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Autore: Sospiri_amore    27/09/2017    1 recensioni
Chi mai potrebbe frequentare il Liceo dei Mostri?
Ovviamente vampiri, demoni, licantropi ma anche esseri umani.
I Vampiri sono geniali, hanno percezioni extrasensoriali e sono molto popolari.
I Licantropi sono sportivi, forti e molto socievoli.
I Demoni (di acqua, di terra, di fuoco e di aria) sono chiusi, snob e hanno poteri legati al loro elemento.
Gli Umani sono semplici umani.
Come in ogni Liceo che si rispetti ci saranno problemi, amori, litigi e incomprensioni.
In più ci sarà un mistero da risolvere: chi ha rubato il prezioso Diamante incastonato nello stemma della scuola?
❗️❗️❗️VOGLIO SEGNALARE IN ANTICIPO CHE QUESTA È UNA VERSIONE DEL TUTTO PERSONALE DEI VAMPIRI, LICANTROPI E DEMONI. HO PARZIALMENTE STRAVOLTO LE 'REGOLE' CLASSICHE CON LO SCOPO DI POTER RACCONTARE LA STORIA.❗️❗️❗️
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questione di colore






L'ufficio del professor Salamander era quello che si può definire un buco. 

A malapena ci stava la scrivania con due sedie, una per il docente e l'altra per lo studente di turno, un piccolo archivio stretto e alto, più una serie indefinita di mensole colme di libri di ogni tipo. 

Decine di foto di gioventù erano appese a casaccio come per riempire i piccoli spazi bianchi rimasti sul muro. Fogli di appunti, con schemi di gioco, se ne stavano incastrati tra i tomi sporgendo a casaccio, come tende di carta. Diversi trofei e medaglie reggevano quel marasma di cianfrusaglie abbandonati in ogni dove. 

L'unica finestra presente nella stanza si affacciava direttamente sui campi da football, in questo modo il professor Salamander poteva avere sott'occhio gli atleti e dirigerli a distanza quando serviva.

L'uomo non usava molto quell'ufficio, di solito si chiudeva lì dentro solo per rispondere a qualche mail, incontrare qualche collega o per cercare un po' di pace da quella sarabanda rumorosa che erano i suoi alunni più scalmanati.

Anche se quello era senza dubbio un buco d'ufficio, quello era il suo buco e il docente, lì dentro, si sentiva a casa.

 

Il professor Salamander non era un uomo particolarmente bello, almeno non secondo i canoni più comuni, ma era dotato di un certo fascino: capelli brizzolati, sguardo profondo, fisico atletico e un sorriso affabile. Certo il naso aquilino e impertinente, che svettava sul volto, donava al professore un'aria meno virile di quanto si potesse aspettare da un docente di educazione fisica, a dirla tutta quel naso sembrava un becco di un grosso uccello rapace.

Il professore, dagli amici e colleghi chiamato semplicemente Augusto, eseguiva il suo lavoro con dedizione e impegno. Non faceva assenze ingiustificate, non ritardava e non litigava con nessuno, per questo era tra i docenti più amati di tutto il VLUD. 

 

Quel primo giorno di scuola, Augusto, se ne stava rintanato nel suo piccolo ufficio a leggere le scartoffie che il preside Casimiro Occhitinti gli aveva rifilato, come ogni inizio anno. Doveva controllare che ci fossero tutti i documenti necessari per avere i fondi per rimodernare il laboratorio di Alchimia, per comprare le nuove divise per la squadra di football, avere i rimborsi per i nuovi testi per Archeomagia e per ristrutturare i bagni del secondo piano.

Augusto leggeva quelle carte sperando di non addormentarsi. Detestava fare quelle cose, ma a qualcuno toccava, quindi non doveva lamentarsi troppo, ma andare avanti il più possibile.

Con la matita stretta tra i denti, calcolatrice alla mano e fogli di tabulato sparsi per tutta la scrivania cercò di concentrarsi, quando venne interrotto da dei colpi ritmati che smossero la porta d'ingresso del suo buco d'ufficio.

 

«Avanti», disse l'uomo pronto ad aspettarsi una visita di qualche studente scalmanato pronto a lanciarsi già negli allenamenti di inizio anno.

 

Un viso ovale e pallido si affacciò timidamente, era la professoressa Jolanda Soli, una vampira insegnante di arte e disegno al VLUD. Il fisico longilineo, sottile e allungato contrastava con gli occhi tondi e grandi come quelli di un cucciolo. I capelli corti, alla maschietta, castani scuro, e le folte ciglia nere la rendevano molto dolce se non fosse stato per i canini allungati come quelli di un predatore pronto all'attacco.

 

«Augusto, ti disturbo?», chiese con garbo la vampira prima di mettere piede nell'ufficio.

 

Il professor Salamander si sistemò il colletto della polo. Lisciò un paio di volte i capelli spettinati, cercando di dare una forma migliore alla massa brizzolata che aveva in testa.

 

«Vieni pure, cara. Come posso esserti utile?», disse l'uomo alzatosi in piedi per accogliere la collega.

 

Jolanda entrò con passo leggero, quasi felpato. Indossava un paio di pantaloni neri attillati, delle ballerine sporche di macchie di vernice secca e un lungo camice mezzo consunto che teneva aperto a mo' di giacca. Nel taschino del petto erano racimolati pezzi di spago trovati in giro, mozziconi di matite e qualche gessetto colorato.

Dietro di lei, come fosse la sua ombra, si nascondeva Alina Boscolinfa.

La Demone di terra se ne stava con gli occhi rivolti a terra, mentre i due docenti si salutarono, con energiche strette di mano, parlando del più e del meno e raccontandosi brevi aneddoti sulle vacanze appena trascorse.

 

Alina detestava tutte quelle smancerie, da dove veniva lei bastava un buongiorno e un arrivederci per iniziare e finire un discorso. Niente abbracci, mani strette o discorsi senza capo né coda. 

Dalle sue parti, le montagne di Granfrulla, chi aveva tempo per chiacchierare non aveva niente da fare. Glielo ripetevano suo padre e sua madre in continuazione, fin da quando era una Demone bambina, e continuavano anche adesso con tutti i suoi fratelli più piccoli.

 

In città si usavano troppe parole e Alina non era abituata a quel chiacchiericcio inutile.

 

Posto nuovo e modi di fare diversi.

Gente strana e regole di vita inusuali.

Per questo Alina si sentiva come un pesce fuor d'acqua, non sapeva ancora se le piaceva stare al VLUD o meno. 

 

Tutti i suoi amici d'infanzia frequentavano il piccolo istituto locale sulle montagne di Granfrulla. La specializzazione, nella sua vecchia scuola, era legata alle arti della montagna, i lavori utili alla comunità e al rispetto della fauna e flora locale: cura degli animali, ricerca delle sementi migliori, studio della metereologia e tutto ciò che potesse migliorare la vita in quei luoghi aspri e duri.

Al VLUD si prediligeva lo studio delle materie umanistiche, cosa che Alina non aveva mai digerito molto. 

 

Libri, parole, testi. 

Tutte quelle cose non le piacevano molto.

Era una tipa pratica, lei.

 

Alina strinse la pietra portafortuna, riposta in tasca, che il suo amico Edgardo le aveva regalato prima che lei partisse per la città. Non era una roccia speciale, un quarzo o un cristallo, ma era un semplice sasso raccolto per strada. 

Grigio, allungato e anonimo.

Per la Demone quel sasso era tutto.

Edgardo voleva che Alina portasse un pezzo della sua terra in città, in quel modo non si sarebbe mai dimenticata di lui e di tutte le persone che le volevano bene a Granfrulla.

 

Alina strinse più forte che poté la mano in tasca cercando di frantumare il piccolo sasso, senza però riuscirci. Non era molto brava ad esprimere i suoi sentimenti, era abituata a tenersi tutto dentro, per questo quel gesto per lei era importante, serviva a buttare fuori un po' dello stress che sentiva vorticarle nel petto. 

Del resto non poteva essere altrimenti, i Demoni di terra erano pochi in città. Quelli come lei prediligevano spazi aperti e il contatto con la natura, cosa che in città non era possibile fare.

 

A Granfrulla, tutto era diverso.

A Granfrulla, Alina, si sentiva felice.

 

Molti Demoni di terra e acqua vivevano nel paese di Alina insieme ad alcuni umani, c'era molta armonia tra le due specie. Qualche licantropo, che prediligeva passare le notti di luna piena nei rifugi o in campeggio, risiedeva stabilmente nel paese, ma perlopiù si trattava di vecchie coppie stanche della vita di città. Di vampiri non c'era traccia, erano tipi troppo frenetici per la calma quiete montana, i tramonti silenziosi e i pascoli di bestiame.

Tranne un esemplare.

Un unico vampiro, nonché il medico del paese.

Girolamo Soli, il fratello di Jolanda la professoressa d'arte del VLUD.

 

«Augusto, questa è Alina Boscolinfa, la nuova studentessa di cui ti parlavo. Mio fratello vive nella comunità sui monti di Granfrulla. Si è trasferita qui per quel problemino di cui ti accennavo», disse Jolanda abbracciando la ragazza e facendola accomodare sulla sedia di fronte alla scrivania.

 

Il professor Salamander si piazzò davanti alla studentessa guardandola con attenzione. Certo, lui era solo l'addetto all'infermeria scolastica e non era un medico esperto, ma a prima vista Alina sembrava una Demone di terra come tutti gli altri: carnagione violacea, capelli candidi, mani allungate e fisico atletico. Il viso pareva leggermente più scavato del normale, ma a parte questo non notava nulla di anomalo.

 

Jolanda sussurrò qualcosa nell'orecchio della ragazza.

 

Alina alzò le maniche della camicia che indossava.

 

Nella parte interna del gomito fino alle spalle, la pelle era poco pigmentata. Macchie rosee a tratti bianche ricoprivano parte delle braccia della Demone.

 

«Non potrebbe essere un fungo o infezione della pelle?», chiese l'uomo sfiorando con delicatezza quelle macchioline.

Jolanda fece cenno di no con la testa:«Mio fratello è il suo medico e ha fatto tutti gli esami, niente di conosciuto. La cosa peggiore però è un'altra», disse la vampira con voce mesta.

 

Il professore si chinò leggermente per osservare Alina togliere da una borsa, che teneva a tracolla, un vaso di terra. Con delicatezza la Demone prese da un sacchetto un seme di mela che posizionò in cima a una piccola montagnetta terrosa.

 

«Ecco, osserva bene», disse Jolanda.

Augusto si concentrò più che poté.

 

Alina sfiorò, con le dita, la terra intorno al seme.

In pochi secondi un piccolo germoglio spuntò forte e rigoglioso.

In quanto Demone di terra, questo era il dono che Alina possedeva.

 

«Mi sembra meraviglioso, la sua specie è capace di questo e...». 

 

Augusto non terminò la frase.

 

Come fosse improvvisamente arso, il germoglio si accartocciò su se stesso diventando color grigio scuro per poi sbriciolarsi in polvere nera. Un mucchietto di cenere copriva la sommità della terra racchiusa nel vaso che Alina teneva appoggiato sulle gambe e stretto tra le mani.

 

«Ma... ma...», disse il professor Salamander confuso. «Il libro Basi per principianti per la cura dei Demoni non elenca un caso simile, accenna a casi di variazione di colore della pelle, ma si tratta perlopiù di allergie o scottature da sole».

«I genitori mi hanno dato il permesso di portarla da diversi specialisti qui in città. Il fatto che Alina non possa far crescere più nulla è una grave perdita per il raccolto della sua famiglia. Mio fratello dice che è come se stesse perdendo i suoi poteri e iniziasse a diventare umana. Il problema è che non sappiamo fin dove la porterà, potrebbe essere molto pericoloso per lei e per la sua salute», disse Jolanda stringendo forte Alina che, con le lacrime agli occhi, se ne stava a testa china.

 

Il professore, tenendo il mento tra le dita, percorse il breve tratto di pavimento del suo buco d'ufficio, tra lo schedario e la finestra. 

Avanti.

Indietro.

Avanti.

Indietro.

 

«Non credo che la medicina tradizionale contempli un caso come il suo, mi chiedo se non sia qualcun altro che noi dobbiamo consultare», disse l'uomo.

«Cosa intendi?», chiese La vampira con impeto.

 

Jolanda riusciva a prendersi a cuore la storia di chiunque soffrisse e stesse male. 

Aveva lo spirito innato da crocerossina.

Fin da piccola lei è suo fratello Girolamo accudivano ogni forma di vita che gli capitasse tra le mani: dall'uccellino al gattino, dal cane al piccione. 

I fratelli Soli avevano un piccolo spazio nel garage della casa d'infanzia dove custodivano garze, cerotti e disinfettanti, più oggetti recuperati da ogni dove per realizzare staccature di fortuna per ali spezzate o collarini per cuccioli feriti.

Per questo Jolanda, anche da adulta, riempiva le sue tasche con ogni bastoncino, filo o ritaglio potesse avere una qualche utilità, detestava lo spreco ed era convinta che prima o poi le sarebbe tornato utile. 

Forse era un gesto legato alla sua infanzia spensierata o forse il desiderio di dare un senso al dolore che colpiva le persone, aiutarle era come aiutare se stessa.

 

Per lei, aiutare Alina, era una priorità.

 

Il professor Salamander tossicchiò.

«Archeomagia», disse a bassa voce l'uomo avvicinando pericolosamente il suo naso, aquilino e adunco, verso il volto della giovane Demone.

 

Alina e Jolanda spalancarono gli occhi confuse. Entrambe sapevano che Archeomagia non era una scienza esatta, ma una branchia poco attendibile della storia, più mito che realtà.

 

«Archeomagia è una materia che inizierò a studiare da quest'anno. Come crede che quelle cose potranno essermi utili? Non si tratta solo di filosofie e leggende campate in aria?», chiese Alina con una certa delusione, visto che si aspettava un'uscita di maggiore spessore dal professore.

«Quelle cose sono solo stupidaggini», sottolineò con decisione Jolanda. «Anche se con l'Archeomagia ci fosse una soluzione al problema di Alina, ma ti assicuro che così non è, il Professor Ennio Glotti è andato in pensione l'estate scorsa. Pare si sia trasferito alle terme sulfuree di Incantara, al sud, non potremmo mai raggiungerlo per chiedergli un consulto».

 

Augusto scartabellò tra i fogli riposti alla rinfusa sulla sua scrivania, era così tanta la carta che sembrava immerso in un mare pronto a tuffarsi.

Ne estrasse un foglio con una lista di nomi che sventolò con decisione davanti al volto della collega vampira.

 

«Il professor Ennio Glotti è in pensione, lo so. Pare che ci sia un nuovo docente quest'anno. Il preside Occhitinti è riuscito a convincere un famoso esperto in Archeomagia a insegnare qui al VLUD», disse l'uomo tutto soddisfatto.

«Chi potrà mai essere?», chiese Jolanda leggendo con avidità la lista che il collega gli aveva appena dato. 

 

Alina provò a sbirciare, ma quei nomi non le dicevano nulla.

 

Poi.

 

«Cosa? Lui viene qui?», urlò Jolanda, «Otto Etelberto il Nero? Il famoso vampiro complottista, mezzo svitato, che tiene convention in tutta la nazione?». La voce dolce e pacata della vampira raggiunse stridii mai uditi prima. «Ma è un ciarlatano!».

«Un ciarlatano che porta sponsor, finanziatori e soldi. Grazie a lui possiamo permetterci molte cose qui a scuola». Il professor Salamander picchiettò sui fogli che stava revisionando poco prima con tutte le migliorie da fare a scuola.

«Ma... ma... ma... il VLUD ha un'ottima nomea, il preside non può fare una cosa del genere». La pelle chiara della vampira avvampò al solo pensiero di dover conversare, condividere spazi e interfacciarsi,  con un individuo tanto sgradevole. Otto Etelberto il Nero era il peggio del peggio che potesse esserci in circolazione, un manipolatore, un falso, un millantatore. 

«Potremmo chiedere un consulto per Alina. Nonostante sia un tipo bizzarro, ha una conoscenza della storia e dell'Archeomagia superiore a chiunque altro. Perché non tentare?», propose con gentilezza il professor Salamander.

 

Alina sbirciò in direzione della sua insegnante d'arte, cercando di capire come avrebbe dovuto sentirsi a questa nuova opzione: agitata o rassicurata? Avrebbe dovuto fidarsi di quel tizio?

I pugni serrati, le labbra sottili e la mascella tesa della vampira erano un messaggio inequivocabile, impossibile da non capire. 

Jolanda non dava la minima fiducia a Otto Etelberto il Nero.

Alina avrebbe fatto lo stesso.

 

Toc.

Toc.

 

La porta bussò, tutto d'un tratto, facendo trasalire il terzetto e rompendo la tensione venutasi a creare.

 

Augusto si lanciò ad aprire, il preside Occhitinti, ricoperto di gelatina rossa, se ne stava oltre la porta con aria furente.

 

«Buongiorno, Augusto. Ho bisogno del tuo aiuto», disse il vecchio Licantropo cercando di spremere più gelatina possibile dalla barba che ricopriva parte del suo volto.

«C-certo... Si a-accomodi», disse il professor Salamander invitando il preside ad entrare, mentre cercava di evitare di inzaccherarsi le scarpe in quella melma appiccicosa.

«Non qui», rispose aspro il preside Occhitinti, «Non vede come sono conciato?».

Il vecchio Licantropo si scosse come fosse un cane zuppo d'acqua. La barba e i lunghi capelli lanciarono grumi di gelatina rossa da tutte le parti, sfiorando il volto di Jolanda, per poi incollarsi ai trofei e alle foto appese nell'ufficio del Professor Salamander.

«Tra mezz'ora nel mio ufficio. Rintracci quel suo giocatore, Gregorio Carnera, e quel vampiro che gli ronza sempre intorno», sbraitò, mentre con l'indice puntellava il petto dell'allenatore di football.

«Sissignore», rispose Augusto prima di chiudere la porta del suo buco d'ufficio e sospirare. Attento a non scivolare sul pavimento, si lasciò andare sulla sedia dietro alla sua scrivania.

Alina e Jolanda lo guardavano con la bocca spalancata: «Posso aiutarti?», chiese la collega vampira con discrezione.

«No. Andate pure, se ho novità su quello che stavamo parlando prima, vi faccio sapere», disse con voce stanca prima di passarsi le mani tra i capelli brizzolati macchiati di gelatina rossa.

 

L'anno scolastico era appena iniziato e Greg si era già nesso nei pasticci e lui non aveva più scuse per tirarlo fuori dai guai.

 
   
 
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