Lena Luthor Dru-Zod
“Lena Luthor
Dru-Zod?” Chiese scioccato Winn,
parlando a bassa voce.
“Così ha detto…” Confermò Kara
lanciando un’occhiata alla donna sdraiata su di un lettino dell’infermeria, le
lampade UV che la illuminavano, Alex si muoveva attorno a lei, con la solita
calma professionale.
“È una specie di mix letale: incarna i
due peggiori nemici che Superman abbia mai avuto sulla Terra. Forte!” Nel
vedere il suo sguardo accigliato si corresse. “Terribile…” Kara sospirò.
“Il fatto è che proviene da un’altra
realtà, una realtà di cui non sappiamo nulla… qua non esiste una figlia di Zod, non che io sappia almeno, e il generale era un amico
di famiglia prima che le cose si guastassero, quindi lo saprei.”
“Credi
sia stata creata in una provetta e geneticamente programmata per essere
perfetta?” Domandò lui, gli occhi che brillavano. Kara non rispose, ma vide
Alex raggiungere la porta e far loro un gesto deciso perché la raggiungessero.
“Lo
sapete che sente tutto quello che dite, vero?” Kara arrossì un poco, era facile
dimenticarsi che anche la donna aveva i suoi stessi poteri.
“Può
dire all’agente Schott che mi dispiace deluderlo, ma
sono stata concepita nel metodo tradizionale a Krypton e non ho nessuna
miglioria genetica.” La voce calma e leggermente divertita di Lena raggiunse le
due sorelle e il ragazzo. Lei arrossì ancora un poco, Winn,
invece, diventava rosso come un pomodoro e se ne andava via, quasi correndo.
Mentre
la donna eseguiva tutta una serie di test, Kara si era cambiata e ora indossava
gli abiti da Danvers, così le fu naturale portare la
mano al viso e sistemarsi gli occhiali con imbarazzo.
Alex
sorrise, divertita, e poi le indicò di entrare.
“Miss
Luthor mi ha detto che è pronta a raccontarci la sua
storia.” Affermò e Kara ammirò il modo naturale con cui disse qual nome tanto
odiato.
Nel
vederla Lena sbatté gli occhi, come se fosse sorpresa dal suo aspetto e Kara si
passò le mani sui fianchi, sistemandosi il cardigan azzurro che indossava
aperto sulla camicia bianca.
“Ehm…”
Disse, arrossendo di nuovo. “Questa sono io quando non sono… Supergirl.” Fece un piccolo sorriso, mentre la donna la
guardava in un modo penetrante che la mise un po’ in agitazione, anche se era
un miglioramento rispetto a quando vi era solo odio nei suoi occhi.
“Capisco.”
Disse. “I nostri mondi sono molto diversi.” Affermò poi, come se fosse una
spiegazione.
“Ecco,
vorremmo sapere qualcosa di più riguardo a questo.” Intervenne Alex.
Lena
annuì.
“Mi
sembra giusto.” Sembrò prendersi qualche istante per racimolare le idee o forse
semplicemente per trovare un punto d’inizio, poi annuì e si mise a raccontare. “Il mio pianeta, Krypton, stava
morendo. Mio padre, Dru-Zod, era uno scienziato e
aveva ricevuto l’ordine dai generali El di trovare un
pianeta adatto alla vita per i loro figli.” Prese un profondo respiro e
continuò. “Lo fece, ma il pianeta prescelto aveva una particolarità, il suo
sole giallo avrebbe dato ai kryptoniani poteri
inimmaginabili. Lo disse ai generali che ne furono felici, i loro figli
sarebbero stati degli dei nella loro nuova casa. Quella comprensione preoccupò
mio padre: conosceva l’indole degli El, la maggiore,
Kara…” Il suo sguardo si appuntò su di lei. “Era crudele e spietata, anche a
quella tenera età, cosa avrebbe fatto se avesse posseduto poteri tanto grandi?
Così, di nascosto, creò una terza navicella e vi mise me. Spedendomi lontana da
lui e lontana dal pericolo fin sulla Terra. All’interno posò un cristallo
contenente tutte le informazioni che mi sarebbero servite e il mio dovere:
proteggere la Terra, a ogni costo, mantenendola libera dalla supremazia degli El.” Abbassò gli occhi rimanendo in silenzio, Kara pensò
che avesse finito, ma non era così. “Fui trovata dai Luthor,
Lillian e Lionel che avevano già un figlio, Lex. Mi accolsero adottandomi e rendendomi una di loro. Con
il loro amore e il loro affetto mi diedero un’infanzia felice, ma, come me,
cresceva anche Kal El.
Sulle prime pensai che mio padre si fosse sbagliato, che gli El si erano mescolati tra gli umani senza creare problemi,
poi sorse Superman, il suo mantello rosso e il suo costume blu divennero
simbolo di terrore e io inizia a combatterlo. Era una lotta dura, ma riuscivo a
mantenere l’equilibrio e a proteggere gli umani. Avevo perso il mio padre
adottivo per una malattia, ma accanto a me c’era Lex…
Kal El se lo prese
uccidendolo davanti ai miei occhi.” Di nuovo rimase in silenzio. Kara vide i
pugni della donna sbiancare, mentre lei li stringeva. “Poi è arrivata lei.” I suoi occhi si fissarono su di
lei penetranti e Kara sentì un brivido attraversarla. “Lei era più forte, più veloce e più scaltra di Superman. Mi ha
ingannato e battuto e…” Abbassò lo sguardo. “Ha ucciso mia madre. L’unica che
era ancora al mio fianco.” Il silenzio divenne assordante dopo quella frase e
Kara dovette riempirlo.
“Così hai deciso di salvarla.” La
donna annuì.
“Il viaggio nel tempo è pura teoria…
ma se avessi volato abbastanza in fretta allora avrei aperto una breccia nello
spazio tempo e mi sarei trovata nel passato. Sapete già che ho scelto di volare
a ventimila metri d’altezza dove l’aria è rarefatta e avrei potuto evitarne
l’attrito, consideravo poi che, se fossi svenuta per lo sforzo, ventimila metri
di caduta mi sarebbero bastati per rinvenire in tempo. Ho sbagliato due volte:
non ho infranto il continuum spazio-temporale e, se non ci fossi stata tu,
sarei morta.” L’ammissione sembrò costarle. Raccontare la sua storia aveva
riportato sul suo volto uno sguardo cupo che ora alzò fissandolo su di lei. Per
un istante vi fu dell’odio in quegli occhi che potevano essere così espressivi
o così indecifrabili, ma poi passò. “Devo tornare a casa.” Disse e il suo tono
conteneva una supplica alla quale Kara non poté e non volle resistere.
“Farò tutto il necessario per
aiutarti.” Assicurò. “Tornerai a casa.”
“Non sarà così facile.” Ritorse la
donna, poi fece una smorfia. “Distruggere il vostro sistema informatico per
impedirvi di tracciare la mia posizione sembrava la scelta migliore in quel
momento, ma ora…” Si fermò e Alex corrugò la fronte.
“Non hai solo fermato l’attacco alla
base spaziale, non è vero?”
Sul viso della donna si disegnò una
sorrisetto divertito e riapparve la donna sicura di sé che aveva fermato
l’attacco informatico.
“Potrei aver, accidentalmente,
verificato la presenza di dati registrati al mio arrivo.”
“Come si può accidentalmente
verificare qualcosa?” Domandò Alex, alzando un sopracciglio.
“Un ossimoro con cui dovrai scendere
a patti, a meno che tu non voglia riportarmi in cella.” Le due donne si
guardarono per un istante, poi Alex fece roteare gli occhi e Lena sorrise di
nuovo un po’.
Kara non era abituata ad essere
esclusa dalla conversazione, ma Lena difficilmente si rivolgeva a lei
preferendo parlare con sua sorella e così rimase in silenzio, ascoltando.
“E la tua accidentale verifica ti ha
portato a cosa?” Domandò infine Alex.
“Ci vorranno mesi per recuperare i
dati andati persi.”
“Se sono persi, com’è possibile
riaverli?” Intervenne per la prima volta Kara.
“Persi è un termine errato, durante
il surriscaldamento a catena dei server, il sistema è programmato per spezzare
ogni informazione in piccoli pacchetti di byte di dati e inviarlo in qualsiasi
hardware capace di stoccarlo. Una specie di esplosione di dati in uscita.”
“Vuoi dire che ci sono informazioni
segrete sparse per…”
“Per tutto il mondo.” Confermò la
donna. “Ma i pacchetti dati sono insignificanti da soli.” Assicurò.
“Oh…” Kara era stupefatta, quella
donna conosceva i loro sistemi meglio di lei che lavorava al DEO da due anni,
ormai.
“Come conosci queste cose?” Domandò
Alex. “Non puoi aver scoperto tutto questo, mentre fermavi l’attacco degli
hacker alieni.”
“L’ho dedotto dalle parole
dell’agente Schott, dal modo in cui stavano lavorando
i tecnici alle piattaforme e, più semplicemente, perché è così che sono
strutturati la maggior parte dei sistemi come il vostro.” Spiegò ancora Lena.
Era decisamente a suo agio con l’informatica.
Rimasero in silenzio, fino a quando
la donna non sospirò e alzò il viso su Kara, anche se sfuggiva il suo sguardo.
“Ora, mi piacerebbe sentire la tua di
storia.”
Kara prese una sedia e si sedette,
poi incominciò a raccontare di come era entrata in una navicella per proteggere
e crescere suo cugino e di come, anni di permanenza nella Zona Fantasma,
avessero cambiato il suo destino.
Rivangare il passato aveva sempre un
brutto effetto sul suo umore, la rendeva triste e malinconica, Alex che lo
sapeva molto bene, guardava la sorella preoccupata, ma Kara non tralasciò
nulla, né la minaccia del generale Zod, che voleva
assoggettare la Terra, né quella rappresentata dai Luthor,
pazzi assassini, pronti a tutto pur di uccidere lei e suo cugino assieme a
tutti gli alieni presenti sul pianeta. Lena non le interruppe né obiettò
ascoltando con attenzione ogni parola che lei disse. Alla fine annuì piano.
“Quindi, anche su questa Terra dovremmo
essere nemici.”
“Difendiamo gli stessi principi,
lottiamo per le stesse cose. Non accetto l’idea che siano solo i nostri cognomi
a definirci.” Affermò allora con passione Kara. “Potremmo essere alleate,
potremmo lavorare assieme. Fino a quando non potrai tornare a casa.”
“Come ho già detto al marziano, sarò
felice di esservi d’aiuto e di lavorare con la vostra organizzazione.” Affermò
lei, guardando Alex, poi i suoi occhi si fissarono su Kara. “Lavorerò con loro,
ma non con te.”
“Perché?” Chiese lei, sorpresa da
quella decisa e ferma presa di posizione.
La donna fece un sorriso amaro.
“Perché quando ti guardo vedo lei.”
***
Kara era seduta al bancone del bar e
sorseggiava pensierosa la sua gasosa.
“Tutto bene, dolcezza?” Domandò Mon-El con aria accattivante, sedendosi accanto a lei con
un sorriso. “Ti ho vista qua tutta sola e mi sono chiesto se ti andava un po’
di compagnia…” Le fece l’occhiolino e Kara sorrise un poco.
“Si tratta di Lena…” Disse e il
sorriso sparì dalle labbra del daxamite.
“Ancora lei?” Domandò, frustrato.
“Quando sono arrivato io ho dovuto quasi morire per avere la tua attenzione!
Lei non ha fatto nulla se non picchiarti e tu non fai altro che pensare a lei.”
L’accusò e Kara sgranò gli occhi, sentendo la rabbia salire.
“Ti ricordo che anche tu mi hai
aggredito quando ti sei svegliato e, visto che ci tieni a mettere i puntini
sulle i, lei lo ha fatto perché pensava fossi la stessa donna che ha ucciso sua
madre davanti ai suoi occhi! Tu, solo perché ti sei svegliato spaventato!” Mon-El aprì la bocca e la richiuse i pugni stretti. “Non
voglio litigare con te.” Disse alla fine Kara.
“Forse è meglio se torno al lavoro.”
Rispose lui con un sospiro e, quando lei annuì, tornò dietro al bancone.
Era sul punto di andarsene quando
sentì sua sorella ridere, si voltò sorpresa e la osservò mentre parlava con la
detective dell’unità-alieni. Kara non poté fare a meno di vedere come i suoi
occhi brillavano e sentire come il suo cuore accelerava quando Maggie si
avvicinava a lei oppure sorrideva guardandola. Era così evidente che ne era
innamorata. Per la prima volta nella serata Kara sorrise e al contempo provò un
po’ di paura per la sorella. Se Maggie l’avesse respinta di certo… si bloccò,
gli occhi spalancati. Alex si era piegata in avanti e aveva lasciato sulle
labbra di Maggie un leggero bacio e ora la guardava interrogativa. I loro cuori
battevano veloci quasi all’unisono.
Un istante in cui i loro occhi si
intrecciarono poi Alex chiuse di nuovo le distanze tra loro due, baciando
Maggie con molta più decisione.
“Qualcuno ha trovato il coraggio di
fare la prima mossa.” Commentò J’onn, sedendosi
accanto a lei, un sorriso sulle labbra. “Erano settimane che la ragazza
dominava i suoi pensieri, persino io iniziavo a trovare le fossette adorabili.”
Le fece un altro sorriso, nel chiaro intento di farle capire che scherzava.
Kara sorrise a sua volta, era felice per Alex perché sua sorella meritava tutta
la gioia del mondo.
Mon-El posò una birra davanti al marziano,
poi una seconda gasosa davanti a lei, con un limone a forma di cuore. Quando
lei alzò lo sguardo su di lui il daxamite le sorrise
e lei lo imitò.
“Ehi!” Disse Alex arrivando da loro,
gli occhi che brillavano come non mai.
“Qualcuno ha appena fatto qualcosa di
estremamente folle e coraggioso?” Le domandò in maniera retorica Kara e la
ragazza iniziò ad arrossire e a ridacchiare come un’adolescente.
“Sì.” Le rispose. “Lena aveva
ragione.” Aggiunse lasciando Kara a fissarla sorpresa. “Oh, oggi mi ha detto
che nel suo mondo io sono una stronza assassina, ma Maggie è altrettanto
stronza e assassina e ci amiamo. Mi ha dato il coraggio di osare.” Si strinse
nelle spalle, afferrò la giacca che aveva lasciato sullo sgabello accanto a lei
e poi se ne andò raggiungendo Maggie che la aspettava alla porta del bar, un
sorriso, con le immancabili fossette sul volto, non appena i loro occhi si
incontrarono di nuovo.
J’onn le lanciò un’occhiata, ma lei non
disse nulla. Lena Luthor era con loro da alcuni
giorni e sembrava aver trovato in fretta un posto e un equilibrio all’interno
della base. Andava d’accordo con tutti, persino con quelli, come Alex, che
conosceva come nemici, nel suo mondo. Con tutti tranne che con lei, con lei non
parlava, non la guardava neppure a dire la verità. Era frustrante!
“Dalle del tempo.” Mormorò J’onn accanto a lei e Kara sbuffò, forse il marziano non
poteva leggerle nella mente, ma di certo la conosceva abbastanza bene da saper
interpretare i suoi stati d’animo.
“Cosa significa: non ce la facciamo?”
Domandò la donna, mentre osservava la città illuminata dalle luci notturne. I
due scienziati alle sue spalle si lanciarono un’occhiata terrorizzata.
“Era… era lei ad essere… noi non
riusciamo a capire come…” La voce dell’uomo che parlava soffocò in un rantolo,
mentre la donna lo sollevava da terra stringendogli il collo con rabbia.
“Non. Voglio. Sentire. Scuse!”
Scandì, stringendo sempre un po’ di più, osservando il viso dell’uomo passare
dal rosso al bianco fino al cinereo. Un ghignò apparve sul suo volto, conscia
che presto l’uomo sarebbe diventato blu per la mancanza di ossigeno, le gambe
che ora si agitavano inutilmente, avrebbero scalciato più forte e poi si
sarebbero fermate per sempre.
“Ci riusciremo, troveremo un modo.”
Intervenne, quasi balbettando, il secondo scienziato. Con una smorfia lei
lasciò l’uomo che stringeva e lo gettò a terra, con disprezzo.
“Fatelo e in fretta.” Sibilò, poi
sparì lasciando i due scienziati da soli.
Note: Finalmente abbiamo un’idea precisa di cos’è successo nel mondo di Lena e di cosa l’abbia spinta al folle tentativo di spezzare il continuum spazio-temporale. Piccolo saltello in avanti e scopriamo che Lena ha trovato un suo posto al DEO, ma continua a tenere Kara lontana. Come biasimarla?
Alex intanto, grazie a Lena, si è lanciata e le cose con Maggie sono andate bene.
E poi… un piccolo paragrafo finale ci presenta qualcuno… chi sarà mai? Cosa vuole dai due scienziati? Di certo non sembra una donna accomodante…
Allora: chiedo ufficialmente scusa a tutti coloro che se ne intendono di informatica e che saranno morti nel leggere il mio escamotage per bloccare Lena in questa dimensione. Già sapevo che non aveva senso nella realtà, ma mi è stato confermato da DarkJessy94. (Jessica, grazie per aver tentato di migliorare la cosa o quanto meno di farmela capire… anche se è stato inutile. Ops…)
Questa dovrebbe essere l’ultima volta in cui vi chiedo comprensione… speriamo! ;-)
Godetevi la storia.