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Autore: Sospiri_amore    28/09/2017    1 recensioni
Chi mai potrebbe frequentare il Liceo dei Mostri?
Ovviamente vampiri, demoni, licantropi ma anche esseri umani.
I Vampiri sono geniali, hanno percezioni extrasensoriali e sono molto popolari.
I Licantropi sono sportivi, forti e molto socievoli.
I Demoni (di acqua, di terra, di fuoco e di aria) sono chiusi, snob e hanno poteri legati al loro elemento.
Gli Umani sono semplici umani.
Come in ogni Liceo che si rispetti ci saranno problemi, amori, litigi e incomprensioni.
In più ci sarà un mistero da risolvere: chi ha rubato il prezioso Diamante incastonato nello stemma della scuola?
❗️❗️❗️VOGLIO SEGNALARE IN ANTICIPO CHE QUESTA È UNA VERSIONE DEL TUTTO PERSONALE DEI VAMPIRI, LICANTROPI E DEMONI. HO PARZIALMENTE STRAVOLTO LE 'REGOLE' CLASSICHE CON LO SCOPO DI POTER RACCONTARE LA STORIA.❗️❗️❗️
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Augusto correva a perdifiato. Poco gli importava di avere pezzi di gelatina rossa sulla polo e tra i capelli, la cosa che gli premeva di più era trovare Gregorio prima che si mettesse di nuovo nei guai.

Il Professor Salamander non aveva dubbi, sapeva chi era il colpevole. Anche se il preside Occhitinti non aveva la certezza di chi avesse combinato lo scherzo in biblioteca, Augusto avrebbe scommesso tutti i trofei vinti nella sua carriera e puntato proprio sul suo migliore atleta, il Licantropo Greg.

Il labirinto di corridoi dell'edificio scolastico sembrava una rete, un pizzo fatto a mano, intrecci di anfratti, scorciatoie e vicoli ciechi. Augusto lo conosceva bene, ma per uno strano motivo, sembrava una matricola il primo giorno di scuola. Un paio di volte sbatté contro le porte chiuse di laboratori semi deserti, un'altra volta si ritrovò nella mensa scolastica credendo di trovarsi dalla parte opposta dell'edificio.

 

L'uomo era confuso.

 

Gli balenavano nella testa gli scenari più orribili che potessero verificarsi, nel caso in cui, il preside infuriato avesse sbattuto Gregorio fuori dalla scuola.

 

Squadra di football in sfacelo.

Umiliazione.

Compagni di squadra affranti.

Demoralizzazione.

 

Per quanto Greg fosse indomabile e incontrollabile, aveva doti da leader ed era l'unico in grado di trascinare alla vittoria la squadra e sollevare lo spirito della scuola. 

Per quanto fossero odiosi, fastidiosi, irritanti i suoi scherzi, le uscite del licantropo erano in grado di tenere alto l'umore della maggior parte degli studenti. A meno che non si incappasse in uno delle sue bravate, ovviamente.

Per quanto Greg fosse un bravo ragazzo, doveva imparare a darsi una controllata perché la sua ossessione per gli scherzi stava superando il limite consentito.

 

Augusto non aveva tempo da perdere. A grosse falcate tagliò per la mensa attraversando la grande stanza piena di tavoli e panche. Schivò un paio di Demoni d'acqua che stavano pulendo il pavimento e per poco non fece cadere a terra un inserviente Vampiro con una pila di vassoi in mano. Spalancò una delle grosse finestre che si affacciavano sul parcheggio dell'ingresso e si lanciò, cadendo a piedi uniti, sul marciapiede. Non ebbe neanche il tempo di sollevarsi che adocchiò Gregorio intento a mettersi in mostra davanti a un gruppo di ragazze Licantropo in estasi. Lì vicino, seduto su un muretto, stazionava Vladi immerso nella lettura di un fumetto. 

 

«Gregorio Carnera!», urlò il professor Salamander puntando il dito nella direzione del ragazzo.

Il Licantropo interruppe il suo ululato e smise di pompare i suoi bicipiti. Con aria falsamente innocente salutò il suo docente.

Vladi scattò sull'attenti mettendosi di fianco al suo miglior amico.

 

Se Greg era il braccio, Vladi era la mente.

Insieme erano riusciti a evitare decine e decine di punizioni.

 

«Tu... tu... possibile che anche il primo giorno di scuola tu debba metterti nei guai? Sei al terzo anno, dovresti mostrare un po' di maturità e smetterla di comportarti come un ragazzino. Tutti e due, dal Preside», ringhiò l'uomo avvicinando il suo volto a quello del suo allievo, sfiorando con il suo naso adunco quello del ragazzo.

«Che cosa è successo?», chiese con voce soave il Licantropo.

«Lo sai benissimo. Anzi, lo sapete benissimo», disse Salamander a entrambi i ragazzi puntellando l'indice sul petto dei due.

Vladi prese un respiro profondo:«Carissimo professore, non capisco perché ci stia trattando in questo modo. È forse un crimine cercare di attirare l'attenzione di queste fanciulle? Il mio compagno, nonché il miglior atleta della scuola, stava solo cercando di socializzare e trovare una compagnia piacevole. Lei stesso ci ricorda che l'impegno e...».

 

Augusto ringhiò più forte che poté. Anche se era solo un umano risultava molto convincente, tanto da spaventare gli astanti e farli zittire tutti, o quasi.

 

«Vede, grazie a siero di Gorgofondo lei ha dentro di se, nascoste e ben celate, caratteristiche dei Licantropi. Lo si denota dal suo urlo fatto davan...». Vladi non terminò la frase, il professore li prese entrambi per le orecchie trascinandoli verso l'ingresso principale.

 

Ci vollero pochi secondi prima che Gregorio e Vladi seguissero di loro spontanea volontà il docente. Un po' perché non volevano vedere le loro orecchie deformarsi, poi, perché, non volevano diventare bersaglio di scherno e battutine da parte del resto della scuola. Non giovava alla loro immagine venire tartassati e umiliati nel cortile del VLUD.

La strategia migliore per entrambi era quella di mantenere la calma e stare zitti, il resto si sarebbe deciso strada facendo.

 

In meno di dieci minuti, i tre, raggiunsero il corridoio centrale del secondo piano. Imboccarono la seconda diramazione a sinistra e si trovarono in un buio e stretto anfratto che portava all'ufficio del preside Occhitinti. 

Greg, con le spalle larghe e l'altezza al di sopra della media, ci passava a malapena. La tShirt che indossava sfregò sulle pareti ruvide mentre, con la testa china, evitò di colpire il lampadario che penzolava dal soffitto.

 

Nella panca fuori dall'ufficio c'era seduta Alina, assorta a giocare con il suo sasso portafortuna. Sbirciò i tre per pochi secondi, prima di tuffarsi a picco nei suoi pensieri, tra i ricordi dei suoi più cari amici e la nostalgia per le sue montagne.

 

«Che ci fa lei qui? Non è quella nuova?», chiese Greg a Vladi bisbigliando appena indicando Alina.

Il Vampiro annuì: «Qui si mette male. Ho uno strano presentimento. Sesto senso vampiro», disse, mentre sentiva la punta del naso pizzicargli leggermente.

 

I due ragazzi tacquero all'istante, il professor Salamander li incendiò con lo sguardo.

 

«Non una parola, se non siete interpellati. Non una parola. Chiaro?», disse l'uomo prima di piegare la maniglia ed entrare nell'ufficio del preside Occhitinti.

 

La stanza era colma di gente.

 

Dietro a una grossa scrivania in legno scuro era seduto il preside che, con le mani giunte, cercava di dare ordine ai suoi pensieri. Se ne stava immobile, con gli occhi chiusi, mentre la sua segretaria gli frizionava la folta chioma grigia. La stazza imponente del vecchio Licantropo contrastava con quella minuta e ossuta della sua segretaria Demone.  

Tecla era seduta di fronte al preside. Con la schiena dritta e le mani appoggiate sulle gambe stringeva un fazzolettino di stoffa bianca, non smetteva di torturarlo per il nervoso.

Vicino a lei stazionava la professoressa d'arte, Jolanda Soli, che con delicatezza cercava di tranquillizzare Tecla, una delle sue alunne predilette. Seduta in disparte e nascosta dietro a una massa di capelli scuri c'era Elisa Gorgofondo che cercava di sistemare una orribile gonna a strisce viola e marrone più simile a un tendone da circo che a un indumento.

 

L'arrivo del professor Salamander, di Gregorio e Vladi aumentò la tensione già presente nella stanza.

 

«Sedetevi qui», disse l'uomo ai due ragazzi indicando loro due sedie vuote.

Il Vampiro e il Licantropo si accomodarono con aria serena e stupita allo stesso tempo. Ad osservarli bene sembravano veramente sorpresi di trovarsi lì, quasi come se ci fossero capitati per caso.

 

Il preside Occhitinti tossì per schiarirsi la voce, sollevando il petto e assumendo un'aria seria. «Siete tutti qui perché sono successi atti incresciosi in questa scuola. Atti che minano il fragile equilibrio della nostra comunità. L'ordine necessario per fare in modo che le cose funzionino, è venuto a mancare e io, oggi, voglio trovare la mela marcia ed estirparla. Non voglio che contamini il resto del raccolto».

 

Vladi ridacchiò trattenendo il più possibile i piccoli colpi che scuotevano il suo petto.

L'idea di essere paragonato a una mela lo faceva ridere.

 

Con fare solenne il vecchio Licantropo sollevò un barattolo contenete gelatina rossa. Lo fece scorrere lentamente sulla scrivania in corrispondenza dei volti degli allievi. La segretaria Demone, più simile a una vecchia zitella acida, allungò al preside un sottobicchiere affinché non sporcasse la scrivania in legno.

 

«Vi chiedo solo una cosa. Chi è stato?», disse Occhitinti con voce calda e profonda.

 

Elisa tremò. Anche se non aveva la minima idea di cosa stesse succedendo si sentiva in colpa. Un po' perché era nella sua natura considerarsi un disastro da capo a piedi, un po' perché lei, quella gelatina rossa, l'aveva avuta spalmata su tutti i suoi pantaloni per buona parte della giornata.

 

Tecla alzò la mano di scatto attirando l'attenzione di tutti: «Io le posso solo dire che sono innocente», disse risoluta cercando di nascondere gli occhi lucidi e il naso gocciolante. Raramente la Vampira aveva pianto così tanto in vita sua, l'idea di deludere il corpo docenti ed essere accusata di aver profanato la biblioteca, posto per lei sacro, era un affronto.

Jolanda accarezzò con vigore la schiena della sua alunna preferita.

 

«Cerca di farmi capire bene. Ti abbiamo trovata a penzoloni, attaccata a una corda che reggeva lo striscione, vicina ai piccoli cannoni spara gelatina, e tu vuoi farmi credere che non centri nulla?», disse il vecchio Licantropo, cercando di trattenere la rabbia crescente e i tic nervosi che gli venivano, ogni qual volta, aveva da ridire con uno studente, a suo dire, colpevole.

«Sissignore. Totalmente innocente», ripeté Tecla. Per quanto detestasse suo fratello non avrebbe mai fatto la spia.

«E tu, Gorgofondo? Non hai nulla da aggiungere? Stamattina avevi gli indumenti tutti inzuppati di gelatina rossa, la stessa che abbiamo trovato in biblioteca». Occhitinti sbatté i pugni sul tavolo facendo traballare il vaso di gelatina e rovesciando il portapenne in radica.

«Io... io, mi sono seduta sulla sedia della mia classe e non mi sono accorta della gelatina. Non so nulla su uno striscione e dei missili di gelatina», pigolò Elisa.

«Cannoni. Erano cannoni, non missili», precisò la segretaria del preside mettendo a posto gli occhiali sul naso.

 

Elisa alzò le spalle. Lei non aveva assolutamente idea di cosa stessero parlando, cannoni o missili, per lei non aveva la minima importanza. L'unica cosa che sapeva, sulla gelatina, era che gli inservienti scolastici le avevano dato una orribile gonna a strisce da indossare al posto dei suoi jeans.

 

«Tu e Tecla siete compagne di classe. Entrambe siete state trovate in prossimità o in possesso di gelatina rossa. Mi risulta difficile credere che non c'entriate nulla. Del resto vi conoscete da due anni, da due anni seguire le stesse lezioni, credo possa ritenersi plausibile il fatto che tutto questo possa essere opera vostra». Il vecchio Licantropo parlava con un tono di voce sempre crescente, le vene sul collo gli pulsavano e gli occhi gli lampeggiavano di rabbia allo stato puro.

 

Tecla alzò di nuovo la mano.

 

«Io ed Elisa ci conosciamo appena. A scuola frequento solo gli studenti migliori, quelli con una media alta, come la mia. Come può solo pensare che io possa aver fatto una cosa del genere? Come può solo credere che possa dare la mia amicizia a... a... una come lei. La guardi e mi guardi!», disse con superbia Tecla ritrovando il suo orgoglio. Con piglio deciso allargò le spalle, sfidando con lo sguardo il preside. 

 

Il gelo calò nella stanza.

Tecla aveva esagerato.

 

Per quanto Elisa fosse poco popolare al VLUD, fosse invisibile e anonima, la vampira non aveva nessun diritto di trattarla in quel modo.

 

 Tutti in quella stanza la pensavano così.

 

Il professor Salamander sbuffò spazientito, mormorando parole incomprensibili. Jolanda prese la mano di Elisa stringendola forte, cercando in qualche modo di rincuorare la studentessa che, nella sua timidezza, non era mai riuscita a sbocciare. Lo stesso Gregorio, un bestione costretto a stare fermo su una minuscola sedia, si affacciò sulle teste di tutti per spiare la reazione di Gorgofondo. Per quanto quell'umana non avesse mai attirato il suo interesse, le parole di Tecla verso Elisa erano state dure, troppo dure.

 

Vladi detestò sua sorella con tutto il cuore.

Per questo lui la chiamava strega, perché era capace di fare uscite infelici come quella.

Un conto era fare qualche stupido scherzo, insudiciare qualcuno con la gelatina, attaccare le sedie dell'aula di musica al soffitto, mischiare la corrispondenza dei docenti, allungare il caffè degli inservienti con succo di limone, ma un'altra cosa era dire quello che aveva detto lei.

Chi diavolo si credeva di essere Tecla? Solo perché aveva i voti migliori della scuola si sentiva in diritto di dire cose del genere?

 

Vladi osservò di sbieco la piccola umana.

La schiena curva, come se portasse un peso enorme sulle spalle.

I capelli neri che le coprivano il volto, come fossero una tenda dietro la quale nascondersi.

Le mani strette a pugno, come per trattenere ciò che stesse provando.

 

Poi, una goccia.

Una semplice e singola lacrima cadde da dietro i capelli corvini per poi schiantarsi sui polsi dell'umana.

 

Vladi trattenne il fiato.

 

Certo, il Vampiro non aveva mai parlato ad Elisa, ma si considerava uno affabile e socievole. Non era certo il tipo che avrebbe fatto del male intenzionalmente a qualcuno di indifeso, il suo spirito di giustizia prendeva il sopravvento in questo casi.

Per questo vedere Elisa in quello stato, accusata di un misfatto in cui non c'entrava nulla, smosse nel vampiro corde e sentimenti contrastanti.

 

Con un lieve tocco il vampiro sfiorò il braccio del suo migliore amico.

Greg fece un salto sulla sedia, spaventato dal gesto improvviso di Vladi.

Il rumore delle gambe in metallo della sedia sul pavimento, distolsero l'attenzione da Elisa, ma la focalizzarono sui due ragazzi.

 

Casimiro Occhitinti scattò verso i due fulminandoli con lo sguardo.

 

«Non dimentichiamoci di voi. Gregorio Carnera e Vladi Risso. Due elementi che portano caos e basta. Possibile che ci siate voi due dietro a tutto questo?», chiese il vecchio Licantropo.

 

Greg sorrise mostrando la sua dentatura perfetta che risaltava tra le labbra carnose. 

Non disse nulla, aspettava che Vladi iniziasse una delle sue contorte spiegazioni e giustificazioni.

 

Vladi, però, non proferì parola.

 

«Ecco... noi... noi siamo stati... nel parcheggio dell'ingresso e...», provò a spiegare Gregorio risultando artificioso e poco credibile. «Poi abbiamo pranzato e... dopo...». Gregorio lanciava occhiatacce al suo migliore amico che, con la testa abbassata, fissava le piastrelle del pavimento.

«Allora? Che cosa avete a che fare con tutta questa storia? Voglio una spiegazione», tuonò il preside.

 

Vladi non si mosse, non reagì neanche al colpo vigoroso che Greg gli aveva dato con una coscia.

 

Il Licantropo campione della scuola, il più forte di tutti, il più ammirato e corteggiato, se la stava facendo addosso. Per tutti gli anni scolastici passati aveva fatto affidamento a Vladi, aveva sempre avuto il suo migliore amico a fargli da spalla, ma ora sembrava che lo stesse abbandonando. Una sensazione che Greg conosceva bene e che temeva più di un plotone di giocatori di football lanciati, a tutta velocità, contro di lui.

 

Panico.

Greg sentì il panico crescerli nel petto.

Abbandonato.

Si sentiva solo.

 

Non si sentiva più così da quando era un bambino e suo padre se ne era andato di casa in cerca di fortuna. 

Non di sentiva più così da quando i bimbi del quartiere lo prendevano in giro per la sua mole. 

Non si sentiva più così da quando nessuno voleva stare con lui e lo chiamavano mostro. Non si sentiva più così da tanto tempo.

Non si sentiva più così da tanto tempo, e adesso il panico lo paralizzava.

 

«Coraggio, Greg. Rispondi. Se non hai fatto nulla, non ti devi preoccupare», bisbigliò il professor Salamander nell'orecchio del suo studente.

Gregorio bofonchiò, poi volse lo sguardo a Vladi.

 

«Non possiamo far incolpare lei», disse il giovane vampiro con un filo di voce riferendosi ad Elisa.

«Ma...», provò a ribattere il Licantropo, prima di afflosciarsi sulla sedia su cui era seduto.

 

«Allora?», incalzò il preside Occhitinti.

 

Vladi scattò in piedi con l'indice alzato.

Se avesse dovuto affondare, lo avrebbe fatto con onore.

 

«Prima di tutto dobbiamo capire perché è stato commesso un atto del genere. Chi mai potrebbe agire in questo modo?», disse con tono squillante.

 

Il professor Salamander alzò gli occhi al cielo, mentre il resto dei presenti sembrò interessato alle parole del vampiro, tanto che, il volto di Elisa spuntò da dietro la chioma scura.

 

«Gelatina. Perché proprio la gelatina, voi tutti vi chiederete». Vladi si stava arrampicando sugli specchi. Sapeva benissimo che sarebbe bastato confessare il misfatto, ma non era certo nel suo stile. «C'è da chiedersi perché gelatina al lampone. Perché non alla mela verde?».

 

«Dove vuoi arrivare?», disse spazientito il vecchio preside Licantropo.

 

«Voglio solo dire che... che...». Vladi si bloccò di colpo.

«Che... che...». Un fastidioso pizzicore al naso gli impediva di concentrarsi a dovere.

«Volevo dire che...». Quella sensazione era fastidiosissima.

 

Poi.

Silenzio.

 

Un formicolio urticante partì dalle punta delle dita per scivolare, come artigli conficcati nella carne, per le braccia. Il pizzicore si spanse per il petto fino a raggiungere l'apice del capo, perdendosi tra i capelli del vampiro.

 

Il ragazzo non era più in grado di parlare.

Quello che gli era appena successo era una cosa strana, molto strana.

 

Vladi cercò con lo sguardo sua sorella.

Tecla fissò tremante Vladi.

 

Sesto senso vampiro.

Guai in vista.

 

Entrambi lo avevano sentito.

Entrambi si erano spaventati.

Non era mai successo loro niente di simile.

 

Jolanda scattò in piedi. Aveva l'aria stravolta, come se avesse appena visto un fantasma.

Il suo sesto senso vampiro era scattato anche in lei.

 

Il preside Occhitinti urlò:«Che diavolo state combinando? Che cosa succede?». Le vene sul collo gli pulsavano più che mai.

 

La porta si spalancò.

Una figura si stagliò imponente. Grandi stivali neri ricoperti di fango e una poltiglia non definita, una lunga giacca in pelle, piena di tasche, si mossero dentro la stanza. Due canini limpidi e lucidi scintillarono tra due labbra sorridenti. Capelli spettinati e ricoperti da una montagna di gelatina rossa. Occhi spalancati scrutarono ogni persona dentro la stanza.

 

«Chi cavolo è lei?», gridò con la voce più acuta che potesse produrre il preside, al limite delle sue forze.

«Sono Otto Etelberto il Nero, sono qui per servirla», disse il vampiro, mentre con un rapido inchino piegò la testa lanciando pezzi di gelatina da tutte le parti e colpendo il vecchio Licantropo in pieno volto.

 

Senza proferire parola, Vladi, si sedette sulla sua sedia.

Per la prima volta in vita sua era rimasto senza parole.

 
   
 
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