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Autore: ComeWhatKlaine__    18/09/2017    2 recensioni
Tratto dalla storia:
"Forse era proprio quella la verità.
[...]
La osservò da lontano, mantenendo le braccia incrociate e la schiena saldamente ancorata al muro:
sotto gli scoppi di luce colorati era bella più che mai, ma di quel bagliore tutto speciale che emanava direttamente dai suoi occhi non c'era neanche l'ombra.
Si soffermò sul suo braccio candido, che vide stringersi un po' più forte attorno alla bambina e per la prima volta, in tanti anni, le sembrò totalmente indifesa.
Più indifesa ora, nel giardino di casa e senza la presenza oscura della morte incombente.
Più indifesa ora, che quel Principe Sanguinario di un tempo era al suo fianco e non a stringerle le mani attorno ai polsi."
[DBS, Long VegeBul ambientata in un ipotetico futuro dopo la fine del Torneo del Potere.]
Genere: Angst, Erotico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bra, Bulma, Trunks, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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“E’ tutto qui quello che sai fare?”
L’aria attorno a loro, scarlatta per la sua gravità, pareva tremare, sotto ogni colpo.
Le due chiome bionde guizzavano da una parte all’altra della camera, rapidissime, quasi fossero fulmini nella notte nera.
“Avanti, Trunks, devi essere più rapido di così.”
Un colpo ben assestato in pieno petto e una di quelle luci improvvisamente spenta.
Vegeta si abbassò, fino a toccare di nuovo terra e azzerò la gravità dal regolatore centrale.
Trunks era ancora dietro di lui, a massaggiarsi il torace, con gli occhi lievemente lucidi.
“Ouch! Papà sei pazzo, mi hai quasi ucciso!”
Vegeta si lasciò sfuggire una risatina.
“Ti ho dato colpi molto più forti in passato. E’ evidente che ti stai rammollendo.”
“Ma …”
“E non voglio che accada di nuovo che diserti gli allenamenti con la scusa dell’influenza. Sono stato chiaro?”
“Non era una scusa!”
“Per favore, potrei sentire il battito accelerato che hai quando menti anche se fossi su un altro pianeta.”
Trunks abbassò lo sguardo a quella affermazione e poi sorrise imbarazzato tra sé e sé: beccato!
“Allora?”
“Cosa?”
“Perché questa bugia tanto patetica?”
Trunks temporeggiò a rispondere, guardando fisso il pavimento bianco e sul quale serpeggiavano alcune fessure dovute agli sbalzi gravitazionali.
Poi prese un respiro profondo e sospirò.
“Sono preoccupato per la mamma.”
Si aspettava un rimprovero per il suo fare da femminuccia, una delle sue solite battute sarcastiche.
E invece niente.
Solo un silenzio che certamente valeva molto di più.
Quando Vegeta parlò di nuovo, a Trunks parvero passati secoli.
“Si è fatto tardi, è il caso di rientrare. Cerca di esercitarti di più anche prima di venire ad allenarti con me.”
“Va bene.” Disse Trunks, spostandosi stancamente una ciocca di capelli dalla fronte, con un gesto che a Vegeta ricordò così tanto Bulma.
Si mise a scrutare le stelle attraverso una delle finestre della Gravity room e chiuse gli occhi, cercando di trasferire su di sé almeno un po’ di quella così sconosciuta pace che la notte calma sembrava suggerire.
Trunks si rimise la felpa, che aveva prima abbandonato distrattamente sul pavimento e si incamminò verso l’uscita.
“Trunks.”
“Eh? Sì, che c’è?”
“Buon compleanno, ragazzo.”
Un sorriso radioso illuminò il volto del giovane Saiyan.
Se ne è ricordato.
E Vegeta, per quella notte, forse trovò davvero un po’ di pace dentro sé.

“Questi vanno di sopra. Invece quei tavoli li voglio sistemati in giardino, con le tovaglie rosse.”
Bulma era in piedi, al centro del grande salotto, circondata da tanti dei piccoli robot da lei progettati e che abitualmente si vedevano gironzolare per casa.
“Forza, ci sono ancora un mucchio di cose da fare.”
Il Principe la stava osservando, silenziosamente e con la stessa apprensiva attenzione che le rivolgeva nell’ultimo periodo.
Era passata una settimana da quella sfuriata notturna ed ancora non avevano ripreso a parlare.
Lei lo evitava e ormai ai pasti non la si vedeva praticamente più.
“Ho molto da fare, tesoro.” Diceva a Trunks ogni volta che loro figlio si avvicinava per chiederle spiegazioni.
Lui, da parte sua, aveva tentato di avvicinarsi a lei in qualche modo, ma aveva avuto serie difficoltà: era sempre stato abituato ad aprirsi con lei nella penombra della loro camera, stretto a lei tra le lenzuola fresche o anche urlando, ma con la trasparenza che l’aveva sempre caratterizzata ad accompagnarlo.
Ora davanti a sé aveva un muro e, sebbene nel corso della sua vita ne avesse eretti personalmente a decine, era totalmente disorientato, perché a costruirlo, questa volta, era stata l’unica persona che gli aveva offerto calore e braccia aperte e non freddezza come chiunque altro.
Quindi, la teneva d’occhio, raccolto nella sua ombra, tentando di capire cosa fosse andato storto.
“Andiamo, non abbiamo tutta la giornata. La festa è tra poche ore, insomma!”
Se ne stava lì, con il suo enorme taccuino tra le mani, mentre coordinava ogni mossa di quegli automi, come un eccentrico direttore d’orchestra.
Un sorriso gli si dipinse istantaneamente sulle labbra sottili, vedendola sbraitare istericamente e appuntare ogni cosa da fare sui fogli.
In quel breve istante, gli sembrò che nulla fosse cambiato: la sua solarità, il suo caratterino tutto pepe che lo aveva magneticamente attratto, l’eccitazione per la festa da preparare.
Ma la realtà era diversa.
Non c’era nessun bacio ad aspettarlo, quando la stanza si fu liberata dai robot.
Nessuna maliziosa provocazione che lui sarcasticamente smontava.
Niente di quel gioco segreto e solo loro che per tanti anni gli aveva scaldato il cuore in una maniera che non sapeva ancora del tutto spiegarsi.
Solo un’occhiata rapida, immediatamente distolta e il dietrofront verso la cucina.
Quella situazione doveva davvero finire.

Arrivò sera, e con essa la Capsule Corporation si gremì di gente.
C’erano proprio tutti, come sempre.
Gohan e Videl, se ne stavano seduti, con le mani intrecciate sull’erba del giardino, mentre Junior faceva volteggiare la piccola Pan tra le braccia, anche se lei, da furbetta qual era, spesso gli sfuggiva di mano, librandosi in volo e divertendosi a fare capriole in aria.
Yamco, Crili e Muten erano intenti a rimpinzarsi di spiedini di carne, sulla terrazza, mentre C18, lì accanto, aggiustava ai codini di Marron, seduta sulle sue gambe.
Tensing e Rif si unirono a loro, prendendo a parlare delle avventure passate.
Infine, seduta ai tavolini in giardino stavano i coniugi Son, con Goten e il festeggiato che provavano, nascosti da una delle tovaglie, l’ultimo videogioco arrivato in regalo.
La signora Brief faceva avanti e indietro dall’abitazione, portando vassoi carichi di ogni sorta di manicaretto, per la felicità degli invitati e soprattutto della fazione Saiyan.
Ad eccezione di Vegeta, che quella sera non toccò neanche un boccone.
Bra, gattonando, gli gironzolava attorno alle caviglie e occasionalmente gli tirava il bordo dei pantaloni, per attirare la sua attenzione.
Vegeta abbassò lo sguardo per guardarla ed avvertì una strana sensazione allo stomaco nel constatare quanto il sorriso sul volto della sua bambina fosse identico a quello di sua moglie, che in quel momento si era avvicinata a Junior per accarezzare amorevolmente una guancia della piccola Pan.
Vegeta la riviveva ogni giorno attraverso i suoi figli e forse quello rendeva i suoi silenzi meno opprimenti.
“Ehilà, Vegeta!”
La voce, allegra come sempre di Goku, lo riportò alla realtà.
“Umpf.”
“Allegro come al solito, vedo.”
“Che diavolo vuoi, Kaharot?” 
Goku si grattò la testa ridacchiando, prima di recuperare la serietà e dire:
“Beh, in realtà, ecco … Non hai toccato cibo.”
“E allora? Cosa sei la mia balia?”
“Ma ti pare! E’ solo che mi chiedevo se andasse tutto bene, ecco.”
Vegeta, a quell’affermazione, si irrigidì.
-Persino lui se ne è accorto- pensò.
“Andava tutto bene fino a quando non sei spuntato tu qui.”
Goku ridacchiò ancora, abituato al tono sarcastico del compagno di battaglia.
“Beh, certamente la tua simpatia sta bene, a quanto vedo.” Disse Goku, che poi si inginocchiò, allungando una delle sua mani possenti verso Bra, che la afferrò ridendo e facendo ridere anche lui.
Vegeta non disse più nulla, sentendosi però, in qualche modo, rincuorato da quelle risate vicine a lui.

“Su forza, venite tutti in terrazza, è il momento dei fuochi d’artificio!”
Stavano tutti mangiando l’enorme torta gelato, mentre il cielo notturno iniziò a tingersi sotto l’effetto di quelle variopinte esplosioni.
Vegeta era appoggiato al muro,  con la camicia lievemente sbottonata e Trunks seduto sulla ringhiera poco distante da lui.
Quella era una delle invenzioni terrestri che forse non avrebbe mai compreso del tutto.
Dal suo punto di vista, era davvero qualcosa di poco esaltante: nelle sue peregrinazioni spaziali aveva visto spettacoli molto più sorprendenti.
Comete dalle sfumature violacee, asteroidi, la polvere di stelle delle galassie.
Non riusciva a capire come quei rumorosi cerchi nel cielo potessero destare tanta ammirazione a livello mondiale da diventare quasi un emblema di gioia.
A volte gli era passato per la mente che forse i fuochi d’artificio fossero un po’ il modo elaborato dei Terrestri per creare le proprie personali stelle cadenti.
Per avere un motivo valido per guardare il cielo.
Per avere una parvenza di universo a portata di fiammifero.
Per sentirsi, in qualche modo, rincuorati.

Forse era proprio quella la verità.

I suoi occhi si spostarono dalla volta del cielo verso sua moglie, incapaci di staccarsi ormai da lei, anche se non lo avrebbe mai ammesso.

La osservò da lontano, mantenendo le braccia incrociate e la schiena saldamente ancorata al muro: 
sotto gli scoppi di luce colorati era bella più che mai, ma di quel bagliore tutto speciale che emanava direttamente dai suoi occhi non c'era neanche l'ombra.
Si soffermò sul suo braccio candido, che vide stringersi un po' più forte attorno alla bambina e per la prima volta, in tanti anni, le sembrò totalmente indifesa.
Più indifesa ora, nel giardino di casa e senza la presenza oscura della morte incombente.
Più indifesa ora, che quel Principe Sanguinario di un tempo era al suo fianco e non a stringerle le mani attorno ai polsi.
L’ultimo scoppio dorato si perse nel cielo e fu seguito da un lungo applauso collettivo e da un rinnovamento di auguri per il primogenito di casa Brief.

La serata volgeva ormai al termine e gli ospiti, a poco a poco, presero la via di casa.
Mentre le voci che avevano riempito la casa nelle ore precedenti si facevano sempre più rade, Vegeta continuava a guardare il cielo, riuscendo a scorgere ancora qualche baffo di fumo lasciato dai fuochi.
Ripensò a quei colori e agli occhi di tutti che sotto di essi sembravano più vivi che mai.
E capì che quello per lui non valeva.

Non aveva mai sentito il bisogno di esaltarsi sotto qualcosa come i fuochi d’artificio, ma in quell’istante si rese conto che le sue personali stelle cadenti gli stavano scivolando via dalle dita troppo in fretta.












 
  
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