Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS)
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Autore: whitecoffee    17/09/2017    3 recensioni
❝“Potresti abbassare il volume della tua maledetta musica? Sono almeno quarantacinque minuti che non faccio altro che sentire “A to the G, to the U to the STD”. Per quanto tu sia bravo a rappare, il mio esame è più importante. Grazie”
-W
“N to the O to the GIRL to the KISS MY ASS”
-myg
“Senti, Agust Dick, comincia a calmarti, che non ci metto niente a romperti l’amplificatore e pure la faccia.”
-W❞
rapper/photographer!YoonGi | non-famous!AU | boyxgirl
-
» Storia precedentemente pubblicata sul mio account Wattpad "taewkward"
Genere: Commedia, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Min Yoongi/ Suga, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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XVI.
Agust Starbucks (and his caramel macchiato)



“I don't know where you're going
But do you got room for one more troubled soul?”

(Fall Out Boy feat. Foxes Alone Together)

 
 

 Y O O N G I  

 

Avevo appena finito un servizio fotografico, particolarmente impegnativo. Era per l’ep di uno dei miei amici del giro di rap underground, quindi ci tenevo in particolar modo: avevo avuto cura che tutto fosse andato esattamente come avevamo deciso insieme. Una fatica immane, sfiancante, ma soddisfacente. Dunque, avevo le migliori intenzioni di tornare a casa a dormire. Finalmente. Tuttavia, il fato sembrava avere altri piani, per me. Stavo per muovermi verso l’appartamento, quando il cellulare vibrò nella mia tasca, segnalandomi un messaggio non letto. Appesi la Canon alla spalla e controllai la notifica. Era un messaggio di TaeHyung.
“Stamattina sono stato con Kookie a prendere la colazione da Winter, lavora alla sede Starbucks sulla sedicesima strada. Sono stato pubblicamente umiliato dalla sua abilità con i soprannomi, ti suggerisco di andare a trovarla e ripagarla con la stessa moneta”.
Sollevai un sopracciglio. Quelle due pesti erano davvero andate a scroccare un frappuccino dalla mia vicina di casa. Ero senza parole. E, cosa leggevo?, a quanto pareva, lei aveva addirittura “umiliato” TaeHyung, affibbiandogli un soprannome che non doveva essergli piaciuto. Sorrisi fra me e me. Quella scimmia molesta non aveva avuto indietro neanche la metà, di ciò che il suo karma negativo doveva aver accumulato nel corso dei suoi ventun anni. Ciò che mi divertiva di più, però, era notare il suo palese insuccesso nell’entrare nelle sue grazie. A quanto pareva, lui e JungKook erano i playboys indiscussi del corso di teatro, nessuna poteva resistere loro. Eccezion fatta per la mia nuova vicina di casa, in fin dei conti.
Lanciai un’occhiata al mio orologio da polso. Le tre. Per arrivare sulla sedicesima strada, avrei impiegato almeno un quarto d’ora. Perché no.

 

 
Entrai nel negozio e la vidi. Ferma nei pressi del bancone, che prendeva l’ordinazione della coppietta che si teneva mano nella mano, sorridendo mentre scribacchiava sul blocchetto. Mi parve ancora diversa da quella famosa nottata al pub. Alla fine, l’avevo portata a casa mia, e distesa sul letto. Esatto, proprio lì. Il mio sacro altare alla divinità del sonno, la mia dolce metà, il naturale prolungamento del mio essere. Non permettevo a nessuno di occupare quella superficie, nemmeno di sedervisi sopra. Era di mio dominio, e tale sarebbe dovuto rimanere. Allora, chissà perché non mi ero fatto alcun problema a posarvela sopra, di modo che potesse continuare a dormire tranquilla. Me n’ero andato sul divano, senza pensarci due volte. Per quale ragione? Che razza di strani poteri esercitava, quella sconosciuta, sul mio subconscio?
La guardai, mettendomi in fila. Era davvero piccolina. Difficile credere che un corpo tanto minuto, potesse contenere una simile verve caratteriale. Portava i ribelli capelli rossi legati in una crocchia bassa sulla nuca, di modo da non intralciare il cappellino della divisa. Aveva il lobo pieno di piercing e un anellino su ciascun dito della mano. Intuii che dovesse essere più tosta di quanto non sembrasse. Mi domandai che musica ascoltasse, ma poi mi diedi dell’idiota per essermi posto una simile questione. Che me ne importava?
Mi misi a trafficare con il cellulare per ingannare l’attesa, e smettere di fissarla. Aprii Instagram e la prima foto che vidi, fu quella di Nancy. Che sorrideva all’obiettivo insieme al suo nuovo ragazzo, un certo Jackson Wang. Quella troia. Cinque mesi di relazione, di cui tre condivisi con quel bellimbusto che sorrideva dall’altro lato dell’obiettivo, mentre le stringeva la vita con fare possessivo. Povero idiota. Quel corpo, che sembrava così ben fatto e prezioso, aveva conosciuto così tante lenzuola differenti, da farmi rivoltare lo stomaco al solo guardarlo. Mi pareva di sentire le sue parole risuonarmi ancora nelle orecchie, dalla sera in cui mi aveva lasciato.
Era la vigilia di natale, fuori nevicava. Lei si era appena spenta la sigaretta nel portacenere le che avevo comprato appositamente. Nonostante odiassi il fumo e chi ne facesse uso, le permettevo di consumare le sue Virginia Slim nella mia cucina, come se niente fosse. Per renderla felice.
Sei uno smidollato, YoonGi. È questo, il tuo problema. La mancanza di reattività. Non lo so nemmeno io perché ti sono rimasta accanto per tutto questo tempo, deduco fosse la forza dell’abitudine. Mi annoi. Mortalmente. Hai sempre ‘sì, Nancy’ stampato sulle labbra. Avresti dovuto dirmi no, qualche volta”.
E se n’era andata, scomparendo dalla mia vita. Non rendendosi conto della mole elefantiaca di problemi che la mia psiche si trascinasse dietro ogni giorno, come pesanti catene. D’altronde, avevo sempre avuto il sospetto che non le fosse mai importato veramente, di ciò che potessi sentire. O soffrire. Ero un semplice ornamento, per lei. Un pesante bracciale che tintinnava al suo polso, di cui non aveva esitato a sbarazzarsi, una volta resasi conto di quanto potesse infastidirla.
«Sì?»
Battei le palpebre e sollevai lo sguardo dal cellulare, incontrando i due smeraldi della mia vicina di casa, che mi sorrideva gentilmente. Era arrivato il mio turno e non me n’ero accorto. Era veramente carina. Limpida. Un universo parallelo, rispetto a Nancy.
«Un caramel macchiato, formato medio» ordinai, senza interrompere il contatto visivo. La vidi scrivere, annuendo. Dita piccole e sinuose, dalle unghie laccate di un punto così scuro di rosso, da sembrare nero.
«Nome?»
«Agust D» sorrisi. Si fermò per qualche istante, sollevando un sopracciglio. Mi rivolse un’occhiata più attenta, alla ricerca di qualche segno particolare sul mio volto. Mi morsi il labbro inferiore, per non ridere. Parve mettercela davvero tutta. Impossibile che si ricordasse del mio viso, dalla sera al pub. Era troppo ubriaca per richiamare alla memoria perfino il posto in cui avesse lasciato le chiavi di casa. Nella tasca, per inciso.
«Ci siamo già incontrati, per caso?» Chiese, arrendendosi. Feci spallucce, non dandogliela vinta.
«Può darsi» commentai. «Il mondo è un posto piccolo» aggiunsi, e quella risposta parve disorientarla. Era così divertente vederla andare nel pallone, come quando scrivevo qualcosa di troppo esplicito nei post-it sulla sua porta. La faceva sembrare adorabile.
«O-okay» balbettò, cercando di riprendere il controllo della situazione. Chissà cosa stava accadendo nella sua mente, in quel momento. «Puoi aspettare qui, a breve la tua ordinazione sarà pronta» spiegò, accennando un sorriso confuso. Annuii e sollevai un angolo delle labbra, rubandole un ultimo sguardo da quegli occhi grandi color smeraldo. Prima o poi le avrei detto il mio vero nome.


 


 


#Yah!: ormai penso che mi odierete, perché mi diverto a giocherellare con la vostra ship preferita. I'm such a bad girl, I should be with bad boys like JungKook. GIURO CHE PRIMA O POI SI CONOSCERANNO, TRUST ME.

   
 
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