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Autore: Odoredipoesia    28/09/2017    2 recensioni
Margaret è una ragazza di diciotto anni che, dopo la morte della sua migliore amica, ha deciso di allontanare tutti: il proprio ragazzo, i suoi amici e persino i suoi familiari.
Dopo la prima seduta dallo psicologo, cui si reca costretta dai genitori, egli le diagnostica la sua malattia: soffre di Philofobia, la paura di amare e di voler bene a qualcuno. Sono così finalmente spiegati i suoi numerosi attacchi di panico, la bizzarra voglia di solitudine in qualsiasi momento e la mancanza del bisogno di parlare di se con qualcuno.
Ma come farla uscire da questa situazione se è lei la prima a non voler guarire?
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Scolastico
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«Avevo 16 anni quando Stella, la mia migliore amica, ci ha lasciati...» spiegò Margaret rispondendo alla domanda dello psicologo. Fosse stato per lei non ci sarebbe andata, ma i suoi genitori avevano insistito talmente tanto che aveva accettato di provare a fare almeno una seduta. Doveva ammettere che si era aspettata di dover parlare con un uomo anziano, tutto curvo e con qualche problema di udito, invece il giovane che aveva davanti era un ragazzo di circa trent'anni con i capelli biondi e un paio di occhiali dalla montatura grossa che coprivano due occhi verde smeraldo. Sembrava addirittura attraente. 

«Ti va di raccontarmi come è successo?» quando si era presentato, lo specialista le aveva detto solo il suo nome, tralasciando il cognome. Si chiamava Joshua, ma lei poteva chiamarlo Josh. A Margaret sembrava un nome strano per uno psicologo.

Maggie annuì: «Non c'è molto da dire... Si è suicidata.» 

Josh la guardò sorpreso. La ragazza non l'avrebbe mai ammesso, ma le piaceva. Adorava come rendesse tutto più semplice: non prendeva appunti per non farla sentire un animale sotto osservazione e sembrava avere reazioni naturali. Era come parlare con un amico, peccato che lei non ne avesse più, di amici. 

«Sì... Le persone quando lo sentono hanno tutti più o meno la stessa reazione.» affermò con un sorriso amaro. 

Josh le strinse una mano: «Mi dispiace. Se te la senti, dimmi il rapporto che avevate...»

Sembrava sinceramente rattristato dalla notizia, così Maggie si costrinse ad andare avanti: «Stella era una ragazza allegra, non avrei mai pensato che potesse fare una cosa del genere... Anche se infondo so che è tutta colpa mia. Mangiava poco in quel periodo: voleva dimagrire. Io le dicevo che non ne aveva bisogno, ma lei non mi ascoltava. Poi ho conosciuto Tyler, il mio primo ragazzo, e lei è passata del tutto in secondo piano. Quando se n'è andata ho allontanato tutti. Non voglio altre responsabilità: l’unica amica che avevo ci ha lasciati perché nessuno le prestava abbastanza attenzioni.» distolse lo sguardo: aveva le lacrime agli occhi. 

«Maggie, non puoi dire sul serio. Hai diciotto anni, come puoi affrontare il tuo sbocco sul mondo degli adulti tutta da sola?» Josh sembrava incredulo davanti al modo con cui Maggie si era esclusa da tutto il resto. Dopotutto stava vivendo gli anni migliori, doveva imparare a goderseli o se ne sarebbe pentita.

«Per quanto ne so io, sono diventata maggiorenne mesi fa, quindi direi che nel mondo degli adulti ci sono già.» 

«Certo, ma rimani un'adolescente per il momento. Hai bisogno di qualcuno con cui sfogarti...» 

«E rischiare di perdere anche lui? No, grazie. Preferisco stare da sola.» disse appena prima di uscire dallo studio. Ne aveva abbastanza. 

Scese le scale che l'avevano condotta nello studio al secondo piano, arrivò in strada e si sedette sul marciapiede. Era una delle classiche giornate grigie inglesi, una di quelle che Margaret adorava con tutta se stessa, perché rispecchiavano i suoi sentimenti. Sapeva che quando non c'era il sole i suoi occhi azzurri assumevano una sfumatura più cupa, rispecchiando il colore delle nuvole cariche di pioggia. I suoi capelli lisci castani, invece, sembravano quasi neri a quella luce. Nonostante tutti i problemi che aveva avuto, Margaret non si era mai ritenuta una brutta ragazza. Certo, non si riteneva una modella, semplicemente credeva fosse mediocre, nella ”norma”, come molte altre adolescenti che vedeva per i corridoi del suo liceo. 

Sentì dei passi dietro di lei, poi Josh le sedette accanto. Estrasse dalla tasca interna della giacca un pacchetto di Marlboro rosse e gliene offrì una.

«No, grazie, non fumo...» rifiutò la ragazza, estraendo dalla tasca della sua giacca a vento un berretto di lana e sistemandoselo in testa. 

Nonostante fosse fine settembre faceva già abbastanza freddo. I passanti avevano un ombrello a portata di mano, pronti alle piogge improvvise che Bradford avrebbe potuto offrirgli.

«Ti dà fastidio se lo faccio io?» le chiese Josh. Per tutta risposta Maggie alzò le spalle. Josh si accese la sigaretta, inspirò e fece uscire il fumo dalla bocca, poi la guardò: «Hai già iniziato la scuola?» 

Maggie annuì, stava innalzando di nuovo quel muro che aveva tolto in un momento di debolezza di fronte a Josh. 

«Ho capito, ora ti metti sulla difensiva...» affermò lui facendo un altro tiro di sigaretta, poi la spense, lasciandola a metà. «Senti, Maggie, non mi devi reputare per forza un tuo amico, chiaro? Sono uno psicologo e con me devi parlare di tutto quello che ti succede. Che ne dici se torniamo dentro e continuiamo la nostra chiacchierata?» 

Per la prima volta Maggie si voltò a guardarlo, sicura di avere lo sguardo di una bambina che ha paura di fare qualsiasi cosa. «Il problema è che non sono più abituata a farlo. Non parlo a qualcuno di me da due anni...» 

Josh le mise una mano sulla spalla: «Limitati a rispondere alle mie domande allora.» la aiutò ad alzarsi e insieme ritornarono allo studio. 

Margaret si concesse qualche secondo per osservarlo meglio: le pareti erano interamente ricoperte da scaffali pieni di libri dalle copertine dai colori sobri come bordeaux, verde oliva, marrone e beige. La poltrona su cui lei era seduta, gemella di quella su cui era accomodato Josh, era rosso vermiglio, mentre il parquet e la scrivania erano del tipico colore del mogano. Con quella grande portafinestra che illuminava lo studio, Maggie non poteva far a meno di sentirsi in uno dei suoi romanzi fantasy che amava tanto. 

«Allora, hai avuto altre storie dopo Tyler?» le chiese Josh, distraendola dai suoi pensieri. 

Maggie si sentì arrossire, colta alla sprovvista dalla domanda: «Perché me lo chiede? No, sono rimasta single.»

«Sei una bella ragazza, Maggie, davvero nessuno ti ha più chiesto di uscire?»

«Sì, qualcuno c'è stato, ma ho rifiutato.» 

«E questo qualcuno ti piaceva?» 

«È irrilevante. L'ho mandato via, esattamente come ho fatto con gli altri.» affermò prima di mangiucchiarsi un'unghia. 

Notando quel gesto di nervosismo, Josh fece un'ultima domanda: «Soffri di attacchi di panico, Maggie?»

La ragazza si limitò ad annuire. 

«Philofobia.» disse Josh. Margaret lo guardò confusa. «Philofobia è la paura di innamorarsi o di provare anche solo senso di affetto nei confronti di una qualsiasi persona. Ho avuto molti casi di adolescenti con questa patologia. Ti prometto che ti aiuterò ad uscirne.»

La ragazza si alzò: «Non voglio uscirne. Sto benissimo da sola.» 

«Un giorno ti rimangerai quelle parole, Maggie.» le sorrise. «Che ne dici se ci rivediamo mercoledì prossimo?» 

Maggie annuì rassegnata: ora che aveva accettato di farsi curare non poteva più tirarsi indietro. 

«Ci vediamo tra una settimana allora.» la congedò Josh.

 

Appena uscita dallo studio, Maggie non perse tempo e si mise le cuffie alle orecchie. Altro che umani, la musica era il suo unico bisogno.

Si avviò verso la fermata dell'autobus, alleggerita di tutto il suo peso grazie alla sua canzone preferita. Non aveva un genere musicale preferito: sceglieva in base alle sue azioni e in quel momento ascoltò la sua band rock preferita. 

Appena arrivò il bus, si affrettò a salire. Sedette al primo posto libero: era mercoledì pomeriggio inoltrato e non giravano molte persone per Bradford dopo le sedici. Si accorse a malapena del ragazzo sul sedile opposto al suo, che la guardava con insistenza. Quando era salita aveva visto di sfuggita la sua chioma di capelli arancioni e non aveva potuto fare a meno di pensare a Tyler, il suo ragazzo, che somigliava così tanto ad Ed Sheeran, il suo cantante preferito. 

Vedendo la sua casa, la ragazza si alzò per scendere dal mezzo. Il giovane dalla chioma arancione le sorrise, ma lei lo ignorò. 

Con un lungo sospiro si tolse le cuffiette e aprì la porta di casa. 

«Ciao tesoro!» la accolse la madre con un sorriso. «Come è andata?»

«Bene.» si limitò a dire Maggie prima di andare a rifugiarsi nella sua stanza. «La prossima seduta è mercoledì.» 

Salì le scale, incontrando a metà strada Thomas, il suo fratellino minore. 

«Ciao Meg.» la salutò lui.

«Hey Tommy.» Maggie gli passò le dita fra la cresta della stessa tonalità di castano dei suoi capelli. Quello era l'unico gesto d'affetto che si concedeva nei suoi confronti. Thomas aveva dieci anni e non capiva perché la sorella si comportasse in quel modo da due anni. Aveva chiesto spiegazioni alla madre, ma lei si era limitata a rispondere usando l'adolescenza come capro espiatorio. Rimaneva il fatto che quel piccolo ometto era l'unica persona al mondo in grado di far tranquillizzare Margaret dopo uno dei suoi attacchi di panico e la cosa spaventava la sorella maggiore: il fatto che suo fratello fosse importante per lei le impediva di allontanarlo come avrebbe voluto e le faceva temere per la sua salute. «Vado a giocare ai video games in camera mia. Se hai bisogno dimmelo.» 

«Va bene.» 

Tommy le sorrise, poi si chiuse la porta alle spalle. Maggie entrò nella sua stanza, uno spazio semplice e tinta a colori pastello. 

Le pareti erano di un rosa tenue, con delle tende alle finestre color crema. Sulle mensole c'erano miliardi di libri e un lettore CD, senza il quale Maggie sarebbe morta. Già da prima della scomparsa di Stella, la ragazza si era impegnata a comprarsi numerosi CD e dopo due anni aveva una discreta collezione. Ne prese uno a caso e lo fece partire: per disegnare aveva bisogno di un sottofondo. Una passione che aveva sempre tenuto nascosto, infatti, era proprio quella per la pittura. Ritraeva vari soggetti con varie tecniche, ma i suoi preferiti erano le persone. Che fossero stati cantanti, attori, passanti, a Maggie non importava. Ciò che contava per lei era riuscire a trasmettere qualcosa in quello che immortalava. Si sentiva una specie di fotografa, solo che, al posto del mondo esterno, nei suoi quadri lei fermava il mondo interno della gente. 

Prese il suo blocco e disegnò un ragazzo immaginario intento a fumare. Sorrise, pensando che se mai fosse esistito le avrebbe fatto causa per il brutto naso che gli aveva fatto. Non era brava a fare schizzi senza foto da copiare e questa era una delle sue grandi debolezze. 

Stava pensando a come fare per poter sistemare quelle narici decisamente troppo larghe, quando sentì il battito cardiaco accelerare.

Lo riconobbe subito: attacco di panico.

Senza poter controllarsi iniziò a respirare sempre più velocemente e con affanno. 

Aveva bisogno di aria e questa era l'unica cosa a cui riusciva a pensare. Beh, quella e il fatto che se non avesse preso abbastanza ossigeno sarebbe morta.

Si portò le mani tremanti al viso, consapevole che era la cosa più sbagliata da fare, ma incapace di comportarsi altrimenti. Gettò il blocco a terra. 

Voleva urlare, ma non poteva. 

Voleva chiamare Tommy, ma non poteva. 

Voleva scappare, ma non poteva. 

Non poteva fare nulla, se non stare lì a cercare di prendere più aria possibile per evitare di morire. 

«Ciao amore!» sentì sua madre al piano di sotto salutare il marito. 

Margaret si sentì sollevata: presto il padre sarebbe andata a salutarla e avrebbe capito tutto. L'avrebbe aiutata.

I suoi passi sulle scale sembravano dannatamente lenti, mentre si avvicinava a lei. Poi mise la testa nella stanza e Maggie lo guardò, continuando a respirare male. 

«Ciao Mag...» si bloccó di colpo, accorgendosi dell'attacco di panico della figlia. Le sedette accanto, guardandola ed accarezzandola con dolcezza. «Ehi, va tutto bene. C'è papà con te, ok? Respira con calma, tesoro.» 

Vedendo che la ragazza non iniziava a tranquillizzarsi, decise di aprire la finestra, situata proprio di fronte a lei. 

«La senti l'aria pulita, amore?» le chiese, prendendole la mano. «Dai, ora passa. Ora passa. Respira, inspira.» 

La voce dell'uomo che l'aveva cresciuta riuscì a farla tornare a respirare normalmente. 

Dopo svariati minuti in cui Margaret continuò a tremare, finalmente riuscì a calmarsi un pochino. Si strinse forte al padre, scoppiando a piangere sulla sua spalla. 

«Devi smetterla di allontanarci tutti, Maggie. Ti farai solo del male così.» le sussurrò. 

Rimasero abbracciati per un po', poi Margaret si allontanò, così suo padre le diede un bacio sulla guancia e la lasciò sola. Entrambi erano consapevoli che non sarebbe stata né la prima né l'ultima volta che sarebbe accaduto un evento simile.

  
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