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Autore: lady lina 77    21/09/2017    1 recensioni
Seguito di Without you. Un anno dopo la nascita di Isabella-Rose, Ross e Demelza vivono una vita serena e felice a Nampara, insieme ai loro tre figli. Ma il destino si sa, è malefico. E un incidente scombinerà di nuovo le carte, facendoli precipitare in un tunnel di dolore, incertezza e difficoltà.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Demelza Carne, Ross Poldark, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"I ragazzi l'hanno presa bene".

Demelza, intenta a mettersi la camicia e a prepararsi per la notte, annuì. "Sicuramente meglio di come l'hai presa tu" – disse scherzosamente al marito, intento ad accendere il camino.

Ross sospirò, scuotendo la testa e smuovendo la cenere. "Non dovresti prenderla con tutta questa leggerezza, è una questione seria".

"E' una questione bella! Avremo un bambino, non è un lutto, Ross!"

Suo marito sospirò, alzandosi dalla posizione accovacciata e sedendosi su letto, accanto a lei. "Demelza, è diverso dalle altre volte!".

"Ross Vennor Poldark, stai dicendo che sono vecchia?" - chiese lei, con gli occhi che promettevano scintille.

Ross alzò le spalle. "Sicuramente lo sei più che le altre volte e questo è inequivocabilmente un dato di fatto!".

"Sto bene e ho tutta l'intenzione di stare bene pure in futuro!" - ribatté lei. "Di cos'è che hai così paura?".

Ross la fissò con quei suoi occhi scuri e penetranti, serio. "Una volta, tanti anni fa, ho visto una donna morta di parto... E se penso che puo' succedere... che potrebbe... che tu...".

Demelza gli prese le mani. Tremavano... Aveva ben capito di chi lui stesse parlando e di cosa aveva paura. Quel timore di Ross espresso così, a parole, fece venire la pelle d'oca pure a lei. Ma soprattutto... "Non voglio parlare di Elizabeth!" - disse, secca.

"Non ho detto il suo nome!" - ribatté lui, piccato.

"Ma era a lei che ti riferivi! La mia, la nostra è un'altra storia e tu lo sai. Non è morta di parto e io non voglio parlare di Elizabeth".

"Non era mia intenzione farlo, sei tu che hai tirato in ballo l'argomento e hai pronunciato quel nome".

Demelza si morse il labbro. Ross era teso e nervoso e quando era così, spesso finivano col discutere. Ma era una cosa di cui non aveva voglia, non quella sera, non nel giorno in cui aveva scoperto la nuova imminente maternità. In realtà pure lei, benché cercasse di mascherarlo, aveva mille paure e i nervi a fior di pelle ma Ross rischiava di peggiorare la situazione, facendo così. "Pensi ancora a lei?".

Davanti alla serietà del suo tono di voce, Ross deglutì. "Penso a lei come si puo' pensare ad un antico affetto. Penso a lei con la tristezza con cui si pensa a una donna morta giovane".

Beh, come risposta poteva andarle pure bene, ma lo sguardo di Ross era ancora indispettito e teso. "Che c'è?".

Suo marito la guardò con sospetto. "E tu... Pensi ancora ogni tanto, a Hugh Armitage?".

Spalancò gli occhi, una domanda del genere non se l'aspettava minimamente. Come poteva paragonare ciò che l'aveva legata a Hugh più di dieci anni prima, con quello che lui aveva vissuto con Elizabeth. "Cosa? Ross, sei impazzito?".

"Rispondi!".

"No, non penso a lui" – disse, guardandolo negli occhi.

"Mai fatto?" - insistette Ross.

Demelza sospirò, suo marito aveva voglia di litigare a quanto sembrava. "Si, l'ho fatto. Ho pensato a lui a volte, con la stessa pietà che tu usi nel pensare ad Elizabeth, con la pietà che si prova nei confronti di una persona morta giovane. E comunque le due cose non sono paragonabili".

Ross fece per ribattere a tono ma alla fine abbassò lo sguardo, si gettò sul cuscino e chiuse gli occhi. "Hai ragione, scusa! Sono solo nervoso...".

Demelza scosse la testa, prese il suo cuscino e glielo tirò in faccia. "Sei detestabilmente insopportabile quando ti ci metti, sai?".

"Me lo dicono in molti" – rispose lui, laconico.

A Demelza scappò un sorriso. Allungò la mano, prese quella del marito e la strinse. "Ross, anche io ho paura per il bambino. Ma so che andrà bene, che lui sarà in salute e che lo sarò pure io. E' la mia ultima gravidanza questa, dubito ce ne saranno delle altre e...".

"Puoi scommetterci che sarà l'ultima" – la interruppe lui.

Demelza finse di non sentirlo. "E... Vorrei vivermela felicemente e senza troppi pensieri, dall'inizio alla fine, con te. Stammi vicino, pensiamo alle cose belle e releghiamo le preoccupazioni a quando arriveranno dei problemi, SE arriveranno. Ho bisogno di te, stavolta più di tutte le altre volte".

Ross sospirò, sconfitto, lasciandosi andare sul cuscino. Le sfiorò la vita e la trascinò a se, stringendola e costringendola a poggiare la testa sul suo petto. Le accarezzò i capelli, piano, poi le baciò la fronte. "Hai ragione, è una cosa bella questa. Ma mi conosci, di carattere tendo sempre a pensare anche alle mille cose negative che una novità comporta".

Demelza annuì. "Lo so bene. E nonostante questo, da quando ti conosco ti ho visto sfidare con coraggio anche le imprese più improbabili ed avventurose. Io non sono così diversa da te e questa sarà la mia avventura. Ma vorrei che fosse anche tua...".

"Sarà anche mia, sta tranquilla. Spero solo di poter essere un padre attento e presente come lo sono stato per gli altri".

Demelza alzò il viso e lo guardò. "Perché non dovresti esserlo?".

"Perché non sono giovane come lo ero con gli altri".

Demelza sorrise e si sporse a baciarlo sulle labbra. "Hai più energia tu, di tanti ventenni che bighellonano attorno alla tua miniera".

Ross alzò un sopracciglio. "I ventenni che non tolgono gli occhi di dosso dalla mia bambina prediletta?".

Demelza scoppiò a ridere. "La tua bambina prediletta ha sedici anni. Io alla sua età ero già innamorata di te, ti ho sposato che avevo un anno solo più di quelli che ha ora Clowance e sono rimasta incinta di Julia subito dopo".

"Non è la stessa cosa" – obiettò Ross. "I tuoi sedici anni erano diversi dai suoi, sono altri tempi adesso e Clowance è ancora piccola per OGNI cosa".

Alla fine fu costretta a sospirare. "Erano tempi diversi perché non ero tua figlia?".

"Erano tempi diversi e basta! Fine del discorso. A proposito, sai che mi ha detto TUA figlia, poco fa? Che è contenta per l'arrivo del fratellino, così farà pratica per quando sarà lei a diventare madre".

Ok, era decisamente divertita da quella conversazione con Ross e la tensione di poco prima era ormai archiviata. "Beh, come darle torto?".

"Demelza...".

Lo abbracciò, affondando il viso nel suo collo. "Guarda il lato positivo, di bambini piccoli ne hai ancora due: quello che deve nascere e Bella. In fondo lei è ancora una ragazzina".

Ross la guardò storto. "Bella è pure peggio di Clowance, ha l'occhio troppo lungo coi ragazzi e ha solo undici anni. Mi farà venire i capelli bianchi... Sai che vuole prendere lezioni di canto?".

"Sì, me lo ha detto! Dal fratello maggiore della sua amica Josephine, che studia al conservatorio. Mi sembra una buona idea".

Ross scosse la testa, guardandola come fosse un'aliena che non comprende l'ovvio. "Le ho detto che se vuole lezioni di canto, andrà da Miss Antoinette, l'organista della Chiesa di San Sawle. Non è necessario rivolgersi a un ragazzo del conservatorio".

"Sei perfido!" - rispose, divertita.

"Ho l'occhio lungo...".

Demelza ridacchiò. Calò un silenzio sereno, tranquillo, interrotto solo dallo scrosciare rilassante della pioggia. Rimasero abbracciati per un po', lei appoggiata al petto del marito e Ross che le accarezzava la schiena.

Fu Ross a interrompere quel momento. "Devo dirti un'altra cosa di Clowance e forse non ti piacerà".

"Cosa?".

"Prima, mentre parlavo con lei, mi ha raccontato che oggi, a cavallo, hanno incontrato Valentin Warleggan nel bosco".

Demelza spalancò gli occhi a quelle parole, mentre nella mente si formava l'immagine di quel bimbo dai ricci neri, magro e malaticcio, che aveva conosciuto dieci anni prima in spiaggia, durante la sua fuga da casa con Clowance. Per molto sua figlia aveva insistito per vederlo e lei era stata categorica a rifiutare, pur senza darle spiegazioni. Valentin Warleggan, il bimbo nato in una notte di luna nera, il figlio di Elizabeth e forse di quella notte maledetta con Ross. "E allora...?" - chiese, con timore.

Ross deglutì. "Le ho raccontato la verità. Me l'ha chiesta e ho pensato che fosse abbastanza grande per saperla".

Demelza rabbrividì. Alcuni anni prima, Ross ne aveva parlato con Jeremy e suo figlio l'aveva presa malissimo, tanto che per settimane non aveva voluto rivolgere la parola a suo padre. Poi, con tanta pazienza, una lunga chiacchierata e un faccia a faccia doloroso ma necessario, i suoi due uomini avevano fatto pace e Jeremy si era riappacificato con lui. Ma Clowance... "Come l'ha presa?".

"Era sbigottita, quasi spaventata. Non se l'aspettava. Mi ha sempre visto come un padre super-eroe e improvvisamente ha scoperto che sono stato tutt'altro che perfetto".

Demelza si alzò, mettendosi a sedere. "Ross, proprio per questo non avresti dovuto dirle nulla. Non era necessario e tu sai che non ero d'accordo".

"Io non volevo mentirle" – rispose lui, laconico.

"E' arrabbiata?".

"No. Mi ha chiesto se tu mi hai perdonato e le ho detto di sì e per lei questo basta. Per il resto, rimango il padre che ha sempre conosciuto, sa che ti amo e sa che amo i miei figli".

Questo la rasserenava, sapeva quanto Ross e Clowance riuscissero a leggersi nel pensiero e sicuramente sua figlia ci avrebbe rimuginato su per giorni, prima di riempire entrambi di domande, ma l'avrebbe superata meglio di suo fratello. Era un altro, l'aspetto che la preoccupava. "E con Valentin?".

Ross scosse la testa. "Gli ha fatto una brutta impressiome, ha detto che era un tipo strano e si è sentita a disagio. Non lo frequenterà e questo è un bene perché ormai non potremmo più impedirglielo. E' troppo grande per i no categorici, senza spiegazioni".

"Già". Demelza allungò la mano e strinse quella del marito. "Come stai, quando pensi a Valentin?".

"Io non penso mai a Valentin e per me vale il discorso che ti ho fatto anni fa. E' figlio di George, indipendentemente dal sangue che scorre nelle sue vene. Un perfetto prodotto di quel mondo che io detesto".

Demelza sospirò. "Sai, prima ero nervosa per il tuo discorso su Elizabeth, ma a volte ci penso a lei. Da madre, non posso non pensare al fatto che non abbia potuto crescere i suoi figli. Geoffrey Charles la adorava, Valentin l'ha persa che era piccolissimo e Ursula non l'ha mai nemmeno conosciuta. Mia madre è morta quando ero piccola e so come ci si sente, lo so...".

Strinse le coperte fra le mani, tremando. E Ross la strinse nuovamente a se. "E' bello che tu riesca a pensare a lei in questi termini, sei davvero straordinaria. Però... Sta tranquilla e non pensare a nulla di brutto o che ti incute tristezza o stress. Ricordi cosa mi hai chiesto poco fa?".

Demelza sorrise dolcemente. "Sì, lo ricordo. Allora, sarai al mio fianco in questa avventura?".

"Certo mia cara! Ma devi promettermi che non farai sforzi, che ti farai servire in tutto e che non mi farai morire di preoccupazione".

"Hai intenzione di tenermi segregata in questa camera, legata al letto, fino alla data del parto?" - chiese lei, divertita.

Ross esibì il suo miglior sorriso da perfetta canaglia. "Potrebbe essere un'idea...".

E ridendo, Demelza gli lanciò nuovamente il cuscino in faccia.

  
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