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Autore: Bluereddino    01/10/2017    3 recensioni
Un cuore marcio non può essere recuperato, è destinato solo a sbriciolarsi e a divenire cenere. E il cuore di Silver era ormai marcio da tempo.
Sonic x Silver
Genere: Angst, Dark, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Knuckles the Echidna, Shadow the Hedgehog, Silver the Hedgehog, Sonic the Hedgehog
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Il telefono era stato posato sul comodino, adagiato accanto alle due boccette di colonia che, dal fatidico giorno passato in campagna con Sonic, erano ancora immobili dove le aveva abbandonate. La stanza era completamente oscurata, se non per la lattea luce lunare che faceva capolino attraverso le persiane socchiuse.

La conversazione messaggistica con Sonic era appena terminata, e le lacrime che solcavano il viso di Silver da più di un'ora non accennavano a voler arrestare il loro corso. Era bastato un insignificante istante a mutare la condizione per la quale quell'acqua salata gli aveva bagnato il musetto: dalla gioia immensa di sapere con certezza che i suoi sentimenti erano ricambiati, alla delusione più totale causata dal rifiuto.

"Hey, tutto bene?"

"Per niente." Il suo sguardo, da cui trapelava una vuotezza incolmabile, era fisso sul soffitto macchiato dall'umidità.
In ogni messaggio che aveva scritto al porcospino dopo la proposta altrui di attendere ancora qualche mese, nessuna emozione corrispondeva a ciò che sentiva davvero, ogni singola lettera era un disperato tentativo di occultare quel buco nero inguaribile che aveva sostituito il suo povero cuore.
Si sentiva giudicato e discriminato; la sua prima impressione, rinominata poi come 'causa vera', era che Sonic avesse paura, o addirittura provasse disgusto e ribrezzo, nei suoi confronti a causa della così detta malattia mentale da lui tanto citata. La sua coscienza era un dono prezioso, non una satanica purga da estirpare necessariamente, come volevano farla apparire. Perché voler sottolineare a tutti i costi la sua diversità?

"Senti, so che non tutto è andato come previsto, ma Knuckles non ti aveva detto che non aveva intenzione di impegnarsi. Non potevi prevederlo."

"Stai zitto, non ho voglia di sentirti." Aveva sussurrato con voce spezzata.

"Dai, lasciami-"

"Zitto. Se vorrò sentirti ancora gracchiare, te lo farò sapere."

"Come preferisci." Detto ciò, la coscienza si era ridotta al silenzio, evitando di commentare eccepibilmente le molteplici riflessioni del giovane. Doveva essere particolarmente provato dalle dure parole dell'amico, e ciò aveva suscitato nella mente un desiderio bramoso di vendetta. Non sopportava di vedere il padrone ridotto allo scatafascio per colpa di un insulso, insignificante mobiano qualunque. Silenziosamente, si era raccolto nelle sue elucubrazioni.

D'altra parte, Silver non riusciva ancora a credere di essere stato rifiutato così, e ad accrescere e ingigantire i suoi dilemmi vi erano sia i prospetti di vita felice inculcatigli da Knuckles, sia le frasi in apparenza complici ma ovviamente distaccate.
Contrariamente a come riferito al porcospino blu, l'echidna gli aveva esplicitamente detto 'Sonic mi ha confessato che tu gli piaci. Non è grandioso? Perché non ci parli, ora che finalmente le cose stanno andando per il verso giusto? Sareste una gran bella coppietta!'. Ovviamente voleva restare in anonimato e non desiderava ringraziamenti o altre smancerie, ma il ragazzo dal pelo argenteo si era sentito in dovere di ringraziarlo di persona e lo avrebbe voluto fare offrendogli qualcosa da bere o da mangiare, se la situazione non fosse precipitata nel verso opposto. Teoricamente quella sera sarebbero dovuti andare insieme al bar, come stabilito, ma il riccio non aveva nemmeno le forze di sollevarsi dal letto, il dispiacere lo aveva incatenato alle sue coperte. Ora la colpa di averlo fatto stare male non ricadeva più solamente sul minore, ma anche sul rosso, la cui intenzione era di aiutarlo a conquistare l'amato, ma il cui risultato si era rivelato decisamente meno soddisfacente. Per questa motivazione Silver aveva deciso, appena ricevuto il rifiuto, di non andare a vedere gli incontri di kick boxing di Knuckles e Shadow durante la domenica, visto che probabilmente non sarebbe stato il benvenuto tra lo scorbutico che faceva buon viso a cattivo gioco, l'informatore perfido e l'insicuro approfittatore.

Sonic era stato davvero sleale nei suoi confronti. Ripercorrendo le tappe della loro amicizia, il riccio bianco si era finalmente reso conto di come l'affetto carnale del minore fosse decrementato dalla fatidica cena in pizzeria a quel pomeriggio: prima il bacio passionale in bagno, poi gli abbracci consolatori, la discussione sentimentale e infine lo scarto dei suoi sentimenti.
E questo gli aveva fatto notare che quella scala decrescente era inversamente proporzionale a quanto Sonic sapesse a proposito di lui e della sua coscienza: più sapeva, meno voleva stargli accanto. Che continuasse a essere gentile di certo non dipendeva dalla situazione vissuta dal maggiore dei due, ma poteva probabilmente essere attribuita all'educazione ricevuta dai genitori, visto che invece di troncare immediatamente i rapporti aveva addirittura fatto finta di essere interessato al passato, convincendo l'altro di volerlo sostenere e aiutare. Che grande infame.

Chiedendo ai suoi arti la cortesia di mettersi in moto, si era seduto sul bordo del materasso, pesante come mai si era accorto di essere. Sollevandosi poi in piedi, si era trascinato giù per le scale a testa china, senza accendere le luci poiché sarebbe stato uno sforzo troppo consistente. Aveva una fortissima emicrania.

Blaze non era in casa quella sera, e trovandosi da solo non aveva la più pallida idea di come risolvere quel problema ponderoso come un macigno. Sapeva che affidarsi alla coscienza equivaleva alla perdita della ragione, e non voleva assolutamente arrivare a far del male a Sonic, che per quanto corrotto fosse, non meritava dolore fisico o mentale.
Doveva discutere di persona con il ragazzo, ma sentiva di non avere l'energia e il coraggio di farlo e per un istante si era sentito perso e abbandonato come due anni prima. La situazione aveva lo stesso fulcro della sera in cui Venice lo aveva scortato in macchina piangendo e implorando scusa, disperato come mai prima. Quelle lacrime apparentemente pure: 'Scusami, ti voglio bene e non lo avrei dovuto fare.' mentre la coscienza gridava al traditore, Giuda. Le sue urla avevano preso vita non appena, arrivati a casa, invece di tenere la mano al fratello ubriaco e gemente e aiutarlo a superare la notte fatta di stampe della serata impresse nelle membra, era tornato da quegli uomini che lo stavano distruggendo.
Sonic non era diverso da quell'infimo: 'Mi dispiace per la tua vita, lascia che io ti renda felice.' e poi lo aveva abbandonato come si fa con un giocattolo rotto, riparabile, ma che non sarebbe mai tornato bello come in principio. Silver se ne era accorto dal primo istante che quegli occhi verde smeraldo erano in realtà il ghiaccio delle notti passate a delirare sul terrazzo. Non voleva dare ragione alla voce che gridava all'ingannatore, ma lo aveva saputo fin dal principio. Sonic e suo fratello avevano lo stesso sguardo.

A questo punto, contro il suo personale buon senso, aveva deciso di lasciarsi completamente manovrare dalla sua coscienza. Doveva solo chiamarla a sé, e comunicare come ai bei vecchi tempi, quando il ragazzino dal pelo blu e la sua banda di amici non avevano ancora messo piede nella sua vita.

Sapeva cosa fare.

La luce della luna era ancora l'unica fonte d'illuminazione e spostandosi da una parte all'altra delle stanze, era giunto al bagno. Non aveva neppure chiuso la porta alle sue spalle, semplicemente si era denudato lentamente, lanciando gli abiti fuori dall'entrata, e aveva posto un piede dentro la vasca da bagno, dandosi la spinta per entrarvi e sedersi con la testa penzolante fuori dalla ceramica candida. Con il piede aveva attivato il getto d'acqua e, tanto perso nei suoi pensieri, non si era nemmeno reso conto della temperatura troppo bassa. Chiudendo gli occhi aveva preso a rilassarsi, unici suoni udibili il suo respiro affannoso, il battito accelerato e lo scosciare del rubinetto. Quel suono costante lo aveva già sentito molto simile, si, alla sorgente. L'acqua incanalata dei piccoli bacini faceva lo stesso identico canto quando si andava a infrangere sulla superficie della pozza movimentata sottostante. Ogni centilitro di acqua in più creava i suoi anelli circolari che smuovevano la terra e la sporcizia.

Poteva essere lì, si sentiva come se effettivamente fosse adagiato in uno di quei laghetti.

La fredda e movimentata acqua lo avvolgeva, abbandonando al vento insistente –che tuttavia non era capace di smuovere il suo corpo fragile e abbandonato a quel ridondante infrangersi delle onde e della loro schiuma sporca- solamente le palpebre serrate, l'oramai gelido nasino nero e le labbra un poco dischiuse.
Inibendo ogni senso, si era totalmente affidato a quella forza dall'incomprensibile obbiettivo: spingerlo verso il basso o aiutarlo a stare a galla?
Il liquido addensato dalla sporcizia lo aveva avvolto in un premuroso abbraccio, imponendogli di rinunciare al respiro e sostituendo il suo regolare battito cardiaco con l'impetuoso infrangersi dell'acqua sulla natura circostante. Pareva che questa volesse sussurragli un'aspra ninna nanna nelle sue orecchie ricolme del liquido dolciastro.
Il progressivo ovattarsi del suono si era immediatamente velocizzato, non appena i colori, già di per sé cupi, quei verdi spenti, i viola oscuri e i grigi freddi, erano stati sostituiti da una totale assenza, un buio che lo aveva avviluppato completamente.
Il ragazzo si era sentito trascinare in direzione del fondale, apparentemente distante una misura inconcepibile. Ogni bisogno primario, come in un sogno, era scomparso: nessuna necessità di parlare, respirare, tantomeno pensare. Spogliandosi di questo peso, aveva finalmente avuto accesso alla remota porzione di mente contenente istinti, voleri, desideri contorti e perversioni di ogni genere; ogni bisogno represso, ogni immoralità, ogni parafilia non era tabù in quello spazio racchiuso nel cervello, apparentemente minuscolo, ma infinitamente esteso.

"Sei tornato da me, finalmente. Ti aspettavo."

Dopo essere riuscito a recuperare la voce, aveva risposto, tentando di identificare la forma assunta dalla sua coscienza, ma, trovandosi in una circostanza simile all'essere bendato, non era riuscito a identificare altro se non i fruscii che si avvitavano attorno a lui e la sensazione dell'acqua che gli inzuppava l'intero corpo:

"Cosa devo fare?"

"Non hai bisogno di saperlo da me, conosci già la risposta. Ricordi cosa ti ha scritto?" la figura che aleggiava alle spalle del ragazzo lo aveva sfiorato, decidendo di raccoglierlo tra le sue braccia forti nell'immediato.

"Hai capito anche tu che non mi vuole, no?". A contatto con il gelido essere, ancora più freddo dell'acqua stessa, aveva provato un intreccio di sensazioni, le quali avevano pervaso interamente la sua forma. Asia e paura contemporanee a un cieco abbandono al tocco di quella presenza invisibile, che con i suoi arti accarezzava la carne nuda del riccio.
Quella era la coscienza: lo yin e lo yang della percezione dei sensi, il gelo e il calore del sentimento, quella sfumatura di vita e distruzione che gestiva la pazzia e la sanità.

"Non è quello che ha detto, assolutamente."

"Non so cosa fare, da solo non riesco ad arrivare alla soluzione. Scusami se ti ho taciuto, sappiamo entrambi che riconosco unicamente te come confidente e insegnante... sembra che tutti abbiano gli assi e i jolly in mano, mentre le mie carte sono completamente bianche e non so come colorarle."

"Shh." Silver aveva percepito l'aura leggiadra e premurosa che gli lambiva il volto, divorando le sue lacrime senza masticarle, consumando la melanconia del momento. "Sonic ti vuole baciare, così recitava uno dei suoi messaggi. Perché non dargli di più? Vuole il tuo corpo, ma potresti essere tu a reclamare il suo."

"Non si lascerebbe mai sottomettere da uno come me. Inoltre ho promesso che non lo avrei toccato contro la sua volontà." La voce gli era morta nella gola appena aveva percepito una scossa fredda, causatagli dal prepotente tocco che ormai era comparabile a un perverso palpare ogni zona scoperta e alla ricerca di tutti quei punti ancora celati e ignoti.

"Oh, ma lui sarà consenziente, eccome! Griderá il tuo nome, Silver, ti implorerà per poter avere qualcosa in più e tu, fra le sue gambe, gli darai la ragione per cui dovrebbe sceglierti, anzi, sottostare ai tuoi capricci. Possiamo manipolarlo fino a farlo diventare come tuo fratello, una puttana pronta a tutto pur di soddisfare la propria cupidigia."

Il ragazzino aveva deglutito a quella proposta. Si, Venice e Sonic erano simili per tanti aspetti, ma non voleva che il minore diventasse una bestia, e, cosa più importante, non voleva essere la causa di quel mutamento. Il movimento anomalo in corrispondenza del suo inguine non lo aiutava a concentrarsi, ma sapeva che quella era un tecnica della coscienza per farsi ascoltare e desiderare.

"Non sarà una cosa violenta, vero?"

"Sta a te. Puoi essere dolce quanto vuoi, io ti aiuterò solo a intossicarlo. E il veleno sarà la tua passione."

"Sei sicuro che funzionerà?"

"Non potrà fare più a meno di te. Se riesco nel mio intento, e tu mi devi lasciar fare, non si curerà più di sé stesso, quanto di te."

"Non voglio uno zombie."

"Avrai un seguace, non un morto vivente. Andata?"

Un grido aveva svegliato Silver dal suo stato di trance. La luce era accesa e Blaze stava scuotendo le sue spalle per svegliarlo. Spaventato e confuso, ma conscio del perché la giovane fosse così intimorita, si era sollevato in piedi, non curandosi del fatto di essere ancora nudo.

"Tutto ok, è passato." Aveva sorriso accarezzandole la guancia.

"Niente è ok, Silver! Stavi affogando e mi hai allagato la casa!" aveva urlato scombussolata. Abbassando lo sguardo, il riccio aveva notato che l'acqua arrivava alle caviglie della giovane tremante.

"Guarda il lato positivo, non dovremo lavare il pavimento oggi." Era uscito dalla vasca, girandosi verso il rubinetto e trovandolo chiuso. "Vado a prendere gli stracci.".

Allontanandosi, il suo volto era stato solcato da un lungo e disturbante sorriso. Si, avrebbe fatto a modo della coscienza: avrebbe avuto qualcuno che non lo avrebbe lasciato per alcun motivo, avrebbe approfittato di quella persona dagli occhi freddi, come ogni essere analogo va trattato, senza pietà alcuna. Doveva solo affidarsi alla parte più oscura di sé, al suo io contorto e sfruttatore e lo avrebbe fatto con piacere, stanco di quella vita in cui quello a essere manipolato era lui. Era arrivato il momento di essere felice e in pace con sè stesso.

Affare fatto.

   
 
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