Bella pov
<<
Grazie >>, mi rispose lui. Il suo sorriso sghembo era a
dir
poco adorabile, ma il vocione del professore riuscì a farmi
distogliere lo
sguardo da lui.
<<
Figurati. Ti piace la pioggia? >>, dissi dandomi
immediatamente della stupida. Fra tutte le domande che potevo fargli,
proprio
quella gli avevo chiesto?
<<
Sì e no >>, rise. << A te?
>>.
<<
Non tanto, non ho i riflessi pronti e mi capita di scivolare
spesso per terra a causa del ghiaccio >>, risposi
imbarazzata, ma perché
ero cosi stupida da mettermi a disagio da sola?
Lui si mise a
ridere piano. << Allora perché abiti qui?
>>.
<<
Mio padre ha sempre vissuto qui fin da piccolo e poi è
l’ispettore
di polizia. Perciò, mi tocca rimanere qui >>,
dissi con semplicità.
Rimanemmo in
silenzio fino alla fine della lezione e quando la campanella
suonò, ci alzammo.
<<
Che lezione hai ora? Ti serve una mano per trovare la classe?
>>, chiesi con gentilezza.
<<
Ho matematica e tu? >>.
<<
Inglese, ma la tua classe è vicina alla mia. Vieni, te la
mostro
>>.
Così
uscimmo insieme dalla classe, attirando immediatamente gli sguardi e i
pettegolezzi degli altri studenti. Non che m’importasse molto
di cosa si
dicevano, ma m’infastidiva che un gesto gentile e educato
fosse subito
scambiato come un tentativo di avance.
<<
Bene, quella è la tua aula >>, indicai a
Edward. << La
mia è questa. Be… ci vediamo. In bocca al lupo
>>.
Ci dividemmo.
Nell’aula di matematica il vocio del corridoio continuava
insistente ed io, sbuffando, mi sedetti al solito banco.
L’ora
passò lenta e noiosa, il professore stava riassumendo le
nozioni
dell’anno passato per poi passare a quelle di
quest’anno. Io intanto mi
rintanai nel mio mondo, nella mia testa. Ripensavo ancora
all’incontro con
Edward, alla stretta di mano… ma ancora una volta la
campanella mi riportò alla
realtà. Avevo ginnastica ora, il mio incubo annuale.
Uscì dalla classe una
delle ultime, svogliata.
<<
Ora che lezione hai? >>.
Era lui, Edward.
Mi girai sorpresa ma me lo vidi al lato quasi subito. Mi
stava aspettando o cosa? Meglio non farsi i film. Di sicuro si
comportava così
solo perché era nuovo e non conosceva la scuola.
<<
La mia carissima ginnastica, quanto mi è mancata!
>>, dissi
ironica e lui rise di gusto.
<<
La odi così tanto? >>.
<<
Non immagini neppure…non vedo l’ora di levarmela.
E tu invece?
>>.
<<
Anchio >>.
<<
Bene allora ti porgo le mie scuse già da ora
>>.
<<
Scusa di cosa? >>.
<<
Delle pallonate che ti arriveranno in testa a causa mia
>>,
dissi quasi trionfante. Lui scoppia in una risata fragorosa.
<<
Vedrò di perdonarti già da ora, allora
>>, rispose ponendo
una mano a metà della mia schiena. Sentì una
strana elettricità attraversarmi
il corpo al suo tocco. Abbassai lo sguardo, imbarazzata e lui, o
perché mi ha
visto o per sua scelta, la tolse.
La palestra era
già affollata, vidi Angela e Ben che parlavano in un angolo
mentre Jessica guardava con occhi sognanti Mike.
<<
Eccoci in palestra >>, dissi, fermandomi.
<< Lì c’è lo
spogliatoio maschile mentre qui c’è il mio. Dalla
prossima volta dovremo indossare
la tuta >>.
<<
Capito, quella signora è la prfessoressa? >>,
chiese con il
suo solito sorriso.
<<
Sì, è simpatica volendo ma naturalmente a me non
va per niente giù
>>, risposi un po’ annoiata. Lui rise di gusto.
La donna ci
portò all’ordine e ci obbligò prima a
fare tre giri di corsa
nella palestra e poi a giocare a palla tamburello. Mike, che ogni scusa
è buona
per stare con me, mi si avvicinò e mi chiese se potevamo
fare coppia per il
gioco. Non feci neanche in tempo a rispondere che mi diede il
tamburello ma,
con mia grande sorpresa, Edward si avvicnò a noi e con la
sua solita
gentilezza, chiese se si poteva unire. Mike sbuffò un
po’ arrabbiato mentre io
gli risposi << certo! >>, con molto
piacere. Dopo qualche minuto,
Mike ci abbandonò, forse stufo del comportamente che Edward
ed io,
involontariamente, stavamo avendo nei suoi confronti. Forse Mike aveva
ragione,
sia io sia Edward non gli passavamo la pallina e perciò gli
toccava starci a
guardare fermo mentre noi ridevamo di gusto dei miei sbagli. Io,
intanto
fissavo il mio nuovo compagno, estasiata: i suoi movimenti erano
felini, decisi
ma estremamente sensuali e perdevo più facilmente la
concentrazione. Finalmente
la campanella liberatoria suonò,
ricordandoci che ora c’era la mensa. Per la prima volta nella
mia vita, la
lezione di ginnastica era passata in modo più che positivo,
nessun ferito,
nessuna persona da chiedere scusa e, strano ma vero, non ero mai caduta
per
terra. Inoltre, la vicinanza di Edward, mi rendeva felice e calma come
non mai.
La sala in cui
si svolgeva la mensa, era grande e piena di tavolini rettangolari.
Vidi i miei amici occupare il solito tavolo mentre dall’altra
parte i nuovi
arrivati ne stavano occupando un altro.
<<
Ti va di sederti al nostro tavolo? >>, chiese gentile
Edward.
<<
Non so >>, risposi mordendomi il labbro inferiore. Fino
ad
allora, mi ero seduta sempre con il mio gruppo e sebbene mi piacesse
l’idea di
stare ancora con lui, non volevo fare uno sgarbo ai miei amici.
<<
Se non vuoi, non c’è nessun problema!
>>, provò a dire lui,
vedendomi indecisa e imbarazzata.
<<
Non è che non voglio, è che non vorrei fare uno
sgarbo ai miei
amici >>.
<<
Sarà allora per la prossima volta >>. Mi
sorrise.
<<
Aspetta un minutino, va bene? Arrivo subito >>, dissi
avviandomi verso il tavolo di Jessica e gli altri. Spiegai velocemente
la
situazione e sebbene avessi ricevuto qualche battutina di troppo,
sbuffi o
sorrisi poco convincenti, tornai dal mio compagno di banco.
<<
Ora sono libera, andiamo? >>.
<<
Certo >>, disse lui, appoggiando di nuovo una mano sulla
mia
schiena mentre attraversavamo la sala. Avevamo addosso gli occhi di
tutti, cosa
che mi fece sentire in estremo imbarazzo.
<<
Fregatene degli sguardi, cammina a testa alta. Sono solo invidiosi
>>, disse sorridendo. Era una frase relativamente
semplice ma l’effetto
rilassante mi invase completamente e riuscì a camminare
tranquillamente.