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Autore: Redferne    23/09/2017    11 recensioni
Tra Nick e Judy sta accadendo qualcosa di totalmente nuovo ed inaspettato.
E mentre Nick cerca di comprendere i suoi veri sentimenti nei confronti della sua collega ed amica, fa una promessa a lei e a sé stesso: proteggerla, a qualunque costo.
Ma fare il poliziotto a Zootropolis sta diventando sempre piu' pericoloso...
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Capitan Bogo, Judy Hopps, Nick Wilde, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 37

 

 

 

UN NOME E’ PER SEMPRE. COME LA DIVISA (PRIMA PARTE)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Carrington era seduto dietro la sua scrivania, come tutte le mattine. E, come tutte le mattine da un po' di tempo a questa parte, era furibondo.

Di fronte a lui ed al suo sguardo inquisitorio si trovavano una renna ed una lince, entrambi in tuta da lavoro sporca e maleodorante e con la testa bassa. Erano rispettivamente Stagger e Levine, i due sottoposti incaricati di sistemare il neo – sceriffo Wilde. E che avevano clamorosamente fallito.

“Sgrunt! Due imbecilli buoni a nulla, ecco quel che siete!!” grugnì. “Scommetto che non sareste capaci nemmeno di andare al bagno, da soli! Proprio un bel lavoro da idioti, quello che avete fatto! E meno male che due secondi dopo mi avete pure telefonato dicendomi che era finito sul fondo del torrente, insieme alla macchina che avevate scaraventato dentro!!”

“Ma signor Carrington” si giustificò Stagger, “io e Fred eravamo più che sicuri. Al cento per cento, le dico! Siamo rimasti a controllare sul ponte per più di dieci minuti e non é riemerso assolutamente niente!”

“Proprio così” gli fece eco Levine. “Eravamo davvero convinti che quel tanghero fosse affogato, glielo assicuro!”

“Sgrunt! E allora spiegatemi chi era quel tizio che é venuto qui subito dopo e mi ha riempito nuovamente di botte. E non é tutto! Mi ha quasi scaraventato giù dalla finestra e mi ha pure estorto un mucchio di quattrini a suon di minacce!!”

“Beh, ecco...”

“Sgrunt! Avanti, ditelo! Chi accidente era? IL SUO FANTASMA, FORSE? Sempre ammesso che esistano davvero, si da il caso che il sottoscritto si ritenga in grado di riconoscere un fantasma, se avesse la sfortuna di trovarsene uno davanti. I fantasmi non girano in pieno giorno, e tendono ad avere un certo grado di inconsistenza!”

“Ma soprattutto, NON TIRANO SVENTOLE COME QUESTE!!” Aggiunse poi, indicandosi col tozzo dito porcino una nuova collezione di lividi ed ecchimosi, tra cui una enorme situata questa volta proprio sotto l’orbita destra.

I due lo guardarono, dapprima senza profferire verbo.

“Ma capo, noi...” dissero.

“Sgrunt! NOI UN CORNO!” Li interruppe Quincey, senza smettere di strepitare. “Quello era proprio lo sceriffo Wilde in carne, ossa e pelliccia. E quindi, sapete cosa sta a significare tutto ciò, eh? LO SAPETE? Sta a significare che due cretini babbei di mia conoscenza, a cui avevo dato ordini precisi, non hanno fatto il loro dovere. E, più di ogni altra cosa, non hanno portato a termine il compito che gli avevo assegnato!!”

“Ehm...senta, parliamone un attimo...” balbettò goffamente Stagger, nel tentativo di calmarlo.

“Sgrunt! E comunque, SIETE LICENZIATI. TUTTI E DUE. IN TRONCO!!” Sentenziò Carrington, senza neanche ascoltarlo.

“COSA?! Ma...ma non può farlo, dannazione!” Strepitò Levine. “No, dico! Ha idea di quanta strada abbiamo fatto e di quanto tempo ci abbiamo messo, per rimediare questo lavoro?”

“Ecco, appunto. Vista tutta la fatica che avete fatto, avreste dovuto pensarci prima.”

“Non ci credo!” Esclamò la lince. “Prima ci sfrutta come schiavi, e ci costringe a fare cose che nessun mammifero dotato di un minimo di dignità e amor proprio si sognerebbe mai di compiere. E poi, non appena qualcosa va storto, ci scarica in mezzo ad una strada come DUE RIFIUTI! BEH, IO NON CI STO! SE LO PUO’ SCORDARE, MI HA CAPITO?”

“Ah, ah, ah!! E voialtri credete che a me possa importare qualcosa, del fatto che finiate in mezzo ad una strada?” Sghignazzò il suino con tono sprezzante. “Tanto due balordi come voi li posso rimpiazzare come e quando voglio. C’é la fila, qui davanti!!”

“Ma...” obiettò la renna.

“Per quel che mi riguarda potete morire entrambi di fame. Anzi: é quel che mi auguro vivamente. Non meritereste altro, per la vostra incapacità. E adesso, fuori dalle scatole. Altrimenti chiederò a Rourke e Dillon di provvedere ad accompagnarvi fuori PERSONALMENTE. Sono stato sufficientemente chiaro?”

Levine fece per reagire rabbiosamente, ma Stagger lo trattenne per un braccio.

“Lascia perdere, amico.” disse, scuotendo la testa. “E andiamocene. Qui stiamo solamente sprecando fiato.”

“Ma...”

“Sul serio, lascia perdere. Non vale la pena.”

“...D’accordo.” rispose la lince, con tono rassegnato.

“Ecco. Così si fa, caro il mio IDIOTA NUMERO DUE. Segui il consiglio dell’IDIOTA NUMERO UNO. Dimostra di essere saggio, e credo che se continuerà così potrà vivere a lungo. E una volta fuori dalla mia azienda, che non vi venga in mente di raccontare ad anima viva su come si lavora qui dentro! Mi sono spiegato?”

“Sappia che non finisce qui. Mi ha capito? NON FINISCE QUI, CI PUO’ GIURARE!!” Gli intimò Levine, mentre si allontanava insieme al suo ormai ex – collega, fresco di licenziamento come lui.

“Via, Via!!” Lo zittì Carrington, facendogli cenno di allontanarsi. “Tanto, nessuno vi crederebbe. E comunque, se fossi in voi, non mi vanterei di provenire da qui. Non é certo la migliore pubblicità, se ci tenete a trovare alla svelta un altro impiego.”

“E ora, lo vedete quel grosso oggetto blu dalla forma rettangolare che si trova di fronte a voi, dotato di maniglie? Si chiama PORTA. Usatela per sparire dalla mia vista. ALL’ISTANTE. Mi avete già fatto perdere fin troppo tempo!!” concluse poi, con un’ennesima risata.

 

 

 

 

 

 

 

 

Non appena i due se ne furono andati, Quincey tirò un sospiro di sollievo.

Fortunatamente non c’era stato bisogno di far intervenire Rourke e Dillon. Anche perché non c’erano più. Le sue due non più tanto fidate guardie del corpo avevano dato entrambi le dimissioni un paio di giorni addietro. La batosta subita per mano dello sceriffo Wilde aveva lasciato proprio il segno. Li aveva intimoriti a tal punto che mai avrebbero voluto correre il rischio di trovarselo di fronte un’altra volta. Neppure per sbaglio. E se l’erano data a gambe di volata, infischiandosene dei suoi improperi e delle sue minacce.

Quella volpe gli aveva fatto molta più paura di lui, a quanto pare.

Poco gli importava, del resto. La sua agenda aveva ancora un sacco ed una sporta di nomi e cognomi a cui potersi rivolgere, in caso di bisogno. Tutti contrassegnati da una fatidica parola scritta a fianco: PAGATO. Come il tizio che avrebbe contattato di lì a poco, tanto per fare un esempio.

Prese la cornetta e compose il numero corrispondente.

“Pronto, UNGHIA? Sei tu?” Esordì, dopo alcuni istanti. “Si, sono Carrington. Ho un CONTRATTO giusto giusto per te. Mi devi sistemare due nullità che non hanno imparato la lezione. E che sicuramente mi causeranno dei problemi, se non me ne liberi prontamente. Uno dei due senz’altro. Questo é sicuro. Ma credo che presto o tardi finirà per convincere facilmente anche l’altro. Nel dubbio, liquidali tutti e due. Si, devi pensarci tu. Ma non subito, mi raccomando. Tienili d’occhio per un po' e quando sarà il momento opportuno fai piazza pulita. Si, passa stasera da me per i dettagli. La grana a lavoro finito, come al solito. Si, a stasera.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nick era a bordo dell’unica volante rimasta, e aveva appena terminato il primo giro di ronda della giornata. E anche in quell’occasione Maggie se n’era rimasta in ufficio. Ma non per aiutare Finnick nelle incombenze quotidiane, stavolta. Quella mattina erano previste delle consegne. CONSEGNE IMPORTANTI. Uno dei due avrebbe dovuto rimanere per forza alla stazione, per firmare le scartoffie relative al ritiro della merce. Alla fine, lui era uscito di pattuglia mentre la vice era rimasta in sede ad attendere l’arrivo degli addetti al trasporto. Pregando che fossero puntuali.

Si ricordò che non aveva dovuto insistere nemmeno più di tanto: la daina si era offerta volontaria senza che nemmeno glielo chiedesse. Meglio così. Andare un po' a zonzo lo aiutava a distrarsi. Distrarsi dai pensieri.

I suoi dubbi riguardanti possibili ritardi sulla tempistica vennero fugati di colpo da quel che vide non appena giunse in prossimità della stazione di polizia.

Vi si trovava un SUV ultimo modello. Nuovo fiammante. Di quelli in dotazione alle forze dell’ordine. In tutto e per tutto identico a quelli utilizzati da lui e Carotina durante le loro scorribande cittadine ed extraurbane in nome della legge. L’unica differenza, ad un primo colpo d’occhio, era rappresentata dal colore della carrozzeria. La vettura, al posto del nero con le barre laterali oblique a forma di zeta rovesciata lungo le fiancate, aveva un colore beige. Lo stesso delle divise indossate dagli agenti preposti alla tutela di Haunted Creek. E le portiere anteriori, seppur mantenendo la stessa tonalità di bianco, erano in tinta unita con il logo del dipartimento in bella mostra.

Tirò un sospiro di sollievo. Fortunatamente, quando si trattava di consegnare agli SBIRRI, non si verificavano MAI dei ritardi. E lui ne aveva piene le tasche di girare a bordo di quel vetusto macinino su cui si trovava adesso.

Non appena parcheggiò, vide Maggie uscire e venirgli incontro a passo spedito, facendo un gesto a metà tra lo stizzito ed il disperato. Pareva alquanto alterata.

“Eccomi di ritorno, vice!” Le disse sorridendo, mentre si sporgeva dal finestrino.

“Nick, mi potresti spiegare cos’é QUESTA ROBA?” Fece lei, indicando il veicolo.

“Semplice.” rispose lui, candidamente. “Il nostro nuovo mezzo di servizio.”

“Ma non dovevi ricomprarti un’auto, scusa?”

“Non c’é alcuna fretta.” spiegò la volpe, scendendo dall’auto. “Come già sai, non ho alcuna intenzione di andarmene di qui, almeno per il momento. Quando mi servirà, posso sempre rimediare un catorcio di quarta mano dall’officina di Bob come e quando voglio. Va più che bene per i miei standard, te lo assicuro. E’ DI QUESTA CHE ABBIAMO BISOGNO, ADESSO COME ADESSO. Allora, che te ne pare? Un autentico gioiello, non trovi? Dritto dritto dalla casa automobilistica che rifornisce i dipartimenti di Zootropolis. Fresco di progettazione e nuovo di pacca: pensa che fino ad un mese fa era un prototipo esclusivo realizzato in serie limitata! Dimmi la verità: sei rimasta senza parole per lo stupore, vero?”

“Esatto, Nick. E’ davvero il caso di dirlo.” commentò lei con tono sarcastico. “SONO SENZA PAROLE, DAVVERO. Ma...”

“Si, lo so.” continuò lui. “Voi di qui non ci siete abituati, a cose come questa. Non é certo come le vecchie caffettiere su quattro ruote mezze sgonfie che usavate fino all’altro ieri. Ma ti posso assicurare che sono i mezzi a disposizione a fare la differenza, quando c’é da fare avanti e indietro per le strade. E questo la fa eccome, credimi! Visto che dovrò usarla anch’io, non ho voluto badare a spese...”

“E’ proprio di questo, che dovremmo parlare...” intervenne la vice.

“Ah, ho capito. Ti riferisci alle MODIFICHE, non é così? Beh...visto che, come dicevo, potevo spendere e che tanto i soldi spesi non erano i miei, gli ho fatto fare qualche PICCOLA aggiunta che ritenevo utile.”

“All’anima delle PICCOLE AGGIUNTE, Nick...”

“Allora, che ne dici?” le chiese mentre girava attorno alla macchina, mostrandole una dopo l’altra tutte le peculiarità, con fare entusiasta. “Vetri blindati, sospensioni rinforzate, paraurti antistrappo e gomme antiscoppio. Credo non ci sia altro, almeno per quel che riguarda la carrozzeria esterna. Più corazzati di questo esistono solamente i carri armati, garantito. Oh, quasi dimenticavo: ho fatto collegare l’antifurto direttamente alla sirena, così se a qualcuno dovesse venire la malaugurata idea...”

“Certamente. Come no. Facciamo finta di crederci, che é meglio.” replicò Maggie con tono sarcastico. “Come se qui ci fosse qualcuno talmente fesso da mettersi in testa di fregare l’auto dello sceriffo. Ma a chi pensi che possa venire in mente un idiozia del genere, me lo dici? Ok, non voglio negare che alcuni dei miei compaesani nonché anche tuoi, al momento, siano degli autentici zoticoni. Ma non sono certo degli ignoranti o dei trogloditi. E non sono nemmeno rimbambiti fino a tal punto!”

“Per carità!” Si schermì lui, “Lungi da me dal voler offendere o voler mettere in discussione il quoziente intellettivo dei miei stimati concittadini...”

“Lasciamo perdere. Tornando alle famose modifiche di cui mi stavi parlando prima, di QUELLA che mi dici?”

E’ puntò il dito indice verso la strana struttura metallica che troneggiava al centro del cofano. Sembrava un incrocio tra la turbina di un jet in miniatura ed un compressore trifase. Sulla parte frontale, in corrispondenza della base ed incastonata tra un rotore più grande ed uno più piccolo, si poteva notare una voluminosa cinghia di trasmissione, talmente grande e spessa da apparire come la versione maggiorata della sua controparte all’interno. Sulla sommità, e sempre frontalmente, una sezione a parallelepipedo con gli angoli opportunamente smussati ed arrotondati in modo da ammorbidirne la forma conteneva tre bocchette circolari. Erano disposte orizzontalmente, ed ognuna di loro era chiusa da una minuscola griglia composta da tre stanghette rettangolari messe l’una sopra l’altra.

“Trattasi di un SUPERCHARGER.” spiegò lui. “Una volta attivato le tre bocchette che vedi si aprono, aspirano l’aria e dopo averla opportunamente filtrata e compressa la sparano dritta dritta nel motore, ottenendo in questo modo un vertiginoso aumento della potenza e delle prestazioni. FANTASTICO, no? Ovviamente non bisogna abusarne, se non si vuol correre il rischio di ritrovarsi a secco dopo una manciata di miglia. Ma non é tutto.”

“L’ho notato.” precisò lei. “Sai...mentre attendevo il tuo arrivo mi sono permessa di dare una sbirciata all’interno, sempre che a te non dispiaccia...”

“Assolutamente. Tuo pieno diritto, vice.”

Nick aprì la portiera del guidatore. In mezzo ai due sedili, e sdraiata orizzontalmente, vi si trovava una grossa bombola di colore rosso acceso, con un paio di strisce bianche concentriche in corrispondenza della parte superiore. Proprio sotto il rubinetto che regolava l’apertura della valvola, di colore nero, e appena dietro il freno a mano vi era installato il dispositivo adibito all’accensione ed al funzionamento dell’impianto: un’argentea scatoletta di metallo comprendente due pulsanti neri anch’essi, un manometro e due led, rispettivamente di colore verde e rosso.

“Non dirmi che é ciò che penso.” disse Maggie.

“Oh si, invece. Ti presento IL PROTOSSIDO DI AZOTO. NOS, per gli amici. Oppure NITRO.” rispose la volpe.

“Una volta che questa bella robina entra in circolo” aggiunse, tirando una pacca amichevole sulla superficie della bombola, “garantirà una spinta ed un’accelerazione senza pari. Ma vale lo stesso discorso relativo al supercharger: SI PREGA DI USARE CON MODERAZIONE.”

“Levami una curiosità, Nick. Vorresti darmi a bere che questa vettura é uscita dalla casa automobilistica COSI’?” Domandò la daina con tono inquisitorio. “Non mi risulta che tutti questi gingilli, E SPECIE GLI ULTIMI DUE, siano di serie. E nemmeno che siano disponibili a richiesta.”

“In effetti no.” precisò lui. “Diciamo che una volta uscita dalla fabbrica, e prima di giungere qui, ha fatto una deviazione. Ed é finita in una piccola officina meccanica di proprietà di un tale di mia conoscenza.”

“E chi sarebbe?”

“Un mio caro amico. Ci conosciamo da una vita, frequentavamo la stessa scuola. O meglio lui la frequentava, mentre io...un po' meno. Sai, ho sempre preferito la pratica alla teoria. Ma i professori non lo capivano, e si rifiutavano di venire incontro alle mie esigenze. Me lo ricordo ancora, quel giorno in cui mi hanno convocato nell’ufficio del preside...tutto solo...e tutti di fronte a me, al gran completo incluso il preside a sostenere che, dal loro punto di vista, avessi sbagliato indirizzo di studio e che avrei fatto meglio a rivolgermi altrove...al che gli ho risposto che, per quel che mi riguardava, erano LORO ad aver sbagliato indirizzo, e che conoscevo quello giusto. E che ce li avrei mandati più che volentieri, se lo avessero voluto. Voglio dire: ci mandano tanta di quella gente, ogni giorno...anzi, di più: ce li avrei accompagnati personalmente. E a quel punto uno dei docenti ha il tanto atteso colpo di genio: salta su a chiedermi quale fosse l’indirizzo in questione, e io gli rivelo che si trovava a fare in c...”

“Vieni al dunque e non divagare.” Lo ammonì Maggie.

“Mi hanno cacciato fuori dall’ufficio e dalla scuola all’istante, senza farmi nemmeno finire di spiegare. TI RENDI CONTO? Magari quel poveretto é ancora lì, che aspetta di sapere dove deve andare...”

“TAGLIA CORTO, HO DETTO!!”

“Ah, già...ok. Dunque, devi sapere che questo mio amico ha una passione smodata per le macchine sportive. Le adora, letteralmente! All’inizio le guidava e basta, ma poi ha iniziato ad interessarsi anche all’elaborazione e alla customizzazione, e...indovina un po'? Ha scoperto di essere tanto bravo a guidarle quanto a progettare le modifiche. Solo progettarle, però. Non realizzarle, perché...ecco, insomma, diciamo che LA CELERITA’ NON E’ PROPRIAMENTE IL SUO FORTE, PURTROPPO. Per farla breve, ha mollato il suo lavoro di impiegato alla motorizzazione e ha riunito un team di giovani meccanici appassionati quanto lui. E sono i migliori, te lo posso assicurare. Oh, perdonami un attimo...”

Nick percepì una vibrazione nella tasca anteriore destra dei pantaloni. Ci infilò la mano, afferrò lo smartphone e, dopo averlo acceso, controllò lo schermo.

Vi era un messaggio. Lo aprì.

 

YO, BRO’.

HO SAPUTO CHE TI HANNO CONSEGNATO IL PACCHETTO OGGI STESSO.

ALLORA, CHE TI SEMBRA?

BELLA PUPA, EH?

SAPPI CHE IO E I RAGAZZI CI SIAMO DAVVERO SUPERATI STAVOLTA, PUR DI ACCONTENTARE OGNI TUA RICHIESTA.

DEL RESTO SOLO IL MEGLIO, PER UN FRATELLO.

FAMMI SAPERE SE E’ OK.

E STAMMI SANO, FORTE E IN GAMBA.

 

SEE YA.

 

F.

 

Nick sorrise.

Telepatia. Rimasugli, scampoli di un retaggio dei tempi antichi. Eredità sbiadita di un’epoca in cui si procedeva tutti quanti sulle quattro zampe e i predatori si cibavano delle prede. Si dice che a quei tempi non si parlasse ancora, perché non ce n’era assolutamente il bisogno. Bastava guardarsi dritto negli occhi, incrociare lo sguardo per comunicare all’istante sensazioni, pensieri ed emozioni. E non appena percepivi il pensiero fisso di qualcuno su di te, ti fischiavano all’istante le orecchie.

Come magari era capitato al soggetto del discorso che aveva appena concluso con la sua vice.

Forse anche a Carotina erano fischiate qualche volta le sue lunghe orecchie. Soprattutto nell’ultimo periodo, quando si era ritrovato a pensarla e ripensarla sempre più spesso.

Chissà, se anche in lei ci fosse rimasto almeno un briciolo di quelle fantomatiche capacità extra – sensoriali, sarebbe senz’altro riuscito a farle percepire, SENTIRE ciò che veramente provava nei suoi confronti. E forse non sarebbe partita. E forse non sarebbe accaduto tutto quel disastro successivo. E forse lui non si ritroverebbe lì, a tentare di rimettere insieme il filo e le perle di quella collana ormai spezzata che era diventata la sua vita.

Decise che gli avrebbe risposto più tardi. Oscurò lo schermo, rimise il cellulare in tasca e rivolse nuovamente lo sguardo in direzione di Maggie.

“Allora, cosa ne pensi?” Le chiese. “Sentiamo.”

“Che cosa ne penso? Penso che quello che ti ho detto l’altra volta ti é entrato da un orecchio per poi uscire dall’altro, tanto per cambiare. Ecco cosa ne penso.” rispose secca lei.

“Che vuoi dire?”

“Che intendo dire? Ok, proviamo ad analizzare la situazione da un punto di vista totalmente inedito. LA PRENDERO’ ALLA LARGA, come tendi a fare tu di solito. Per cominciare avrei una domanda: TU DOVE PENSI DI VIVERE?”

“Non ti seguo.”

“Pensi di stare DENTRO AD UN FILM, per caso? Un cavolo di film di FANTASCIENZA, forse? Qui non siamo in un futuro post – atomico. Non siamo una squadra di eroici vigilantes che operano ai confini del mondo e della civiltà. Non dobbiamo inseguire bande di predoni motorizzati all’interno di un deserto radioattivo. Tu non ti chiami MAD WAX RACCOONTANSKY, quella che hai di fronte non é una V8 INFURCEPTOR e io di nome non faccio FURRYOSA. Anche se ti giuro che furiosa sto per diventarlo davvero, dopo quel che ho appena visto.”

“Conosci FURRY ROAD? Gran film, vero? E comunque non preoccuparti. Non ti chiederò certo di amputarti un braccio o di insozzarti la fronte di sugna per assomigliarle.”

“Piantala! Hai già dimenticato il discorso che ti ho fatto sull’applicare e rispettare la legge, noi per primi? Questa macchina viola più della metà delle norme cittadine e federali sugli automezzi e sulla circolazione. Ed é ancora ferma e parcheggiata qui davanti. Figurati quando la metteremo in moto e la useremo per pattugliare la giurisdizione. La cosa più sensata che possiamo fare e sequestrarcela da soli, prima che ci pensi qualcun altro.”

“Se ti riferisci agli sceriffi dei paesi limitrofi, stà pure tranquilla.” la rassicurò lui. “Siamo in ottimi rapporti. Pensa che l’altro giorno mi ha telefonato Pangborn, il comandante del commissariato di Crimsonbee. E si é congratulato con me per aver massaggiato a dovere il muso a Carrington. E non solo! Mi ha anche detto che ci terrebbe a festeggiare quanto prima l’evento con una bella bevuta. Offre lui, naturalmente. A quanto pare, i suoi operai stanno creando parecchi problemi anche là.”

“Possibile che tu non capisca?” Lo riprese lei. “Mi sembrava di avertelo detto chiaro e tondo. Noi rappresentiamo la legge, e dobbiamo dare l’esempio per primi! Ma mi spieghi che razza di figura ci facciamo se andiamo in giro con una vettura che NON E’ IN REGOLA? Senza contare che, con tutte quella roba che gli hanno installato sopra, é come circolare a bordo di una BOMBA A QUATTRO RUOTE PERENNEMENTE INNESCATA! POTREBBE ESPLODERCI SOTTO AL SEDERE DA UN MOMENTO ALL’ALTRO!!”

“Sai come si dice...a mali estremi, estremi rimedi. Situazioni di emergenza richiedono misure straordinarie. In quanto alle modifiche...naah, non succederà, te lo assicuro. Lo dico perché conosco molto bene chi ci ha messo le mani. Siamo in una botte di ferro, fidati di me.”

Maggie rimase interdetta.

“Situazioni di emergenza, misure straordinarie...MA DI CHE DIAVOLO STAI PARLANDO, SI PUO’ SAPERE?” Gli chiese, sbraitando. “Questo é solo un paesino sperduto tra le montagne, ed il nostro lavoro consiste unicamente nel fare due ronde al giorno, risolvere piccole beghe territoriali tra gli abitanti e sedare qualche rissa tra ubriachi e malintenzionati. Tutto qui, nient’altro. Dove accidente credi di stare? IN UNA ZONA DI GUERRA, forse? Non c’é proprio nessuna guerra da combattere, qui!!”

“AH! ZONA DI GUERRA...se non lo é già, presto lo diverrà.” le rispose in rima Nick. “LE COSE CAMBIANO, mia cara. E cambiano più in fretta di quanto tu possa pensare. E quando hai da combattere una guerra, assicurati di avere con te il miglior equipaggiamento possibile.”

“Aspetta...stai parlando di CARRINGTON, vero?”

“Già. Proprio lui. Ha cercato di tirarmi dalla sua parte, all’inizio. Ed io, per tutta risposta, mi sono piazzato di traverso. Allora ha cercato di farmi fuori, ed io gliele ho suonate di santa ragione. E la cosa gli sta letteralmente corrodendo il fegato. Lo rode da dentro, credimi. E adesso non vede l’ora di farmela pagare, e con tutti quanti gli interessi. Ormai é una questione tra noi due. Io non ho la benché minima intenzione di cedere, nemmeno di un millimetro. Andrò fino in fondo, e lui anche. Perché siamo simili, almeno in questo senso. L’ho capito al volo. E, alla fine di tutto, rimarrà un solo vincitore.”

“Mph. NE RESTERA’ SOLTANTO UNO, dico bene?”

“Dici bene. Piuttosto...non ti ho chiesto se hai intenzione di essere della partita.”

“Come sarebbe a dire, scusa?”

“Intendevo...la mia é stata una decisione spontanea. Ma non ho alcun diritto di coinvolgerti. Puoi sempre continuare a fare la vice – sceriffo e lasciare che gli eventi seguano il loro corso.”

“Divertente, davvero.” replicò lei, con un sorrisetto ironico. “Me lo dici come se avessi davvero la possibilità di poter scegliere.”

“No, sul serio.” insistette lui. “Non sei obbligata. Non é la tua guerra. La decisione spetta a te. Soltanto a te.”

“Ti sbagli di grosso invece.” ribadì la daina. “Almeno su tre cose.”

“E sarebbero?”

“In primo luogo, questo é il mio paese. Ed é il posto in cui sono nata e cresciuta. Quindi non posso fare a meno di venire coinvolta. Secondo, siamo colleghi. Chiunque decida di prendersela con te, se la prende automaticamente con la sottoscritta. E terzo, sei il mio comandante. E un soldato non abbandona MAI il suo comandante, qualunque cosa accada.”

“Ok. Come vuoi. Sappi però che non posso garantirti nulla, riguardo al risultato finale. Insomma...io gioco sempre per vincere, sia ben chiaro...se é per questo tutti partono con le migliori intenzioni, almeno all’inizio. Poi...”

“Beh, vorrà dire che se le cose non andranno secondo i piani...poco prima dell’ultimo assalto, quando cadremo entrambi sotto ai colpi del nemico, mi riserverò il piacere di mandarti al diavolo e di dirti che sei un grandissimo idiota.”

“E sia, allora. Affare fatto. SEI DEI MIEI, allora?”

“Ci puoi contare, Nick. INSIEME, allora. FINO ALLA FINE.”

Siglarono l’accordo con un’energica stretta di mano.

“Ne sei davvero sicura? Ti avverto che da ora in poi non si accettano defezioni.”

“AL CENTO PER CENTO.” proclamò Maggie. “E ora, che ne diresti di venire dentro a dare un’occhiata al resto della roba, invece di continuare a starcene qui fuori come due fessi? E di dare definitivamente un taglio a quello che sembra uno stupido dialogo di un ancor più stupido CARTONE ANIMATO?”

“Vuoi...vuoi dire che sono arrivati anche i miei VESTITI NUOVI?” Saltò su lui, entusiasta.

“Certamente. E non solo quelli. Entriamo, dai.”

“Un momento solo!” La interruppe la volpe. “Prima dobbiamo FESTEGGIARE!!”

“Festeggiare?” Domandò la vice, bloccandosi al secondo dei tre scalini che portavano all’ingresso. “E con che, scusa?”

“Un attimo solo.”

Nick entrò nell’abitacolo, e si protese in avanti verso il portaoggetti. Per facilitare l’operazione si distese sopra i sedili, il cui tessuto emanava ancora quella tipica e inebriante fragranza di assemblaggio ancora fresco. Inspirò soddisfatto, lasciando che quel buon odore gli penetrasse a fondo nelle narici. Poi aprì il vano e tastò con la punta delle dita. Doveva trovarsi lì, per forza. Agguantò ciò che cercava, richiuse tutto ed uscì.

“Ma che stai facendo?” Domandò Maggie, incuriosita.

“Per un attimo stavo dimenticando l’aggiunta più importante. Guarda!” Disse lui, aprendo il baule.

La vice rimase sbalordita.

All’interno dell’alloggiamento posteriore si trovava un impianto audio da capogiro.

Sulle pareti laterali vi erano sedici piccoli altoparlanti dalla forma circolare, equamente suddivisi in quattro colonne verticali su ambedue le fiancate. Altri quattro, del diametro di una quarantina di millimetri l’uno occupavano la parte centrale, sia sopra che sotto. Nell’angolo a destra un apparecchio dalla forma cilindrica ed interamente rivestito di materiale spugnoso si trovava posizionato per il lungo, e pareva puntare contro di lei la sua parte frontale composta da un fitto reticolo a maglie microscopiche, e racchiuso da una sorta di griglia metallica la cui forma ricordava la lettera H.

“Quello é un SUBWOOFER” La anticipò Nick, prima che potesse chiedergli a cosa servisse. “E come il nome lascia intuire, serve ad amplificare i bassi. Non é incredibile?”

“Chissà...magari, grazie a tutto questo armamentario, i criminali decideranno di consegnarsi a noi spontaneamente pur di poter ascoltare un po' di buona musica, no?” Puntualizzò lei, con tono ironico.

“Beh, non é detto che il viaggio di sola andata non debba essere piacevole. E comunque, non credo sia rimasto sufficiente spazio anche per loro.”

“Lo avevo notato...”

“Guarda i vantaggi, però. Visto che si parla di musica...”

“Nick le mostrò ciò che aveva prelevato dal portaoggetti. Era un telecomando a distanza. Lo puntò in direzione del baule, premette il pulsante di accensione e…

L’autoradio nel mezzo della plancia central si attivò all’istante. Una scritta azzurrino fosforescente di benvenuto comparve sul display, seguita a ruota da un’altra che invitava ad attendere che il selettore automatico caricasse il primo cd a disposizione.

 

Ma é un cd! Ma come, esiste ancora qualcuno che ascolta i cd? Pensò la volpe. Ma certo che si! IO! Masterizzati, ovviamente.

 

Pochi istanti dopo una musica riempì l’aria ed il piazzale circostante, facendo vibrare la vettura e i vetri degli edifici e delle case tutt’intorno. L’impianto audio stava svolgendo il suo lavoro in maniera egregia. Fu come se le mura e le finestre avessero acquisito un cuore e che quest’ultimo, non appena venuto al mondo, per istinto avesse iniziato a pulsare in sincrono con le colonnine color rosso, giallo e verde brillante che erano apparse sul display nel momento stesso in cui la canzone era partita. Colonnine di luce, palazzi variopinti e cangianti che si alternavano in un continuo loop di costruzione e disfacimento, alzandosi ed abbassandosi in una danza forsennata e senza sosta.

 

“You can tell the world

You never was my girl,

You can burn my clothes up when i’m gone,

You can tell your friends

Just what a fool i’ve been,

And laugh and joke about me on the phone.”

 

“You can tell my arms

Go back to the farm,

You can tell my feet to hit the floor,

Or you can tell my lips

To tell my fingertips,

They won’t be reaching out for you no more.”

 

“But don’t tell my heart,

My achy breaky heart,

I just don’t think he’d understand,

And if you tell my heart,

My achy breaky heart,

He might blow up and kill this MAMMAL...”

 

Anche Nick iniziò ad andare a tempo, battendo il piede destro a terra e ondeggiando su e giù all’unisono con quel ritmo inaspettato e trascinante.

Che gentili che erano stati, laggiù all’officina. Si erano persino presi la premura di realizzare una compilation dei suoi pezzi preferiti. A partire da quello che stava ascoltando. Anche se, a onor del vero, il country era più roba per Carotina. Era stata proprio lei, infatti, a fargli conoscere quella canzone.

Si girò verso Maggie e le sorrise, senza smettere di muoversi.

Lei, per tutta risposta, scosse il capo ed oltrepassò la porta entrando in centrale.

Tra non molto sarebbe arrivato anche il suo turno di entrare, ma prima c’era una cosa che doveva fare assolutamente. Riprese lo smartphone, riaccese lo schermo e rispose al messaggio.

 

GRAZIE DI VERO CUORE.

A TE E A TUTTI QUANTI I RAGAZZI.

E’ DAVVERO MERAVIGLIOSA, PIU’ DI QUANTO POTESSI IMMAGINARE.

SEI UNICO.

CENTO METRI IN UN FLASH, COME SEMPRE.

 

BYE.

 

P.S: SALUTA PRISCILLA DA PARTE MIA. QUANDO VI SPOSATE, A PROPOSITO?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Entrò e vide Finnick seduto sulla sua poltrona, spaparanzato e con entrambe le zampe posteriori piazzate sulla scrivania. Nella sua mano destra rollava leggermente una cartina con dentro della roba verde e marrone, essiccata e finemente tritata.

Maggie si era già volatilizzata. Probabilmente era in bagno o era scesa al piano di sotto. Con un po' di fortuna non lo aveva beccato mentre era intento a dar sfogo al suo piccolo vizietto personale. O forse era proprio per quello che si era eclissata, dopo aver tentato inutilmente di convincerlo a desistere.

“NI – HAO, socio!!” Esclamò spazientito. “Che cappero avevi deciso? Di metterci le radici, la fuori in quel dannato piazzale? Ancora un po' di quella rella e a furia di aspettarti me stava iniziando a crescere il prezzemolo sotto le ascelle, e la muffa in mezzo alle ch...”

“Ero fuori a rimirare il gioiello che Flash e la sua cricca hanno realizzato apposta per noi. E tu? Cosa ne pensi?”

“Cosa ne penso? COSA NE PENSO IO, MI CHIEDI? DOPPIA LIBIDINE MONGOLA COI FIOCCHI, ECCO COSA NE PENSO!!” Esclamò il fennec, al settimo cielo. “SLOTH ha fatto davvero un lavoro d artista, glielo devo riconoscere!!”

“Tu nei sempre una per tutti, eh? Non é forse così, Finn?”

“Dì un po, socio: come hai intenzione di chiamarla, la pupattola? Lo sai che bisogna sempre dare un nome alle nostre fedeli compagne de VIAJE. E qui bisogna trovarle DAVVERO UN BEL NOMBRE! Allora? Come hai deciso di chiamarla? WILDEMOBILE? SWEETHEART MACHINE? Oppure CAR...”

Si zittì da solo prima di concludere la frase. Cosa che non impedì comunque a Nick di fulminarlo con lo sguardo.

“Non la chiamo e basta. Piuttosto...ti ho già detto e ripetuto che certe schifezze, se proprio devi, sei pregato di farle dovunque TRANNE CHE QUI DENTRO. E per caso hai ricevuto una qualche promozione di grado a mia insaputa, per caso?”

“Uh? Ma di che blateri?”

“E allora che ci fai lì stravaccato SULLA MIA SCRIVANIA? Hai già finito con le pulizie e le scartoffie, per oggi?”

“Ti ci puoi giocare il porta - coda a morra cinese, socio. Ho già fatto tutto quanto. Credo de aver battuto il record stagionale!!”

Chiuse la mano destra a pugno e la strinse leggermente, muovendo le dita. Quando la riaprì, nel palmo vi era una paglia ben condita e pronta all’uso.

“Beh, mi fa piacere. E ora che ne diresti di levarti di lì e di restituire la postazione al suo legittimo proprietario?”

“NIX. Niente da fare, bello mio. MIRA EL DITO...” rispose, oscillando l’indice della mano sinistra in segno di diniego. “Ho sfacchinato come una bestia da soma per finire prima, mentre tu bighellonavi in giro per il paesello. Credo de meritarmela, una bella SIESTA. Y perciò te lo puoi scordare. Anzi: già che ci sei, te ce puoi rigiocare lo spolverino que te ritrovi attaccato al porta – coda, quello che hai appena vinto a morra cine...”

Finnick si bloccò improvvisamente, vedendo il suo compare irrigidirsi ed assumere un espressione terrorizzata.

“QUE...QUE PASA, SOCIO?! Si...si può sapere c – che cavolo hai da fare quella faccia?!” Chiese, attivando a sua volta la modalità ALLARME ROSSO.

Vent’anni e passa trascorsi nel sottobosco criminale, agendo e muovendosi nelle zone più insidiose e malfamate, ti insegnano molto. Soprattutto a rimanere sempre all’erta. E a guardarsi costantemente le spalle. Le proprie e quelle degli altri a vicenda, se si é più di uno. Da minacce che potevano presentarsi in qualunque momento e sotto le forme più disparate: sbirri, bande rivali o gente che per un motivo o per l’altro ha qualche conto in sospeso nei tuoi confronti. Si comincia ben presto a sviluppare un codice non scritto, e nemmeno verbale. Un codice di avvertimento fatto di sussulti, gesti, tocchi ed occhiate di sfuggita. Unito ad una sorta di sesto senso. Da dove provenivano loro era buona norma e regola evitare i guai e tagliare la corda quando le cose si mettevano male.E riuscire a percepire entrambe le cose con una frazione di anticipo, proprio un istante prima che decidessero di bussare alla tua porta, costituiva un vantaggio non indifferente. Se il punto primo all’ordine del giorno, per ciò che riguardava la tua lista delle priorità, era di CAMPARE E RIMANERE IN CIRCOLAZIONE A LUNGO. IL PIU’ A LUNGO POSSIBILE.

Quando uno dei due reagiva istintivamente con un comportamento identico a quello di Nick di fronte ai suoi occhi, in quel preciso momento, si azionava in automatico la modalità ALLARME ROSSO. Perché stava a significare una cosa soltanto: PERICOLO. IN AGGUATO O IN ARRIVO.

Telepatia in senso stretto, si diceva poco prima.

“A – allora?!” Richiese nervosamente, pur sapendo che non c’era bisogno di attendere la risposta. Perché quando il protocollo di emergenza della premiata ditta NICK AND FINNICK era inserito, contemplava solamente due opzioni: il riparo, o la fuga. In entrambi i casi, il più rapidamente possibile.

“Sai, Finn...credo...credo che tu abbia un mirino laser puntato...puntato all’altezza della pancia.” rispose la volpe, muovendo appena la bocca, la voce ridotta a poco più di un bisbiglio.

“Cos...”

Abbassò lo sguardo e notò un microscopico puntino rosso che dall’ombelico scartò a sinistra verso il suo stomaco, per poi deviare nuovamente verso il plesso solare e da lì salire. Verso la sua fronte, presumibilmente.

“POR MIL DIABLOS!!” Imprecò, gettandosi giù dalla poltrona e nascondendosi sotto la scrivania.

Vedendo scomparire il suo bersaglio, il puntino rosso fece marcia indietro, puntando in direzione di Nick.

“SOCIO!! ES TU LOCO?!” Urlò Finnick da sotto il bancone.”TOGLITI DA LI’! SUBITO!!”

Ma la volpe rimase immobile, come se non avesse neanche udito la sua esortazione, mentre il puntino aveva ormai raggiunto il suo piede destro e da lì stava già iniziando a risalire lungo la gamba.

“SEI SORDO, PER CASO?!” Gridò ancora il fennec. “VA’ VIA!!”

Niente. Sembrava davvero che fosse diventato sordo. Non si spostava di un solo millimetro. Il puntatore laser intanto, che aveva già oltrepassato il suo torso, superò spalle, collo e mento per piazzarsi proprio in mezzo ai suoi occhi.

“NIIIIICK!!”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Salve a tutti, rieccomi qua!!

Uff, ce n’é voluto ma alla fine ce l’ho fatta a pubblicare, finalmente!!

Chiedo scusa a tutti quanti per il ritardo a dir poco BESTIALE, ma in queste settimane sono stato davvero INCASINATISSIMO.

Ormai é ricominciato il solito tran – tran: sul lavoro, ovviamente, ritenendo che in quelle due settimane ci si sia riposati più che a sufficienza, hanno già ricominciato a spremerci peggio dei limoni. SE OTTO ORE VI SEMBRAN POCHE, PROVATE VOI A LAVORAR...diceva un proverbio. Peccato che, alla fine, ogni giorno finisco per passarci ben più di otto ore…

Poi sono ricominciate le scuole...di nuovo a correre, via!

Però penso di essere riuscito a farmi perdonare per la lunga attesa con questo capitolo. Spero vi piaccia.

Colonna sonora: quando Nick accende la radio, ascoltatevi naturalmente la stessa canzone che sta ascoltando lui. Trattasi di ACHY BREAKY HEART, brano del cantante BILLY RAY CYRUS.

Se questo nome non vi é nuovo, avete perfettamente ragione: trattasi del papà della celeberrima MILEY CYRUS. Divenuta famosa, oltre che per le canzoni, anche per la serie (guarda caso) Disney HANNAH MONTANA.

La canzone in questione mi piace parecchio, anche perché la ritengo PERFETTA per Nick. In un certo senso potrebbe essere il suo inno. Provate a sentirla durante la scena del film in cui gira per la città con Finnick che dorme della grossa nel passeggino, giusto un attimo prima di venire incastrato da Judy...non so perché, ma questa canzone me la immagino in sottofondo, con la nostra volpe che cammina con fare svagato e sguardo sornione...gli si addice.

E, naturalmente, nell’ultima strofa ho sotituito MAN (uomo) con MAMMAL (mammifero).

Prima di concludere, un veloce giro di ringraziamenti: ai sempre presenti Plando, Sir Joseph Conrard e a Stillmar (presto mi occuperò anche dei capitoli che mi mancano della tua long: non temere, non mi sono affatto dimenticato) per le recensioni della mia one – shot ASPETTANDO I RINFORZI. Sono molto contento che vi sia piaciuta. Se poi ne dovessero arrivare altre, tranquilli: provvederò a ringraziare in seguito!

Inoltre, la prossima settimana inizierò pubblicare il primo capitolo del mio racconto su uno dei classici del fumetto e dell’animazione giapponese: ROCKY JOE.

Devo confessarvi che ho una paura dannata: ho un tale rispetto ed una tale ammirazione per quest’opera che ci ho riflettuto veramente a lungo prima di decidermi a procedere, nonostante avessi quella storia pronta nel cassetto già da svariati mesi. Spero di esserne all’altezza. Auguratemi buona fortuna e incrociate tutte le dita delle mani e dei piedi: ne avrò bisogno.

 

Grazie ancora a tutti e alla prossima!

 

See ya!!

 

 

Roberto

 

 

   
 
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