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Autore: paie    19/06/2009    5 recensioni
[“Non posso occuparmi di lei ora, non ho abbastanza soldi per farla vivere ed essere felice. Per favore, prendetevene cura finché non sarò in grado di farlo io stessa. Il mio unico desiderio è che il suo nome sia Isabella. La lascio a buone mani. Addio.”] La vita è un susseguirsi di scelte ma l'uomo non potrà mai sapere le conseguenze che si avrebbero avute scegliendo l'altra via. Recensite in tanti, Paie.
Genere: Generale, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Charlie Swan, Edward Cullen, Isabella Swan, Renèe
Note: Alternate Universe (AU), What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Bella pov

<< Grazie >>, mi rispose lui. Il suo sorriso sghembo era a dir poco adorabile, ma il vocione del professore riuscì a farmi distogliere lo sguardo da lui.

<< Figurati. Ti piace la pioggia? >>, dissi dandomi immediatamente della stupida. Fra tutte le domande che potevo fargli, proprio quella gli avevo chiesto?

<< Sì e no >>, rise. << A te? >>.

<< Non tanto, non ho i riflessi pronti e mi capita di scivolare spesso per terra a causa del ghiaccio >>, risposi imbarazzata, ma perché ero cosi stupida da mettermi a disagio da sola?

Lui si mise a ridere piano. << Allora perché abiti qui? >>.

<< Mio padre ha sempre vissuto qui fin da piccolo e poi è l’ispettore di polizia. Perciò, mi tocca rimanere qui >>, dissi con semplicità.

Rimanemmo in silenzio fino alla fine della lezione e quando la campanella suonò, ci alzammo.

<< Che lezione hai ora? Ti serve una mano per trovare la classe? >>, chiesi con gentilezza.

<< Ho matematica e tu? >>.

<< Inglese, ma la tua classe è vicina alla mia. Vieni, te la mostro >>.

Così uscimmo insieme dalla classe, attirando immediatamente gli sguardi e i pettegolezzi degli altri studenti. Non che m’importasse molto di cosa si dicevano, ma m’infastidiva che un gesto gentile e educato fosse subito scambiato come un tentativo di avance.

<< Bene, quella è la tua aula >>, indicai a Edward. << La mia è questa. Be… ci vediamo. In bocca al lupo >>.

Ci dividemmo. Nell’aula di matematica il vocio del corridoio continuava insistente ed io, sbuffando, mi sedetti al solito banco.

L’ora passò lenta e noiosa, il professore stava riassumendo le nozioni dell’anno passato per poi passare a quelle di quest’anno. Io intanto mi rintanai nel mio mondo, nella mia testa. Ripensavo ancora all’incontro con Edward, alla stretta di mano… ma ancora una volta la campanella mi riportò alla realtà. Avevo ginnastica ora, il mio incubo annuale. Uscì dalla classe una delle ultime, svogliata.

<< Ora che lezione hai? >>.

Era lui, Edward. Mi girai sorpresa ma me lo vidi al lato quasi subito. Mi stava aspettando o cosa? Meglio non farsi i film. Di sicuro si comportava così solo perché era nuovo e non conosceva la scuola.

<< La mia carissima ginnastica, quanto mi è mancata! >>, dissi ironica e lui rise di gusto.

<< La odi così tanto? >>.

<< Non immagini neppure…non vedo l’ora di levarmela. E tu invece? >>.

<< Anchio >>.

<< Bene allora ti porgo le mie scuse già da ora >>.

<< Scusa di cosa? >>.

<< Delle pallonate che ti arriveranno in testa a causa mia >>, dissi quasi trionfante. Lui scoppia in una risata fragorosa.

<< Vedrò di perdonarti già da ora, allora >>, rispose ponendo una mano a metà della mia schiena. Sentì una strana elettricità attraversarmi il corpo al suo tocco. Abbassai lo sguardo, imbarazzata e lui, o perché mi ha visto o per sua scelta, la tolse.

La palestra era già affollata, vidi Angela e Ben che parlavano in un angolo mentre Jessica guardava con occhi sognanti Mike.

<< Eccoci in palestra >>, dissi, fermandomi. << Lì c’è lo spogliatoio maschile mentre qui c’è il mio. Dalla prossima volta dovremo indossare la tuta >>.

<< Capito, quella signora è la prfessoressa? >>, chiese con il suo solito sorriso.

<< Sì, è simpatica volendo ma naturalmente a me non va per niente giù >>, risposi un po’ annoiata. Lui rise di gusto.

La donna ci portò all’ordine e ci obbligò prima a fare tre giri di corsa nella palestra e poi a giocare a palla tamburello. Mike, che ogni scusa è buona per stare con me, mi si avvicinò e mi chiese se potevamo fare coppia per il gioco. Non feci neanche in tempo a rispondere che mi diede il tamburello ma, con mia grande sorpresa, Edward si avvicnò a noi e con la sua solita gentilezza, chiese se si poteva unire. Mike sbuffò un po’ arrabbiato mentre io gli risposi << certo! >>, con molto piacere. Dopo qualche minuto, Mike ci abbandonò, forse stufo del comportamente che Edward ed io, involontariamente, stavamo avendo nei suoi confronti. Forse Mike aveva ragione, sia io sia Edward non gli passavamo la pallina e perciò gli toccava starci a guardare fermo mentre noi ridevamo di gusto dei miei sbagli. Io, intanto fissavo il mio nuovo compagno, estasiata: i suoi movimenti erano felini, decisi ma estremamente sensuali e perdevo più facilmente la concentrazione.  Finalmente la campanella liberatoria suonò, ricordandoci che ora c’era la mensa. Per la prima volta nella mia vita, la lezione di ginnastica era passata in modo più che positivo, nessun ferito, nessuna persona da chiedere scusa e, strano ma vero, non ero mai caduta per terra. Inoltre, la vicinanza di Edward, mi rendeva felice e calma come non mai.

La sala in cui si svolgeva la mensa, era grande e piena di tavolini rettangolari. Vidi i miei amici occupare il solito tavolo mentre dall’altra parte i nuovi arrivati ne stavano occupando un altro.

<< Ti va di sederti al nostro tavolo? >>, chiese gentile Edward.

<< Non so >>, risposi mordendomi il labbro inferiore. Fino ad allora, mi ero seduta sempre con il mio gruppo e sebbene mi piacesse l’idea di stare ancora con lui, non volevo fare uno sgarbo ai miei amici.

<< Se non vuoi, non c’è nessun problema! >>, provò a dire lui, vedendomi indecisa e imbarazzata.

<< Non è che non voglio, è che non vorrei fare uno sgarbo ai miei amici >>.

<< Sarà allora per la prossima volta >>. Mi sorrise.

<< Aspetta un minutino, va bene? Arrivo subito >>, dissi avviandomi verso il tavolo di Jessica e gli altri. Spiegai velocemente la situazione e sebbene avessi ricevuto qualche battutina di troppo, sbuffi o sorrisi poco convincenti, tornai dal mio compagno di banco.

<< Ora sono libera, andiamo? >>.

<< Certo >>, disse lui, appoggiando di nuovo una mano sulla mia schiena mentre attraversavamo la sala. Avevamo addosso gli occhi di tutti, cosa che mi fece sentire in estremo imbarazzo.

<< Fregatene degli sguardi, cammina a testa alta. Sono solo invidiosi >>, disse sorridendo. Era una frase relativamente semplice ma l’effetto rilassante mi invase completamente e riuscì a camminare tranquillamente.

 

  
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