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Autore: __roje    08/10/2017    2 recensioni
-- QUESTA STORIA CONTIENE SCENE DI SESSO ESPLICITE! --
Ryu è un ragazzo di appena sedici anni praticamente invisibile al mondo intero, ma che un bel giorno si trova a fare la conoscenza del ragazzo più ammirato e desiderato della sua scuola, Hara. Solo che quell'incontro darà il via a tutta una serie di episodi tutt'altro che piacevoli per il nostro protagonista. Infatti finirà con lo scoprire che proprio Hara nasconde un carattere davvero particolare e schivo sulla propria vita privata, e spetterà proprio a Ryu scoprire il perchè del suo atteggiamento. Con determinazione e amore Ryu dovrà passo dopo passo arrivare al cuore di una persona che non sa che significa amare, e dovrà combattere contro i suoi demoni.
Genere: Drammatico, Fluff, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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CAPITOLO 42

Quante volte ancora Kioko avrebbe avuto idee stupide?
Se fosse stato per me avrei detto di no anche a quello stupido viaggio e invece no, ero intrappolato in una sorta di incubo tra le idee malsane di quella ragazza e le idiozia di Sega. Pensare a quel ragazzo mi faceva rabbia, così tanta che certe volte mi ero persino trattenuto dal picchiarlo.
Mi ero trattenuto, chissà perché. Solo per la sua insolenza avrebbe meritato un pugno eppure mantenevo una strana calma, un controllo che spesso non mi spiegavo e lo lasciavo fare. Troppa libertà. Non concedevo a nessuno di starmi tanto vicino eppure con quel ragazzo era diverso, gli avevo permesso di alzare la voce, di entrare in casa mia e nel mio letto. Se ci pensavo bene però non avevo concesso nulla, ero stato stesso io a farlo mio perché lo avevo voluto e non mi spiegavo il perché.
“Hara-san?” la voce di quella ragazza cominciava a farmi venire il mal di testa. La fissai serio, ero già stanco di girare con lei per quella umida boscaglia. E se ciò avveniva era sempre per colpa di Kioko che non sapeva mai farsi gli affari suoi. “Aaaaaah! Cos’è stato?!” ed eccola che si riappiccicava addosso come una cozza alla scoglio. Irritante.
“Era solo qualche animale notturno.”
“A-animale?”
Stupida oca. Odiavo ragazze di quel tipo, com’è che vi ero capitato insieme. In quel momento rimpiangevo persino la compagnia logorroica di Sega. Almeno non si sarebbe messo ad un urlare in continuazione come una gallina. “Si, un animaletto. Non devi avere paura.”
Strinse ancora di più la sua presa al mio braccio affondando le sue unghie nelle mie carni. La guardai di sfuggita, non era brutta magari per una scopata me la sarei anche fatta ma c’era qualcosa che non mi attraeva più. Era insipida, priva di qualcosa che stuzzicasse il mio appetito sessuale. Era strano, un tempo ero diverso, più superficiale in certe cose e quante volte avevo dormito con qualcuna solo per il gusto di soddisfare un bisogno fisico. Avevo qualcosa che non andava.
“Hara-san possiamo fermarci un pò? Mi fanno male i piedi.”
Era già la quinta volta che chiedeva di fermarsi, e la accontentai ancora una volta a malincuore. La osservai mentre si sedeva su una piccola sporgenza rocciosa che sbucava dal terreno. “Hai sete?”
“Si.” Le offrii dell’acqua. Per quanto fosse snervante non potevo certo farla morire, così molto pacatamente fingevo di essere gentile, tanto quella tortura sarebbe presto finita.
Restammo li quanto? Venti minuti buoni sicuro. E più guardavo la mappa più mi chiedevo dove diamine fosse la fine di quel percorso di merda. “Mi dispiace di dare tutto questo fastidio.” Disse con la faccia di un cucciolo di foca. La guardai senza emozione.
“Se ti senti meglio riprendiamo.”
Lei annuì e si alzò per riprendere la marcia. Faceva tremendamente caldo quella sera, forse il tasso di umidità era più alto del solito e ogni passo era un agonia. Una volta usciti di li avrei ammazzato Kioko, alla prossima idea stupida l’avrei mandata al diavolo, così anche Sega se si fosse messo in mezzo per un altro viaggio del genere.
Non mi ero affatto rilassato in quei giorni. Il pensiero di Mizumi, quel bastardo gay di Boto erano stati il mio chiodo fisso, senza contare lo snervante comportamento di Takeru. Sempre presente per dare fastidio nei momenti meno opportuni.
“Ehmm Hara-san.. spero davvero che tu non ti stia annoiando di stare con me” cominciò a dire all’improvviso. Perché le ragazze devono sempre avere certi momenti. “So bene che avresti preferito qualche tuo amico piuttosto che una sconosciuta.”
Non potevo darle più che ragione. “Fa lo stesso. Non sei così male.”
La ragazza, di cui mi sfuggiva anche il nome, parve illuminarsi e un lieve rossore comparve sulle sue guance insieme ad un sorriso da ebete. Cavolo. Dovevo essere più duro. “Sai, mi sei sempre stato simpatico ma non ho mai trovato l’occasione per parlarti.”
E grazie al cielo! “Beh, ora siamo sperduti in un bosco, più occasione di questa.”
Lei ridacchiò coprendosi le labbra con la mano e mi fissò, “Già, che occasione..”
Ed ecco che la storia si ripeteva. Era tutto così noioso, tanto che mi venne da sospirare. Mi domandai come stesse andando quella passeggiata agli altri, sicuramente meglio della mia.
Ero stato l’unico ad avere sfiga col compagno, ma come avrei potuto immaginare che sarebbe finita in quel modo. “Hara-san, perdonami se sono troppo inopportuna..” ricominciò senza guardarmi negli occhi e camminandomi accanto, “ma stai uscendo con qualcuna?” ed eccola la domanda! Non risposi subito, ci pensai a cosa dire poi stranamente un immagine affiorò nella mia mente ed era Sega, perché quando si parlava di certe cose mi veniva sempre in mente lui? Corrucciai la fronte a tale domanda, e la mia espressione spaventò un pò la ragazza. “Mi dispiace!” esclamò.
“No, non sto vedendo nessuna.”
E Sega che cosa era?
“Ah.. capisco.” Sorrise quasi soddisfatta della cosa.
Nel dirlo mi parve di aver fatto qualcosa di sbagliato ma non verso me stesso. Il che era strano perché non mi era mai importato dei sentimenti altrui, invece da un pò di tempo cominciavo a preoccuparti di troppe cose e la cosa mi irritava. Avevo dato di matto per la faccenda di quel Boto, senza neppure una spiegazione logica, e avevo detto certe cose imbarazzanti proprio davanti a Sega. Perché.
“Ryu non mi sei indifferente come credi.” Così avevo detto quella volta. Ogni volta che me lo trovavo tra i piedi dicevo cose strane, o facevo qualcosa che non avrei mai minimamente pensato di fare.
Compariva sempre la sua espressione nella mia mente, quando sorrideva, quando era infuriato, quando invece era triste o quando godeva sotto di me. Per quanto io volessi negarlo a me stesso, ero stato il colpevole di quell’assurdo amore che provava per me. Avevo fomentato qualcosa che non riuscivo a ricambiare. Strinsi i pugni a tal pensiero.
“Tutto bene Hara-san?” domandò la tipa fermandosi davanti a me.
Non mi ero neppure reso conto di essermi fermato all’improvviso. “Si.”
“Forse dovresti sederti un pò, hai l’aria così stanca.”
E con le dita sfiorò la mia fronte spostandomi i capelli. Tuttavia quel tocco sensuale non ebbe nessuna reazione su di me. Digrignai i denti e le afferrai la mano allontanandola da me.
“Non toccarmi.”
Lei ritrasse la mano spaventata per il mio tono autoritario, “S-scusami tanto!”
“Non mi piaci quindi smettila di provarci.” Sgranò gli occhi sorpresa che glielo avessi detto così apertamente e in maniera così cattiva. Non le concessi più alcuna gentilezza, ero al limite. Lei parve dispiacersi e si incupì senza dire nulla. “Ora vieni, finiamo questa merda di passeggiata.”
E mi seguì in silenzio.

*******

L’arrivo, finalmente. Parve un dolcissimo miraggio e mi venne da sorridere.
Ero stanco e sudato, ma nonostante tutto quella era stata una bella sfida seppure strana. Diedi un occhiata alle mie spalle e vidi Kioko districarsi tra gli ultimi cespugli prima di raggiungermi. “A quanto pare siamo i primi”, fece notare soddisfatta.
Corsi dritto verso la bandiera rossa che era stata piantata nel terreno per contrassegnare il luogo. La estrassi, e mi sentii molto fiero di me stesso per essere riuscito a resistere, seppure quella non fosse una gara. “Aspettiamo gli altri?”  domandai.
Lei scosse la testa e con la mano mi indicò qualcosa, “Segui quel sentiero Ryu, vedi ho messo dei nastri rossi così non ti perderai.”
Non capii cosa stesse dicendo, non era ancora finita? “E tu non vieni?”
Kioko mi sorrise, chiaramente stanca per il tragitto duro. “Io aspetterò qui Tetsuo, tu va’ per me.”
Inizialmente pensai di non proseguire affatto ma da lontano notammo delle luci e subito collegai che stavano arrivando gli altri così Kioko mi spronò ad andare e di fare presto. Incitato corsi via seguendo quel piccolo sentiero contrassegnato di rosso, più buio di quanto non fosse quello precedente e completamente solo mi addentrai sempre di più nel bosco. Mi domandavo tuttavia che diavoleria si fosse inventata per terminare così quella cazzata.
Corsi più in fretta che potevo e ormai neppure più la stanchezza sentivo, anche perché dietro di me sentivo che qualcun altro mi stava raggiungendo. Quindi era una gara o cosa?
Il sentiero cominciò a scendere, divenne una discesa che si aprì improvvisamente su una piccola spiaggia incastonata tra enormi scogli dove le onde vi urtavano violentemente. Ne rimasi affascinato, ma non persi altro tempo e continuai a seguire dei segni rossi che continuavano a snodarsi lungo la sabbia proseguendo ancora per un pò.
Certo che ne aveva avuto di tempo libero. Dovevo dare atto ad Hara e riconoscere che forse Tetsuo non se la faceva abbastanza per escogitare tutto ciò.
Camminai ancora un pò e finalmente arrivai alla fine di quella maratona, ma non vi era nulla. Ero sul bagnasciuga da solo, e i segnali rossi erano finiti. Vi trovai adagiato a terra un filo rosso lasciato così sulla sabbia che veniva mosso dal vento. Lo raccolsi non capendo che cosa vi dovessi fare. E ora?
Che bella trovata. Che presa in giro e sorrisi per quel giochetto. Di cosa mi meravigliavo, Kioko era fatta così, amava fare scherzi. Strinsi nella mano quel piccolo spago e feci per tornarmene indietro tuttavia quando mi andai a voltare rimasi profondamente sorpreso di trovarmi alle spalle proprio Hara, affannato e con i capelli mossi dal vento. Bello come sempre.
“Hara..” dissi con un filo di voce.
“Accidenti Sega, sei stato più veloce di me” disse col fiatone e spostandosi i capelli dalla fronte con una mano. Ogni sua gesto era così sexy da farmi diventare di fuoco.
Era da circa tre ore che non lo vedevo, eppure bastava la sua semplice apparizione per mettere sottosopra il mio cuore, e ogni mio pensiero diventava improvvisamente confuso. Ero proprio un idiota.
“Non c’era nulla, a parte questo” gli mostrai il cordoncino rosso che tenevo nella mano. Glielo portai vicino per mostrarglielo più nitidamente e ne rimase confuso quanto me.
“Giuro che l’ammazzo!” esclamò irritato, “Mi ha detto di correre da solo fin qui perché c’era un premio alla fine e che dovevo fare presto.. quella cretina.” Spiegò brevemente. Tuttavia non ascoltai nulla, lo fissavo stranito, preoccupato che avesse trascorso così tanto tempo con quella Meiko. Era sempre lui eppure non riuscito a togliermi dalla testa che magari potesse trovare qualcuno che gli facesse provare amore, e che riuscisse dove io avevo fallito. “Sega? Perché piangi?”
Stavo piangendo? Mi toccai le guance e notai che queste erano umide. Com’è che avevo iniziato a frignare come un bambino. Non davanti a lui!, gridavo contro me stesso eppure non riuscivo a smettere, ero stato così in pena che quella lacrime furono una liberazione.
“S-scusaami..” bofonchiai tra una lacrima e l’altra.
Hara sospirò, “Prima quella li e adesso tu, ma che avete tutti.. smettila.” disse venendomi incontro, con un gesto molto rapido strofinò l’indice sulla mia mia guancia asciugandomi una lacrima. Quel gesto mi lasciò interdetto, non aveva mai fatto una cosa del genere. Lo fissai fisso. “Sei uno stupido, Sega.” Disse con un tono tanto dolce quanto caldo, e una smorfia simile a un sorriso comparve sul suo viso.
La razionalità allora mi lasciò e mi lasciai completamente andare, mi lanciai contro di lui stringendolo, fregandomene altamente che volesse o meno. Ormai non mi importava più, non dovevo più pensarci troppo e gettarmi tanto alla fine lui avrà sempre da ridire su tutto.
“Mi dispiace.” Riuscii a dire staccandomi da quel contatto che faceva così male.
I film o i libri insegnavano che perseverare portava a qualcosa, e che tutte le storie d’amore avevano un lieto fine. Nonostante questi pessimi insegnamenti mi rendevo sempre più conto che a continuare così avrei vissuto per sempre un amore a senso unico. Hara voleva provarci ma quanto avrei dovuto aspettare per essere felice completamente.
Indietreggiai e non volendo lasciai cadere il filo rosso. “Beh torniamo indietro, che dici?” proposi abbozzando un sorriso quanto meno finto. Ormai non aveva più senso lamentarmi di qualcosa che non poteva darmi, era inutile piangere perché lui di promesse non ne aveva fatte. Quelle lacrime erano tutte per me stesso, provavo pena per il mio tipo amore. Eravamo quanti sulla faccia della terra? 8 miliardi. Eppure io avevo scelto l’unica persona che non potevo avere completamente.
“Che succede?” Hara però non ascoltò affatto la mia proposta e con gesto inaspettato afferrò il mio polso, quasi a non volere che mi allontanassi. Lo faceva spesso. Erano state tante le volte in cui si era comportato così dicendo di non riuscire a lasciarmi andare, ma ciò non mi bastava più.
Non potevo più soffrire ogni volta che una bella ragazza gli ronzava attorno, non potevo più starmene con la preoccupazione che ogni mio comportamento fosse sbagliato.
“Niente. Sono solo stanco.”
“Ah si? E una persona stanca prende e piange?”
Lo fissai serio, “Può essere. Ora ti prego torniamo indietro, voglio farmi una doccia.” Ma la sua presa non cessò, anzi la strinse ancora di più.
Lo guardai attentamente in quelle iridi color tramonto, mentre la sua espressione era seria quanto la mia. Era stanco quanto lo ero io, e in quel silenzio si percepivano così tante cose non dette. Troppe. Io avrei voluto gridare - Stai solo con me! Con nessun altro - volevo che fosse solo mio.
Da parte sua non riuscivo proprio ad immaginare che parole gli potessero uscire di bocca. Schiuse giusto un pò le labbra e mi sembrò sul punto di dire qualcosa, ma non lo fece. Non ci riusciva mai ed io ero stanco di quei suoi tentativi non riusciti.
Tirai via il mio braccio dalla sua presa, ero libero e senza dire più nulla imboccai lo stesso sentiero dell’andata per tornare dagli altri fregandomene che Hara fosse rimasto lì, fermo immobile.
Man mano che mi allontanavo sentivo un peso all’altezza del cuore, faceva così male ma non potevo fare più altrimenti. Dovevo essere più egoista, pensare di più a me stesso e al mio stato mentale. Un tempo avevo addirittura avuto il coraggio di dire “Ti farò innamorare di me”, mi venne addirittura da ridere a tal pensiero, a quei tempi ero ancora così ingenuo e pieno di speranze riguardo Hara.
Ci misi meno tempo del previsto a tornare, e nel punto dove avevo lasciato Kioko trovai anche tutti gli altri stanchi e sudati. “Ryu! Allora hai trovato il premio?” mi domandò.
La guardai senza dire una parola, andai da Kyoja e gli tolsi la torcia di mano, insieme alla mappa e senza proferire parola cercai la strada di casa. Volevo solo dormire.
Premio aveva detto. Che premio era quello, eh? Promisi a me stesso di non lasciarmi più convincere da Kioko in certe cose così stupide. Non avevamo più tre anni.
  
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