui? Sarei finita in prigione o all’inferno, per quello?
«Winter».
«Sì, lo so» rispose, senza sciogliere la stretta. Ottimo. Il loro amichetto doveva aver parlato di me in lungo e in largo, a quanto pareva. Rimanemmo a guardarci per alcuni istanti. Tempo in cui io avrei presto cominciato a sudare freddo, se TaeHyung non si fosse intromesso nella situazione, rompendo il ghiaccio.
«Siamo qui per quella famosa colazione a tue spese, miss» commentò, con un malizioso sorrisetto sulle labbra, afferrando il suo amico per la parte posteriore del colletto della giacca. Riportandolo a distanza di sicurezza per la mia sanità mentale. Annuii. Si era ricordato davvero. Puntuale come un orologio svizzero. Anzi, coreano. Accidenti, com’ero simpatica. I miei amici erano persone davvero fortunate, ad avermi con loro.
«Due frappuccini, formato large» ordinò il castano, allacciando le dita dietro la testa, esibendomi un sorriso soddisfatto. «TaeHyung e JungKook» scandì poi, affinché io prendessi nota dei loro nomi. Sollevai un sopracciglio.
«Troppo complicato», commentai. «Vada per “alieno” e “biscottino”» decretai, scribacchiando sulle targhette e spostandomi per passare l’ordinazione.
«Yah, miss! È imbarazzante, torna qui!» Sentii il suo vocione urlarmi dietro, ma l’amico dovette avergli assestato una gomitata per farlo stare buono. Dopo aver precisato alla cassa che quell’ordinazione sarebbe stata a mie spese, tornai al mio posto. Sorridendo loro beata.
«Finiscila, Tae. Ci ha appena offerto almeno dieci dollari di colazione, il minimo che tu possa fare è ringraziarla» lo sgridò il moro, scaldandomi il cuore. Allora, gli amici del mio vicino di casa non erano tutti teppisti o pornostar. C’era qualcuno di normale, fra loro. TaeHyung si massaggiò la porzione dolente di braccio, scoccandogli un’occhiata seccata, e poi si rivolse a me. Inchinandosi profondamente. Alla maniera coreana. Con una dose extra di teatralità.
«Grazie mille per la colazione, miss» decretò, in tono ufficiale. Cominciai ad arrossire, guardandomi attorno per vedere se qualcun altro stesse notando quello show, nei pressi dell’entrata.
«Hey» dissi, avvicinandomi a lui e cercando di riportarlo in posizione eretta. «Okay, ho capito, non siamo più al periodo edo, puoi alzarti adesso» gl’intimai, desiderando sempre più ardentemente di scavarmi una voragine nel pavimento e rinchiudermi sette metri sotto terra, per la vergogna. JungKook aveva cominciato a ridere, mentre TaeHyung si sollevava di scatto. Lanciandomi un’occhiata confusa.
«Ma quello è il medioevo nipponico» commentò. «Ti sembro forse giapponese?» Chiese, indicandosi il volto con un dito. Scossi la testa. Fortuna che quella mattina, il locale fosse stato semi vuoto. Altrimenti non avrei avuto il tempo di star dietro alle sue chiacchiere.
«Scusami, se non sono preparata sulla storia del vostro paese natale» borbottai, grattandomi la nuca a disagio, mentre subivo la sua occhiata di biasimo. «Era per dire che un semplice “grazie” sarebbe stato sufficiente», aggiunsi.
«A Tae piace esagerare i suoi modi. È convinto che la sua vita sia un palcoscenico» mi svelò JungKook, coprendosi le labbra con una mano e avvicinandosi al mio orecchio. Ridacchiai, mentre il suo amico incrociava le braccia, guardandolo male.
«Moccioso impudente, non lo sai che non si parla degli altri davanti ai diretti interessati?» Commentò, con acredine. Lo sentii ridere, accanto a me. Un bel suono spontaneo, gentile. Un altro denominatore comune della comitiva del mio vicino di casa, era la bellezza delle loro voci. Non potevano mettere voglia di strapparsi solo gli occhi, dovevano reclamare come proprie anche le orecchie. Sospirai, impercettibilmente. Se avessi potuto commentare la mia stessa situazione con un post su un qualsiasi social network, avrei probabilmente scritto “100% done” ovunque.
«Alieno e biscottino!» Decretarono ad alta voce dall’altra parte del bancone, ottenendo di farmi scoppiare a ridere, e di far voltare l’intera esimia clientela del locale. Colpita da quei nomi così trani ed improbabili. Le guance di TaeHyung s’imporporarono, e si abbassò gli occhiali da sole sul volto, incamminandosi verso la sua ordinazione con il capo sprofondato nel colletto del suo costoso cappotto elegante. Mentre JungKook avanzava divertito. Sembravano così diametralmente opposti, mentre ritiravano le grosse confezioni e tornavano da me. Uno sorridente, l’altro con la morte nel volto.
«Veramente un colpo basso, miss. Mi auguro che la mia prossima ordinazione avrà un nome più dignitoso» commentò il castano, arrischiandosi a guardarsi attorno, per poi ripararsi nuovamente dietro il tessuto del bavero. Con un movimento inconsulto, come se i suoi occhi schermati dalle lenti nere avessero incontrato lo sguardo di qualche altro cliente divertito. Potevo ancora vedere il rosso delle sue guance tingergli anche gli zigomi. Sorrisi.
«Adesso andiamo, o faremo tardi per il corso delle nove» m’informò JungKook. Lo vidi protendersi verso di me, e schioccarmi un bacio sulla guancia. Inaspettatamente. Il cuore mi mancò un battito.
«Ci vediamo, Merida. Passerò spesso a trovarti!» Esclamò, ammiccando. Per poi avviarsi con il suo amico fuori dal locale. Li guardai incamminarsi verso destra, dalle pareti vetrate del negozio. TaeHyung borbottava qualcosa, e lui rideva, allegro. Mi portai una mano dove pochi secondi prima si erano posate le sue labbra. C’era bisogno di ripeterlo? 100% done.



 



 


#Yah!: I'm 100% done with Jeon JungKook too.
 

   
 
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