Marauder Juggernaut
Ricordi pt. 5 – Una dolorosa cicatrice
Con passo pesante, Doflamingo si trascinò in camera. La mano, abbandonata lungo il proprio fianco, stringeva quasi inerte il cellulare. Si lasciò cadere sul letto, che gli parve improvvisamente troppo grande, nonostante ci avesse sempre dormito da solo non più di pochi mesi prima. Un rapido zampettare lo raggiunse: con un balzo, Laassiù riuscì a raggiungere il materasso e ad andare a leccare la mano del padrone abbattuto. Con un sorriso appena accennato, gli concesse una carezza.
Lo smartphone vibrò. Non fece in tempo a fare il primo squillo che il Fenicottero aveva già risposto.
« Cosa è successo? » la voce profonda del Falco lo fece quasi sorridere. Lui sapeva. Quando Doflamingo lo chiamava significava che c’era un vero problema. E appena Drakul aveva visto la chiamata persa, aveva ritelefonato immediatamente.
Il Fenicottero sembrò ridere isterico: « Falchetto, avevi ragione: a volte dovrei davvero tenere a freno la lingua… ».
Sentì un sospiro oltre la cornetta: « Gli hai ricordato di nuovo la storia della cicatrice? »
Doflamingo teneva stretta tra le mani una lattina di gatorade. Tormentava l’alluminio tra le dita, senza avere il coraggio di guardare in faccia il Coccodrillo steso nel letto d’ospedale. Una lunga garza gli fasciava il volto all’altezza degli zigomi. Il candore era macchiato da gocce carminio. Il suo braccio sinistro era bloccato in un gesso, insieme all’annuncio del medico che gli diceva che purtroppo c’era la possibilità che non sarebbe più stato in grado di usarlo liberamente come prima.
« Perché? » la voce di Crocodile fratturò il silenzio teso. Il Fenicottero alzò la testa per guardarlo, non capendo veramente la sua domanda.
« Donquijote, quando sei dentro a una rissa, io non ci penso due volte a spalleggiarti… ». E quando lo faceva, era impossibile che non ne uscissero vincitori.
« Però non è normale che tu sia coinvolto così spesso… » la sua voce quasi tremava. Non stava guardando l’amico nemmeno per un secondo. Per quanto forte e attaccabrighe, Doflamingo non era così stupido da cominciarne tante.
« Perciò dimmi » la rabbia nella sua voce era palpabile « perché cazzo mi ritrovo in ogni scazzottata sempre peggio, perché cazzo ci siamo dentro così spesso, perché cazzo un coltello mi ha attraversato la faccia, per quale cazzo di motivo ora ho la vita rovinata! ».
« Perché sono un fottuto frocio, Crocodile ».
Calò il gelo. La sua voce era seria come non l’aveva mai sentita.
« Perché è divertente scoprire che il ricco Donquijote Doflamingo, il tipo che mette soggezione a tutti in realtà si diverte a succhiare cazzi ». E non serviva davvero continuare oltre il discorso perché la gente sapeva essere bastarda quando voleva.
Ma non Crocodile. Crocodile non disse nulla sulle preferenze dell’amico, sebbene avesse un atroce dubbio che lo corrodesse con un dolore più forte di quello dello sfregio sulla faccia.
« Vuoi dire che io ti… »
« Da più tempo di quanto immagini, Crocodile ».
Il dubbio si dissolse, corrodendogli l’animo come acido.
« Io non resterò qui ancora a lungo, Doflamingo ».
« So avere pazienza ».
« Esci fuori, Doflamingo. Lasciami solo. Devo schiarirmi le idee ».
Gli sarebbero serviti quattro lunghi anni.