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Autore: ROW99    24/09/2017    2 recensioni
Essere soli è una delle cose più devastanti che possano colpire la vita di una persona, ma spesso la luce è nascosta più vicino di quanto sembri, magari negli occhi di qualcuno di insospettabile!
Dal testo: Non è facile avere amici quando sei troppo intelligente. Sembri sempre troppo alto, troppo lontano per chi vive una vita normale. Minaho non ricorda un periodo della sua vita in cui non sia stato solo. Forse, nei suoi primi ricordi, prima dell’incidente che gli porterà via il padre, vi era una stilla di felicità, ma poi tutto era crollato.
nb: Minaho e Manabe frequentano la Raimon, ma in una sezione diversa dai protagonisti di IE go
Genere: Drammatico, Fluff, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Manabe Jinichirou, Minaho Kazuto
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Oh man, what a world, the things I hear
If I could act on my revenge, then, oh, would I?
Some kill, some steal, some break your heart

La notte passò rapida come era venuta, in un sospiro, appannando appena i vetri del cielo. In un istante, o forse due, sembrò arrivare la mattina.

-Dai Min… eddai… dobbiamo andare! Purtroppo abbiamo scuola… -Il lilla stava scuotendo l’amico per le spalle, ma Minaho non sembrava avere intenzione di svegliarsi.
-Mh… brh…. C… cosa vuoi Man? -L’arancione si accucció più profondamente sotto alle coperte. -Lasciami dormire… ti preeeego…
Manabe rise. -Non esiste Min! Fooorza!
L’arancione si tiró le coperte sul naso e riprese beatamente a ronfare, in spregio a quanto detto dal lilla.

Manabe si prese il mento tra le mani, in un gesto che ricordava particolarmente Minaho. -Mh… a mali estremi…

Il lilla prese la coperta e le diede un violento strattone. L’amico spalancò gli occhi di colpo. -Man… mi hai tolto la coperta vero?
-Sì. -Il lilla sorrise sornione.
-E… e io dunque sono…
-Sì carotino, sei in mutande. Per l’esattezza sto osservando dei bellissimi orsacchiotti rosa.

L’arancione balzò in piedi come una molla. -Manabe Jinichirou! Cosa… cosa guardi? Sono… sono le ultime mutande pulite che mi erano rimaste, sono stato costretto!
-Mh… -Il lilla sorrise sarcastico. -Dunque anche quelle di ieri, con i gattini gialli…
Minaho sbiancó,, quindi arrossí come un fuoco d’artificio.
-Tu… tu… tu.. I miei… i miei boxer. .. Cosa. ..
-Ahhh!  Capisco Min! -Il lilla era spietato. -Anche quelle di due giorni fa, con i cuoricini rossi erano tra le ultime! Ora è tutto chiaro!

Minaho saltò addosso all’amico e gli tappó la bocca buttandolo sul letto. Risero di gusto. -E va bene… vado a lavarmi. -L’arancione si arrese.
-Bravo…- il lilla gli prese le guance. L’arancione fece una faccia offesa.
-E comunque… -Minaho si diresse verso la porta. -E comunque erano carine!


I ragazzi fecero colazione in pochi minuti. Adesso Minaho era ben sveglio e come suo solito si era lanciato in lunghe deduzioni su come Manabe, a suo dire, avesse fatto a cuocere così bene la pancetta o ad abbrustolire il pane. Il lilla sorrideva di quei complimenti venati di bonaria invidia.

-Oggi abbiamo inglese... che noia! -Minaho odiava le lingue straniere. Strano per uno che voleva fare il detective.
-Ma Min… se hai dieci anche li! Di cosa ti lamenti! -Il lilla rise dando un buffetto sul braccio dell’amico.
-Il fatto di andare bene non vuol dire che una materia mi debba piacere… purtroppo! -Minaho sospirò sconsolato.
-Vabbè… non ti preoccupare… un’ora passa in fretta, poi abbiamo matematica! -Il lilla sospirò sognante.
-Ceeeerto… peccato che quello che la prof fa adesso tu lo facessi a due anni… -Minaho sorrise all’amico, che arrossí.



La giornata scolastica iniziò subito con una bella notizia… sciopero degli autobus, una cosa che in Giappone avviene ogni morte di papa.

-Che gioia! -Manabe sorrise sarcastico. -Forza… dobbiamo sbrigarci!
I due ragazzi, come potevano fra cerotti, stampelle e doloretti vari, si fiondarono lungo la via principale verso la scuola. La città si stava svegliando. I bottegai alzavano le serrande e uomini e donne ben vestiti si avviavano al lavoro.
Si respirava odore di colazione provenire dai bar e dai locali, insieme al l’odore acre dell’inchiostro. Le edicole stavano ricevendo ed esponendo i giornali del giorno.

La scuola, con i suoi cancelli e il suo vialetto costeggiato da ciliegi vigorosi, apriva le sue porte ai due ragazzi. Erano riusciti ad arrivare in orario, e molti studenti ancora di attardavano in cortile o nei corridoi a chiacchierare e scambiarsi libri e quaderni.
Minaho e Manabe entrarono in classe quando ancora non c’era quasi nessuno e si sedettero ai loro banchi estraendo dallo zaino i libri della prima ora.
-Con cosa si inizia già, Min?
-Mh… chimica credo… non male.


La lezione fu molto strana. Manabe fu felice di vedere che l’insopportabile Kitama era ancora più pesto di quando immaginasse. Di certo la sua spocchia aveva avuto un bel colpo! Nonostante questo però il lilla non riusciva a non pensare che tutti stessero guardando Minaho.
Il professore stesso, inoltre, era sembrato molto stupito di vedere l’arancione. Era uscito subito per tornare pochi minuti dopo, e lo aveva poi osservato imbarazzato per tutta la mattina. Minaho, da parte sua, sembrava non essersi accorto di nulla, e si stupì quando alla fine della lezione fu chiamato fuori dalla porta.

Manabe era perplesso… cosa stava succedendo? Minaho gli sorrideva e gli diceva di stare tranquillo, che di sicuro erano questioni di segreteria… ma lui non sapeva se crederci davvero. Con la coda dell’occhio aveva visto qualcosa che non gli era piaciuto… la preside aspettava dietro la porta.


Passò qualche minuto. Kitama, un occhio nero semichiuso e l’altro iniettato d’odio, lo guardava sorridendo cattivo. Qualcosa non andava… perché Minaho non tornava?
La porta si aprì di colpo. Minaho rientrò accompagnato dal professore dell’ora successiva. Marció attraverso la classe e afferrò i suoi libri, cacciandoli nello zaino. Aveva gli occhi iniettati di sangue e un colorito arrossato.  Manabe sentiva che respirava in maniera esageratamente rapida.

-Ma… Ma cosa stai facendo Min? Perché… perché metti via tutto? -La voce del lilla tremava
-Manabe, me ne devo andare.
-Co… cosa? E dove, di grazia?? Che…
Minaho strinse i pugni. Manabe mi era convinto che si trattenesse dall’urlare, o forse dal piangere… non riusciva a capire. L’arancione prese la mano dell’amico. -Se ti fa male lo ammazzo. Stagli… stagli lontano.

Manabe era sconvolto e confuso. Guardò spaventato l’amico, che sospirò prima di infilarsi la felpa e uscire dalla classe senza voltarsi indietro.


I professori delle ore seguenti non proferirono parola su quanto accaduto, preoccupando ancora di più il lilla che ormai non sapeva più cosa pensare. Aveva mandato un messaggio a Minaho a ricreazione, aveva provato a telefonargli e a telefonare a casa… nessuno rispondeva. Iniziava ad essere davvero spaventato.

Finalmente le lezioni giusero a conclusione. Manabe si precipitó nel corridoio… voleva correre a casa il prima possibile, aveva un brutto presentimento. Doveva essere successo qualcosa.
Era preso da questi pensieri quando sentì qualcuno afferrarlo per il colletto della camicia. Era Kitama.

-Ehilá, storpio!- Le botte prese da Minaho gli avevano fatto gonfiare una guancia, e ora aveva una voce ridicola e cattiva. -Il tuo amichetto ha avuto quello che si meritava, non trovi?
-Cos… cosa stai dicendo? Parla! A cosa ti riferisci?
-Al fatto che lo hanno espulso da scuola… mi ha picchiato, sai? Ho rischiato di morire!


Manabe era sconvolto. Non aveva mai odiato qualcuno così intensamente… falso, spia, malvagio e codardo, questo era Kitama.
-Tu… hai… tu lo hai denunciato?
Kitama sorrise sarcastico. Valeva più di mille risposte.

Manabe scattò in un istante. Afferrò la gola del ragazzo e lo schiantó contro il muro. Non pensava di avere così tanta forza… miracoli dell’adrenalina. Gli teneva il gomito sotto la gola e la mano sinistra a pugno contro la bocca dello stomaco.
-Tu! Feccia schifosa!! Ti dovrei ammazzare di botte, ma sai cosa c’è? Che so che gli idioti come te sono solo dei ridicoli, stupidi, inutili codardi, e non ne varrebbe la pena!

Kitama, per la prima volta nella sua vita, sembrava preso di sorpresa e spaventato. Nemmeno i suoi “amici” nel corridoio si azzardavano ad intervenire. In fondo godevano a vederlo per una volta umiliato.
Manabe lo fissò con gelido disprezzo. -Ringrazia il cielo che non ti faccio ingoiare la tua stessa lingua. -Il lilla sputó in faccia al ragazzo. -E ora sparisci dalla mia vista e dalla mia vita!

Manabe molló la presa. Kitama si rese conto di essere circondato. I suoi sgherri non si muovevano, e molti altri ragazzi erano accorsi accorsi a vedere la scena parteggiando per Manabe. Col tempo si erano resi conto di chi fosse il grande, che si faceva sempre più prepotente e violento.
Kitama lanciò alla folla uno sguardo imbevuto d’odio e corse via, sparendo alla loro vista.


Manabe aveva preso un taxi per arrivare a casa. Il bus era lento, e lui con la sia stampella ci avrebbe messo ancora più tempo.
Appena entrato nel vialetto capí subito che qualcosa non andava. La luce del salotto era spenta e non si sentiva nessun rumore. Entrò in casa… nessuno in vista.
Corse in tutte le stanze in preda all’ansia prima di sedersi sconsolato sul divano. Perché Minaho non  c’era? Perché non rispondeva al telefono?

Fu allora che vide qualcosa sul tavolino. Un biglietto. Lo afferrò e lo lesse immediatamente. Era scritto nella bella calligrafia di Minaho, e bagnato di piccole chiazze rotonde… lacrime.


“Manabe, amico mio.
Come vedi tutto è precipitato più in fretta, più velocemente di quanto avremmo mai potuto immaginare.

Questa mattina mi hanno espulso da scuola. È solo l’ennesimo colpo di una vita dolorosa, avrei potuto reggerlo… ma non quello che ne segue.
La preside ha cercato i miei genitori, ovviamente non trovandoli. È venuto fuori tutto, Man. Vogliono mettermi in orfanotrofio… mia zia non mi riprende in casa, ovviamente.
Non posso permetterlo, capisci? Se mi trovassero qui sarebbe la fine anche per te e per la tua causa di emancipazione. È ora che me ne vada.

Man, sei stato la cosa più bella della mia vita, e voglio che sappia che non è colpa tua. Non è mai stata colpa tua… quello che hai fatto per me è incredibile.
Un grande poeta diceva “alta è la notte”… la notte della mia vita non è mai finita. Credevo di avere assaggiato il sapore dell’alba,  ma evidentemente non era destino. Io non so cosa ci sia in cielo, cosa ci guardi da lassù, ma sappi che l’unica cosa che mi fa soffrire, ora che arriva per me l’ora dell’ultimo rimpianto, è sapere che ti lascerò da solo.

Se un giorno potrai perdonarmi, forse ti ricorderai di me come di un debole, ma un debole che ti ha voluto bene come ad un fratello.
Ti guarderò sempre. Ti guarderò nei tramonti, ti guarderò dalle nubi scure cariche di pioggia e dalla foschia dell’autunno che profuma il bosco. Ti guarderò nel Sole e ricorderò il tuo sorriso, ti guarderò nei fiori del monte e crederò di accarezzare i tuoi capelli. I morti non hanno rimpianti, ricordi? Me lo dicesti tu. Spero che sia vero… è che se non possono avere rimpianti, possano però avere ricordi. Io ti ricorderò sempre e ti aspetterò lassù.

Tuo Min.”


Manabe era sconvolto, distrutto, annientato
Non sapeva chi chiamare, a chi chiedere aiuto. Sentí le lacrime premere per uscire e la nausea sconvolgergli lo stomaco.

No.

No. Basta essere deboli. Manabe si riscosse per la forza del dolore e della paura. Doveva correre. Forse non era troppo tardi. Doveva correre.


-Minaho… sto arrivando. Dio, dammi solo qualche istante ancora…
   
 
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