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Autore: Hypnotic Poison    27/09/2017    4 recensioni
A Thousand Worlds To Break Our Hearts: The Start.
«Be’, a me piace! E non è la solita storia. Poi perché devi sempre ridurre tutto alla fisica e la chimica e gnegnegne.»
Ryo rise, le si avvicinò per darle un bacio sulla testa: «Perché è così, ginger,» le batté le nocche sulla spalla, «In fisica moderna, il multiverso è un'ipotesi che appunto postula l'esistenza di universi coesistenti fuori del nostro spaziotempo, o dimensioni parallele, ed è possibile conseguenza di alcune teorie, come la teoria delle stringhe.»
Genere: Avventura, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ichigo Momomiya/Strawberry, Kisshu Ikisatashi/Ghish, Mint Aizawa/Mina, Ryo Shirogane/Ryan
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'A thousand worlds to break our hearts'
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«If this ain’t a proof of love big enough, I don’t know what more you want, Ichigo

La rossa sorrise e storse il naso, guardando il riflesso di Ryo nello specchio mentre si aggiustava la sciarpa attorno al collo: «Secondo me ci divertiremo un sacco.»
Il biondo sbuffò e controllò un’ultima volta l’orario sul cellulare prima di riporlo in tasca, più per abitudine che altro: «Andiamo, prima finiamo meglio sarà.»
Lei annuì e si caricò lo zainetto sulle spalle, ignorando l’occhiata esasperata del suo fidanzato e il commento tra i denti che non stessero andando a scampagnare.
Erano passati quattro giorni da quando, non si sapeva bene come, Ichigo era riuscita a convincerli a farsi portare sul pianeta degli alieni per andare ad esplorare quella benedetta caverna mitologica. Lui si domandava davvero come fosse riuscita a far acconsentire anche Pai, seppure controvoglia. Forse il viola aveva trovato un modo per liberarsi definitivamente di lei? Oppure – e questa era la versione che preferiva – erano tutte idiozie talmente colossali da non costituire un rischio reale.
In ogni modo, l’avrebbe scoperto presto. Non era certo il sabato da sogno che avrebbe voluto, ma almeno sarebbe durato tutto molto poco. E Ichigo si sarebbe sedata.
Uscirono insieme dalla porta principale e si infilarono velocemente in macchina; Ryo poteva sentire quanto la sua fidanzata fosse elettrica, come una bambina, incapace di contenere il suo entusiasmo per quell’avventura, e non poteva negare che gli stesse dando un po’ di fastidio, fondamentalmente perché non capiva da dove provenisse tutta quella curiosità di scoprire cosa ne sarebbe stato di loro in altri universi. A lui non era mai importato, visto che gli andava benissimo le cose com’erano nella realtà. E tutte le volte che Ichigo tirava fuori queste sue tigne… gli costava ammetterlo, ma non poteva fare a meno di pensare a tanti anni prima.
La guardò mangiucchiarsi una ciocca di capelli rossi mentre guardava fuori dal finestrino, persa in chissà quali pensieri.           
«Avrei dovuto dirti che dopo questa, saltiamo due cene domenicali dai tuoi.»
«Ah, ah, ah,» commentò lei, senza voltarsi, «Non ci pensare nemmeno.»
«Dovresti darmene una vinta ogni tanto, sai.»
«Ti sposo.»
Ryo si finse indignato mentre allungava una mano e le faceva il solletico per vendicarsi della sua battutina.
«Ragazzina impertinente,» esclamò, in fondo divertito.
Continuarono a guidare in silenzio fino al Caffè, il nervosismo che cresceva lentamente in Ryo. Quando parcheggiarono nel posto loro riservato, vide che non era l’unico di cattivo umore: davanti alla porta sul retro, infatti, Minto – le braccia incrociate e il viso corrucciato – sembrava starsi lasciando convincere molto poco da Kisshu.
Ichigo quasi si catapultò fuori dall’auto, correndo a salutare tutta un sorriso e facendo alzare ancora di più gli occhi al cielo alla mora, che si scambiò uno sguardo disperato con Ryo.
Kisshu, invece, batté le mani: «Allora, musoni, siete pronti? Spero che i vostri vestiti siano abbastanza caldi, è ancora parecchio umido là in quelle caverne.»
Minto si strinse ancora di più nel cappottino blu di lana che indossava: «La situazione migliora sempre più.»
«Suuu, vedrai che sarà entusiasmante!» Ichigo la prese sottobraccio e la portò sui gradini mentre Ryo apriva la porta sul retro.
«Addirittura entusiasmante, si vede proprio che ti sei messa a leggere.»
Scivolarono dentro al Caffè buio e chiuso per l’occasione, senza dover accendere le luci si diressero in silenzio lungo le scale fino al piano inferiore.
«Pai non viene?»
Kisshu incrociò le braccia dietro alla nuca: «Ha detto che non vuole avere niente a che fare con le nostre cretinate, e che meno ne sa, meglio è.»
«Comforting
Shirogane aprì la porta della dispensa, che avevano ingrandito negli anni per accomodare i sempre più variabili menù del Caffè ora che Keiichiro aveva più tempo libero per dedicarsi appieno alla sua passione, ma anche perché il passaggio verso Gea – il pianeta originario degli Ikisatashi – era stato collegato proprio lì, nascosto dietro uno scaffale pieno di coloranti alimentari. Ryo fece spazio a Kisshu, che guardandosi un secondo intorno nella stanza buia, tastò il legno del mobile fino a trovare il pannello nascosto che custodiva uno scanner per il riconoscimento delle impronte.
Ci appoggiò la mano qualche secondo, il sistema trillò positivo illuminandosi appena di verde mentre il clunk delle giunture che si aprivano risuonò nella stanza.
I due ragazzi fecero scivolare attentamente lo scaffale sui suoi cardini, fino a rivelare un altro pannello su cui Kisshu appoggiò nuovamente il palmo. Un trillo soffocato rimbombò ancora, e il muro sembrò dissolversi, lasciando lo spazio ad un ovale sfocato alto fino alla parete e largo abbastanza perché passassero due persone. Dall’altra parte, potevano intravedere i campi rigogliosi e rinvigoriti di Gea, la luce del mattino presto che li faceva brillare di rugiada.
Kisshu batté le mani e guardò, sopra la propria spalla, quella piccola combriccola: «Siamo pronti?»
«No.»
«Sìììì!»
«Let’s just get this over with
Ryo afferrò la mano trepidante della sua fidanzata mentre Kisshu stringeva sotto braccio Minto e per primi varcavano il portale per l’altro pianeta. Il biondo fece un sospiro e li seguirono veloci, un risucchio nelle orecchie e lo stomaco che si contorceva per quell’inusuale viaggio.
Atterrarono con un saltello sull’erba fresca, come se ci fosse stato un gradino; non appena fu sicuro che fossero solidi sulle loro gambe, Kisshu appoggiò ancora la mano sul tronco dell’albero lì affianco, ripetendo lo stesso procedimento di qualche minuto prima, finché il portale non si restrinse su se stesso e sparì.
Ichigo era già qualche passo avanti a loro, che si guardava intorno con aria affascinata: «È diventato ancora più bello,» commentò girando su se stessa per poter osservare il più possibile.
«Basta che non ti fai sentire da Pai, gli causeresti ancora più palpitazioni d’orgoglio,» scherzò il verde, mentre riacchiappava la mano di Minto, che persisteva nel tenere il broncio, «Non andare troppo in giro, gattina, è comunque meglio se non diamo nell’occhio. Conviene avviarci prima che tutti si sveglino.»
La rossa fece una corsetta da bambina fino a loro e agganciò il braccio sotto quello di Ryo, costringendolo ad aumentare il passo dietro a Kisshu. Si incamminarono veloci e in silenzio per quelle stradine sterrate di campagna, costeggiando da lontano il perimetro della città ancora avvolta dal silenzio di prima mattina. Man mano che avanzavano, il paesaggio si faceva sempre più desolato e il terreno più incolto; Ichigo non poteva non pensare a come la popolazione di Gea avesse davvero voluto lasciarsi alle spalle la loro vecchia vita, i loro vecchi insediamenti. Sembrava come se quel sentiero fosse una specie di netta demarcazione tra il verde felice e florido, nutrito dalla Mew Aqua, della rinascita del pianeta, e la vegetazione più brulla e secca del mondo precedente.
Ichigo continuò a guardarsi intorno, osservando qualche piccola collinetta sparsa che, sapeva, custodivano gli ingressi delle grotte di un tempo. Si andavano ammassando a gruppetti, a volte potevano ancora scorgere i tunnel scavati nella pietra da cui si scendeva nel sottosuolo.
«Quanto manca ancora?» domandò Minto con tono pignolo.
«Non manca tanto, stiamo ancora passando attorno alla vecchia “città”,» spiegò Kisshu, facendo un cenno alla sua destra, «Quelli sono gli ingressi principali, le grotte che stiamo cercando sono ai limiti del perimetro. Ho pensato che sarebbe stato meglio passare da sopra, anche se la strada è un po’ più lunga.»
La mora non rispose a quell’affermazione, limitandosi a stringere la presa attorno alla mano del ragazzo mentre posava accuratamente i piedi per terra per non rovinare con i sassolini i suoi stivaletti dall’aria costosa.
Ichigo si allentò la sciarpa, l’aria si stava riscaldando lassù ma sapeva che non sarebbe stato lo stesso una volta scesi. I tre Ikisatashi non avevano mai fatto segreto, nei loro racconti, delle condizioni tragiche in cui avevano vissuto per anni, e lei non poteva biasimare Kisshu per voler evitare a tutti i costi di ritrovarsi di nuovo nel freddo e buio sottoterra. Percepiva ancora l’eccitazione di quella avventura, ma non poteva negare di provare anche una punta di disagio e confusione – non sapeva se fosse perché sapevano che non stavano esattamente compiendo un’azione senza conseguenze, se fosse la strana atmosfera che aveva sempre captato le rare volte che aveva visitato Gea, o se fosse semplicemente il timore di scoprire davvero cosa ci fosse là sotto… o da qualche altra parte.
Se doveva essere sincera, cominciava a temere un po’ di scoprire se le leggende di Gea erano vere o meno – non avevano forse imparato a loro spese che le avventure tra pianeti diversi non erano proprio delle passeggiate? Una parte di lei, in quel momento, avrebbe quasi quasi preferito sentire Minto e Shirogane lamentarsi e rinfacciarle che fosse la solita credulona per settimane, se non mesi.
Dall’altra, ah, cosa non avrebbe fatto per aver ragione almeno una volta.
«Ci siamo quasi!»
La voce di Kisshu la riscosse dai suoi pensieri, e prese un respiro veloce che fece voltare Ryo verso di lei, incuriosito.
«Tutto okay?» le chiese, scuotendo appena la mano che stringeva la sua.
Ichigo annuì, scorgendo una caverna che sembrava più isolata delle altre, sentendosi come quando da piccola i suoi genitori l’avevano portata a Disneyland.
«È quella lì, vero?»
«Proprio lei.»
Le punte delle dita le vibrarono di adrenalina e strinse forte la mano di Ryo, quasi costringendolo ad aumentare il passo. Il terreno si fece appena più scosceso mentre iniziava una leggera pendenza, alcuni sassolini che scivolavano da sotto le loro suole.
Quando arrivarono di fronte all’ingresso della caverna, si fermarono, dubbiosi: un leggero alito di vento freddo sembrava raccogliersi intorno alle loro caviglie, e non riuscivano che a scorgere i primi metri, il resto era completamente avvolto dal buio.
Minto arricciò il naso, le braccia ancora incrociate, e si raddrizzò: «Su, forza, Ichigo, a te l’onore.»
«Perché io per prima?» piagnucolò la rossa, rabbrividendo al solo pensiero di infilarsi per prima nell’oscurità.
«Perché sei stata tu a rompere le scatole per venire qua,» concluse la mora, «Quindi è solo giusto che sia tu a dare l’avvio alle danze.»
«Andiamo tutti insieme, d’accordo?» Ryo prese il cellulare di tasca e accese la torcia, cercando di illuminare più in là del suo naso, «È inutile stare qui a perdere tempo a discutere.»
«Mi raccomando, non andate a vagare da soli,» Kisshu afferrò Minto per un gomito, ignorando il suo mugolio impettito, e si accostò a Shirogane, la torcia in funzione anche nel suo telefono, «Ci sono centinaia di tunnel in cui poter finire.»
Entrarono lentamente, ben attenti a dove mettevano i piedi, e furono subito avvolti dall’odore di stantio, seppur secco, che proveniva dalle pareti attorno a loro.
«Come facciamo a sapere qual è quella giusta?» domandò dopo un po’ Ichigo, avvinghiata al braccio del suo fidanzato e che lanciava occhiatine a tutte le svolte che poteva vedere nella roccia.
Kisshu passò un paio di volte la luce su dei piccoli segni rossi fatti sulla pietra, che sembravano visibili soltanto a chi sapesse della loro esistenza: «Gli scienziati che sono venuti qui a fare degli esperimenti hanno segnato il percorso. Altrimenti…»
Minto rabbrividì ancora e sbuffò: «Se mi casca un ragno in testa, giuro che me ne torno indietro e vi lascio tutti qui.»
«… ci sono i ragni?»
«Non so, Ichigo, siamo in una grotta enorme sotto terra, pensi che ci siano agnellini?»
Ryo gemette sottovoce quando le unghie della sua ragazza gli perforarono la mano: «Ragazze, per favore!»
La mora borbottò ancora qualcosa, ma continuò comunque a camminare, la testa incastrata tra le spalle e lo sguardo ben fisso a terra.
Pian piano, cominciarono ad accorgersi che sempre più vapore iniziava ad uscire da solchi nel terreno, alcuni a getto continuo, alcuni così di scatto da farli sobbalzare. La temperatura sembrava crescere, ma i loro cappotti erano appena sufficienti per tenerli al caldo.
«Stiamo arrivando,» sussurrò dopo poco Kisshu, la sua voce che rimbalzò tra le rocce che perdevano gocce d’acqua.
Il loro sentiero si aprì all’improvviso in una specie di spiazzo, la montagna che si incurvava e si chiudeva sopra di loro come una volta; l’unica via d’uscita era quella dalla quale erano venuti, il che, mischiato alle considerevoli nuvole di vapore che scaturivano dal terreno, conferiva un’aria ancora più claustrofobica a quella grotta. Li costringevano a tenere gli occhi socchiusi, il vapore che si attaccava ai loro vestiti e capelli inumidendoli e riscaldandoli in maniera fastidiosa.
«Ora capisco perché fa venire mal di testa,» esclamò Ryo, tossendo. Cercò di guardarsi intorno, ma i fumi rendevano difficile poter distinguere ciò che li circondava.
«Be?» sberciò Minto, tirandosi la sciarpa fin sopra al naso nonostante le guance arrossate, «Tutto qui?»
Ichigo si voltò da una parte e dall’altra, l’aria afflitta: «C’è qualcosa di strano però, no?»
«Nella tua testa c’è qualcosa di strano, Momomiya! Guarda in che razza di posto ci hai costretto a venire!»
Kisshu arricciò il naso, già infastidito dall’aria rarefatta e umida: «Me lo ricordavo più interessante, in effetti.»
«Guarda, non mi stupisco che pure tu avessi un interesse per sto posto!»
«Dai, tortorella, erano gli anni dell’esercito, ci annoiavamo…»
«Ichigo, non allontanarti,» Ryo osservò preoccupato con la coda dell’occhio la ragazza, che aveva preso ad avvicinarsi alle pareti per poter guardare meglio quel posto. Lui già sentiva insorgere una delle sue vecchie amiche emicranie, e non vedeva l’ora di andarsene da lì, «Che dite, torniamo indietro?»
«Ci vorrebbe di più perché i fumi facciano effetto, no?» chiese lei, inginocchiandosi e sfiorando con un dito una delle crepe nella roccia. 
«Ichigo, non sappiamo nemmeno se questa roba sia tossica,» esclamò esasperato lui, «Sicuramente meno tempo ci stiamo, meglio sarà!»
«Tossico no, ma sicuramente fastidioso,» rincarò Kisshu, tossendo anche lui, gli occhi inumiditi, «Mi sento un po’ come quando bevo troppo.»
«Sicuramente una sensazione familiare,» brontolò sottovoce Minto, ancora imbacuccata a braccia incrociate e ferma dov’era, «Questo posto mi inquieta.»
«Vedi che lo senti!» Ichigo esclamò ad alta voce, alzando lo sguardo verso l’amica, «Scommetto che sono i nostri geni animali che ci dicono qualcosa!»
«A me di solito dicono quando è tempo di allontanarsi.»
«Non può essere così semplice, no?» Ichigo si alzò, si pulì le mani sui pantaloni, «Ci sarà qualche maniera di richiamare, chessò, un passaggio, o un qualcosa di speciale…»
«O magari altri cinque minuti e l’avvelenamento da monossido di carbonio ci farà vedere le pecorelle di prima.»
«Simpatico,» Ichigo lanciò un’occhiataccia al suo fidanzato, «Su, perché dovete essere sempre così negativi!»
«Senti, Ichigo,» Minto batté le mani con fare innervosito, facendo qualche passo verso la rossa, «Già ti abbiamo dato retta con questa tua ennesima follia, giusto per farti contenta per qualche ragione a me ancora sconosciuta, ora siamo arrivati qua e non c’è un bel niente, come volevasi dimostrare, quindi per favore, lascia perdere e – aaaaah!»
Con un urlo, la mora cadde giù per un buco che si era aperto sotto ai suoi piedi, a pochi metri da dove stava Ichigo.
Kisshu si lanciò sul bordo, gridando il nome della ragazza, seguito a ruota dagli altri due; si sporsero per guardare giù, ma quel tunnel appena creatosi era buio pesto, e dopo pochi secondi una colonna di vapore si alzò da esso, costringendoli a spostarsi all’indietro.
«Minto!» chiamò ancora Kisshu, una nota seriamente preoccupata nella voce, «Minto, mi senti?!»
Il rumore, sempre più forte, del gas che usciva attorno a loro rendeva difficile sentire qualcos’altro. Dopo pochi secondi di respiri trattenuti, però, udirono lontanissima la voce della ragazza che chiamava l’alieno.
Lui si voltò alle sue spalle, guardando confuso la parete: «Perché viene da lì?»
Ichigo lo fissò confusa: «No, io l’ho sentito venire dalla mia destra!»
La voce di Minto rimbombò ancora, questa volta più decisa, ma sempre distante.
«Cosa diavolo…» Ryo fissò il soffitto, era certo che sembrasse provenire da là, «Questi fumi ci stanno mandando a quel paese il cervello!»
La rossa si contorse le mani, sentendosi tremendamente in colpa e terrorizzata: «Dobbiamo andarla a prendere!»
«Cosa credi che stia cercando di fare, eh?» ringhiò Kisshu, piegato nuovamente sul pertugio che aveva momentaneamente smesso di sparare vapore, «Gattina, ti giuro che stavolta…»
«Hey now. L’idea fantastica l’hai appoggiata pure tu, eh.»
«Non è il momento, che dite?!»
«KISSHU!»
«Sto arrivando, tortorella!» l’alieno si passò disperato una mano tra i capelli, ormai completamente confuso, la voce sembrava provenire dalla direzione opposta alla prima volta, «Stai ferma però!»
«Non credo lei si stia muovendo,» esclamò Ryo, «Sentiamo tutti cose diverse, c’è qualcosa che non va.»
Si fissarono tutti un istante, la stessa idea che si profilò nelle loro menti.
«Dobbiamo… scendere?» domandò sottovoce Ichigo, mordendosi un labbro.
«E poi come torniamo su?» replicò Shirogane, «Almeno hai la certezza di poterci teletrasportare fuori da qui?»
«Se la zona è ancora fuori dai dispositivi di controllo… sì. Se.»
«That’s just great
«KISSHU
Sobbalzarono tutti e tre nello stesso momento quando la voce di Minto, improvvisamente forte e minacciosa, risuonò alla loro destra, come se spuntasse dalla parete, in contemporanea ad una colonna di fumo.
«… era Minto-chan?» pigolò Ichigo, impaurita.
L’alieno continuò a fissare il punto da cui sbucava il fumo: «… così incazzata non l’avevo mai sentita nemmeno io.»
«RYO!»
Una voce che assomigliava molto a quella della rossa sbucò nella stessa maniera, ma dalla parte opposta della caverna, facendoli voltare tutti insieme.
«Dobbiamo andarcene in fretta da questo posto, sta succedendo qualcosa» Ryo prese la mano della ragazza, tenendola ben stretta, i capelli sulla nuca che si rizzavano.
«ICHIGOOOO!»
Lei si tappò le orecchie al risuonare di quel richiamo, simile alla voce di Kisshu, che rimbombò dal basso: «Basta, basta, basta!»
Molte più colonne di vapore fuoriuscirono dal terreno e dalle pareti, fischiando e sibilando inquietanti; l’aria si fece ancora più pesante e densa, mentre loro venivano avvolti da un fumo così spesso che facevano fatica a vedersi in faccia nonostante si fossero avvicinati. All’improvviso, il terreno iniziò a tremare, un boato sinistro che riempì tutto lo spazio della grotta. Fecero appena in tempo a lanciarsi un’occhiata impaurita, che il suolo sotto di loro si spaccò come aveva fatto prima, e loro iniziarono a cadere.
 
**
 
«Kisshu, forza, svegliati
Il dolore acuto dello schiaffo sulla guancia fu abbastanza per fargli aprire gli occhi con un lamento, la testa che pulsava fastidiosa.
«Ma che caz… passerotto
Mise ben a fuoco Minto, in ginocchio accanto a lui, prima di stringerla tra le braccia di scatto, sentendo il sollievo spandersi per le vene.
«Sì, Kisshu – ahia, fai piano, solito bufalo!»
Lui ridacchiò e le rubò un bacio, mettendosi a sedere meglio: «Mi hai fatto venire un colpo!»
«Beh, pensa a me!» si lamentò lei, «Finisco sempre nei casini per colpa vostra!»
«Ti ho già chiesto scusa!» Ichigo, seduta accanto a loro, si lamentò a voce alta, «Non stavo progettando tutto questo!»
«Forse dovresti incominciare a progettare meglio,» borbottò Ryo, che continuava a massaggiarsi una spalla.
«Guarda che devi ringraziare me se il vostro matrimonio non sarà un disastro, Ichigo e progettare non possono stare nella stessa frase.»
«Vediamo di uscire da qua, o il matrimonio ve lo scordate,» il biondo si guardò intorno, intanto che Kisshu si tirava in piedi e controllava di non avere niente di rotto.
«Dove siamo finiti?»
Era tutto buio intorno a loro, l’aspetto del luogo incredibilmente liscio. Una vaga luce, quanto bastava perché riuscissero a scorgersi, pervadeva lo spazio senza un’apparente fonte, mentre il soffitto altissimo era intatto, come se loro non fossero piovuti da lì.
Minto si mordicchiò il labbro: «Qui non c’è assolutamente niente. Non riuscivo neanche a sentirvi, prima.»
«Ma… noi abbiamo sentito te,» Ichigo copiò il gesto dell’amica, «O… almeno credo.»
«Io vi chiamavo, ma faceva eco e basta. E poi, pum, all’improvviso siete caduti come sono caduta io.»
«Tutto questo non ha senso,» Ryo cercò di scorgere un perimetro della zona, ma poteva vedere solo il buio e il pavimento liscio estendersi senza orizzonte.
«Dite che dovremmo muoverci?» domandò Kisshu, un braccio ora saldamente ancorato attorno alla vita della propria ragazza.  
«Stare qui fermi non porterebbe nulla,» l’americano ragionò ad alta voce, «Magari il teletrasporto?»
«Un po’ dovrei sapere dove siamo.»
«Nel luogo in cui io compirò la mia vendetta finale su Ichigo.»
«Ah-ah, Minto, molto simpatica. Potresti smetterla di darmi i pizzicotti ora?»
La mora la guardò confusa: «Non ti ho pizzicato, non sono così infantile, io
La rossa sbiancò: «Sì ma qualcosa mi ha pizzicato il braccio!»
«Magari è stato solo un graffio della caduta, ginger
«Ti ho detto che – ahi
«Ahi!»
Lei e Kisshu gemettero nello stesso istante, lei tenendosi un braccio e lui il collo.
«C’è davvero qualcosa che pizzica!» esclamò lui, mentre Ichigo si rivolgeva al suo ragazzo con un’espressione che voleva dire te l’ho detto!
Il ragazzo in questione avvertì qualcosa strusciare contro la sua schiena, si voltò in contemporanea a Minto che si era lasciata scappare un urletto.
«Cos’è stato?» disse con voce stridula.
Lui continuò a fissare il buio, gli era parso di vedere qualcosa che fluttuava sinuoso, ma era impossibile, non c’era assolutamente nulla…
«Iiiih che schifo qualcosa mi ha toccato le gambe!»
«Ichigo, be quiet,» le mormorò, stringendo gli occhi per cercare di scrutare quell’orizzonte infinito, forse erano ancora quei maledetti vapori a giocare loro dei brutti scherzi?
Sobbalzò quando avvertì un bruciore alla mano, sibilò una parolaccia sottovoce, ma non fece in tempo a proferire parola che un fischio iniziò a trillargli fastidiosamente nelle orecchie, mentre una luce abbagliante sostituiva il pavimento e li inghiottiva, facendoli cadere tutti e quattro di nuovo.


To be continued...

§§§
Eeeee Ichigo fa le cappelle..... xD Dove li avrò mandati, dove saranno finiti? xD Riuscirà mai Ryo Shirogane a sposare la sua bella? MAH, CHISSA'! ahahahah
Sono un'autrice sadica, lo so <3 Ma spero sempre che abbiate fiducia in me, e che pazienterete - e poi ve l'ho detto, se vi siete letti qualcosa delle mie storie, magari lo capite pure dove potrei, forse, chissà, staer andando a parare :3 Non vi posso dire di più perché sennò rovinerei tutto!
Vi ricordo che due "rami" di questa storia sono già fuori e colgo l'occasione per ringraziarvi tutti - chi legge, commenta, segue, ecc ecc :) Spero di farvi divertire tanto quanto io mi diverto a scrivere!
Un bacione, e spero di poter postare il prossimo e probabilmente ultimo capitolo presto!

 

   
 
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