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Autore: Philly123    18/09/2017    0 recensioni
Fu una sera di autunno, pioveva, per terra era bagnato. Sono i miei primi ricordi, i primi ricordi di quando incontrai i Ghoul. Di quando incontrai Uta.
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[N.d.A. Salve a tutti, questa è la mia storia! E' un periodo un po' pesante e scrivo solo e unicamente per rilassarmi quindi perdonate le sviste, non rileggo molto. Per il resto adoro il personaggio di Uta ma credo che al momento sia molto piatto. Ho deciso di renderlo un figo frustrato come lo immagino nella mia mente. Spero che l'idea vi piaccia. Commentate se volete!]
Genere: Avventura, Dark, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Uta
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti
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Ero lì. Il vento fresco mi faceva nuovamente rabbrividire. Qualche goccia di pioggia mi entrava negli occhi, eppure stavo ferma, immobile, nell’attesa di trovare il coraggio. Un altro giro attorno all’entrata. Una normalissima entrata. In una casa a un solo piano, confusa tra le altre. Eppure quella struttura, enorme, si snodava sotto terra.

-Mmm… che buon odore- affermò una voce alle mie spalle.

Scattai. Cazzo.

Un uomo sulla trentina era spuntato dietro di me, aveva lunghi capelli e due occhi neri come la pece.

Cominciai a suonare il campanello compulsivamente.

-Bambina, non penso che ti salverà qualcuno. Pensavo di rimediare soltanto una maschera e invece ho il tempo di fare uno spuntino.-

Cazzo la porta! Perché nessuno apriva quella maledettissima porta? Continuavo a suonare mentre sentivo le mani di quello schifoso che mi scivolavano addosso.

-Un attimo! Stavo facendo uno spuntino!- sentii tuonare.

Così Uta aprì finalmente quella dannatissima porta. C’era solo un piccolo problema: aveva un occhio in mano, che stava per mettersi in bocca.

Cacciai un urlo così forte che lo feci spaventare. L’occhio gli scivolò dalle labbra e cadde a terra vicino al mio piede. Il tizio dietro di noi non capì niente, ma allentò la presa, stupido dalla scena.

 

Riuscii a non scappare a gambe levate. Un po’ perché mi ero fatta più coraggiosa con i ghoul, forse anche per paura di imbattermi in qualcun altro dei loro amici. Ero seduta da dieci minuti in un angolo di quella sala scura, stranissima, mentre i due confabulavano sul lavoro che stava per essere commissionato a Uta. Lui continuava a guardarmi di sottecchi, un po’ impaurito, un po’ come qualcuno che continua a scusarsi. Avevo ancora tra le mani quel cappotto. Mi sentivo in imbarazzo, eppure non sapevo dove lasciarlo.

 

Dopo circa mezz’ora il ghoul se ne andò, mi diede un ultimo sguardo come un affamato che lascia sul tavolo un bento pieno di prelibatezze, quasi potevo vedere mentre si asciugava le labbra umide di saliva dall’acquolina.

-Via!- esclamò Uta in tono scherzoso, ma con aria stanca.

Si avvicinò a me. Non avevo più paura. Forse soltanto un po’ di fifa latente, ma nulla che non si potesse affrontare.

-Allora, dimmi. Come mai sei qua?-

-Non dovrei? Se vuoi me ne posso andare.-

Bugiarda, era solo una scusa per scappare da quella situazione imbarazzante e da incubo.

-Non ti manderei via, soltanto che non mi aspettavo che saresti stata così coraggiosa da tornare. Avrai pure qualcosa da dirmi, però-

Certo che ce l’avevo, quell’attesa mi era servita per elaborare al meglio il mio piano.

-Sono tornata per ridarti il tuo cappotto, ringraziarti e farti una proposta.-

Non potevo di certo chiedergli di quelle visioni, o per lo meno, non sarei mai stata abbastanza coraggiosa da farlo. Avrei scoperto le cose a poco a poco, cercando di entrare in confidenza con lui.

-Una proposta?-

-Ecco, tu mi hai salvato la vita, e io non ti ho mai ringraziato, non ho fatto altro che scappare ed essere scontrosa e scostante, così vorrei ripagarti.-

Lo pensavo davvero, in effetti.

-In che modo? Guarda che non l’ho fatto per essere ringraziato. Non sapevo nemmeno se ci sarei riuscito e comunque ho sempre avuto paura che mi avresti odiato e basta. Sai, noi cerchiamo di non uccidere gli umani se non è necessario.-

-Però l’hai fatto, e adesso io sono in debito con te. Quindi ascoltami, non ho molto con cui ripagarti ma c’è una cosa che so fare, so disegnare e progettare. Quando sono entrata qui dentro e ho visto tutte queste maschere mi è venuta un’idea: posso progettare per te, non mi dovrai pagare, quindi tutto il lavoro che farò sarà per ripagarti del tuo sangue, dei soldi per il taxi, ma soprattutto per la tua gentilezza. Che ne pensi?-

 

Così, da quel giorno, iniziai a lavorare per Uta.

  
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