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Autore: halsey1696parrish    22/09/2017    1 recensioni
[La Quinta Onda]
Sono arrivati senza preavviso portandosi via ogni cosa.
La nostra vita, la nostra famiglia, le nostre città, la nostra umanità.
Chi rimane combatte per ciò che ha perso, per sconfiggere gli intrusi.
Gli Alti hanno preso anche i nostri volti, ora sono come noi.
Ma loro non avranno mai l'umanità che ci hanno portato via.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Avevo paura, del buio.
Ma non m'importava. 
Piangevo perché era l'unica cosa che potevo fare.
Ero decisa, impetuosa come il vento, caldo di giugno, freddo di dicembre.
Non mi sarei fermata, non ora.

-

Quando la nave Madre è arrivata, solcando il cielo sopra le nostre teste, eravamo tutti immersi nelle nostre comunissime vite. 
Erano le 10:59 di un giovedì mattina, quando la corrente era saltata improvvisamente, ma ancora non sapevamo cosa stava succedendo.
-Pss..- Nate cercava di comunicare con me, ma stavo seguendo la lezione di storia dell'arte su Michelangelo ed ero irremovibile. 
-Pss.- e a quanto pareva anche lui lo era.
Alzai gli occhi al cielo, distogliendo la mia attenzione dallo schema del David. 
-Cosa vuoi?- dissi storcendo gli occhi.
Se potessi tornare indietro nel tempo, non mi sarei comportata così. La vecchia Eva era molto più snob e rude, di quella che sono ora. 
Ero così ingenua. Non sapevo di certo cosa sarebbe accaduto e cosa avrei dovuto combattere.

-Ho fatto una cazzata...- disse sibilando e punzecchiandomi la schiena con la matita. 
Prima che potessi voltarmi e chiedergli cosa avesse fatto, la luce saltò. 
Rimanemmo quasi al buio. 
Non era una mattinata particolarmente soleggiata, non lo era per niente. 
Le nuvole rendevano il cielo come una cappa d'acciaio. L'orologio segnava le 10:59.
Tutti iniziarono a vociferare, ma la voce della professoressa lì sovrastò.
Io non ero particolarmente sorpresa, forse un sovraccarico di energia. Ma ripensandoci avrei dovuto avere paura di quel black-out momentaneo.
Alle 11:00 la luce tornò, la lezione tornò normale e non diedi più retta a Nate. 
Alle 11:45 ci trovavamo tutti in mensa per il pranzo e c'era un'agitazione generale quel giorno, più del solito. Passando tra i tavoli con il vassoio tra le mani ricordo di aver sentito alcuni che dicevano che insieme alla corrente erano saltati anche i cellulari e gli orologi. Non gli diedi importanza perché non era una cosa possibile. Non era possibile prima della Prima Onda, che si sarebbe abbattuta sulla terra esattamente dopo un paio d'ore da quel piccolo sfarfallamento di luci.
Forse quel primo black-out era stata solo una prova dei nostri carissimi amici alieni verdi. Oppure un loro malfunzionamento.
Ma noi tutto ciò non lo sapevamo.
Ma l'avremmo scoperto ben presto.

-Perché le sorelle Carter ci guardano?- afferrai un pomodorino dalla mia pasta e me lo infilai in bocca. 
-Mbè...era la cazzata di cui parlavo...- farfugliò Nate indaffarato con il suo cellulare. -Però prima di parlare di questa cosa, vai su Facebook e scorri la tua home. Questo è più sconvolgente di quello che ho fatto io.- la sua voce era tremolante, quasi eccitata da quelle notizie. 
Gli diedi ascolto e aprii Facebook: la home era piena di post che parlavano di una navicella di forma conica che si trovava nella nostra orbita. 
-Che diavolo...sarà un fake.-  E no cara Eva! Quella era una navicella, la navicella che avrebbe sterminato tutta la popolazione umana. Forse mi rifiutavo di crederci, ma in una parte profonda, davvero profonda di me, avevo paura di quella cosa. 
-Ora però voglio...- 
-Nathiel Marlò!- Leen Carter, seguita dalla sua sorella gemella diversa, Kim, arrivò al nostro tavolo. Chiusi gli occhi e respirai profondamente. Non sopportavo quelle ragazze all'epoca e per il cervello che avevano, ora saranno sicuramente morte, da tempo. 
-Che diavolo hai fatto Nate?- chiesi guardandolo di sottecchi. Di certo se sapevo che quelli fossero stai i miei ultimi giorni "normali" da 17enne avrei fatto molte cose del tipo: andare il Australia, oppure mangiare pizza e hamburger a colazione, o una cosa molto più intelligente, dire ad Andrew "sonotuttofigo" Biersack che ero cotta di lui. Ma quelle cose non le ho mai fatte, specialmente l'ultima. Andy. Non passo notte in cui non ci penso, perdo il sonno a pensare a cosa saremo potuti diventare. 
Sempre se sapeva della mia esistenza.

-Niente di particolare, ma per loro si...- Nate mi stava facendo innervosire.
Le due bamboline erano in piedi affianco al nostro tavolo. -Nathiel.- 
-È Nathaniel Marshall.- la corressi io con un pizzico di veleno nella voce. -Fa lo stesso Morticia. Sai cosa ha fatto il tuo amichetto pel di carota?- le mie sopracciglia saltarono sulla fronte, mentre masticavo una patatina e guardavo Nate che stava sudando a freddo.
-Sentiamo la cazzata dell'anno.- sentenziai enfatizzando con le mani. 
-Mi ha invitata al ballo! Al ballo capito?! Ma come...argh! Io ho terminato le parole, Kim tu hai da dire qualcosa?- disse Leenette, portando le mani sui fianchi coperti da una maglia rossa. 
Avevo sempre odiato quella maglia e la odio ancora. Se in qualche modo dovesse capitarmi per mano, gli darei fuoco. 
-Oh no, Kimberleigh, risparmiati lo spettacolo. Abbiamo capito la gravità della cosa e sono certa- guardai Nate con occhi in fiamme. -che Nate non oserà fare più una cosa del genere, vero Nate?- pestai il piede del rosso da sotto il tavolo, facendogli un sorriso finto. 
-Ma certo Kim...,no Leen. Scusa..- le due se ne andarono mentre tutta la mensa era interessata stranamente a noi.
Odiavo essere al centro dell'attenzione. 
-E anche oggi si passa inosservati domani.- sussurrai. -Te ne avrei parlato se solo la corrente non fosse saltata.- disse con tono acuto Nate, addentando il suo panino. 
Io e Nate siamo diventati amici in primo liceo, lui era più grande di me di due anni, nonostante ciò si trovava nel mio stesso corso di Filosofia. Siamo diventati amici quando lui mi ha versato sopra un intero vassoio con il pranzo. Tutta storia. -Lascia stare, quando troveranno un altro argomento di cui ne faranno un fatto di Stato, questo spettacolo sarà dimenticato. Si chiuderà il sipario.- 
E l'altra notizia stava per arrivare. Non so se doveva essere una cosa positiva o negativa, perché alla fine l'arrivo degli Altri ha fatto dimenticare a tutta la scuola il ridicolo dibattito che c'è stato in mensa quel giovedì. 
Però gli Altri hanno massacrato mezzo pianeta, quindi no, non esulterò per il loro arrivo.

Il pranzo finì e tutti andammo verso i nostri ultimi due corsi. Io avevo l'allenamento di pallavolo, Nate, allenamento di football.
Mi cambiai prima delle altre, non volevo vedere nessuno. 
Portavo le ginocchiere nella mano destra e il cellulare nella mano sinistra, e uscii dallo spogliatoio, beandomi della poca luce di quella mattina. Il sole oscurato e l'aria leggera e piacevole. Mi piegai per mettermi le ginocchiere, del medesimo colore della mia divisa, rosso. Quel giorno, mi ricordo, che ero stanchissima, sembrava che qualcuno mi avesse strappato l'anima dal corpo e non avessi più energie. Era tutto strano ma non sapevamo perché.
La me di adesso lo sa perfettamente. Forse quella stupida nave ci strappava via le energie per alimentarsi o cose del genere. 
Non avevo mai creduto a quelle storie di rapimenti alieni in mezzo al deserto della California, ad esempio. Persone che raccontavano che gli alieni erano figure bianche di luce, che ti portavano sulla loro navicella per analizzarti il cervello con degli strumenti simili a quelli del dentista. Si e magari ti offrivano anche una tazza di tè con un dolcetto alla cannella, non si sa mai. 
Gli Altri non hanno mai fatto una cosa del genere, che io sappia. Nessuno ha visitato la loro navicella, nessuno li ha visti, fino alla Quarta Onda. Ma di certo non erano figure di luce con strumenti da dentista. 
Pff gli Altri erano come noi. Ed era difficile che andassero in giro con un bisturi o un aspira saliva. 
Beh, insomma quel giorno, il nostro ultimo giorno da persone normali, non fu poi così normale. Stavamo facendo i giri di campo per scaldarci, mentre in lontananza vedevo Nate che si esercitava con i lanci insieme ad Andy che si esercitava sulle riprese. 
Nate mi mandò un'occhiata ammiccante. 

-Marshall!- Andy lo richiamò, ma la palla colpì comunque la sua faccia. Continuai per la mia strada con il telefono in mano. Il cielo non prometteva bene, nell'aria si poteva sentire l'odore pungente della pioggia in arrivo. 

Mi fermai nel campo iniziando a fare del riscaldamento, mentre fissavo Andy. Vedevo i muscoli del suo collo tendersi per ogni movimento o risata. Vedevo le sue mani che afferravano la palla e per un momento ho desiderato essere tra le sue braccia. Si era talmente stupida all'epoca, forse avrei dovuto pensare ad altro. 

-Bene ragazze!- l'allenatore fischiò e tutte ci avvicinammo intorno a lui. -Questo mese inizierà il campionato, e come ben sapete, per voi è fondamentale lo sport se volete ottenere una borsa di studio per il college.- il signor Hill continuava a parlare, ma forse solo io gli stavo dando ascolto. Tutti erano concentrati sui telefoni, sentivo bisbigli e singhiozzi, ma non capivo. Leen insieme a sua sorella stavano scorrendo sullo schermo con la mano tremante. 

-Signorina Carter se vuole gentilmente condividere con tutta la squadra cosa dice la home di Facebook, ne saremo ,molto entusiasti.- il tono del prof divenne acuto. -Tolga quel cellulare immediatamente.-

Leenette alzò la testa ma prima che potesse parlare, i fari del campo si spensero, facendoci rimanere avvolti nel freddo grigio del cielo. Non in lontananza, sulla strada statale che collegava la scuola al centro, varie macchine tamponarono a catena.

-Ma cosa sta succedendo?-anche i giocatori di football fermarono il loro allenamento per guardarsi intorno. Corsi verso Nate, che nel frattempo già aveva il suo cellulare in mano. -Cavolo Eva! Il mio telefono è andato.- lasciò cadere il suo casco a terra mentre, a grandi falcate, si avvicinava a me. -Cosa? Non è possibile.- controllai anche il mio ed effettivamente si, i telefoni erano morti. Ancora non realizzavo cosa stava succedendo, ma la paura cresceva ogni secondo di più. -Cosa diavolo sta succedendo Nate? Ho paura.- 

Nate mi guardava. Con occhi fissi e congelati dalla paura, non riusciva a darmi una risposta. Ma nessuno poteva, nessuno sapeva quello che stava accadendo. 

Poi un boato riempì il cielo. No, non erano gli altre se ve lo state chiedendo, ma era ciò che avevano fatto. Era la Prima Onda. Isolarci. In lontananza un aereo stava planando a 80 km orari verso di noi, non lo scorderò mai. Da quel momento in poi iniziò la confusione totale: grida, preghiere, gente che correva, chi piangeva e chi come Andy, rimaneva fisso sul posto.

Avevo letto una volta di persone che in situazioni di pericolo non riescono a muoversi. Sono congelati sul posto. Come se fossero in un sogno, non riescono a realizzare che quello che sta accadendo è pura realtà. 

Allora lo feci, corsi verso di lui e lo trascinai all'interno della palestra, insieme agli altri studenti. Il boato si fece più forte, poi la terra tremò sotto i nostri piedi e infine un'esplosione. Per un momento pensai che sarei morta, risucchiata da una voragine o schiacciata da quell'aeroplano. Ma no, ho resistito fino ad ora. 

   
 
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