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Autore: Lupe M Reyes    30/09/2017    2 recensioni
A Blair piace fare i turni di notte alla biblioteca dell'Arca. Fino alla sera in cui il Cancelliere Jaha non si presenta alla sua porta... Per impedirgli di inviare sulla Terra John Murphy, Blair cede al ricatto e contribuisce al progetto sui Cento. Ma l'incontro con Bellamy Blake cambierà ogni equilibrio. Fino al giorno in cui non diventerà lei stessa la persona numero 101 a raggiungere la Terra.
[Arco temporale: prima stagione]
Personaggi principali: Blair (personaggio nuovo), Murphy, Bellamy, Raven, Clarke, Jaha
Personaggi secondari: Finn, Octavia, Kane, Abby, Sinclair, Jasper, Monty
Genere: Drammatico, Romantico, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellamy Blake, Clarke Griffin, John Murphy, Raven Reyes
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
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21. MONTY JORDAN
 

Oggi sono diciotto giorni che non mi faccio una doccia calda.

Tra tutte le attrezzature di cui hanno avuto cura di fornirci, si sono scordati uno straccio di pettine. Quindi ho in testa una criniera rossiccia crespa da squinternata, che mi fa sudare sotto il sole e che posso legare solo con un laccetto rimediato da una maglietta strappata.

Grazie al cielo sono così sotto pressione e mangio così male che non ho più avuto il ciclo. Dio solo sa come avrei fatto a cavarmela altrimenti.

Clarke mi ha intimato di non usare mai più il rasoio di Raven, per qualcosa che ha a che vedere con l’epatite, ma qui è estate e l’unica che aveva un ragazzo ad aspettarla è stata abbastanza intelligente di pensare anche a come depilarsi, oltre che a come sopravvivere. Non la ringrazierò mai a sufficienza.

Siamo tutti più magri ma almeno la nostra pelle si sta adattando alla luce, scurendosi a poco a poco, protetta da creme specifiche per non sfaldarci sotto i raggi a cui la nostra melanina non era abituata - e quindi sembriamo più in salute di quel che siamo in realtà.

Jaha si è preoccupato di mettere spazzolini da denti per tutti, e dentifricio… ma sta già finendo. Credo sia colpa del fatto che quando non mangi abbastanza produci succhi gastrici e saliva amara e quindi ci viene voglia di lavarceli cento volte al giorno, per togliere il sapore di marcio dalla lingua.

Cos’altro?

Ah, sì.

Si è dimenticato dei tagliaunghie. Se vi sembra una stupidaggine di poco conto significa che non avete mai provato a tagliarvele con un coltello. Ecco. E io ho scelto il momento sbagliato per smettere di mangiarmele.


 

Fisso il computer da così tanto tempo da averne perso la cognizione.

Il tavolo su cui fino all’altro ieri rantolavo è stato spostato nella tenda di Monty, che ora è il nostro ufficio, la base operativa. Raven vive qui dentro, credo non stia al sole da due giorni. E ora mi sta illustrando i benefici della sua quarantena:

“…vedi? In questo modo si connette anche allo schermo e abbiamo video e audio. Meglio di una radio, no?”

Sta indicando cavi e saldature, come se fossi in grado di comprendere quel che spiega. Non credo ci riuscirei, anche fossi sobria.

Ho offerto la bottiglia a Raven dieci volte nel corso della serata ma non ha mai voluto farmi compagnia. Quindi sono qui seduta in terra a bere da sola. Dovrei prepararmi per domani, quando parlerò con Jaha (faccia a faccia a quanto pare, grazie al nostro meccanico). Ma mi sento così sfinita. Non faccio che pensare alla mia ultima doccia calda. E ai pettini. E al colluttorio alla menta.

“Blair, ci servi tutta intera.”

Raven cerca di sfilarmi il regalo di Monty dalle mani.

“Senti, non so tu ma io sono stanca, molto stanca. Perciò ora mi fai finire di spiegare e poi andiamo a…”

Grugnisco, interrompendola.

“Ah, già. Delle volte mi dimentico che tu hai un fidanzato da cui correre la sera…”

Provo ad alzarmi, senza molto successo. Mi rimetto a sedere scivolando all’indietro e puntellandomi come posso, attenta a non rovesciare il liquido prezioso. Non ero più abituata a bere, ci ho messo quattro sorsi a diventare brilla.

Quando riesco a sollevare di nuovo il viso trovo un’altra Raven, inedita per me: tiene gli occhi bassi e le mani nelle tasche della sua giacchetta rossa. Sembra in imbarazzo.

Sono talmente fuori fase nel vederla così che penso mi girerebbe la testa anche fossi sobria.

“Finn non è più… Finn sta con un’altra. Credo.”

“CHE COSA?”

Lei spalanca le braccia e sgrana gli occhi, già così grandi.

“Ssssh! Blair! Vuoi farti sentire da tutto il campo?”

“Volevo dire: cosa?”,

ripeto, sussurrando.

Allora lei si abbassa sulle ginocchia. Solo ora noto che non indossa più la sua collanina, quella con il corvo d’argento.

“Si è innamorato di un’altra.”

“Quando?”

“Quando? Che domanda è, quando?”

“È una domanda sensata, visto che stavate insieme fino a ieri.”

“No, io… Io me n’ero accorta quasi subito. Ho solo aspettato di esserne… certa, e…”

Le rughe della sua fronte le trasformano lo sguardo, che torna a rivolgermi dopo molto tempo. Sembra triste. Sembra aver rinunciato ad una battaglia, e sembra non avere idea di come ci si comporti quando ci si arrende.

“È una del campo?”

“No, è una Terrestre. Biblioteca, quanto hai bevuto?”

“Che ne so! Ma chi è?”

Qualcuno fa il suo ingresso nella tenda, interrompendoci.

Clarke mi raggiunge col suo passo sicuro da militare e Raven si alza di scatto, sistemandosi la coda.

“Foer, cos’hai lì?”

Abbraccio la bottiglia, prim’ancora che a Clarke venga in mente di poterci separare.

“Ho passato sei mesi a tenerti lontana da questa roba e adesso… Dove diavolo l’hai trovata?”

“Griffin, rilassati. Non sei tu quella che domani deve ricattare il Cancelliere.”

Di nuovo, penso, con una punta di nostalgia per i giorni in cui Jaha era solo un mezzobusto in televisione.

“Foer, è ora di dormire. Ricordati che sei appena stata...”

“Non dormirò, lo sai che non dormirò.”

Clarke mi lancia uno sguardo in tralice. Sta per dirmi che devo essere forte e che tutti contano su di me e io non voglio ascoltare. Non sono come te, vorrei dirle. Qualche volta io non ce la faccio.

Ma all’improvviso Raven la scavalca, si allunga e mi strappa di mano la bottiglia.

“Ehi!”

Distendo le braccia come una bambina capricciosa, per farmi riconsegnare il maltolto.

Clarke ringrazia Raven, a mezza bocca. E la ragazza sposta gli occhi su di lei, cambiando completamente volto. Un brivido mi corre lungo la schiena, tanto forte è lo schiocco di freddo che incrina l’aria tra di loro.

Raven continua a fissarla per un tempo lunghissimo. Poi solleva la bottiglia e butta giù un sorso che sembra non finire più. Tossisce brevemente, per poi asciugarsi le labbra sulla manica. Non mi ridà la bottiglia, ma si siede accanto a me e appoggia le braccia sulle ginocchia: sta a gambe larghe, piegate, e fissa Clarke dal basso verso l’alto.

“Siete tornati.”,

commenta, atona.

La mia bionda si stira i vestiti intrisi di fango. Lei e Finn erano partiti stamattina, in una missione che nessuno a parte loro due aveva trovato intelligente. Una specie di trattativa di pace con i Terrestri, senza nemmeno un fucile a corpirli. 

“Sì, siamo…”

“Ci avete messo un po’.”

“Abbiamo avuto qualche… imprevisto.”

“Definisci imprevisto, Principessa.”

“I piani di pace di Finn sono ufficialmente falliti.”

“E quindi noi siamo ufficialmente in guerra?”

“No, i Terrestri ci hanno dato delle… opzioni. Domani ne parliamo, facciamo una riunione.”

Mentre loro due sono impegnate a fronteggiarsi - due leonesse nello stesso recinto - io frugo nella mia sacca, estraendone la seconda bottiglia. Come siano riusciti Monty Green e il suo amichetto con gli occhialoni a distillare la loro roba anche sulla Terra resta un mistero per me.

Clarke mi osserva con circospezione:

“Quando parli con Jaha?”

“Domattina.”

Lei valuta la mia risposta, soppesa le informazioni che ha già a sua disposizione. E poi scuote la testa, con lo sguardo al pavimento:

“Ci servirebbero più persone, più soldati…”

“Più armi.”,

completa Raven; e Clarke annuisce.

“Io so sparare.”,

dico, fuori ritmo rispetto alla conversazione. E anche non molto in tema, nell’atmosfera greve che sto prendendo a picconate con la mia leggerezza molesta da ubriaca.

Raven mi prende in giro:

“E quand’è che avresti sparato, tu?”

“Se non mi credi, puoi chiederlo a Bellamy. È a lui che ho sparato.”

“Cosa?!”,

mi chiedono in coro.

Io faccio spallucce e la ragazza al mio fianco ride:

“Balle. Era nella mia tenda fino a dieci minuti fa.”

Clarke si schiarisce la voce con energia e lei fa una smorfia piccata:

“Sì, perché? È un problema? Avevo bisogno di una distrazione. Sai, il mio ragazzo ha una cotta per un’altra.”

Clarke si gela all’impatto con le parole di Raven e il mio cervello, per quanto rallentato dall’alcool, fa un balzo in avanti e arriva dove sarebbe dovuto arrivare probabilmente già parecchio tempo fa:

“Griffin! Ma porca miseria, sei tu?”

Ho disteso le gambe al suolo per la sorpresa.

Finalmente mi è stato chiaro il perché del loro rapporto frastagliato. Non aveva senso, altrimenti. Due come loro sono fatte per incastrarsi creando una macchina da guerra. L’unica motivazione che mi ero data era di uno scornamento tra donne abituate a comandare, che malsopportano la divisione del potere. Ma mi ero sbagliata.

“Griffin, sei tu o no?”

È merito del Monty Jordan, che mi fa blaterare in scioltezza senza preoccuparmi delle conseguenze. E giusto quando inizio a realizzare che la conseguenza potrebbe consistere in una rissa a mano armata tra le due ragazze con cui condivido la tenda, Clarke prende fiato e stila una sequenza di parole rapidissima, ma chiara come il sole:

“Io non sto con il ragazzo di un’altra.”

Il silenzio che cala tra di noi è di una materia diversa dai precedenti.
Ho la netta sensazione che le lenti attraverso cui Raven ha guardato Clarke finora si siano rotte di colpo, all'impatto con la precisazione fatta dalla Principessa. Forse ora la vede davvero.

E in questa lunga pausa che appartiene solo a loro, mi rendo conto di quanto ha detto Raven poco prima su Bellamy.

Era nella mia tenda fino a dieci minuti fa.

Avevo bisogno di una distrazione.

Il nesso tra le sue parole fa contatto in ritardo nella mia mente, che viene invasa da immagini che mi danno la nausea, una nausea immediata e penetrante. È come se qualcuno mi avesse colpita alla bocca dello stomaco. Mi manca il fiato, che inspiro all’improvviso e con forza, e un vero e proprio conato cerca di risalirmi la gola, torcendomi i muscoli della pancia e del petto.

Che Dio maledica tutti i libri che ho letto: mi hanno allenato la mente a creare mondi, film interi, partendo solo dalle parole degli altri. E tutto quello che lei ha lasciato intendere accende una proiezione di quadri che rischiano di uccidermi. Posso distinguere il rumore che fa il mio corpo mentre si accartoccia su sé stesso, nel tentativo di sparire e schiacciarsi e non sentire più nulla. Ora sì che sono certa che non dormirò.

Lui l’ha guardata e l’ha toccata e… Lui ha… Dopo che noi…

Dopo che noi niente, mi dico. Devo razionalizzare o impazzirò, qui e ora. Non ho perso il cervello fino a questo momento, attraverso tutti i lutti e gli addii mancati e un viaggio nello spazio e una febbre che mi ha quasi uccisa, non posso permettere a Bellamy Blake di disintegrarmi, solo per il fatto che…

Siamo stati vicini, per un attimo, è vero. E io mi sono sentita come sull’orlo di un abisso e che mi sarebbe stato sufficiente un passo per precipitare e la voragine non si stava aprendo sul nulla, ma su tutto.

Ma era arrivato John. Il mio John. Quello che nella lettera che giaceva in terra avevo chiamato la mia persona preferita. Non aveva urlato. Non aveva urlato nessuno. A malapena avevamo provato a parlare. John se n’era andato per primo. Bellamy l’aveva imitato poco dopo. Io non avevo trovato il coraggio per rincorrere nessuno dei due e sapevo che avrei dovuto trovare John, che gli ultimi dieci anni di abitudine mi costringevano a seguire lui, ero stata addestrata a cercarlo, mi ero programmata per viverci insieme e affrontare qualsiasi cosa mettendo lui al primo posto. I miei piedi mi avrebbero portata sulla strada conosciuta e che amavo. Come se ci fosse una bussola sotto il mio stomaco, il cui nord è e sarà sempre John. Ma io volevo correre dietro a Bellamy.

E lui era corso da Raven.

“Tu e… Bellamy?”

Raven mi da una gomitata scherzosa:

“Ehi, non giudicarmi. Ci vuole più fegato per farsela con John Murphy.”

“Io non me la faccio con John Murphy.”

“No?”

“No.”

Sto ringhiando. Ma devo cercare di ricordarmi che non è colpa di Raven. Ciò che sento ha un solo colpevole, e sono io. Il sorso di Monty Jordan che mi concedo finisce solo quando devo tornare a respirare. 

Lei, ignara di quel che sto nascondendo, riprende il discorso:

“Comunque, io non capisco come possa piacerti un soggetto del genere.”

“Ti ho appena detto che non…”

“Cos’è, la lagna che fa ogni volta che apre bocca? Il sarcasmo fuori luogo? Gli occhi gonfi da gufo impasticcato?”

“Raven, ma che ti…?”

“Oppure il modo che ha di muoversi, come un tossico? Ah, no, ci sono: dev’essere il suo irresistibile muso da tagliagole. Ogni volta che fa quella smorfia del cazzo mi viene voglia di…”

E poi la guardiamo irrigidire le dita, come se stesse strozzando un fantasma davanti a sé. Qualcosa di tutto quel teatrino mi fa sorridere, mentre una parte di me drizza le antenne, come in allarme.

Clarke si intromette e noto solo ora che mi sta tendendo la mano. Le porgo la bottiglia solo quando mi è chiaro che non vuole portarmela via, vuole bere. Mentre la guardo ripulire l’imboccatura su un lembo di maglietta rimasto intonso, lei commenta con un mezzo sorriso, che non so bene da dove le sia spuntato:

“No, ti sbagli. Lei ama un altro…”

Il mio cuore salta un battito. Lei prosegue, fingendosi sorpresa:

“Non le hai già riempito la testa con il tuo Ettore?”

“Ettore? E chi è Ettore?”

Clarke si stacca la bottiglia dalle labbra, leccandosele, e ci raggiunge in terra, sedendosi di fronte a me a gambe incrociate e riconsegnandomi la salvezza con un piccolo sorriso complice.

“Un tizio molto affascinante. Di cui non sa nemmeno il nome.”

Ricambio il sorriso, perché capisco cosa sta facendo. Vuole riportarmi sull’Arca, dove mi sentivo al sicuro, dove non trovare un ragazzo visto ad una festa era il massimo problema delle nostre vite. È questo che farà di Clarke un bravo medico. Che anche se non sa quale sia la tua malattia, legge i sintomi e intuisce la prossima mossa utile a salvarti. O, se non altro, a farti soffrire meno. Lei non sa nulla di quel che mi passa per la testa, ma avverte il cambio di ritmo del mio respiro come si trovasse a brancolare disperato nei suoi polmoni.

Trascorriamo insieme le successive due ore, finché del Monty Jordan non resta che un fondino e delle nostre inibizioni quasi nulla. Clarke racconta a Raven della nostra zuffa, di come ci siamo conosciute cercando di strapparci di mano un libro al mercato nero. Raven fa ridere Clarke con l'imitazione delle mie facce mente scendevamo sulla Terra. Io sono quella che parla meno, perchè sono troppo impegnata a godermi quel che sta capitando tra di noi. La situazione è quantomeno surreale, ma l'alcool aiuta. Non sfioriamo più l'argomento Finn, ma loro mi prendono in giro per Ettore - finchè l’apertura della tenda viene scostata, attirando la nostra attenzione.

“Di cosa state parlando?”

Octavia ci raggiunge, incuriosita dalle risate e dall'aria leggera che si respira qui dentro. Si siede accanto a Clarke, con la disinvoltura di chi è a casa propria, tra i suoi amici d’infanzia.

Mi diverte che sia così sfasata rispetto alle norme sociali. La sua sfacciataggine è tenera e non infastidisce nessuna di noi: ci ricordiamo bene che non ha mai avuto a che fare con altre persone fino a poche settimane fa, a parte sua madre e suo fratello.

“Chi è il maschietto che ti fa disperare, Octavia?” 

La domanda la prende in contropiede e le fa stringere le labbra. Distoglie in fretta lo sguardo dal mio e lo rivolge alle scarpe.

“Nessuno. Io non ho… nessuno.”

Clarke le sorride, anche se Octavia non la può vedere:

“Meglio così. O Bellamy potrebbe servircelo per cena, al posto dei conigli.”

Raven le allunga la bottiglia e Octavia la osserva con circospezione.

“Cos’è?”

“Anestetico.”

La più giovane tra noi prende il collo della bottiglia e Raven la lascia andare.

“Chiunque sia lui, qualunque problema possiate avere.”

Octavia getta un’occhiata alla sua sinistra:

“Il medico non disapprova?”

Le rispondo io per Clarke:

“Il medico è alla seconda bottiglia.”

Allora lei la solleva nella mia direzione, in un brindisi silenzioso. Poi prende un sorso, troppo lungo, e tossisce lacrimando, portandosi una mano al petto.

“Non avevi mai bevuto in vita tua, vero?”

“Non avevo mai fatto niente, in vita mia.”,

risponde, appena ha finito di scuotersi.

E nello stesso istante, qualcun altro viene ad interrompere la nostra festa.

Si avvicina lentamente, reso cauto dal fatto che sia Raven che Clarke si trovano lì.

Finn nota le bottiglie, le nostre facce arrossate. Bere a stomaco vuoto, stomaco che è quasi sempre vuoto da quando siamo sulla Terra, ci ha mandato su di giri come si deve.

Lui si acciglia, preoccupato:

“Non è il momento migliore per lasciarsi andare.”

Raven replica, con la sua posa annoiata:

“Finn, siamo in guerra. Bevi un goccio.”

Appunto. Siamo in guerra, e…”

Gli faccio cenno, spazzando la porzione di pavimento alla mia destra.

“Vieni qui, bellino. Ti manco solo io da far innamorare.”

Non so se siano state più le mie parole o la faccia di Finn, ma la risata che invade la tenda è così forte e sincera e dura tanto a lungo che lui è costretto a chiederci se ci sentiamo bene.

Raven risponde, tenendosi la pancia:

“Finn, tranquillo, scherzava."

E Clarke rincara la dose, tradendo il suo tasso alcolemico:

"Non sei il suo tipo. A lei piacciono molto alti, con gli occhi neri, i capelli scarmigliati. Tenebrosi…”

Lui è così disorientato dal nostro comportamento che per un attimo si dimentica della guerra, dei Terrestri, di ogni cosa che sia mai andata storta tra i presenti:

“Bellamy?”

“Mio fratello?”,

urla Octavia, voltandosi nella mia direzione.

“No! Ettore.”, li corregge Raven.

“Ettore.”, ripete Clarke.

Finn fa zigzagare lo sguardo tra di noi, fino ad approdare al mio viso:

“Ma tu non stavi con Murphy?”

Mi piego su me stessa, nascondendo la faccia. Sento il rumore di qualcosa che viene lanciato e si schianta in terra, con un’esclamazione sorpresa del ragazzo.

La quota azzurra della nostra festa non ne può più di stare lì.

“Quando vi sarete riprese, ci trovate nella mia tenda. Stiamo mettendo a punto un piano per l’evacuazione.”

Torno dritta in mezzo secondo:

“Evacuazione?”

Finn annuisce.

“È un’idea di Clarke e io sono d’accordo.”

Octavia salta in piedi.

“Evacuare il campo? E per andarcene dove?”

“Questo non è più un posto sicuro. I Terrestri si stanno organizzando per attaccare.”

“E vagare per il bosco sarebbe meglio? Saremmo più al sicuro lì?”

“O…”,

la chiamo, rendendomi conto in un secondo momento di aver scelto il nome che il fratello usa per lei. Non so da dove mi sia uscito. Mi affretto a correggermi, frastornata:

“Octavia, siediti. Calmati.”

Finn incalza:

“Restare significa ricevere un attacco, Octavia. Capisci che significa?”

“E voi capite che le palizzate che abbiamo eretto sono la sola cosa che può proteggerci, se i Terrestri ci vogliono morti?”

“Senti, ce lo hanno detto. Ok? Hanno detto che se ce ne andiamo ci risparmieranno. Abbiamo due giorni.”

Per tutta risposta lei corre fuori senza voltarsi indietro, se non per assicurarsi di essere seguita da Finn. Lui, uscendo, si preoccupa di risultare chiaro:

“Vedete di tornare sobrie entro domattina. Appena Blair avvisa Jaha, ci muoviamo. Lasciamo il campo.”

Io non so ancora come la penso e temo di avere bisogno di tanta acqua e una bella notte di sonno prima di poterci ragionare su. Guardo Clarke, a sua volta incupita, di nuovo tesa.

“Non so davvero cosa ci trovate in lui.”,

dico, cercando di far rinascere la leggerezza che ci aveva unite fino a poco fa.

Lei appoggia la bottiglia in terra, il più lontano possibile da sé, e mi corregge, sovrappensiero:

“Cosa ci troviate.”

Sto per replicare, quando mi rendo conto che ha ragione lei.

“Dio mio, ho sbagliato un congiuntivo.”

Raven mi sorride, di un sorriso senza allegria:

“Non sei più la stessa, Blair Foer.”






****
30/09/17
Carissimi e carissime, spero che vi siate divertiti insieme alle nostre ragazze :D

Grazie come sempre a tutti coloro che lasciano una recensione, leggono, inseriscono la storia nelle ricordate/seguite/preferite. Pixel, Sky, Spettro, Fede, Nina... e la new entry Morgengabe (anche se raggiungerà questo commento tra un po' ^^)

A presto il prossimo aggiornamento!
LMR

   
 
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