Videogiochi > Sonic
Segui la storia  |       
Autore: Bluereddino    09/10/2017    2 recensioni
Un cuore marcio non può essere recuperato, è destinato solo a sbriciolarsi e a divenire cenere. E il cuore di Silver era ormai marcio da tempo.
Sonic x Silver
Genere: Angst, Dark, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Knuckles the Echidna, Shadow the Hedgehog, Silver the Hedgehog, Sonic the Hedgehog
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

La spaziosa palestra completamente ricoperta in legno, dal pavimento in parquet color ciliegio al soffitto celato da travi più scure, era mediamente occupata. Quando Knuckles e Shadow erano venuti a sapere che oltre a loro di atleti gareggianti per la kick boxing ve ne erano solamente 6, di cui tre donne, avevano cantato allegramente vittoria: se gli avversari non si fossero rivelati dei professionisti avrebbero potuto prendere le medaglie e tornare a casa molto tranquillamente e senza sforzi; una a testa, argento e oro. Essendo Shadow il più leggero dei ragazzi del team Dark -nome selezionato molto accuratamente dall'eclettico riccio oscuro, e imposto senza pietà e ragioni- poteva essere possibile che venisse categorizzato in un altra gara rispetto all'amico, e ciò poteva comprendere la possibilità di ottenere due ori, come specificato sul regolamento gentilmente lettogli dal loro istruttore. Quando tutti i loro compagni di squadra erano giunti all'interno dell'edificio, umani e mobiani che come loro frequentavano la palestra di fiducia, si erano diretti tutti insieme negli spogliatoi con i propri borsoni contenenti l'attrezzatura specifica.

Oltre a coloro che nell'edificio erano approdati per competere nelle proprie gare, che nella giornata sarebbero state di varia natura, nella folla composta dai sostenitori di ogni atleta spiccavano quattro figure appartate nella parte più bassa e a ovest degli spalti: ovviamente, sul posto unicamente per gridare a squarciagola i nomi dei due lottatori ogni volta che sfioravano un avversario, si trovavano Blaze, Silver, Sonic e, incredibilmente, Rouge, la quale aveva acconsentito a partecipare dopo le innumerevoli preghiere e sermoni dell'echidna, che voleva dimostrare a tutti i costi quanto la sua forza fosse bruta in modo da impressionarla.

Amy, nonostante tenesse davvero tanto a vedere i suoi due amici trionfare grazie al loro duro allenamento, aveva preferito stare a casa a studiare ancora un po' per il giorno successivo: non si sentiva pronta, nemmeno dopo aver preparato ogni singolo paragrafo alla perfezione; la sua meticolosità e la buona memoria andavano continuamente a scontrarsi con l'ansia costante.
Sonic non aveva avuto problemi di quel tipo: se il fato avesse voluto regalargli un esame portato a termine egregiamente, così sarebbe accaduto; altrimenti voleva dire che quella non era la sua strada. E questa considerazione la aveva portata alla luce solo la sera prima, quando sotto gli urletti striduli del suo testo non era riuscito a concentrarsi nemmeno su una frase. Non sapeva e non capiva nulla. L'esame sarebbe andato male a prescindere, a meno che un essere mistico non avrebbe deciso di infondergli la conoscenza direttamente nelle cervella.
Però avrebbe potuto dare sicuramente un interrogazione di psicologia, concludendo con un solenne 'Silver ha una malattia che non esiste, oppure ha un miscuglio decisamente confuso di tutte quelle che conosco.'
A proposito di Silver, la cara coscienza era riuscita a convincerlo ad andare alla gara per iniziare l'adempimento della sua vendetta. Fortunatamente questa non sarebbe stata brutale oltremodo, perlomeno durante la prima fase. La coscienza si era rifiuta categoricamente di spiegare tutto lo svolgimento delle azioni, anche perché l'obbiettivo era quello di far agire il riccio stesso, in modo che potesse assaporare tutto al meglio. Nonostante il nervoso stesse prendendo una connotazione tossica, Silver si era seduto negli spalti accanto al ragazzo blu.

"Quindi, come vanno gli studi? Sei pronto per domani?"

"Lasciamo perdere, all'esame andrò solo per poter dire di averci provato." Aveva sbuffato Sonic, rendendosi conto che se fosse andato davvero così male avrebbe perso ben due anni di studio. Ormai aveva iniziato a valutare la ricerca di un lavoretto per permettersi di sfamarsi o, opzione comoda ma che non gli piaceva più di tanto, tornare a vivere con la madre. Ma lui non era un mammone, affatto, voleva cavarsela da solo. Doveva cavarsela da solo.

Blaze e Rouge erano state chiamate in campo dai due lottatori appena questi avevano scoperto che il loro allenatore sarebbe stato uno degli arbitri delle competizioni -dopo essere stato scelto all'ultimo secondo per mancanza di altri uomini competenti che avevano fatto il corso-. Come da regola, ogni partecipante doveva avere una figura di riferimento da cui andare a ogni pausa, e senza fare troppe storie le ragazze si erano proposte e aggiudicate il posto.

Purtroppo i ragazzi avrebbero combattuto l'uno contro l'altro, così avevano capito notando che i perdenti si stavano sfidando tra loro. La battaglia era nelle loro mani.

Ogni gara aveva avuto degli esiti eclatanti anche se molto diversi, e Knuckles non si sarebbe mai aspettato di trovare una grande difficoltà in un combattimento contro una ragazzina che dimostrava poco più di vent'anni. Anche Shadow, che in quel momento era accanto agli amici -in fase di riposo dopo un estenuante combattimento- era rimasto meravigliato nel vedere il viso del ragazzino, fortunatamente coperto da un apposito casco, ricevere un calcio circolare dalla rapidità sconcertante, affondato con il dorso del piede, che per quanto potesse sembrare insulso, visto che l'echidna era più che abituato a ricevere colpi alla testa, l'insieme di destrezza e velocità lo aveva destabilizzato. Certamente, come da regolamento, nessun colpo aveva recato un danno serio all'avversario, ma la piccola scimmietta era agile e scattante, tanto che il rosso aveva dovuto mettere da parte i suoi principi di gentiluomo e l'unica soluzione efficace si era rivelata la forza. Non poteva giocare di velocità, ma per quanto riguardava colpire e annientare -senza farsi scoprire dall'arbitro ovviamente- era abbastanza pratico. Un calcio alla tibia, che per poco non gli era costato un cartellino giallo, era bastato a bloccare la ragazzina quanto bastava per dare i fendenti della vittoria.

Il duro allenamento, la grande fatica, le ore trascorse a colpire e ricolpire il bersaglio, tutti gli appuntamenti annullati per passare il pomeriggio in palestra avevano dato il loro frutto, come sperato: era arrivato l'incontro che avrebbe deciso chi sarebbe stato il vincitore del torneo di kick boxing. Shadow e Knuckles, come era facilmente immaginabile vista la loro destrezza, erano ancora in gara e i loro amici erano in piena estasi. Stavano combattendo tra di loro per l'oro, nessuno era riuscito a fermarli.
Tutti felici tranne Silver, che nonostante fosse molto contento per loro, era alle prese con un ben più importante monologo interiore: voleva prendere Sonic in disparte e fare una chiaccherata a quattrocchi, ma aveva troppa paura di essere deluso dalle parole del ragazzo e ancor di più di non riuscire a portare a termine la sua missione di conquista e reclamo della sua proprietà, perché così ormai vedeva il ragazzino. Gli era stato fatto un bel lavaggio del cervello, quello era poco ma sicuro.

Mentre i due combattenti si stavano approntando per l'ennesima lotta, accompagnati dalla pipistrella e dalla gatta, Sonic e Silver erano rimasti seduti negli spalti, a osservare la situazione da lontano. Nel secondo tatami si stavano svolgendo delle gare di Kata, e la specialità aveva incuriosito molto il porcospino blu. Sapendo che anche una delle ragazze della palestra degli amici avrebbe partecipato alla competizione, aveva tentato di seguire con lo sguardo le movenze degli avversari per poter giudicare le performance, ma non conoscendo quasi nulla a riguardo, si era arreso dopo non molto e aveva preso a controllare Blaze che aiutava il suo fidanzato a regolare la larghezza dello scomodo casco che era costretto a indossare.

"Scusami." Girandosi di scatto per controllare cosa desiderasse, il minore aveva notato il riccio bianco a testa china, che girava e rigirava i pollici in cerca di qualche buona parola. Silver voleva tentare l'approccio vittimista, uno dei pochi che sapeva funzionare. I suoi occhi si prestavano molto bene al compimento dell'azione 'impietosire', e ne era consapevole lui tanto quanto la sua coscienza.

"Per cosa?" Aveva chiesto il giovane dagli occhi verdi, confuso. Sapeva che prima o poi Silver avrebbe voluto discutere a proposito della loro conversazione di qualche giorno prima, ma sperava che ciò non avvenisse proprio nel bel mezzo della mattinata di gare. Voleva solo divertirsi e distrarsi dal pensiero puntellante dell'esame. Era troppo tardi.

"Sai, la conversazione... ti volevo mettere fretta, penso che si sia visto."

"Non riesci proprio a tranquillizzarti, vero? Ti ho detto che ci devo pensare, non che ti odio a morte." Aveva ridacchiato notando l'ingenuità altrui. La sua mano si era andata a posare sulla coscia del maggiore e la aveva strizzata piano. "Dovresti smettere di farti questo genere di pipponi mentali."

"Non è così semplice." Aveva mugolato. "Io non so come andrà a finire, ma mi rendo conto che ogni istante che passo con te..."

"Per me è lo stesso, ma Silv, diamo tempo al tempo. Te l'ho detto, voglio conoscerti meglio. Che sarà mai uno o due mesetti in più?"

"Che sarà mai? Dopotutto io non sono mica rimasto deluso." Aveva sussurrato con la convinzione di non poter essere udito, quando in realtà Sonic aveva sentito tutto cristallinamente.

"Sei serio? Credevo fossi un pochino più maturo, pensavo capissi le mie ragioni.".

"Ma se entrambi proviamo lo stesso sentimento, quale differenza potrebbe mai fare un mese? Se ci amiamo ci amiamo, punto." Il sangue del riccio argenteo era diventato così caldo da voler quasi bruciare vene e arterie.

"Ah, Silver, che fretta che hai. Se ti dicessi quanto ho aspettato prima di dichiararmi a Tails, probabilmente mi lasceresti perdere e andresti a cercarne uno meno pretenzioso."

"Sentiamo."

"Sei anni. Io e lui ci conosciamo da circa dieci anni, e ho avuto il coraggio di propormi solo sei anni dopo aver capito di essere perdutamente innamorato di lui. Calcola che ci siamo lasciati circa otto mesi fa.". La bocca di Silver era andata a formare una grande 'o', realizzando di star vivendo un privilegio: lui e Sonic si conoscevano solamente da due mesi o poco meno, e tutto ciò che chiedeva era un po' di tempo in più. Forse non aveva tutti i torti, volendo aspettare.

"Quindi..."

"Si, Silver. Mi piaci da impazzire." Aveva preso a muovere la mano poggiata sulla gamba altrui lentamente, da destra a sinistra. "Prendi quel mese solo come una formalità."

Riattivata da quella apparente calunnia, la coscienza aveva preso a squarciare il riccio bianco con le sue frasi rabbiose:

"Non lasciarti prendere in giro così! Tu sai che lui sta solo cercando una scusa per metterti da parte!"

'M-ma non mi sembra così male intenzionato... cioè, se chiedo una conferma magari...'

"Ancora non hai capito che un bacio vale meno di una parola?!"

'Lo so, lo so. Me lo avrai detto duecento volte ormai. Però non riesco a odiarlo! Io lo amo infinitamente, lo devi capire anche tu. Non sono in grado di alzare un dito sull'unica vera persona che sembra volermi un minimo di bene. Come posso far allontanare il solo che non mi odia per chi sono? Magari ha un po' di paura, ma so che se lavoro sodo posso farcela.'

"Non si deve avere pietà di un lupo, per quanto morbida sia la sua pelliccia e penetranti i suoi occhi. Una bestia rimane una bestia, sotto ogni spoglia."

'Ma lui non è una bestia.' Aveva risposto timidamente 'è un animale forte, un cacciatore magari, però se avesse voluto straziare le mie carni lo avrebbe fatto già da tempo. E vice versa, non voglio essere io lo spietato predatore che uccide per convenienza, non voglio fargli del male. Non posso. Voglio solo dargli altre ragioni per stare di più con me. Ti prego, crea un altro piano, diamogli solo una seconda possibilità. Sembra sincero.'

"Come lo sembrava tuo fratello."

'Sonic ha qualcosa in più.'

"Sono uguali."

'Venice non ha mai saputo amare, ma Sonic ha un grande cuore. Ti prego, ti supplico, non voglio fargli nulla.'

"Lo sto facendo solo perché sei tu... il prossimo piano è meno cruento. Ma prenditi tempo per pensare ancora."

Tempo. Ormai tutto girava attorno al tempo. O forse era questo a avvolgersi tra le riflessioni?

"Ne riparleremo più tardi Silv, va bene?" Aveva chiesto il porcospino blu, notando che l'incontro decisivo stava per iniziare. Il maggiore si era limitato ad annuire, decidendo di ammirare anche lui i due amici che dopo il saluto al tatami, all'arbitro e tra di loro, erano già pronti in posizione di guardia.

"E ricordati" aveva terminato Sonic un attimo prima dell'hajime che avrebbe dato inizio alla battaglia più logorante del campionato "Io per te ci sarò sempre."

Knuckles e Shadow erano posti uno di fronte all'altro, con le mani a proteggere costole e viso; appena sentito il grido dell'arbitro, non avevano perso un minuto per iniziare a saltallare, girare, studiarsi. Certamente vi era ben poco da esaminare: si conoscevano come una ragazzina conosce i suoi prodotti di make up, non avevano segreti l'un l'altro. Proprio questo era il problema principale dello scontro, non sapevano come prevalere l'uno sull'altro. Il primo pugno era partito dalla mano di Shadow, circolare e parato alla perfezione dall'avversario, che come suo solito aveva risposto con tre ganci di fila, due da schivare, uno da parare. Questo lo aveva sbilanciato tanto quanto bastava da far intravvedere al riccio quel pezzo di torace perfetto per ricevere un bel calcio.

Calcio, parata, pugno dall'alto, parata, stallo, ritorno alla posizione iniziare, altro pugno, schivata, pugno, prima ammonizione: Shadow aveva, sbatatamente a detta sua, dato una gomitata in corrispondenza della mandibola altrui. Il casco protettivo aveva fatto il suo dovere, ma l'amonizione si era fatta sentire e il punto sottratto dal suo totale, ora azzerato, gli aveva dato particolarmente sui nervi.

I due ragazzi avevano fatto, durante i loro allenamenti, il grave errore di non contenere la forza tanto quanto richiesto nel regolamento. Ora sembrava quasi disumano contare sulla velocità del colpo piuttosto che sulla carica, e entrambi avevano faticato abbastanza nei precedenti combattimenti considerabili quasi banali, se non si fosse presentato il solito problema: la forza era punibile con le ammonizioni e superare il conteggio di tre portava all'automatica eliminazione. Quello che aveva rischiato di venir veramente escluso era stato l'echidna, con ben due richiami e il rischio di un terzo, da cui era stato salvato poiché l'arbitro aveva fatto finta di nulla. Aveva vinto il combattimento per un soffio.
Scontrarsi con un degno rivale senza poter utilizzare la vera violenza appariva noioso, obsoleto è più che altro impossibile. Il metodo di affronto dei loro allenamenti presupponeva come culmine l'impossibilità altrui di continuare, determinata dalla troppa stanchezza o dal troppo dolore.

Il combattimento sarebbe durato tantissimo: i due si conoscevano troppo bene, sapevano le tecniche e gli affondi preferiti altrui. Ormai era chiaro che si sarebbe andati a ammonizioni.
La seconda di esse, infatti, non aveva tardato a farsi attendere, questa volta però ingiustamente: all'arbitro era sembrato che l'echidna avesse afferrato il colletto del kimono di Shadow per poter ravvicinare il pugno da lui dato poco dopo, ma il contatto fisico c'era stato a malapena, tanto che persino il riccio aveva obbiettato, nonostante una sgridata al rosso volesse rappresentare più possibilità per lui di vincere.

La vera svolta dell'evento si era avuta poco più avanti, quando la fatica accumulata durante tutte le precedenti lotte si era sommata a quella attuale: la vista di entrambi stava iniziando ad annebbiarsi e per una frazione di secondo era parso loro di essere tra le loro quattro mura bianche, dentro la palestra. Casa dolce casa, libertà.

"Che deboluccio che sei, Shadz! Pensavo avessi un po' più di coraggio, visto che sai cosa vuol dire arrendersi! Dai, fatti sotto!"

Eccola, la frase fatidica.

In preda alla rabbia, alla fiacchezza e a un rancore indicibile, Shadow aveva concentrato tutto il suo malessere nel grido di battaglia e nei colpi che ne erano conseguiti:

"Vedi di non nominare Maria o ti spezzo le gambe!" e aveva dato un possente calcio nello stomaco all'amico rosso, che era ruzzolato a terra dopo aver emesso un grido agonizzante e aver sbraitato sottovoce qualche bestemmia. Faceva gli stessi versi di un orso con una zampa incastrata in una trappola. Ma l'ira di Shadow non era finita: ancora un calcio, seguito da un altro e un ennesimo, che avevano addirittura portato l'altro a sanguinare dalla bocca. L'ultimo pugno, dato chinandosi sullo scempio di echidna accasciato a terra, chiuso a palla per proteggersi il più possibile, era stato il colpo che aveva dichiarato la fine della gara: Shadow era stato ufficialmente squalificato. L'arbitro era stato costretto a immobilizzare il ragazzo con una presa Nelson, giovane che a malapaena si era reso di conto di quanto aveva fatto.

Non si era venuto a conoscenza del perché Knuckles avesse deciso di pronunciare proprio quella frase, ma una cosa era certa: era solo grazie a quella che aveva trionfato. Ciò che importava alla fine non era tanto il perché, ma la vittoria in sé: quando i due si erano avvicinati ai loro compagni, nessuno aveva risparmiato i complimenti e gli abbracci alternati alle strette di mano. Silver aveva addirittura abbracciato Shadow, complimentandosi con lui per il duro lavoro svolto e la grande maestria.

"Potevo fare di meglio, ma è andata bene così."

"Ragazzi, è il turno di Rory con i sai!" Aveva dichiarato Knuckles indicando il tatami contrapposto a quello delle lotte. "Dovete vedere che kata bello che deve fare, l'ho già vista una o due volte in palestra ed è a dir poco allucinante!" Il gruppo di amici era migrato nell'area dell'esibizione, ancora frenetico per i risultati eclatanti della gara. Una volta arrivati davanti a i competitori che si stavano sfidando a kata con le armi, ognuno si era raccolto in un religioso silenzio per non infastidire i gareggianti, la cui concentrazione doveva rimanere alta. Nonappena le grida di incitazione dei ragazzi si erano fatte sentire, proprio quando la ragazza nominata da Knuckles si era posta davanti alla giuria, senza farsi notare Shadow si era scostato dagli altri, dirigendosi fuori dall'edificio. L'assenza era stata immediatamente appurata da Blaze, che senza dire niente a sua volta lo aveva cercato negli spogliatoi; non trovandolo, aveva in seguito deciso di provare nel piazzale retrostante il palazzetto, trovandolo infine seduto nella sua macchina.
La ragazza aveva aperto la portiera del posto passeggero affianco al guidatore, e senza aprire bocca si era accomodata vicino al suo ragazzo, che con sguardo assente contemplava le sue mani e in particolare la nocca che si era scorticato grazie il pugno che aveva decretato la fine della sua corsa per l'oro.

"Blaze..." aveva sussurrato a denti stretti, battendo la testa contro la parte alta del volante. "Io non so più come fare."

"Sei arrabbiato perché hai perso?" Aveva chiesto lei puntando i suoi occhi color miele sulla smorfia contorta dipinta sul muso del fidanzato. Qualcosa non andava già da tempo, forse non era mai andata. Lei aveva sempre saputo che quel ragazzo inespressivo celava al suo interno un ciclopico iceberg di sentimenti, e ogni tentativo di provare a sciogliere l'immenso agglomerato di ghiaccio si era rivelato futile. Non sapeva esprimersi e forse non era sua intenzione; fattostà che un problema di fondo era inevitabile: lui aveva tutto dentro. Tutto l'oblio che gli altri esternavano chiaccherando, piangendo, cantando, ballando, lui non era capace di liberarsene.

"Non so nemmeno come dirlo." Aveva sussurrato alzando il capo e voltandosi in direzione della giovane.

"A parole tue.". Appunto, non sapeva come spiegarsi.

"Io... forse è solo una scemenza."

"Non è mai una scemenza. Parlane, sai che sono qua per ascoltare.".
Era l'orgoglio ad affogare le sue parole? O quelle grida disperate erano troppo grandi per poter percorrere la sua gola?

"Non sono felice, Blaze. Non riesco a essere felice."

"In che senso?"

"Non mi soddisfa niente. Ora dovrei essere contento di essere stato finalista alle gare, dovrei esultare pensando che l'allenamento ha dato i suoi frutti, ma questo mi fa pensare solo che ormai l'obbiettivo è stato raggiunto e tutto per un attimo di gloria che è già terminato. Poi tornerò al lavoro, vivrò per conto mio e sarò costretto a viaggiare, e ogni emozione finirà sul nascere. Io sono un involucro vuoto. Un bozzolo appeso a un albero, né farfalla, né bruco."

"Non devi pensare così..."

"Io non lo penso, è tutto un procedimento automatico della mia mente: se faccio qualcosa bene è perché sono bravo e non perché tengo a quella precisa cosa; tutto è meccanico, mi sento come se fossi un automa, non un essere cosciente. Ma questa percezione della realtà la riacquisto se sbaglio, sono un essere peccaminoso. Chissà se mai mi ricorderanno come il ragazzo che ha vinto la paura del'uomo uscendo dal suo guscio, o continuerò a essere quello che ha lasciato morire la sua protetta. Nessuno ricorderà il mio nome quando sarò, finalmente dico io, passato a miglior vita, ma tutti sapranno che io ho ucciso Maria. E non mi sarà mai perdonato."

"Ne abbiamo già parlato, è acqua passata." Aveva preso una mano del ragazzo tra le sue calde dita. "Solo chi non ti conosce davvero vuole vederti così."

"Tutti sanno quello che ho fatto. Secondo te a qualcuno può importare che io sappia fare, che ne so, delle ottime torte, quando per salvarmi dagli umani ho lasciato quella ragazzina per terra? Sai cosa vuol dire vedere la morte in faccia e esserne la diretta causa? Nessuno, e dico nessuno, sarà in grado di perdonarmi o di fare in modo che io stesso mi perdoni. Mi sarei dovuto lanciare in suo aiuto e morire al suo posto e invece eccomi a pensare ancora a quella chiazza di sangue denso che si allargava sotto di lei e tra i miei piedi. Il mio passato mi sta mangiando vivo." Aveva ribattuto con delle brevi interferenze nella voce. Voleva piangere, ma non ci sarebbe riuscito.
Per un attimo gli era sembrato di percepire il caldo liquido scarlatto che si inoltrava nelle fibre dei suoi vestiti e gli inzuppava il pelo. Un groppo in gola lo aveva interrotto, sentiva come se qualcuno stesse tentando di strozzarlo dall'interno. E lui sapeva che quel soffocare era dovuto ai mugolii sommessi della morte, alla tragica memoria di quella bambina bionda, affidatagli per essere protetta dagli uomini che avevano già massacrato suo nonno e tutta la famiglia. Quel suo sfrenato desiderio di vivere che lo aveva portato a non fare da scudo umano alla bimba ora era un costante vagare dell'anima in cerca del suo eterno riposo. A contribuire al suo rimpianto, la sua scelta di lavorare proprio per quegli uomini che avevano trapassato la carne della piccola con i loro proiettili, un'arma così letale contro una vita così debole. Lei non poteva sapere cosa le stesse nascondendo il nonno, ma la paura e l'avidità dell'uomo non hanno confini: sarebbe morta come gli altri.

"Shadow." Aveva sorriso Blaze dandogli un buffetto affettuoso sul naso. "Sei un ebete. A me non interessa se non sei riuscito a salvare una ragazzina durante una missione, non interessa quanto lei potesse essere importante, non interessa cosa ti ha spinto a correre lasciandola indietro. Ciò che importa è che da quella missione tu sia uscito vivo, e che sia qua. Perché non riesci ad accontentarti del mondo che ti circonda? Lo so, non tutto è perfetto, ma possiamo lavorarci per renderlo vivibile."

"Non riesco a essere soddisfatto." I suoi occhi erano saturi di un angoscia che si andava a trasmettere in tutto l'interno dell'auto.

"Ma come! E io non ti soddisfo?" La situazione stava diventando pesante e anche se lui probabilmente avrebbe continuato a trattenere le lacrime, lei non ci sarebbe riuscita. Era il caso di tentare un approccio più giocoso.

"Anche questo è un problema." Aveva abbassato ancora la voce. "Non riesco più a essere felice nemmeno con te. La prima settimana mi sembrava un sogno, finalmente avevo trovato la mia anima gemella e questa mi capiva e tuttora lo fa, sa ascoltare il mio dolore! Invece ora... è consuetudine. Mi sono abituato alla tua presenza. In più, pensare che Silver ci ha visti nudi mi toglie l'appetito sessuale. Ogni volta che mi faccio scappare una mano sotto la tua maglietta, subito mi viene in mente lui. Ma quanto è terrorizzante quel ragazzino?!"

"Non stiamo parlando di lui, Shadow." Lo aveva immediatamente interrotto prima che potesse divagare. Quando non voleva parlare di qualcosa di importante nominava il piccolo riccio, e il fatto che continuasse a insultarlo per le sue peculiarità dava decisamente sui nervi alla ragazza. "A cosa vuoi arrivare?"

"Io ti amo Blaze, tantissimo. Più di quanto tu possa immaginare. Sento il sangue che mi pizzica dentro le vene ogni volta che mi parli, e sei preziosa più di ogni tesoro."

"Ma non ti vado più bene."

"Ti sbagli." Il mezzo sorriso sul suo volto si era spento "Sono io che non vado più bene.".

"A me vai benissimo. Anzi, se fosse solo bene, ora non avrei voglia di baciarti. O di farlo." Lentamente aveva avvicinato il suo viso al ragazzo, che sull'orlo delle lacrime agognava l'ennesima emozione perduta nei meandri dei rimpianti.

Gli occhi di Blaze erano affamati di lui, riusciva a interpretare il suo sguardo.

"Ehi bambola." Aveva ridacchiato con fare giocoso e sensuale.

"Zitto e baciami, idiota."

"Speravo che me lo chiedessi." Dopo aver fatto schiantare le sue labbra carnose su quelle della gatta, con impeto aveva iniziato a lambirle, tentando di assaporarle in tutto il loro gusto, un gusto angelico che accresceva la sua libido e, così sperava, anche quella della partner. L'elettricità e la carica del momento gli avevano permesso di interpretare le movenze della più piccola bocca, che appena si era socchiusa sotto il bussare prorompente della sua lingua, aveva accolto al suo interno l'intrusione del muscolo. Per capriccio personale aveva percorso l'intero perimetro della cavità orale altrui e sporadicamente si era fermato per dare attenzioni anche al suo organo del gusto, che a quanto pareva, agognava quel tocco bagnato. L'unione delle loro salive aveva mandato entrambi in estasi.

"Ogni volta che ti sentirai insoddisfatto, vieni e baciami. Vedi come ti sta rinvigorendo?" Aveva commentato lei, che una volta abbandonate le labbra altrui era quasi priva di fiato.

"Stessa cosa vale per te."

"Spero che ti sia servito da lezione. Io ci sarò sempre per te, non dimenticarlo."

Io ci sarò sempre. Frase di circostanza sentita e risentita.
Che teneri.

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Sonic / Vai alla pagina dell'autore: Bluereddino