Libri > Shadowhunters
Segui la storia  |       
Autore: Lamy_    30/09/2017    1 recensioni
L’ibrido che possiede il Fuoco Rosso, la stessa che è stata bandita dalla comunità di Nephilim, ridotta ad una emarginata, e che cerca a tutti i costi di condurre una vita normale, è pronta a tornare in azione. Uno spietato assassino sta mietendo vittime, pertanto è necessario un intervento tempestivo per porre fino agli omicidi. Il Console ha bisogno di un team che si muova nell’ombra, che non abbia scrupoli a infrangere le regole, e soprattutto che risolva l’emergenza. Astrea Monteverde è la persona adatta alla missione.
Ma, tra una relazione da portare avanti ed un gruppo di ragazzini a cui badare, deve tenere a mente una cosa: il suo peggior nemico le sta dando la caccia e non ci impiegherà molto a trovarla.
Nuovi incontri, nuovi amori, nuovi tradimenti e incantesimi animano un’avventura tutta da scoprire.
Genere: Azione, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane, Nuovo personaggio, Rafael Lightwood-Bane, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
EPILOGO.
 
Due mesi dopo.
“Ulisse! Dove sei?”
Max controllò sotto il letto, nell’armadio, ed anche in biblioteca, ma non vi era traccia di Ulisse. Raphael sbucò dalla porta del giardino con il piccolo gattino dal pelo rossiccio tra le braccia.
“Trovato!”
Lo stregone dalla pelle blu afferrò il gatto e lo accarezzò, già abituato ai felini di papà Magnus.
“Dov’è zia Astrea? Le voglio far vedere il giochino che ho comperato per Ulisse.”
“Credo che stia ancora dormendo. Tu scendi in cucina e dà del latte al gatto, io vado da zia.”
Max annuì e sparì saltellando da scalino a scalino. Era strano che Astrea stesse ancora dormendo, perciò Raphael si precipitò nella loro stanza per accertarsi che lei stesse bene. Dopo aver terminato la missione, ad Astrea era stato prescritto riposo obbligatorio perché il suo fisico aveva subito numerosi danni per via del pugnale e dello scontro corpo a corpo con Carter. Il Console aveva mantenuto la promessa e aveva restituito l’Istituto di Lisbona ad Astrea, ma non l’aveva reintegrata nella comunità degli Shadowhunters. L’edificio era stato adibito come rifugio per i Nascosti e per i Cacciatori, e settimana dopo settimana le numerose camere si erano riempite di fate, stregoni, vampiri, lupi e Nephilim, tutti in cerca di un posto dove poter ricevere aiuto. Nikolai e sua madre si erano trasferiti a New York; Tanisha era stata accolta nel clan di Lily; Glenys abitava nell’appartamento in periferia di proprietà di Sally, che continuava ad alloggiare al DuMort, e la loro relazione cresceva timidamente; Haru era diventato lo stregone di riferimento a Lisbona e la camera più grande e comoda dell’Istituto era stata riservata a lui. Adam e Carter erano stati curati, imprigionati ad Alicante e processati secondo le Leggi dei Nephilim, anche se il più anziano era un mondano. Era la fine di novembre, New York si raffreddava sempre di più, e la vita, in un modo o nell’altro, andava avanti per tutti. La porta era aperta, così Raphael la scostò di poco e si affacciò in silenzio. Astrea, davanti allo specchio, si puliva la ferita al fianco. Trattandosi di magia nera, Magnus le aveva detto che la ferita le avrebbe provocato ancora dolore perché i tempi di guarigione erano piuttosto lunghi.
“Hai bisogno di una mano?”
Astrea sussultò, si abbassò in fretta la maglietta e si voltò in totale imbarazzo. Gettò le garze sporche nel cestino del bagno, poi torno in camera con disinvoltura. Era evidente che la ferita, più simile a una cicatrice col passare dei giorni, le creava disagio. In particolare, non si faceva mai vedere da lui senza maglia, tendeva a sottrarsi a qualsiasi contatto fisico, e si proteggeva il fianco quasi sempre con il braccio.
“No, tranquillo, ho fatto da sola. Ho sentito che Max cercava Ulisse. Lo ha trovato?”
Ulisse era stato un gentile regalo di Abigail, amante degli animali, che aveva pensato di ringraziare la sua salvatrice con un dono peloso, dal musetto simpatico, e dall’aria terribilmente goffa e tenera. Tutti se ne erano innamorati al primo sguardo, soprattutto Astrea.
“Sì. L’ho travato in terrazza che rincorreva un’ape.”
“Oh, bene. Sarà meglio che vada a preparare la colazione a Max.”
Prima che potesse uscire per raggiungere il soggiorno, Raphael la bloccò afferrandola per un braccio.
“Dobbiamo parlare, signorina.”
“Di cosa dovremmo parlare? Non ti seguo.”
“Della tua ferita.”
Raphael tentò di sollevarle la maglia, al che Astrea si tirò indietro con uno scatto repentino.
“Ti ho appena detto che non ho bisogno di una mano! Che stai cercando di fare?”
“Sto cercando di capire cosa ti sta succedendo. Non ti lasci avvicinare, non ti lasci abbracciare, non ti lasci toccare, neanche sfiorare! E non provare a contraddirmi. Cosa c’è che non va, Astrea? Io sono qui per aiutarti.”
Gli occhioni di Astrea erano tristi, spenti, e li abbassò come se si vergognasse di qualcosa. Raphael la conosceva talmente bene da riuscire a comprendere un certo malessere da parte sua.
“La verità è che odio profondamente questa ferita. E’ dolorosa, mi dà il tormento, ed è ripugnante alla vista. Non voglio che qualcuno la veda, specialmente tu.”
“Lo sapevo. Sapevo che eri così distante per colpa della ferita. Comunque non l’hai disinfettata bene, perciò lascia che ti medichi io.”
“No!”
Raphael aveva già recuperato la cassetta del pronto soccorso, la poggiò sul letto e vi si sedette accanto. Fece cenno ad Astrea di avvicinarsi.
“Non fare la bambina, fuego, e lasciati aiutare.”
La Nephilim, sbuffando e borbottando, si alzò la maglia e si staccò il cerotto che aveva applicato pocanzi.
“E’ repellente.” Mormorò nello sconforto, mentre si mordeva le labbra e socchiudeva gli occhi.
“Repellente è un neo-vampiro che vomita sangue mescolato ad alcol su tutto il pavimento dell’ingresso del DuMort. Repellenti sono gli abiti di Magnus, i suoi glitter e la sua ossessione per lo shopping. Diamine, quello sì che è repellente! Questa ferita è una semplice ferita, nulla in più rispetto alle altre.”
Astrea si sentì rincuorata da quelle parole e si diede della stupida per averlo allontanato a causa dei suoi complessi femminili.
“A parte il fatto che continua a spurgare sangue nero infetto.”
“Sì, a parte quello. Adesso trattieni un respiro, sta ferma, e presto sarà finito tutto.”
La Nephilim spalancò gli occhi quando Raphael le ripulì la ferita con un intruglio magico di Glenys che disinfettava il veleno. Il Fuoco Rosso faticava ad espellere la magia nera dalla ferita, dunque servivano altri supporti.
 Il bruciore diminuì rapidamente, così Astrea poté tornare a respirare. Raphael coprì il tutto con un altro cerotto, mise a posto la cassetta, e si sciacquò accuratamente le mani.
“Saresti stato un ottimo medico, Santiago.”
“Dici? Avrei preferito diventare avvocato.”
“E avresti voluto sposare Sylvie.” Aggiunse Astrea con una risata, poi si infilò gli stivali e prese il cellulare. Raphael le lanciò un’occhiata irritata.
“E’ successo tanto tempo fa. Adesso non importa più, anzi forse non è mai importato, come per te non valgono più i sentimenti che provavi per Thomas. Appartiene tutto al passato.”
Astrea gli scoccò un bacio sonoro sulla guancia e gli sorrise.
“Noi pensiamo soltanto al futuro, Santiago. Un futuro che affronteremo insieme.”
 
 
 
“Apriamo i regali!” esclamò Magnus nel pieno della felicità. Era il ventotto novembre, quindi era il compleanno di Astrea. Per l’occasione Magnus aveva organizzato una cena per sole donne, eccezion fatta per se stesso, in un ristorante chic nel centro di New York. Palloncini a forma di cuore erano attaccati alla spalliera di ogni sedia, il tavolo era decorato da posate rosse e bicchieri a forma di fiamma (ironia della sorte o uno scherzo dello stregone?). La tavolata era stata imbandita nell’area solitamente riservata ai pezzi grossi della società ma Sally con uno sguardo l’aveva prenotata per la sua migliore amica. La festeggiata era stata costretta ad indossare un vestito, allora aveva optato per una gonna a vita alta nera ed una camicetta di seta verde acqua, aveva lisciato i capelli con la piastra, e si era passata un filo di ombretto e di lucidalabbra. Izzy tese verso di lei un pacco ricoperto da una lucente carta regalo fucsia. Al suo interno vi era una deliziosa giacca di pelle a tre quarti, con delle rose bianche cucite sulla schiena e i polsini delle maniche erano di pizzo bianco.
“Adoro questa giacca, è appena diventata la mia preferita. Grazie mille!”
Astrea abbracciò Isabelle, dopodiché aprì il regalo di Jace e Clary. Il piccolo pacchettino era leggero, molto più di quanto ci si potesse aspettare, e custodiva un libro sulle tattiche di combattimento giapponese che si conservava da anni presso l’Istituto di Jace e che Astrea aveva a lungo reclamato. Clary tirò fuori dalla borsa quattro fogli e li porse alla festeggiata.
“Questi disegni sono da parte di Max, Rafe, Stephen e Céline.”
“Ti ringrazio, sia per il regalo sia per i disegni.”
La festeggiata riservò qualche minuto a sbirciare i fogli colorati: al centro era stata disegnata una figura femminile con indosso la tenuta da cacciatore, alla sua destra la tenevano per mano un bambino dalla pelle blu e un altro con capelli e occhi scuri, mentre alla sua sinistra erano stati collocati una bambina dai riccioli biondi e un bambino dalla capigliatura rossiccia.
“Tocca al nostro adesso!” strillò Tanisha dall’altra parte del tavolo. Lanciò il regalo ad Astrea, che lo afferrò per un pelo, per poi scartarlo velocemente. Un biglietto le augurava un buon compleanno ed era firmato da Tanisha e da Glenys: una coroncina di margherite e piccoli diamanti luccicava nella scatola.
“Per l’Angelo, ragazze! E’ bellissima! Grazie mille!”
“Onorata che sia di tuo gradimento.” Le disse la fata con un sorriso mentre Tanisha le fece l’occhiolino. Era il turno di Sally, che le offrì un sacchettino di velluto blu. Astrea parve sorpresa e, colta dalla curiosità, slacciò il nodo senza esitare.
“Sally…”
“Ah, no. Non dire niente. I regali si accettano per quello che sono!”
La Nephilim dal sacchetto estrasse un bracciale il cui pendente a forma di luna era uguale a quello che Sally portava al collo; era il simbolo della loro amicizia.
“Sei pazza, Sally Parker!” così dicendo, Astrea intrappolò la sua amica in un lungo abbraccio, e se ne staccò solo quando Magnus insistette perché fosse aperto il dono che lui e Alec avevano pensato per lei.
“Alexander ed io ci siamo prodigati molto perché tu lo riavessi.”
Le parole e gli occhi dello stregone fecero commuovere Astrea che, una volta svelato il contenuto, scoppiò a piangere di gioia: l’anello originale dei Monteverde reclama di essere indossato, e fu proprio Magnus ad avere l’onore di metterglielo al dito.
“Come avete fatto? Era andato perduto nell’incantesimo per salvare Raphael.”
“Alexander ha fatto richiesta al Clave di poter visitare la cittadella e, quando ci è stato accordato, abbiamo convinto le Sorelle di Ferro a forgiare un nuovo anello per l’ultimo membro dei Monteverde dallo stampo originale. E’ stata dura, ma ce l’abbiamo fatta!”
Astrea, ancora con le lacrime agli occhi e visibilmente emozionata, sollevò il bicchiere e invitò gli altri a fare lo stesso.
“Ringrazio tutte voi, e Magnus, di essere qui. E’ importante per me. Grazie della serata, dei fantastici regali, ma soprattutto grazie della vostra amicizia. Brindisi!”
Il tintinnio dei flute e le urla delle ragazze congedarono quella serata, solo per il momento.
Astrea rientrò a casa verso mezzanotte. Si tolse le scarpe sul pianerottolo, troppo esausta dei tacchi, e si richiuse in fretta la porta alle spalle. Abbandonò chiavi e telefono sul mobiletto all’ingresso, appese il cappotto, e si sfilò anche le calze. Portò la busta colma di regali in salotto, e si insospettì che l’appartamento fosse immerso nel buio. Nonostante Raphael non avesse più problemi a dormire, era un orario insolito perché fosse già a letto.
“Raphael?”
Quando la Nephilim superò la cucina, sorrise allo spettacolo che le si parava davanti agli occhi. Un sentiero di petali di rose rosse era costeggiato da candele a forma circolare che designavano il percorso dal divano alla camera da letto. Un post-it giallo era attaccato alla parete, recitava così: sigue las floras, mi amor.
Segui i fiori, amore mio. Astrea abbandonò la busta sul pavimento e lentamente perseguì quel percorso improvvisato. Continuava a sorridere, mentre camminava verso la camera da letto, e si sentì stranamente felice e serena come mai prima. Entrò in camera, le candele circondavano il letto, sulle lenzuola vi era una rosa rossa col gambo, e a terra vi era un tavolino basso di legno su cui giaceva una torta al cioccolato e due calici di vino rosso.
“Buon compleanno, mi amor.” Astrea sussultò appena quando avvertì due mani sui fianchi, si voltò e ritrovò il sorriso raggiante di Raphael.
“Tu sei completamente pazzo, Santiago!”
“Non potevo mica lasciarti festeggiare il compleanno soltanto con le tue amiche e Magnus. Sono stati due mesi impegnativi, abbiamo discusso e ci siamo allontanati, quindi ho colto l’occasione per passare del tempo con te. Ce lo meritiamo.”
Raphael la invitò a sedersi attorno al tavolino e allungò verso di lei il bicchiere. Astrea notò che sulla torta erano state disposte venti candeline a forma di rosa.
“Questa torta è così bella che mi dispiacerebbe mangiarla.”
“Ti assicuro che il sapore supera l’aspetto. Provare per credere!”
Astrea portò alla bocca un pezzo di torta ed un’esplosione di cioccolato al latte e caramello confermò le parole del ragazzo. Poi bevve un sorso di vino addolcendone ancora di più il gusto.
“Tu mi stai tentando, Santiago.”
“Può darsi. Comunque, ho una cosuccia per te.”
Raphael cercò nel suo comodino una custodia nera lucida, afferrò la rosa che stava sul letto e porse entrambi i regali alla Nephilim. Quando Astrea sollevò il coperchio della custodia, le venne un colpo: una catenella sottile d’oro bianco era ornata da una perla color avorio. I suoi occhi si fecero subito lucidi, non poteva credere che lui avesse deciso di consegnarle quel cimelio che per anni era appartenuto a Guadalupe Santiago.
“Raphael, io non so se…”
Il ragazzo le tolse di mano la collana e gliela appuntò attorno al collo, la fece girare verso lo specchio sopra al comò e le sorrise.
“Ti sta benissimo. Settantadue anni fa ho chiesto a Magnus di realizzare un amuleto contro gli incantesimi per mia madre e lei per anni ha portato questa collana al collo, l’ha sempre protetta e le ha sempre ricordato che io ero con lei in ogni momento. Armando voleva venderla per pagarsi i debiti, ma un paio di mesi fa me l’ha restituita con la promessa che l’avrei conservata con cura. Adesso voglio che l’abbia tu, che la indossi sempre, anche perché l’incantesimo di protezione funziona ancora. Soltanto una donna eccezionale merita questa collana e, dal momento che mia madre non c’è più, da ora in poi appartiene a te.”
Molte ragazze avrebbero pensato che fosse un gesto da mammone, che quel regalo fosse un vecchio ricordo di famiglia ma Astrea era onorata di avere con sé un oggetto così prezioso che anni prima era stato in possesso di una donna altrettanto preziosa. Non avrebbe mai avuto la possibilità di conoscere Guadalupe, ma era sicura che quell’amuleto l’avrebbe difesa anche grazie al lascito della sua vecchia padrona.
“Ti giuro che la indosserò sempre. Grazie davvero, è un gesto meraviglioso.”
Raphael si limitò ad annuire, il groppo in gola gli impediva di parlare, ed era il suo sguardo commosso a parlare per lui.
Dopo quel momento così forte, le due ore successive le trascorsero ad ingozzarsi di torta e a bere tutto il vino, seduti a terra, la notte che incombeva scura e silenziosa.
“Sono le due del mattino, la torta e il vino sono finiti, e comincia a fare freddo.” Disse Astrea alzandosi per dare una ripulita. Le candele fortunatamente erano ancora accese e creavano un lieve calore. Tornò in camera dopo aver messo in ordine, e trovò Raphael che spegneva le fiammelle.
“Quella busta sembra pieni di regali.” Commentò lo spagnolo mentre lanciava un’occhiata alla sacca che la Nephilim stava riponendo nell’armadio.
“Sì, questa serata è stata un successo. Perché spegni le candele?”
“Perché sono le due del mattino e hai freddo, ho pensato che tu volessi andare a dormire.”
“Ti ricordo che qualche tempo fa mi hai promesso di esaudire ogni mio desiderio.” Fece Astrea con tono malizioso e un sorriso furbo sulle labbra.
“ Beh, che uomo disonorevole sarei se non esaudissi le richieste della mia reina!”
“Vedo che hai centrato il punto, Santiago.”
Raphael l’attirò a se stringendole i fianchi, le baciò dapprima la fronte, poi le guance, ed infine le labbra.
“Desidero fare l’amore con te lentamente, dolcemente, fortemente, fino a dimenticare tutte le preoccupazioni e le ansie, fino a ricordarti quanto ti amo.”
Astrea non seppe replicare, quelle parole l’avevano destabilizzata del tutto, parole sussurrate all’orecchio, parole sincere, parole cariche di sentimento. Gli circondò il collo con le braccia, sorrise, e gli baciò le labbra languidamente, mentre il desiderio di entrambi cresceva. Raphael le sbottò la camicetta poco a poco, continuando a baciarla, poi scese a torturarle il collo beandosi dei sospiri della ragazza. Le mani si muovevano frenetiche, i baci si susseguivano famelici, e i loro corpi si reclamavano.
“Aspetta, aspetta, aspetta.” Astrea lo allontanò di poco per prendere un respiro.
“Qualcosa non va?”
“Piano, andiamo piano.”
I grandi occhi scuri di Astrea erano così infantili, in senso positivo, da smuovere anche i cuori più duri, e Raphael dinanzi alla loro forza si arrendeva sempre. La fece stendere sotto di sé, le abbassò entrambe le corde del reggiseno, indugiando con le mani sulla pelle morbida e calda della Nephilim, e si curvò a baciarle le spalle, il collo, scendendo verso le clavicole sporgenti, fino a depositare dolci baci sull’addome. Astrea stava letteralmente andando a fuoco, poteva sentire le vene pulsare e il cuore pompare il doppio. La cura e la pazienza con cui Raphael le dedicava attenzione era disarmante, da mozzare il fiato. Tornarono a baciarsi, labbra contro labbra, pelle contro pelle, e cuore contro cuore. La stanza si riempì presto di gemiti, parole sussurrate, mentre fuori da quelle mura il mondo cadeva in rovina e qualcosa si muoveva malvagiamente nelle tenebre. Loro, però, per una volta avrebbero fatto finta nulla, avrebbero continuato a fare l’amore come se non esistesse nient’altro.
Erano circa le sette di mattina quando Astrea si svegliò e si accorse che l’altra parte del letto era vuota. I vestiti erano stati ripiegati sulla poltrona, come era solito fare il ragazzo, e le tende erano ancora chiuse. Dalla cucina proveniva un invitante odore di caffè. Indossò la biancheria e la canotta, e raggiunse il soggiorno. Raphael era di spalle, chino sulla macchina del caffè, con addosso soltanto i pantaloni del pigiama. Si perse ad ammirare quella schiena marmorea che aveva avuto il piacere di accarezzare e a cui si era aggrappata poche ore prima.
“Lo so che sei qui, fuego.”
“Ma come diamine fai a capirlo ogni volta? Ormai i poteri da vampiro dovrebbero essere svaniti del tutto.”
Il ragazzo le diede una tazza fumante di liquido scuro e un bacio sulla fronte.
“Non lo capisco grazie ai poteri, lo capisco grazie al tuo odore.”
“E quale sarebbe il mio odore?”
“Zucchero bruciato, dolce e amaro al tempo stesso.”
Raphael restava una persona comprensiva, attenta ai dettagli, estremamente interessante anche senza i completi di alta sartoria e le abilità dei Figli della Notte.
“Ora mi sto mentalmente paragonando allo zucchero filato.”
“Lo zucchero filato non è bruciato!” ribatté Raphael scoppiando in una fragorosa ristata. Astrea sorrise solo come fa una bambina.
“Non prendermi in giro, Santiago!”
“Sei un caso perso, un vero caso perso.”
“Adesso sono ufficialmente offesa.”
Mettendo un finto muso, Astrea si allontanò ma Raphael la trattenne e caddero sul divano. Le loro risate si mescolarono alle prime timide luci di quel freddo novembre.
Raphael, tornato serio, prese ad accarezzarle il collo con l’indice, procurandole una caterva di brividi.
“Sai cosa avrei fatto in questo momento se fossi stato ancora un vampiro?”
“No. Cosa avresti fatto?”
“Ti avrei osservata, ti avrei scelta come preda, e avrei perseguito ad ogni costo l’impulso irrefrenabile che spinge i vampiri a nutrirsi. L’odore dolciastro del tuo sangue mi avrebbe causato un enorme piacere che mi avrebbe poi convinto a morderti. Ti avrei morso proprio qui, dove la carne è più tesa, dove la vita fluisce veloce, dove sotto la pelle batte una vena piena. Il sangue mi avrebbe fatto sentire talmente appagato, mentre tu avresti continuato ad annaspare per l’effetto allettante dei miei canini.”
Astrea ghiacciò sul posto. L’intensità con cui stava parlando Raphael e la musicalità nel pronunciare quelle parole la mandarono in visibilio. Aveva le labbra socchiuse e gli occhi spalancati, e tremava.
“H-hai mai pensato di mordermi quando eri un vampiro?”
“Oh, avrei voluto morderti la prima volta che ti ho vista. Le tue vene, ogni singola fibra del tuo corpo saturo di sangue mi chiamava, mi ordinava di nutrirmi. Ho pensato tante volte di farti provare piacere con un morso, e puoi solo immaginare come ti avrei fatto sentire al settimo cielo, ma gli altri se ne sarebbero accorti e avrebbero fatto domande. Inoltre, da anni non bevevo sangue umano fresco né tantomeno angelico. Ti avrei morso esattamente qui…”
Le parole di Raphael morirono sul collo di Astrea. Le mordicchiò la pelle, poi vi lasciò un bacio umido. La Nephilim, colta di sorpresa, trattenne il respiro e si lasciò sfuggire dalle labbra un gemito. Una piccola parte di lei desiderava che quel morso potesse essere vero.
“Raphael…”
“Non adesso, Astrea. Ai problemi ci pensiamo domani.”
E la passione che avevano dovuto trattenere durante la missione si consumò come un fiamma, senza, però, spegnersi mai.
 
 
“Come ho fatto a lasciarmi convincere?”
“Taci. Sei meravigliosa. Ho fatto un ottimo lavoro!”
Magnus fece un giro attorno ad Astrea e sorrise soddisfatto del proprio lavoro. L’aveva obbligata ad indossare un pregiato abito color oro dalle spalline sottili e dallo scollo incrociato, un ampio spacco si apriva sul davanti mostrando le costose scarpe col tacco anch’esse dorate. Le aveva truccato gli occhi di un bronzo tenue e le labbra di un leggero rosa, mentre le aveva legato i capelli grazie alla coroncina di fiori che le avevano regalato Tanisha e Glenys al suo compleanno. L’attenzione, però, veniva catturata dalla perla che le ornava il collo in modo assai elegante.
“Oh, sì, davvero un magnifico lavoro!” sbraitò Astrea sarcasticamente. Aveva vergogna a farsi vedere conciata così da tutti, soprattutto perché era abituata a jeans e a maglie monocolore. L’occasione era la cerimonia parabatai di Rafe e Theodor, migliori amici da sempre. In realtà, non sapeva se fosse più nervosa e irritata per colpa di quel vestito o perché il ricordo di Thomas voleva irrompere violentemente nella sua testa. Lottava per non lasciarsi sopraffare dai ricordi.
“Vedrai che Raphael apprezzerà.” Le disse Magnus con un sorriso divertito, poi si versò un bicchiere di Martini e lo mandò giù in un sorso soltanto.
“Cosa vuoi che mi importi dell’apprezzamento di Raphael? Può anche andarsene se non gli piacciono i miei vestiti tristi, come li chiami tu.”
“Qual è il vero problema, zuccherino? Ti conosco e sono sicuro che qualcosa ti turba.”
“Non lo neanche io, Mag. Sono nervosa negli ultimi giorni, ho un brutto presentimento e non riesco a stare tranquilla. Quando mi sento così, di solito è la mia relazione con Raphael a subirne le conseguenze.” Lo sconforto di Astrea preoccupò Magnus, così le sedette accanto e le circondò le spalle con un braccio.
“Andrà tutto bene. Sono settantadue anni che conosco quello spagnolo fastidioso e posso assicurarti che quando vuole qualcosa fa di tutto pur di averla, ed è proprio quello che fa con te. Non ti lascerà mai.”
“Non voglio che passi il resto della sua vita ad occuparsi di me come una mamma farebbe con la figlia. Voglio solo che si goda la vita senza doversi continuamente trovare in pericolo e senza ansie. Se lo merita dopo tutto quello che ha vissuto.”
Sally aprì la porta senza bussare e i due amici scattarono in piedi cercando di fingere che fosse tutto normale. La vampira splendeva nel suo abito bordeaux di seta e pizzo.
“Vi date una mossa? All’Istituto sono arrivati tutti, manchiamo solo noi.”
“Sì, andiamo.”
Astrea sorrise a Magnus, dopodiché tutti e tre sparirono nella parete liquida di un Portale.
 
 
Quando Raphael vide Astrea fare la sua entrata accompagnata da Magnus, si sentì il cuore in gola. ‘Bellissima’ non rendeva giustizia alla donna che stava a pochi metri da lui. Sembrava brillare di luce propria in quel vestito, una fiamma che arde intensamente e che non può essere facilmente soffocata. Se fosse stato ancora un Figlio della Notte, Astrea sarebbe stata la sua luna e le sue stelle.
“Stai sbavando, fa’ attenzione al pavimento!” lo derise la voce allegra di Simon, che lo infastidiva come sempre. Si voltò verso di lui con la sua solita espressione accigliata.
“Resti irritante ed inopportuno anche da Cacciatore, Simon. Idiota!
“Sai, non mi mancano affatto i tuoi rimproveri in spagnolo.”
Raphael scrollò la testa sollevando le sopracciglia.
“Non importa a nessuno quello che pensi, soprattutto a me.”
“Non so come faccia quel tesoro di ragazza a sopportarti. Sei crudele!” Simon accennò con la mano ad Astrea mentre rinfacciava a Raphael quello che pensava, ma l’ex Capo Clan era rimasto indifferente.
“Ingenuo io a domandarmi come faccia Isabelle ad avere sposato un ipocondriaco, goffo, imbranato, logorroico, per nulla divertente, che gioca ancora ai videogame.”
Simon, offeso, gli lanciò un’occhiata truce e svanì confondendosi tra gli invitati.
“Sei gentile quanto un pugnale intriso di magia nera nel fianco, Santiago!” quel sarcasmo apparteneva ad una sola persona, allora Raphael si girò verso di lei con un sorriso spontaneo.
“Chi si rivede! Magnus ti ha dovuto rapire alle cinque del pomeriggio per convincerti a vestirti così?”
L’insicurezza di Astrea venne a galla, e incrociò le braccia al petto come a volersi difendere.
“Mi sono vestita così soltanto perché questa cerimonia è importante per Alec e Rafe.”
Raphael la strinse in un abbraccio e lei si sciolse quasi come fosse neve al sole.
“Sei perfetta, Astrea.” Le mormorò nell’incavo del collo mentre Astrea si faceva consolare da quelle braccia che l’avrebbero sempre accolta e protetta.
Dopo la lunga cerimonia, Magnus e Alec invitarono tutti nel loro appartamento per continuare i festeggiamenti. Rafe e Theodor erano impegnati a ricevere le congratulazioni, gli ospiti si godevano cibo e alcol, e Max se ne stava accucciato contro il petto di Astrea.
“Piccolo, sto crepando di caldo. Che ne dici di scendere?”
“No, sto bene qui.” Ribatté lo stregone afferrando con le mani le spalline di Astrea come a reggersi.
“Beh, ci credo che sta bene!” disse Raphael ammiccando, e l’allusione al fatto che il bambino fosse accoccolato sul seno della Nephilim era davvero sottile, anche perché quella era la posizione che assumeva quando non riusciva a dormire e Astrea lo coccolava dolcemente.
“Sei un cretino, Santiago.”
“E va bene, fuego, ci penso io. Max, vieni, dai.”
Max, gli occhioni blu e i capelli arruffati, passò dalle braccia di Astrea a quelle di Raphael.
“Questo lo mantengo io.” Fece Astrea mentre reggeva il bicchiere di champagne di Raphael e lo sorseggiava. Un fischio destò tutti dalle proprie attività: Magnus aveva preso posto al centro della stanza tenendo sollevato un calice e al suo fianco vi era un Alec sorridente.
“Buonasera a tutti, gentili ospiti! Io e Alexander siamo lieti di avere riuniti tutti qui per celebrare l’unione parabatai di nostro figlio. Siamo onorati che Rafael abbia deciso di legare il suo destino a quello di Theodor. Un Lightwood e un Penhallow destinati a combattere fianco a fianco, a vivere insieme, a morire l’uno per l’altro, sono un dono per i Nephilim, per i Nascosti e per i Mondani, perché i loro cuori perseguiranno sempre il bene. Ai parabatai!”
Gli invitati alzarono i calici tra esclamazioni e sorrisi per poi bere insieme ai padroni di casa. Astrea finì lo champagne di Raphael in un colpo solo.
“Stronzate. Sono tutte stronzate. E’ un legame labile, teso alle bugie e ai tradimenti.”
Raphael comprendeva quelle parole così dure e severe, aveva visto come Thomas aveva distrutto il rituale fondamentale degli Shadowhunter e come Astrea ne aveva sofferto.
“E’ finita, Astrea. Thomas non può più farti del male. Pensa al futuro.”
Raphael era così maestoso nel suo completo nero, uno di quelli che indossava da vampiro, così sorprendente mentre teneva in braccio Max, così speranzoso nel futuro. Gli baciò a stampo le labbra.
“Destinazione futuro, Santiago!”
Da lontano Alec le fece segno di raggiungerlo in terrazza. Astrea si precipitò da lui e, mentre percorreva quelle mattonelle color ruggine, ricordò le serate trascorse in quella casa quando era arrivata da Lisbona. Allora era una bambina impaurita, con l’anima legata ad un bugiardo, con la mente confusa, e quelle persone le avevano dato una famiglia dopo tanto tempo. Alec era particolarmente bello, i capelli in ordine, il completo blu scuro, e un’espressione insolitamente allegra.
“Da qui le stelle si vedono magnificamente. E’ una delle cose che amo di più di questo appartamento.” Alec parlò senza guardarla, le mani in tasca, il viso rivolto al manto stellato che incombeva su di loro.
“Già.” Fu la risposta di Astrea, e un terribile nodo alla gola. Negli ultimi mesi le cose tra di loro non erano state positive, la missione li aveva divisi, e di rado si erano scambiati messaggi. Si domandò se tutti i suoi rapporti sarebbero finiti così, tra incomunicabilità, reticenze, e abbandoni.
“Sai, ne ho viste di stelle passare di qui. Alcune erano davvero straordinarie, luminose e inarrestabili. Però, nessuna stella brilla quanto te. Quando ti ho portato in casa nostra due anni fa, sentivo il bisogno di aiutarti, di darti quella famiglia che ti mancava, ti farti sentire a casa dopo quello che avevi dovuto affrontare. Col tempo ho capito che, invece, sei stata tu a completare la mia famiglia. Sei come una figlia per me e per Magnus, i bambini ti adorano, e siamo davvero felici di averti con noi. A parte il Fuoco Rosso, tu bruci di un’intensità propria, ardi come fuoco grazie al tuo coraggio, alla tua forza, e il tuo grande cuore, troppo grande per quel corpicino, è il centro vitale che ti porta ad essere una stella in fiamme destinata a splendere per sempre. Sono così fiero di te, Astrea. Fiero come solo un padre può esserlo della propria figlia. Hai lottato, hai perdonato, hai imparato ad amare, e hai dato forma alla tua vita da sola. Lo so che ultimamente siamo stati distanti, che ci siamo visti e sentiti poco, ma volevo che con questa missione tu te la cavassi da sola per dimostrare a te stessa quanto vali. Sei una donna eccezionale, però non dimenticare che per me sarai sempre la mia bambina.”
Astrea era ormai in lacrime. Sentire Alec pronunciare quelle parole le fece scoppiare il cuore di gioia. Per la prima volta dopo anni sentiva di appartenere a qualcosa, a qualcuno. Lui non era un semplice migliore amico, Alec era il suo papà adottivo che, come amava Max e Rafe, adesso amava anche lei. Gli gettò le braccia al collo e lo strinse come se avesse paura che evaporasse e con lui quella sensazione di pace che le pervadeva il cuore.
“Ti voglio tanto bene. Anzi, vi voglio tanto bene. Tu, Mag e i bambini siete la mia famiglia. Certo, siamo una famiglia un po’ bizzarra, ma siamo uniti e indistruttibili. Non ti ringrazierò mai abbastanza per avermi offerto una casa, un aiuto, e soprattutto la tua fiducia. Sei il padre acquisito migliore che potessi mai chiedere. Grazie di tutto, Alexander Lightwood. Grazie di avermi dato una seconda possibilità.”
Magnus e Raphael si scambiarono un’occhiata loquace mentre guardavano le persone che più amavano al mondo abbracciarsi in una delle notti più belle.
 
 
 
“Dannazione!”
Raphael si affacciò in camera da letto e ridacchiò per la disperazione della sua fidanzata. Di spalle verso lo specchio, tentava più volte di raggiungere i bottoni del vestito collocati sulla schiena.
“Sei talmente imbranata.”
“Vieni ad aiutare questa imbranata, forza!”
Raphael la raggiunse, si mise dietro di lei e studiò l’abbottonatura per qualche istante.
Ulisse balzò sul letto, poi sulla poltrona ed infine si strusciò alle gambe di Astrea miagolando contento.
“Prima Max e adesso Ulisse, sei una che attrae!”
“Dedico le giuste attenzioni anche a te, impertinente.”
Astrea gettò uno sguardo alle sue spalle mentre Raphael allentava i bottoni con il massimo della concentrazione. Il ragazzo, con la camicia già aperta e le maniche tirate ai gomiti, faceva di tutto pur di sfiorare la schiena di Astrea e farla tremare, era un mago nel gioco della seduzione. Aperto anche l’ultimo bottone, poggiò il mento sulla sua spalla ossuta, dove depose un bacio, e le sorrise attraverso la superficie riflettente dello specchio.
Maravillosa.
“Sei un adulatore, Santiago.”
Astrea rise, e stranamente quella sera era l’unica cosa che le andava di fare. Voleva dimenticare tutto ed essere spensierata come dovrebbe esserlo una ragazza di venti anni. Il bracciale con il ciondolo a forma di luna tintinnò quando afferrò Raphael per il colletto e lo avvicinò per baciargli le labbra con fervore.
“Ti amo così tanto, Astrea.” Sussurrò Raphael tra un bacio e l’altro, e nel frattempo avevano raggiunto il letto.
“Anche io ti amo, spagnolo sempre imbronciato.”
Raphael, sdraiato sul materasso, con Astrea seduta sul bacino, non poté evitare di ridere per quelle assurdità. Le cinse la vita con le braccia e assunse una falsa smorfia pensierosa.
“E lei, madame Monteverde, sarebbe così gentile da cancellare il broncio dal mio viso?”
La risatina di Astrea preannunciava come sarebbe terminata quella giornata già di per sé positiva.
“Ho il rimedio al suo malanno, monsieur Santiago!”
“Allora non esiti a guarirmi, madame!”
Il sorriso di Astrea morì soavemente sulle labbra di Raphael, e la nottata proseguì all’insegna di amore e ottimismo.
 
 
 
Una cattivo presagio interruppe il sonno di Raphael. Sbarrò gli occhi e si passò una mano sul viso, poi si mise seduto contro la testiera del letto. Fece un mezzo sorriso notando che Astrea dormiva beatamente, avevano appena trascorso una nottata piena di emozioni e al solo pensiero gli batté il cuore.
 Si infilò i boxer per dirigersi in cucina a prendere un bicchiere d’acqua. Sembrava tutto tranquillo quando ad un tratto la voce concitata di Astrea lo fece tornare in camera da letto. Lei si stava dimenando in preda ad un incubo, agitava le mani e ripeteva ‘no’.
“Astrea, svegliati!”
 
 
Astrea non capiva perché si trovasse a Lisbona, nella Biblioteca dell’Istituto. Poche ore fa era a New York e non aveva senso. Doveva essere nel suo letto a dormire, invece vagava nell’enorme stanza circolare fiancheggiata da scaffali di libri. Una musica giungeva dallo studio di suo padre, era cupa e inquietante. Passi svelti si inseguivano nel corridoio. Si volse a guardare la soglia della porta e vide una bambina. Lunghi capelli castano chiaro e grandi occhi azzurri, la bambina saltellò fino ad Astrea e si fermò per prenderle la mano. Sulla veste bianca che aveva addosso c’era scritto ‘Celina Rosestal’.
“Celina? E’ così che ti chiami? Io sono Astrea Mon…”
“Lo so chi sei, Astrea Monteverde.” Disse la piccola con una vocina amorevole.
“Che sta succedendo?”
“Non avere paura. Sono qui per consegnarti un messaggio da parte di Raziel.”
Astrea era impaurita e faceva fatica a capire se quello fosse un sogno o se fosse reale.
“Raziel ha un messaggio per me? Qual è?”
Celina cominciò a saltellare attorno a lei, i capelli che frusciavano, le manine che battevano tra di loro, le scarpette rosse di vernice che stridevano sul pavimento.
“Il messaggio è questo.
Cuori legati,
baci mai dati,
storia di due innamorati
quel che io e te
non siamo mai stati.”
“C-che cosa vuol dire? Che sta succedendo?”
La musica riprese a suonare, ora più tetra di prima. Celina andò via così come era venuta.
Astrea scattò in avanti sbattendo le palpebre più volte. Sussultò quando si sentì toccare.
“Astrea, sono io. Sono Raphael. Va tutto bene. Guardami. Amore, guardami!”
Raphael l’abbracciò per calmarla, le accarezzò i capelli e le sussurrò che andava tutto bene. Astrea pian piano smise di tremare e si rilassò, anche se le lacrime fluivano sul suo viso. Si appigliò alle spalle nude di Raphael come se potesse affogare da un momento all’altro.
“Va tutto bene. Non piangere più, Astrea.”
“S-son-no q-qui.”
“Sì, sei qui. Ci sono io con te.”
 
 
 
Astrea bevve nella speranza di schiarirsi la voce e raccontare cosa aveva vissuto. Era rannicchiata sul divano, vestita dalla camicia di Raphael, e si copriva con una coperta in pile che sua mamma aveva cucito per lei quando era piccola.
“Stai meglio?”
Raphael si sistemò accanto a lei ma non si avvicinò più di tanto per non spaventarla.
“Sì, sto meglio. Grazie.”
“Che cosa hai sognato?”
“Mi trovavo nella biblioteca del mio Istituto, risuonava una musica tetra dallo studio di mio padre, e poi è apparsa una bambina di nome Celina Rosestal che mia riportato un messaggio da parte di Raziel.”
L’ex vampiro inarcò un sopracciglio, come faceva quando qualcosa non gli era chiaro, e apparve perplesso.
“Perché Raziel avrebbe mandato una bambina a darti un messaggio?”
“Capita che gli Angeli comunichino servendosi di messaggeri. Comunque, il contenuto del messaggio è: Cuori legati, baci mai dati, storia di due innamorati, quel che io e te non siamo mai stati.”
“E che cosa vorrebbe dire?”
“Non ne ho idea. Credevo che riguardasse noi due, ma non ha senso ‘baci mai dati’ e ‘innamorati che io e te non siamo mai stati’. Voglio dire, stiamo insieme da circa due anni e Raziel ne è al corrente. Raphael, mi stai ascoltando?”
Raphael le indicò la finestra che dava sul cortile interno. Sul vetro comparve una scritta a caratteri cubitali intinta di sangue: où tu mourras, je mourrai aussi; et je serai enterré.
Astrea indietreggiò portandosi le mani alla bocca per reprimere un urlo.
“E’ una parte del giuramento parabatai ed è in francese. Baci mai dati e innamorati mancati non si riferisce a noi due.”
Raphael serrò i pugni, la rabbia gli stava corrodendo l’anima, e sentiva tutta la felicità accumulata di recente cedere all’ansia.
Thomas e Sylvie stanno tornando.”
 
 
 
Salve a tutti! :)

Eccoci giunti alla fine.
Ve lo aspettavate un finale così triste?
Credevamo che fosse tutto finito, e invece siamo solo all’inizio della guerra.
Voglio ringraziare tutti coloro che hanno letto, recensito, ecc…
Mi farò viva con la quarta e, ahimè, ultima parte di Troublehunter.
Guardatevi le spalle, Thomas e Sylvie stanno tornando!
 
Ps. Ringrazio stardust94 per avermi ‘prestato’ il personaggio di Celina Rosestal.
 
Ps. Perdonate eventuali errori di battitura.

 
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Shadowhunters / Vai alla pagina dell'autore: Lamy_