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Autore: ROW99    01/10/2017    1 recensioni
Essere soli è una delle cose più devastanti che possano colpire la vita di una persona, ma spesso la luce è nascosta più vicino di quanto sembri, magari negli occhi di qualcuno di insospettabile!
Dal testo: Non è facile avere amici quando sei troppo intelligente. Sembri sempre troppo alto, troppo lontano per chi vive una vita normale. Minaho non ricorda un periodo della sua vita in cui non sia stato solo. Forse, nei suoi primi ricordi, prima dell’incidente che gli porterà via il padre, vi era una stilla di felicità, ma poi tutto era crollato.
nb: Minaho e Manabe frequentano la Raimon, ma in una sezione diversa dai protagonisti di IE go
Genere: Drammatico, Fluff, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Manabe Jinichirou, Minaho Kazuto
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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When you're alone at night
Does it feel all right
And does your heart feel content
Lord knows I hope it might
On every corner you turn
There's a heartache
Well, love's a challenge

Minaho salutò Manabe con la mano mentre lo vedeva allontanarsi verso la fermata del bus. Nascose i suoi timori, voleva sorridere.
Rientrò in casa chiudendosi la porta alle spalle, ma aprendo immediatamente la portafinestra del salotto che dava sul cortile. Si sentiva soffocare al pensiero di quante ore aveva davanti. Era fatto così… si agitava quando doveva aspettare qualcosa di importante senza poter fare nulla.

La sera prima si era sentito sicuro. Sarebbe apparso davanti al consiglio portando le sue ragioni, affrontando gli sguardi dei suoi detrattori insieme a Manabe, ma ora ogni sua certezza era venuta meno. Cosa avrebbe detto? Come avrebbe retto la tensione senza scoppiare a piangere, o peggio insultare qualcuno? Riusciva quasi a immaginare nella sua mente il momento del verdetto, lo sguardo triste di Manabe, il sorriso beffardo di Kitama e il vociare confuso dei consiglieri…

Immaginó l’orfanotrofio. Corridoi bianchi illuminati da una luce ipocrita, bambini piccoli che corrono e lui solo, un ragazzo fuori posto. Cinque anni… cinque anni ancora per arrivare a ventuno, la soglia della maggiore età nel suo paese. Cinque anni senza poter vedere Manabe se non nei rari momenti di visita, cinque anni di vergogna e di solitudine, tenendo conto che mai e poi mai sua zia lo avrebbe ripreso in casa.

Provó con tutte le sue forze a scacciare questi pensieri. Contestualmente si rese conto di quanto la situazione fosse ridicola. La sua felicità appesa al giudizio di perfetti sconosciuti, incaricati di dirigere una scuola superiore. E tutto per cosa?
Si sedette sul divano e accese la televisione. I telegiornali della mattina erano insulsi, come sempre. Un furto, una festa, un attentato in occidente…
-la solita iniezione di ottimismo mattutino! -pensò sarcastico.

Chiuse gli occhi.

Immaginó di volare. Sognava di alzarsi al di sopra dei tetti e di vedere scorrere sotto di lui la vita della città… poteva quasi sentire i profumi. Il pane caldo, le cucine dei ristoranti che cuocevano il riso, i fiori del parco… le voci si mischiavano in una sinfonia infinita e trascinante. Voci  felici, voci disperate, voci affacendate. Vedeva Manabe seduto al suo banco girarsi i pollici e fissare con dolore il suo banco vuoto. Non si ricordava… perché non era lì? Forse. .. forse era morto? Sì… doveva essere morto… vaghi ricordi al campo al fiume… sangue..

Voleva toccare Manabe. Voleva parlargli… gli sembrava così triste… vide che teneva stretta in pugno una loro foto insieme. Una lacrima gli rigó il volto.
Fece per correre verso di lui, per atterrare nel banco accanto al suo, ma una forza lo tratteneva. Qualcosa lo tirava indietro,  qualcosa lo allacciava ai polsi, alle caviglie. Manabe piangeva e lui era trascinato sempre più nel buio… nel buio…

Sì svegliò di soprassalto, sudato fradicio. La televisione trasmetteva programma di cucina. Si portò le mani al petto e sentì il cuore battere a mille… aveva avuto un incubo.
-Dannata subconscio! -Minaho rise tranquillizzato. -Beh… mi spiace, ma questa volta hai fallito! Sono salvo, vivo e vegeto e ben sicuro che non succederà mai più niente di simile!
Si stiracchió. Aveva bisogno di riposarsi… quanto aveva dormito?

-Per le mutande rosa della preside! -L’orologio segnava l’una e tre quarti. Doveva ancora prepararsi, e la sudata lo costringeva a rifare la doccia… era tardissimo.

Corse in bagno lanciando nel tragitto vestiti a destra e a manca, e si lavó con l’acqua quasi fredda rabbrividendo, quindi, con solo un’asciugamano stretto attorno ai fianchi, si lanciò verso camera sua.
-Ma porc….. !! -Si trattenne a fatica dall’imprecare . In curva aveva preso in pieno lo spigolo della cassettiera.

Si massaggió lacrimando il piede dolorante. Era dannatamente tardi… tardissimo!
Iniziò a scavare nell’armadio, lanciando sul letto pantaloni e mutande, calzini e magliette. Non aveva tempo… Dove diavolo era la divisa?

Finalmente la trovò. Manabe l’aveva lavata e stirata per lui… Doveva assolutamente ringraziarlo. Sapeva quanto odiasse quei lavoretti.
Lanciò via l’asciugamano, infilò la biancheria e i pantaloni stando bene attento a non stropicciarli, quindi con estrema cura indossò la camicia inamidata e la giacca della divisa. Allacció i bottoni dorati uno ad uno e si sistemó il colletto… non lo aveva mai sentito così stretto.

Si osservò allo specchio. Il colore scuro della divisa dal taglio militare risultava con il suo colorito pallido e gli occhi verdi. Prese un pettine e iniziò a ravvivare i capelli  arancioni. Non si era mai considerato bello, ma da quando aveva conosciuto Manabe aveva imparato ad apprezzarsi di più.
Il tempo di lavarsi ancora una volta i denti e di darsi una spruzzata di profumo ed era pronto ad uscire di casa.

Mentre si richiedeva la porta alle spalle pensó a cosa lo aspettava. Con che occhi avrebbe rivisto quel cortile? Con che umore varcato quella porta?

Il tragitto fu più rapido del previsto, e l’arancione riuscì ad essere a scuola in orario.
Varcó il cancello con il cuore in gola. Il cortile pullulava di ragazzi e Minaho si sentiva osservato. Come se tutti sapessero… si vergognava.

Percorse a passo svelto il corridoio che conduceva alla sua classe. Perché Manabe non era lí ad aspettarlo? Perché non lo vedeva?

Guardò nella stanza. Nessuno.

L’ansia aumentò a dismisura… mancavano solo dieci minuti.. poi cinque… il lilla continuava a non vedersi. Minaho appoggió i palmi delle mani contro la porta e chiuse gli occhi. Respirava accelleratamente e sentiva la testa dolergli… perché era solo? Perché Manabe non si vedeva?

-Ehi… Min, che hai?
L’arancione si voltó con il cuore in gola. Manabe era lì che gli sorrideva.
-M..Man… dove…
-Scusa … ero andato a prendere una bottiglietta d’acqua… -Il lilla sventoló una minerale. -Pensavo che avresti potuto avere sete più tardi… ma che hai? Perché… perché piangi? Min qualcuno ti ha fatto qualcosa? Dimmelo… dimmi che hai!
Manabe corse dell’amico e lo abbracció. Minaho tiró su col naso.
-Scusa… scusa Man… è che… è che non so se sono pronto… non ti ho… non ti ho visto e ho… ho avuto paura…

Manabe capí. -Scusa Min… avrei dovuto aspettarti prima di assentarmi un attimo. Ora sono qui con te, vedi? Dai… vieni qui…
Il lilla sorrise stringendosi al petto Minaho. L’arancione si asciugó le lacrime e fece un debole sorriso.
-Ok… ci sono. Penso che… penso che sia ora di andare.


Il consiglio si riuniva in aula magna. I due ragazzi fecero il loro ingresso nella sala inondata di luce e presero posto intorno al grande tavolo. Avevano riservato loro i due posti più centrali… sarebbero stati sotto gli occhi di tutti. Minaho sentí un brivido percorrergli la schiena.
Pochi minuti dopo entrò il mister accompagnato da un ragazzo con i capelli neri. Manabe era sicuro di averlo già visto da qualche parte… ma non aveva idea di dove. Endou li salutò con un cenno della mano e una pacca sulle spalle. Era la prima volta che lo vedevano in divisa… non sembrava il tipo da cravatta.

Il momento era giunto. Entrò la preside. Dietro di lei il resto del consiglio. La prof di inglese sorrise ai due ragazzi, mentre gli altri due insegnanti non sapevano nemmeno chi fossero… non erano del loro corso. I rappresentanti degli studenti presero posto tutti tronfi nelle loro divise, simbolo di un potere ipocrita ottenuto più con promesse di elargizioni che per meriti nei confronti della scuola, e per finire, in abiti civili ma eleganti, i genitori.

Manabe rabbrividí. Aveva visto l’ultima cosa che avrebbe voluto vedere… il padre di Kitama. Non aveva idea del fatto che fosse consigliere, ma sapeva che era un uomo ricco, quasi più ricco del padre di Shindou. Inoltre aveva fama di essere superbo e prepotente quanto il terribile figlio.
L’uomo, vestito con una giacca pesante di foggia antica impreziosita da gemelli dorati e da una cravatta di raso, osservò freddamente Minaho. L’arancione si sentì male. Sapeva riconoscere quando una persona emanava carisma… sarebbe stato un bel problema.


Il dibattito era in corso da quasi mezz’ora. La preside aveva prima esposto i fatti così come le erano stati riferiti, quindi aveva proseguito citando il provvedimento preso nei confronti di Minaho (qui il padre di Kitama espresse con gli occhi il suo spietato consenso) e infine citando le testimonianze contrarie che le erano giunte, tali da giustificare la necessità di sottoporre il caso al consiglio. Del resto si trattava di un’espulsione, non una semplice sospensione!

I professori erano in assoluto i più partecipi al dibattito, forse timorosi di passare per vagabondi. I rappresentanti degli studenti non seguivano quasi per nulla la discussione e i genitori sembravano divisi. Il padre di Kitama e una donna sostenevano la colpevolezza di Minaho, due signore invece la sua innocenza.

L'arancione, da par suo, sudava freddo. Ripercorrere quei momenti era stato doloroso, e sentiva tutti gli sguardi su di lui. Sentiva la schiena fradicia e gli sembrò di respirare male.

-Insomma! La situazione è palese! -Il padre di di Kitama aveva di nuovo prevalso sulle altre voci. -Mio figlio è stato ferito seriamente da questo… da questo animale!
-Moderi i termini! -Endou era scattato in piedi. -Lei forse non sa cosa fa suo figlio la mattina, in questa scuola!
-Mio figlio? Mio figlio ha perso un dente! Mio figlio è andato in ospedale! Potrei denunciarvi tutti! Potrei farvi chiudere! Voi non sapete chi sono io!!!

La preside scattò in piedi a sua volta. -Non vi sembra di esagerare? La invito a rispettare di più chi fa il suo lavoro! Dovreste sapere cosa significa questa parola, dato che possedete un’azienda fra le più grandi del paese!
Minaho era terrorizzato… sentiva che la testa gli girava. Manabe gli teneva la mano e cercava di rassicurarlo.
-Ed è proprio per questo… -L’uomo si era alzato in piedi minaccioso. -Ed è proprio per questo che avrei dovuto iscrivere mio figlio ad una scuola migliore! Una scuola decente! Noi saremo sempre una spanna sopra di voi!

Gli insegnanti erano scandalizzati. La situazione stava degenerando e anche i rappresentanti degli studenti ora si facevano sentire.
-Noi… -Il padre di Kitama si avvicinò minaccioso a Minaho. Manabe gli si paró davanti. -Noi non dovevamo mai prendere contatti con questa ridicola scuola! Un’istituto dove si permette a gente simile… -Indicò Minaho con violenza. L’arancione era atterrito. Si teneva il petto. -Dove si permette a gente simile di frequentare i corsi! Un orfano figlio di genitori degeneri non poteva che diventare un violento! Siete pazzi a sostenere le ragioni di gente simile!

Manabe era allibito. Fece gesto di scagliarsi contro l’adulto quando sentì una mano trattenerlo.
-M… Man… non…
Minaho cadde a terra.

-Oddio Min! Minaho! Rispondimi! -Il lilla sorreggeva la testa dell’amico in preda al panico.
-Guardi cosa ha fatto, idiota! -Endou era corso verso i due ragazzi. -Non temere Manabe… è solo svenuto… è stato lo stress… vieni, portiamolo un attimo fuori.
Il mister e Manabe portarono fuori Minaho svenuto proprio mentre la preside riprendeva quasi urlando il padre di Kitama. -Lei ha passato ogni limite! Taccia finalmente oppure la sbatto fuori! Questa è ancora la mia scuola!


Il corridoio era fresco e luminoso.
-M… Man.. allenatore… che… che è successo? -L’arancione, adagiato su alcuni cappotti, si era appena ripreso.
-Minaho… sei svenuto. Stai tranquillo… adesso va tutto bene. -Endou gli sorrise.
-Io… io ho avuto… così paura… perdonatemi! -Minaho si sentiva in colpa è si vergognava.
-Non devi sentirti in colpa Min… quell’uomo lo avrei picchiato, giuro! Come ti senti? Vado a prenderti qualcosa di caldo? Una camomilla? Una bibita? -Manabe era preoccupato e teneva stretta la mano dell’amico.
-No….Non serve Man… sto già molto meglio. Purtroppo però temo… temo che il verdetto sia già deciso! Quell’uomo è così potente…
Manabe voleva fare di no con la testa, voleva rassicurare Minaho, ma la verità era che anche lui in fonda ormai nutriva poche speranze.

-Fermi.

L’allenatore si era avvicinato sorridendo.
-Ragazzi… è tutt’altro che finita, abbiate fiducia. Abbiamo un’arma segreta!

Minaho e Manabe lo fissarono increduli.
-Un… un’arma segreta???
   
 
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