Serie TV > Castle
Segui la storia  |       
Autore: nikita82roma    17/09/2017    2 recensioni
Ambientata prima dell'ultimo episodio della prima stagione. Castle e Beckett sono sulla scena del crimine di un duplice omicidio, una coppia di coniugi con una bambina in affido: Joy entrerà prepotentemente nella vita di castle e ancora di più in quella di Beckett. Il passato si scontrerà con il futuro, scelte, errori e decisioni vecchie e nuove porteranno i nostri dentro un percorso dal quale uscirne non sarà facile, dove giusto e sbagliato non sono così netti e dove verranno prese decisioni sofferte.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Nuovo personaggio, Rick Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima stagione
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Se Joy avesse dovuto descrivere la sua vita con Connor e Stephanie con un colore, avrebbe detto grigio, in tutte le sue variazioni, ma grigio. Era tutto spento, come si sentiva lei, non era come al loft, come a casa, dove invece tutto era colorato e divertente a cominciare dalle tazze per la colazione, per finire con i sorrisi di tutti, perché i sorrisi per Joy erano colore. Odiava, invece, la formalità di quelli che avrebbero dovuto essere i suoi genitori, tanto quanto i finti slanci di affetto che Stephanie provava ad avere con lei. Odiava quando provava a salutarla con un bacio la mattina o quando lo faceva alla sera, baci che lei subiva passivamente senza mai provare a ricambiare.

Aveva ascoltato alcuni discorsi tra Connor e sua moglie, aveva saputo che Kate era stata lì, ma non l’avevano fatta nemmeno entrare e non sapeva se essere felice perché l’aveva trovata anche non sapendo dove fosse, oppure se arrabbiarsi perché se anche lei che era un poliziotto non poteva fare nulla voleva dire che nessuno poteva farlo. Era stato sconfortante, soprattutto quando la mattina dopo Connor le prese il cellulare, aveva così perso ogni possibilità di comunicare con Rick e Kate e dalle sue parole le sembrava sempre più chiaro che lui non avesse alcuna intenzione di permetterle di vederli e questo non lo riusciva ad accettare.

Provò a chiedergli il giorno del ringraziamento se poteva chiamare sua madre o Rick per fargli gli auguri ed era già pronta ad incassare l’ennesimo “no” quando invece gli diede il suo benestare e le permise di chiamarli, sottolineando che quella sarebbe stata un’eccezione. Lei lo ringraziò, anche se tutto avrebbe voluto fare tranne che quello, ma si comportava come le avevano sempre insegnato in istituto, magari così avrebbe potuto ottenere qualcosa in più: gentile, ringraziare sempre, evitare di chiedere cose. Si faceva andare bene i loro orari, quella formalità nel cenare, il loro cibo che a lei non sempre piaceva, soprattutto quelle cose fin troppo elaborate per i suoi gusti ma che Connor e sua moglie apprezzavano particolarmente mentre a lei tutto quello che era crudo continuava a non piacere. Sorrise solo ricordandosi quella sera con Alexis e Rick quando l’avevano portata in un ristorante giapponese e mentre loro mangiavano sushi, Rick le ordinò tutt’altro dopo aver visto la sua faccia schifata per averlo assaggiato. Si era fatta forza una volta, aveva detto che a lei il sushi non piaceva, ma Connor aveva risposto che non era sushi era tartare, era diversa e più elegante, era buona e doveva mangiarla. Mandò giù solo pochi bocconi, poi non ce la fece più, ma il suo sforzo sembrò non essere apprezzato. Rimpiangeva di non poter mangiare tutto quello che Rick aveva promesso avrebbe cucinato per il giorno del ringraziamento e forse Connor si mosse a compassione vedendola più triste del solito e per quello le concesse di telefonare. Era stata una delusione enorme non sentire sua madre, ma le parole di Rick avevano riacceso in lei una piccola speranza.

Era passata una settimana da quel giorno. Novembre era finito e dicembre era appena cominciato: il mese delle feste, del Natale. Alexis le aveva raccontato più volte di quanto sarebbe stato bello passare il Natale tutti insieme, le raccontava di come suo padre cominciasse già dai primi giorni del mese a riempire casa di decorazioni natalizie, fino a quando non facevano insieme un enorme albero vicino al pianoforte ed ogni anno compravano dei nuovi addobbi insieme. Immaginava i festoni, le ghirlande, l’odore dei biscotti allo zenzero e la frutta secca e i pacchetti sotto l’albero che aumentavano giorno dopo giorno, così come sarebbe aumentata la sua curiosità di vedere cosa ci fosse stato dentro. Aveva anche pensato a cosa avrebbe potuto regalare lei a loro e da chi si sarebbe fatta aiutare, un “problema” quello che ora non avrebbe più avuto. Aveva appoggiato il naso sul vetro della finestra, non c’era mai molta gente che passeggiava in quella via, non era come sotto il loft che c’era un via vai continuo di persone e macchine, lì era molto più tranquillo. Sentì un brivido percorrere il suo corpicino quando vide quella che poteva essere una famiglia, come lei con Castle e Beckett, passare tenendo un bambino per mano e delle buste nelle altre. Immaginava come sarebbe stato uscire insieme ed andare a comprare anche loro le nuove decorazioni. Quella casa, invece era vuota, non c’era niente che ricordasse il Natale, come non c’era stato niente che avesse ricordato il giorno del Ringraziamento. Aveva provato a chiedere il perché  e Stephanie le aveva risposto che era solo perché quella non era la loro casa, ma quando sarebbero tornati a Santa Monica sarebbe stato diverso. Non potè dirle che lei Santa Monica non l’avrebbe mai voluta vedere.

Quel pomeriggio, però, si fece forza e anche se non ne aveva voglia, scese ed andò da Stephanie che era sola nella biblioteca a leggere un libro.

- Anche se non è casa nostra, potremmo comprare qualcosa per il Natale? Mi piacerebbe molto.

Joy cercò di essere il più accondiscendente possibile. Stephanie chiuse il libro e la guardò un po’, poi quando già la bambina si preparava per un rifiuto, arrivò un’inaspettata risposta

- Va bene, andiamo! Così faremo una sorpresa a tuo padre questa sera quando torna.

Joy le regalò un sorriso parzialmente sincero e tornò in camera per cambiarsi. Ogni volta che prendeva in mano uno dei suoi vestiti ricordava perfettamente il momento in cui Kate li aveva pazientemente piegati e messi nella valigia. Aveva fatto male a tutte e due quel momento carico di rabbia e tristezza. Provava a vedere se si sentiva ancora il profumo di casa Castle, ma le sembrava di non sentire nulla. Si vestì a fatica, prese una delle sue mascherine, la giacca e la sciarpa e tornò al piano inferiore dove Stephanie la aspettava già pronta.

L’autista aveva la macchina accesa e li aspettava fuori dal portico, Joy entrò seguita da Stephanie che non disse nulla evidentemente aveva già avvisato prima dove sarebbe voluta andare.

Joy non era mai stata in quel posto, era un grande magazzino estremamente lussuoso, le vetrine sembravano già addobbate per Natale, ma non era quel natale colorato pieno di luci e colori che si sarebbe aspettata, era tutto molto freddo, con decorazioni di cristallo e metalli preziosi che riflettevano la luce fredda e si stagliavano su sfondi dove la facevano da padrona grossi fiocchi di neve stilizzati. Lì non c’era niente del calore e della magia nel Natale che si aspettava e non riuscì a nascondere la sua delusione, ma per fortuna la mascherina la coprì. Quando entrarono una commessa diede loro il benvenuto e Joy colse subito il suo sguardo carico di pietismo nel guardarla e notò anche il disagio di Stephanie in quell’occasione: Joy sarebbe voluta scappare lontano da lì. Si sentiva anche lei a disagio e per la prima volta dopo tanto tempo ebbe quella sensazione di sentirsi diversa, malata e non accettata, era così nervosa che cominciò a tremare. Seguì Stephanie nel reparto casa, dove la donna comprò alcune ghirlande bianche addobbate con freddi cristalli e nastri blu e prese dei segnaposto per la tavola dello stesso colore, insieme a delle tovaglie ed altri oggetti, nulla che incontrasse il gusto di Joy, nemmeno interpellata nella scelta delle cose da prendere.

- Sei contenta adesso? - Le chiese la donna quando aveva pagato il tutto e dato indicazioni per portare tutto al suo autista che l’aspettava nel parcheggio sotterraneo riservato ai clienti.

- Sì, grazie - Mentì parlando sotto la mascherina.

Stavano per uscire, quando una commessa invitò Stephanie ad andare al piano di sopra a vedere la nuova collezione in esclusiva di un noto stilista francese. La donna non riuscì a dire di no, anche se Joy le disse che era stanca. Le commesse, con un gesto che sembrava più di pietà che di cortesia, per non perdere quella che sembrava un’ottima cliente, la fecero accomodare in un divanetto poco lontano mentre lei provava alcuni capi. Joy osservava da lontano quella scena con rabbia e più guardava Stephanie, più la sua rabbia cresceva. Lei non la guardava mai, probabilmente nemmeno si ricordava che c’era anche lei lì. Quando entrò per l’ennesima volta con un capo diverso, Joy fece qualcosa che non aveva mai fatto. Non sapeva dove aveva trovato il coraggio o la forza, ma si alzò da lì e andò verso le scale mobili. Scese tutti i piani rapidamente e poi uscì da lì. Era sulla strada, in mezzo ad una via affollata di New York. Si guardò intorno e non sapeva cosa fare. Sentì un paio di gocce e guardò in alto, era quasi buio e stava cominciando a piovere. Richiamò tutte le forze che aveva e cominciò a correre, a correre come non aveva mai fatto, tra la gente, urtandola, senza scusarsi o dare spiegazioni. Le poche gocce divennero preso un temporale, ma lei attraversò ancora un paio di isolati prima che capì che aveva esagerato e non ce la faceva più. Respirava a fatica sotto la mascherina che si strappò via sperando di farlo meglio, ma non funzionò poi molto. Vide dall’altra parte della strada una volante della polizia e pensò di fare l’unica cosa che poteva. Aspettò impazientemente il verde per poter attraversare poi tutta bagnata bussò al vetro della macchina ferma. L’agente aprì il finestrino e la guardò.

- Che succede piccola, ti sei persa? - Le chiese con dolcezza.

- No. Devo andare dalla mia mamma. È il detective Beckett, dodicesimo distretto. - Disse Joy.

- Dodicesimo? Cosa ci fai qui? Dov’è il tuo papà?

- Per favore, portatemi dalla mia mamma! - Chiese Joy piagnucolando infreddolita e tremante. Il collega uscì e le mise la sua giacca addosso facendola sedere nella parte posteriore dell’auto. L’agente alla guida comunicò il loro cambio di posizione per un’emergenza e poi partirono.

 

 

Quell’uomo era un osso duro. Erano già più di due ore che lui e Beckett erano chiusi nella sala interrogatori senza che riuscisse a cavarne niente e Kate cominciava ad essere frustrata dalla situazione. Ryan, Esposito e Montgomery seguivano quella scena dall’altra parte del vetro, sicuri che prima o poi lei sarebbe riuscita a scardinare le sue difese. Aveva detto poco e quel poco non bastava per incriminarlo, ma non aveva nemmeno chiesto un avvocato, quindi non doveva essere poi così furbo.

I tre si voltarono contemporaneamente quando un uomo sembrò fissarli da un po’ senza dire nulla.

- Cosa c’è agente? - Chiese Montgomery all’uomo in divisa sulla porta.

- Mi scusi signore, sono l’agente Diaz del diciannovesimo distretto. Abbiamo trovato una bambina per strada e l’unica cosa che ci ha detto è che dovevamo portarla da sua madre il detective Beckett del dodicesimo. Non ha detto altro, è piuttosto bagnata e infreddolita.

- Maledizione Joy! - Esclamò Montgomery. - Esposito, Ryan, andate da Beckett e ditele che le date il cambio su mio ordine.

I due eseguirono, il capitano e l’agente li videro entrare, dire qualcosa nell’orecchio a Kate che li guardò contrariata e stupita, salvo poi accettare la decisione ed uscire dirigendosi immediatamente lì dove sapeva c’era il capitano.

- Signore, l’avrei fatto confessare! Avevo solo bisogno di tempo! - Esclamò Beckett che vedeva in quel gesto una mancanza di fiducia nei suoi confronti provando a giustificarsi.

- Lo so Beckett, non è per questo che ti ho chiamato. L’agente Diaz del ha trovato Joy per strada che chiedeva di te. - Le disse Montgomery.

- Cosa? E dov’è? - Kate non sapeva se essere felice o preoccupata.

- E’ in auto con il mio collega. Era bagnata e tremava, le ho dato la mia giacca…

Non volle sapere altro, andò di corsa verso l’ascensore con l’agente che la seguì, maledicendo la lentezza di quel mezzo.

Appena arrivati nel parcheggio del distretto Kate seguì l’uomo fino alla volante, dove vide il collega fuori dallo sportello posteriore aperto.

- È lei il detective Beckett? - Le chiese

- Sì, sono io - Rispose Kate ancor prima di essere lì vicino.

- Credo che la bambina non stia bene è molto calda e…

Kate era immediatamente corsa verso l’auto e l’agente aveva fatto appena in tempo a spostarsi per lasciarle spazio. Joy era rannicchiata nel sedile con la giacca sopra di sé. Si chinò su di lei, le spostò i capelli dal viso ed aveva ragione il collega, era veramente molto calda, ma la cosa che la preoccupò di più è che non sembrò reagire al suo tocco.

- Joy, amore… piccola, mi senti? - Le disse dolcemente senza ricevere una risposta, poi  scoprendole il volto si accorse che non aveva la mascherina che doveva sempre indossare quando usciva.

- Non aveva una mascherina? - Chiese Kate e i due si guardarono scuotendo la testa. - Dobbiamo portarla in ospedale, subito.

Non era una richiesta, era un’ordine. Gli diede l’indirizzo e poi partirono immediatamente accendendo lampeggianti e sirene.

Kate aveva Joy tra le braccia, proprio come il giorno che l’aveva presa dai suoi rapitori, il giorno che tutto era cominciato. Le accarezzava una mano che aveva appoggiato sul suo petto, era più pallida del solito e bruciava tremendamente. Trovò la lucidità per interrompere un attimo quel contatto e per chiamare il dottor Thompson ed avvisarlo che stavano arrivando e poi Castle per dirgli di raggiungerla. Non capiva cosa era successo, perché lei stava male e che cosa ci faceva per strada tutta bagnata.

La sentì tossire mentre la teneva stretta sperando di riuscire a scaldarla almeno un po’.

- Mamma… - Joy aveva aperto gli occhi e sapeva che quella che la stringeva era Kate, non aveva nemmeno bisogno di vedere il suo volto.

- Amore mio, ma cosa è successo?

- Volevo vederti. Volevo stare con te. - Joy provò a stringerla ma non ci riuscì. Era troppo debole e sembrò addormentarsi ancora. Kate era terrorizzata dalla paura, non era come quando aveva avuto la febbre quella mattina a casa di Castle, lo sapeva o meglio, se lo sentiva, glielo diceva un sesto senso che non sapeva di avere.

Arrivati davanti all’ospedale entrò velocemente seguita dagli agenti.

- Cosa sta succedendo? - Chiese uno degli uomini della sicurezza.

- Detective Beckett, è un emergenza, abbiamo già avvisato il dottor Thompson è una sua paziente, disse senza fermarsi andando diretta verso quegli ascensori e quel reparto che conosceva troppo bene. Non avrebbe lasciato che la fermassero ancora chiedendogli chi fosse. Il suo distintivo ben in vista appuntato alla vita parlava per lei.

 

Appena si furono assicurati che Joy fosse in mano ai medici, i due agenti salutarono Beckett e se ne andarono, lasciandola sola davanti alla porta chiusa, dietro la quale c’era sua figlia. Le mani calde che sentì stringere le sue braccia potevano essere di una sola persona e senza nemmeno guardarlo, si voltò ed affondò sul suo petto.

- Come sta? - Chiese subito Rick.

- Non lo so. È un po’ che è lì con Thompson ed altri.

- Cosa è successo? - Domandò ancora e Kate si asciugò gli occhi scostandosi un po’ da lui.

- So solo che l’hanno trovata per strada e lei ha chiesto di farsi portare al distretto, era bagnata, affaticata e senza la sua mascherina.

- Ci hai parlato?

- Pochi secondi, si è svegliata mentre eravamo in macchina ha detto solo che voleva vedermi… Castle perché ha fatto una cosa così stupida? - Non riusciva a darsi pace. Anche lei voleva vederla ma non così, non lì.

- Te l’ha detto. Voleva vederti. Ma ehy, Kate, non sentirti in colpa per questo. - Le prese il viso tra le mani, obbligandola a guardarlo.

- Perché me lo dici?

- Perché ti conosco e so che lo stai già facendo. - Le accarezzò le guance asciugandole le lacrime.

- Abbiamo sopravvalutato la sua capacità di capire e sopportare tutto questo, Castle.

Rick sapeva che lei aveva ragione. La abbracciò e la lasciò sfogare, non riusciva nemmeno a pensare a cosa doveva aver provato a rivedere Joy e trovarla in quello stato.

Quando Kate sentì il rumore delle porte aprirsi si voltò di scatto appena in tempo per vedere il dottor Thompson uscire da lì.

- Dottore… - La voce di Kate sembrò un sussurro che conteneva una supplica per sapere come stava sua figlia.

- Dobbiamo aspettare qualche giorno per capire come andranno le cose. - Thompson era preoccupato ed arrabbiato allo stesso tempo.

- Cosa vuol dire?

- Joy ha un’infezione in corso che è arrivata ai polmoni. Come sapete il suo sistema immunitario è molto debole ed era necessario che non fosse in contatto con alcun tipo di virus ma evidentemente non è stato così. Poteva essere anche un banale raffreddore, per lei però può essere potenzialmente fatale. Dobbiamo vedere come reagisce alle cure…

Beckett si sentì sprofondare ed era sicura che se non avesse trovato il braccio di Castle a cui sorreggersi non sarebbe riuscita a rimanere in piedi. Rick ascoltò le parole del dottore pietrificato.

- Io ovviamente di tutto questo non potrei dirvi niente, vista la situazione, ma… è giusto che voi lo sappiate. La stanno portando in camera, potrete farle visita e stare con lei, uno alla volta. Dovrò avvertire anche suo padre ma vi lascio un po’ di tempo per stare con lei prima di farlo. Joy è sempre stata una bambina forte, lotterà con tutte le sue forze anche questa volta.

Thompson li lasciò soli, dando un’amichevole pacca sulla spalla a Castle nell’allontanarsi. A Rick sembrò di essere tornato indietro di mesi, con una sola differenza, lui e Beckett questa volta sarebbero stati insieme.

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Castle / Vai alla pagina dell'autore: nikita82roma