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Autore: NavierStokes    25/09/2017    8 recensioni
Era la seconda volta che Alec si fermava a dormire da lui ed entrambe le volte aveva scelto il divano. Magnus sapeva che per lo shadowhunter lui era il primo e non voleva mettergli pressione di alcun tipo, per Alec avrebbe potuto aspettare per sempre, in fondo era da quattrocento anni che lo stava aspettando. Sorrise a quel pensiero e si diede mentalmente dello stupido, lui il Sommo Stregone di Brooklyn innamorato di un ragazzino di diciassette anni che per di più era un cacciatore di demoni? In quel momento Alec si mosse, dischiudendo impercettibilmente la bocca perfetta e Magnus dovette distogliere lo sguardo, perché il desiderio di baciarlo stava diventando soffocante.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane, Un po' tutti
Note: Lemon, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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3 Può una cosa così giusta essere tanto sbagliata?



Il sole stava timidamente sorgendo all'orizzonte, portando con sé i primi profumi ed i primi rumori del giorno, quando Alec varcò silenziosamente il portone dell'Istituto di New York.

Camminava in punta di piedi, aiutato dalla runa del silenzio e pregava Raziel affinché nessuno Shadowhunters fosse sveglio a quell'ora.

Era quasi arrivato alla fine del corridoio quando avvertì distintamente un sonoro sbuffo alle sue spalle.

Si girò, nel panico, indeciso su quale delle tre bugie che si era preparato fosse meglio raccontare e si trovò di fronte Church.

Tirò un sospiro di sollievo, ma poi gli occhi del gatto richiamarono alla sua mente ben altri occhi felini e quelli gli riportarono alla mente una doccia prima fredda e poi calda e delle labbra squisite sul suo corpo.

- Vattene, Church! - sibilò a bassa voce, rosso in volto per i recenti pensieri. - E non guardarmi in quel modo, non è come pensi! - spiegò come se il gatto lo avesse accusato di qualcosa.

Quando finalmente si lasciò cadere sul letto della sua camera, simile alla cella di una prigione per l'arredamento spartano, crollò in un sonno profondo.

A risvegliarlo furono dei bussi decisi alla porta, qualche ora più tardi.

Alec fece appena in tempo a mettersi a sedere sul materasso, quando una testa bionda fece capolino.

- Ultimamente dormi fino a tardi - commentò Jace. - Sei sicuro di stare bene?

- Ehm...sì - rispose velocemente il ragazzo moro, sperando che la sua espressione non lo tradisse.

Non poteva certo spiegargli che il divano di Magnus non fosse il posto più comodo della terra per un sonno ristoratore né tanto meno poteva dirgli che, in fondo, quando si fermava dallo stregone, il divano lo accoglieva solo per poche ore, le restanti ore le passava sveglio a baciarlo e a farsi baciare.

- Ok - disse il biondo, poco convinto, ma comunque deciso a non indagare per il momento. - Ti aspetto di sotto per l'allenamento, allora.
 


Il sole era ormai alto nel cielo quando il sommo stregone di Brooklyn si fece annunciare nell'ufficio di Maryse Lightwwod.

La donna, seduta dietro la scrivania di legno, ignorò deliberatamente l'abbigliamento assolutamente inadeguato dell'uomo e, con la sua espressione più arcigna, gli indicò la sedia dalla parte opposta del tavolo.

Magnus si sedette senza abbandonare la sua impeccabile postura dritta, nonostante il disprezzo che sentiva provenire da Maryse.

- Dunque - esordì la donna, cercando di non incrociare mai gli occhi felini dell'altro - ti ho fatto convocare qui perché abbiamo un problema con le sirene del fiume Hudson.

- E in che modo questo dovrebbe essere affare mio? - chiese con malcelato sarcasmo.

- Verrai profumatamente pagato, stregone - ribatte la donna con asprezza.

- Bene, in tal caso esponimi il problema, Maryse - disse con finta cordialità.

Un'ora più tardi, i due sembravano arrivati ad un accordo economico e strategico sulla gestione dell'Hudson e, proprio mentre Magnus stava per andarsene, gli cadde l'occhio su una fotografia che ritraeva Alec, Isabelle e Max da bambini.

La sua mano agì prima del suo cervello e si ritrovò senza pensare con la cornice d'argento stretta nel palmo e gli occhi fissi in quelli blu del piccolo Alec della foto.

- Posala subito! - ordinò Maryse, trasalendo.

- Ancora convinta che i Nascosti attacchino malattie? - le domandò con una nota aspra, velata dal tono ironico, posando la cornice.

- No, ma... - iniziò a dire Maryse presa in contropiede.

- Ma certe abitudini sono dure a morire - finì per lei Magnus, uscendo dalla biblioteca, senza girarsi indietro.

Se Maryse reagiva così male vedendolo toccare una fotografia, chissà cosa avrebbe fatto se avesse saputo che con quelle stesse mani, che lei tanto disprezzava, aveva più volte toccato suo figlio.

 
 
- Madre, volevi vedermi? - domandò il maggiore dei Lightwood avanzando lentamente nella biblioteca imponente.

Per un istante immaginò di vedere Hodge seduto dietro la scrivania.

Quell'uomo era stato per lui più di quanto fossero mai stati i suoi genitori.

Eppure li aveva traditi, tutti.

- Sì Alec, volevo parlarti...

Maryse non riuscì a finire la frase, poiché corse a bloccare il figlio che si stava per sedere sulla sedia di fronte alla scrivania.

- Cosa? - domandò confuso il giovane Shadowhunter.

- Oggi è venuto lo stregone Bane, si è seduto su questa sedia, non si sa mai con che intrugli e con che persone entra in contatto, meglio lavarla prima.

Alec si congelò sul posto, con lo sguardo vitreo e le braccia rigide lungo i fianchi.

Non si sa mai con che intrugli e con che persone entra in contatto.

Con quella frase sua madre l'aveva colpito come solo una lama angelica nello stomaco avrebbe potuto fare.

Era lui la persona con cui Magnus entrava in contatto.

Era del suo ragazzo che sua madre stava parlando con una smorfia di disgusto.

Un'ondata di rabbia lo pervase, ma non poteva andarsene così, avrebbe destato sospetti.

Quindi si sedette, nella suddetta sedia contaminata dal suo fidanzato, sotto lo sguardo sconvolto e disgustato di sua madre.

- Madre, parlami di quello per cui mi hai chiamato - disse con voce atona.

Maryse, nonostante lo scetticismo per la decisione del figlio di sedersi laddove lei riteneva poco opportuno, tornò subito la perfetta direttrice che era ed
iniziò ad elencare una serie di problemi.

Alec, del canto suo, sentiva un groppo in gola e voleva solamente andarsene il più lontano possibile dall'Istituto. Continuava a passare i palmi aperti delle mani sui braccioli della sedia, sicuro di stare toccando ciò che Magnus aveva sfiorato solo pochi minuti prima e questo pensiero sembrava tranquillizzarlo, ma solo in parte.

- Di cosa hai parlato con Bane? - domandò alla fine della conversazione.

- Di una controversia con le sirene dell'Hudson.

- E...ci sono stati problemi?

- No - rispose la madre, poi sembrò ripensarci ed aggiunse - se non che ha avuto l'ardire di toccare una foto di quando eravate piccoli. I Nascosti ormai non sanno più stare al loro posto.

- Arrivederci, madre.

Si allontanò in fretta dall'Istituto, fendendo l'aria tiepida senza guardarsi intorno, diretto a Brooklyn.

Non poteva perdonare sua madre per quanto aveva fatto e per quanto continuava a fare.

Voleva chiedere scusa a Magnus, sentiva di doverglielo, ma non sapeva come fare.

 

Alec aveva sempre pensato di essere più bravo coi gesti che con le parole e quando Magnus gli aprì la porta del suo loft impiegò meno di una manciata di secondi a decidere cosa avrebbe fatto.

 Si avventò come un assetato sulle sue labbra, mordendole e succhiandole, ancora con quell'incertezza e quell'inesperienza che mandavano lo stregone letteralmente fuori di testa.

- Magnus - ansimò sulle sue labbra, mentre con le mani percorreva la schiena sinuosa del figlio di Lilith.

Lo stregone si lasciò subito coinvolgere nel bacio, un po' stupito per quell'assalto inaspettato, ma sicuramente non dispiaciuto, finché non sentì un rumore metallico.

Alec aveva appena iniziato ad abbassargli la cerniera dei pantaloni.

Riuscì ad afferrare le spalle dello Shadowhunter poco prima che si inginocchiasse di fronte a lui.

- Fermo - disse con la voce più controllata che riuscisse ad avere, sempre tenendolo fermo con le mani. - Cosa stai facendo?

Il ragazzo dagli occhi blu abbassò lo sguardo, con il volto in fiamme, la spavalderia di poco prima lo aveva completamente abbandonato, lasciando il posto solo alla sua dilagante timidezza e alla sua estenuante incertezza.

- I-io - iniziò a dire, improvvisamente in preda alla vergogna - pensavo che...tu...io...pensavo che ti sarebbe p-piaciuto.
Magnus gli mise due dita sotto al mento, per costringerlo a guardarlo negli occhi e quando furono verde-oro nel blu parlò.

- Indubbiamente mi sarebbe piaciuto - rispose assorto, studiando il volto del ragazzo - ma quello che voglio sapere è perché ora? Perché così?

- So che sei venuto all'Istituto stamattina - iniziò a spiegare Alec e Magnus all'improvviso ebbe tutto più chiaro.

- Sei qui per quello che è successo con tua madre? - suonava come una domanda, ma in realtà era un'affermazione.

Gli occhi blu che guizzarono di nuovo a terra furono la conferma a quel sospetto.

- Alexander - proruppe Magnus, leggermente alterato - fammi capire bene, perché spero di aver frainteso. Sei venuto qui per farmi un lavoretto di bocca come compensazione di quello che mi ha detto tua madre?

Lo stregone lo guardava basito, con gli occhi felini sgranati, in un'espressione non ben decifrabile.

- I-io - iniziò a dire Alec, che si sentì improvvisamente un idiota. - Sei arrabbiato? - gli chiese portando le sue iridi blu a scrutarlo timorosamente.

- No - rispose Magnus, tornandogli vicino. - Certo che non sono arrabbiato, ma una relazione non funziona così. Non voglio mai più che tu ti senta in dovere di fare qualcosa per me o per altri. Chiaro?

Aspettò che lo Shadowhunter annuisse prima di continuare.

- Non devi metterti pressione di alcun tipo, ogni cosa succederà a tempo debito e nel contesto giusto - terminò poggiandogli il palmo della mano sulla guancia ancora rossa.

Forse fu quel leggero contatto, o forse fu perché le loro iridi si incontrarono per una volta di troppo, fatto sta che Alec si avventò di nuovo su Magnus.

Le loro lingue si allacciarono quasi con disperazione ed iniziarono una lenta danza all'unisono, mentre le mani vagavano sui corpi con desiderio.

Alec era così concentrato sulle emozioni che lo stregone gli stava facendo provare da non accorgersi del portale che si era aperto al centro del loft, poco distante da loro e non fece in tempo ad opporsi quando Magnus gettò entrambi, ancora avvinghiati, al suo interno.

Caddero uno sopra l'altro, ancora con le bocche unite, su un soffice prato erboso, del verde più tenue.

- Dove siamo? - chiese il ragazzo dagli occhi blu, sdraiato sull'erba, guardandosi intorno con vivo interesse.

- Mi hai sempre detto che non ti piace la caoticità della città, lo smog, le macchine, le persone - iniziò a spiegare il figlio di Lilith, alzandosi e aggiustandosi le collane che gli ricoprivano il petto glabro lasciato scoperto per metà dalla camicia color malva. - Usi una runa dell'invisibilità per scampare a tutto quel caos - gli sorrise guardandolo dall'alto. - Quindi ti ho portato nella campagna inglese, nell'Hampshire per l'esattezza. Ettari ed ettari di terra senza nessun essere umano o macchina.

Alec lo guardava senza parole, poi con la grazia e l'agilità che solo uno Shadowhunters possiede, afferrò Magnus e se lo portò sopra, lasciandosi scaldare dal calore del suo corpo, mentre la brezza primaverile gli muoveva dispettosa i capelli.

Restarono a baciarsi e a rotolarsi tra i fiori inglesi per un tempo indefinito, sussurrandosi parole dolci all'orecchio, come due amanti senza tempo.
 


Il sole era sceso leggermente quando, mano nella mano, iniziarono a percorrere quella landa florida, accompagnati solo dal rumore dei loro respiri ancora ansanti e dal frinire persistente delle cicale.

- Magnus - lo chiamò stringendo la presa sul suo palmo - volevo ringraziarti.

- Per cosa?

- Per non esserti approfittato di me prima e per come mi fai sentire - spiegò con un velo di rossore sulle guance e gli occhi blu fissi su una margherita selvatica.

- E come ti faccio sentire? - domandò lo stregone, ammirando con le iridi feline i lineamenti perfetti del ragazzo.

- Mi fai sentire desiderato. Con te non mi sento mai un pezzo di tappezzeria - cercò di spiegare con un sorriso timido.

E il cuore di Magnus si strinse.

Dimenticava spesso quanto la vita fosse stata difficile per quel ragazzo, cresciuto nell'ombra dei fratelli, senza mai essere apprezzato nemmeno la metà di quanto meritasse.

- E' perché ti desidero, infatti - gli disse sfiorandogli le labbra in un bacio casto. Poi lo esortò a continuare a camminare, dirigendosi verso una quercia, che cresceva solitaria su di una lieve collina.

Giunti di fronte all'albero secolare lo stregone lasciò andare la mano di Alec e si sedette contro il tronco massiccio, dischiudendo le gambe in un chiaro invito.

Lo Shadowhunter non si fece ripetere l'offerta e si accoccolò velocemente tra le lunghe gambe di Magnus, con la schiena appoggiata contro il petto scoperto del figlio di Lilith e la testa nell'incavo tra il suo collo e la sua spalla.

Si incastravano così perfettamente che lo stregone si domandò se gli ultimi quattrocento della sua vita non fossero stati altro che un'attesa di quel momento.

- Sei bellissimo - sussurrò all'orecchio del ragazzo, mentre con la bocca lasciava dolci baci sui capelli neri, stringendolo con le braccia sul petto muscoloso.

- Sei il primo che me lo dice - rispose l'altro in un sussurro velato di malinconia.

- Evidentemente sono l'unica persona intelligente che hai incontrato - spiegò, strappando una risata cristallina allo Shadowhunter.

- Adoro la tua risata, Alexander - disse continuando a lasciargli una scia di baci umidi sul collo, mentre Alec cambiava posizione per rendergli l'accesso alla sua pelle più facile.

- Questo posto è stupendo Magnus. Io non mi sono mai sentito così - sussurrò mentre la campagna inglese risplendeva sotto di loro, pervasa dal dolce aroma di bacche e di fiori.

- Immagino ci si senta così quando si è innamorati - mormorò dietro di lui lo stregone, accarezzando con le mani caramellate il ventre piatto del ragazzo poggiato sopra di lui, mentre con la bocca lambiva la clavicola esposta.

- Immagino di sì... - asserì Alec, per la prima volta pago dopo tanto tempo.

Poteva una cosa così giusta essere tanto sbagliata?

 
 


NOTE FINALI
Ammetto che avevo deciso di abbandonare, almeno temporaneamente, questa storia perché non la ritenevo un granché. Tuttavia, durante i due mesi in cui non ho aggiornato, la storia continuava ad essere inserita tra le preferite e le seguite dai lettori e continuavano anche ad arrivarmi recensioni di tanto in tanto. Quindi ho deciso di rivalutare la mia scelta dell'abbandono e di riprenderla in mano. E quindi eccoci qui. Spero che vi faccia piacere la ripresa della storia, ovviamente non fatevi problemi a farmi sapere se non vi è piaciuto il capitolo o se avete suggerimenti, idee, prompt per i prossimi capitoli ecc...
A presto.
   
 
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