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Autore: __roje    11/10/2017    1 recensioni
-- QUESTA STORIA CONTIENE SCENE DI SESSO ESPLICITE! --
Aki Nomura è solo un ragazzo di 16 anni che ha sempre sognato di poter condurre una vita scolastica del tutto normale, fatta di amicizia e nuovi amori. Tuttavia la realtà in cui si trova non è affatto così; a causa di diversi eventi il suo carattere è diventato molto più rude e introverso e i primi due anni di scuola non sono stati esattamente ciò che credeva ed una delle ragione è la continua presenza nella sua vita di quello che una volta era il suo migliore amico: Hayato Maeda. Un ragazzo di straordinaria bellezza che viene definito da tutti "Principe" per i suoi tratti e i suoi modi, ma la realtà è ben altra infatti Aki scoprirà presto i nuovi gusti sessuali della persona che credeva di conoscere bene e da quel momento tutta una serie di strani eventi cominceranno a susseguirsi nella vita di questo giovane ragazzo.
IKIGAI: è l'equivalente giapponese di espressioni italiane quali "qualcosa per cui vivere" o "una ragione per esistere" o "il motivo per cui ti svegli ogni mattina".
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Slash
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Non-con, Tematiche delicate, Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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CAPITOLO 16

Ero completamente assente in quel momento, non mi ero nemmeno reso conto che avevamo cambiato location e ci eravamo rifugiati in un fast-food per mangiare qualcosa visto che si era fatto tardi.
Ci eravamo baciati, e io l’avevo voluto quanto lui. Non lo avevo respinto, che mi era preso mi chiedevo. Era cambiato ogni cosa nel giro di una mezza giornata, e ora improvvisamente gli avevo permesso con tanta facilità di potermi toccare.
“Ordino due menù normali, se per te va bene” comparve improvvisamente Hayato.
Lo fissai da ebete senza proferire una parola. Ero ancora mezzo sconvolto per ciò che era successo, altro che motel, se in quel prato Hayato avesse tentato di farmi qualcosa, probabilmente gli avrei consentito anche di fare altro. A tal pensiero l’imbarazzo mi assalì e calai il viso per nascondermi. Hayato seppe stupirmi ancora, portò la propria mano sulla mia testa e l’accarezzò “Che hai?”
“Nulla ma è imbarazzante dopo quello...” borbottai guardando a terra.
“Si lo è ma ci abitueremo a queste cose.” Cercava di rassicurarmi. Era davvero dolce e io un completo disastro, pensai allora a quanto dovesse essere difficile per lui sopportare uno come me che non sapeva cosa voleva davvero e non gli dava alcuna certezza. “Resta qui, vado a prendere le ordinazioni.”
La sua mano abbandonò la mia testa e ne sentii la mancanza, istintivamente sollevai la testa per cercarlo, per dirgli qualcosa e rassicurare anche lui “Hayato aspett-“ ma nel farlo urtai contro qualcuno, ancora, “Mi dispiace!” dissi immediatamente e poi il tempo rallentò di colpo.
“Tranquillo nemmeno io ti ho visto... Aki Nomura?”
Quanto sfortunato potevo essere. Quanta gente dovevo aver ucciso in una vita precedente per avere tutte le sfortune questa, eppure eccola lì, la stessa persona che un tempo aveva spezzato il mio cuore e che era stata il mio primo amore.
“Mayu..” borbottai incredulo. Ebbi la sensazione che tutto il tempo si fosse fermato in quel momento, o addirittura l’impressione di avere davanti un fantasma, eppure era lei. Non più la ragazzina di quei giorni, colei che mi aveva rifiutato, ora davanti a me c'era una ragazza alta, sempre bellissima come allora vestita della sua divisa scolastica, i lunghi capelli tinti di color rame che le scendevano vaporosi lungo le spalle in modo disordinato e le incorniciavano il piccolo e ovale viso facendola sembrare una bambola. Gli zigomi più scavati, le guance sempre rosee, le labbra a cuoricino colorate col trucco e due occhioni grossi color verde bottiglia.
Lo stupore di lei terminò subito e sfoderò un ampio sorriso “Che sorpresa incontrarti qui. E’ passato davvero tanto tempo” disse con una voce dolce come il miele. Faceva così male trovarmela davanti, mi riportò alla mente quei giorni tristi, il suo rifiuto e al conseguente litigio con Hayato.
Cominciai a sudare per l’agitazione ed ero in ansia che potesse arrivare da un momento all’altro Hayato.
“Già, davvero tanto tempo...” lei era stata innamorata di Hayato, pensai.
“Che scuola frequenti? Credevo che avresti scelto quella del nostro vecchio istituto delle medie e invece non è stato così.”
“Ho scelto un altro istituto.”
Avevo un tono molto cupo senza rendermene conto sembravo freddo, ma era ovvio che lo fossi. Mi ero illuso così a lungo, avevo creduto così tanto che fosse quella giusta e poi crack, tutto si era spezzato. Ma ora non era solo quel ricordo a far male, quanto piuttosto l’idea di lei che per tutto il tempo mi era stata vicina solo per arrivare ad Hayato.
“Capisco” sorrise ancora e pregavo dentro di me che la smettesse, “sei diventato davvero alto Aki, sono davvero colpita ma il tuo viso è sempre lo stesso, per questo subito ti ho riconosciuto.”
Sempre lo stesso eh. Sempre una nullità per te, pensai. “Tu invece sei completamente diversa.
“Davvero?” ridacchiò, “Forse è per la tinta che ho fatto ma anche io sono sempre la stessa, se mi guardi bene” e si avvicinò un pò indicandomi con l’indice il viso, “vedi?”
Indietreggiai timoroso “Si... hai ragione.”
Continuò a sorridere “Beh, sei qui da solo o con i tuoi amici di scuola? Io sono qui con quelle ragazze” e indicò dall’altra parte del fast – food e notai altre tre ragazze che ridacchiavo ad un tavolo.
Che cosa dovevo dirle? Dovevo ammettere che ero li proprio con Hayato? No. Non volevo farlo.
“Sono solo oggi.”
Mayu ne parve sorpresa ma non disse nulla “Capisco, beh allora è stato bello rivederti, ci si vede in giro” e mi salutò con un cenno di mano. Così come era apparsa sarebbe di nuovo svanita dalla mia vita, era sempre la stesa storia, ero una nullità per lei, solo una delle tante comparse dei suoi ricordi delle medie.
“Si ciao.”
Poi però Mayu si fermò di colpo, ancora di spalle e si girò a guardarmi e lo fece in maniera seria. Fece dietro-front per tornare da me, perché. “Senti ehm, che ne dici se ci scambiamo i numeri di telefono? Sarebbe bello sentirsi e vedersi come a quei tempi.”
Cos’è che mi aveva appena chiesto? La richiesta mi spiazzò davvero tanto e smisi di pensare con lucidità. La stessa Mayucchan di quei tempi mi aveva chiesto il numero e aveva preso lei l’iniziativa!
“V-va bene..” e tirai fuori il telefono consegnandoglielo.
Osservai Mayu mentre soddisfatta digitava il suo numero con attenzione. Un tempo avrei dato qualsiasi cosa per il suo numero di cellulare e ora improvvisamente, in un squallido fast-food, stava accadendo. Era surreale, e non riuscii a pensare a niente di sensato da dire. Mi dimenticai completamente di Hayato.
“Fatto” e mi restituì l’apparecchio con un sorriso, “mandami un messaggio così salvo il tuo, ciao Aki.” E stavolta fu un saluto definitivo, la vidi tornare dalla sue amiche e la guardai andare via. Aveva ancora delle gambe bellissime, una schiena dritta e dei fianchi da modella. Era ancora perfetta ai miei occhi.
Me lo ero sognato ad occhi aperti? Cosa era appena accaduto? Quella non poteva essere la stessa Mayu di quei tempi, non quella stessa ragazza che a suo tempo mi aveva rifiutato. Quella di ora sembrava aver rimosso tutto, e pareva ricordarsi solo dei bei tempi in cui eravamo stati amici di classe. Aveva chiesto il mio numero, l’aveva fatto lei perché voleva sentirmi ancora. Che strano.
“Che fai in piedi come una statua, baka?” mi arrivò un pizzicotto sulla guancia e tornai in me.
Era tornato Hayato con il nostro cibo “Ahi!” esclamai e mi lasciò andare poggiando tutto sul tavolo. Dovevo dirglielo? Parlagli di quella ragazza?
Non farlo. E’ pericoloso. Una voce diceva così nella mi testa, Mayu era stata il motivo per cui io ed Hayato avevamo litigato tempo addietro e non volevo che succedesse più, non ora che eravamo amici... e mi tornò alla mente il bacio di prima, al parco e alle emozioni provate. Che mi prendeva di punto in bianco, provai una sensazione di rimpianto, io volevo che Hayato ci fosse nella mia vita ma non ero convinto di volerlo come ragazzo, non ero ancora pronto per ricambiare i suoi sentimenti.
“Che succede? Sei di nuovo assente.”
Lo guardai, dovevo avere un espressione terribile “Mi dispiace...”
Hayato parve distaccato e continuò a sorseggiare la sua coca-cola “Puoi dirmi tutto quello che ti passa per la testa, io ti ascolterò” disse guardando altrove con un lieve rossore sulle guancia.
Lo fissai ancora colpito che mi avesse offerto tra virgolette una spalla, o meglio un confidente ma non potevo dirgli di Mayu, avevo troppa paura per farlo e il solo pensiero di saperlo di nuovo lontano da me creava una voragine. Non volevo che tornasse ad odiarmi.
“Niente, sono solo confuso ma sto bene” e Hayato mi guardò attentamente, “questo appuntamento è andato sicuramente meglio dell’altro, ne sono contento!” sorrisi ripensando al suo bel gesto.
Hayato non si aspettò simile parole e sgranò di occhi allontanando la cannuccia dalla bocca ma non disse altro, calò il capo nascondendo gli occhi e metà viso sotto i capelli e tornò a bere la propria bibita.
Era strano passare una giornata in modo pacifico insieme a lui, considerato che spesso e volentieri non facevamo altro che litigare.
Finito di mangiare, dividemmo il conto – così volli io – e imboccammo la strada per tornare a casa. Era piacevole parlare del più e del meno, era bello stare in sua compagnia. Eppure qualcosa mi disturbava, mi domandai se non fosse stato l’incontro con Mayu.
“Che hai?” a quel punto Hayato si parò davanti a me chiaramente seccato da qualcosa.
Il suo improvviso cambio di umore mi paralizzò, stava tornando lo stronzo di sempre, me lo sentivo. “In che senso? Non ho nulla. Che ti prende” ridacchiai nervoso.
“Non sei mai tanto carino con me, e non sorrideresti così tanto se non ci fosse qualcosa che non va.”
Ancora una volta il dubbio mi assalì, mi domandai se fosse opportuno parlargli chiaramente di tutti i miei dubbi, e accennare alla storia di Mayu ma davvero, non volevo rovinare quel bel momento. Eppure il consiglio di Yoshida era stato di essere sincero per una volta, ma volevo farlo? Ero pronto?
“Ti sbagli, se tu che credi che io sia sempre e solo arrabbiato ma so anche sorridere.”
Hayato non parve credermi “Sarà... beh allora ci vediamo domani a scuola.”
Senza accorgermene eravamo arrivati dinanzi alle nostre case, dove praticamente tutto era iniziato tra noi, e dove una sera, così di punto in bianco mi aveva baciato fregandosene delle conseguenze o della possibilità che potessi odiarlo ancora di più. Lui aveva rischiato, si era buttato di getto in quella storia e si era preso ciò voleva. Un po’ lo ammiravo, io da parte mia non sapevo nemmeno cosa volevo davvero, se stare con lui perché lo rivolevo come amico o perché sarebbe nato un qualche sentimento diverso.
“Buona notte” dissi semplicemente e Hayato mi salutò con un cenno di mano. Ci lanciammo ancora un occhiata, imbarazzati su cosa fare ma nessuno dei due ebbe il coraggio di fare altro, per la prima volta Hayato non cercò di baciarmi e mi parve molto strano, lo vidi andare via e rientrare in casa. Provai un senso di delusione.
 

“Tutto questo è davvero strano...” osservò Yoshida molto a disagio. Lo guardai senza capire, e feci spallucce tornando a mangiare il mio bento e dopo di me anche Hayato ne afferrò un pezzo. Era la prima volta che veniva a pranzo con me, non che me l’avesse chiesto, si era semplicemente appostato alla porta dell’aula aspettando che io e Yoshida ne uscissimo per seguirmi. “Magari se le ragazze mi vedono col Principe inizieranno ad inseguire anche me!” sognò ad alta voce.
“Io non ci conterei” commentò Hayato senza neppure guardarlo in faccia, ma semplicemente concentrato verso il suo pranzo. Era carino che fosse lì con me, ma era molto freddo e antipatico con Yoshida come lo era a suo tempo con tutti i nostri compagni delle medie.
Yoshida ignorò quel commento acido e continuò a rivolgersi verso di me e cominciò a sussurrare qualcosa “Che succede eh? Da oggi in poi pranzerà sempre con te o cosa?” parve seccato.
“Non saprei sinceramente, oggi si è auto invitato non è colpa mia.”
“Non voglio essere il terzo in comodo!” sussurrò gridando disperato.
“Guardate che vi sento comunque” arrivò come commento alle nostre spalle, e improvvisamente ci sentimmo come sorpresi di un furto. Ci voltammo a guardarlo, e lo trovammo li che ci fissava mentre masticava con aria apatica come sempre.
“Quel ragazzo inizia a farmi paura” osservò Yoshida preoccupato, “sembra voglia uccidermi!”
“Ma che stronzate dici!”
“Forse dovrei lasciarvi soli” e cercò di alzarsi dal prato ma glielo impedii afferrandolo per un braccio e riportandolo bruscamente a terra facendogli perdere l’equilibrio.
“Non abbandonarmi!” lo sgridai, “Tutto questo è strano per me.”
“Questo dovrei dirlo io” si massaggiò il sedere.
Lo ignorai per quel commento del tutto inopportuno e rivolsi nuovamente la mia attenzione verso Hayato. Stava ancora pranzando, ignorandoci magari, o forse stava ancora ascoltando tutto fregandosene. Chissà se intuiva che Yoshida sapesse, magari nemmeno gli importava visto quanto fosse tranquillo nel baciarmi in pubblico. Per me ciò che pensava continuava ad essere un mistero.
“Beh Principe che mi dici, verrai alla manifestazione che si terrà al dojo?” ridacchiò Yoshida mettendo un discorso puramente a caso di cui neppure io avevo sentito parlare.
Hayato lo fissò severo e Yoshida sudò freddo senza più dire nulla. “Che manifestazione?” domandai io.
“Non te l’ho ancora detto? Questo sabato ci saranno delle gare, a cui parteciperò anch’io ma ci saranno anche tante dimostrazioni come la scorsa volta per trovare nuovi iscritti, perché non vieni? Ci saranno tutti: Saori, Hiroto, Kuro.”
“Oh si mi farebbe molto piacere!”
E arrivò la solita tirata di guancia da parte di Hayato, stavolta più forte del solito “Ehi bakaa, io sono qui eh” mi disse avvicinando la propria bocca al mio viso, verso l’orecchio.
Che avevo fatto di male. Mi lasciò andare dopo pochi secondi e rivolse la sua attenzione verso Yoshida, ma non ebbe l’aria di chi voleva uccidere qualcuno, anzi, sembrava volerlo studiare attentamente e Yoshida continuò a sentirsi a disagio non sapendo dove guardare.
“Che diamine Hayato! Smettila mi fai male!”
“Capirai, l’intento è proprio quello.”
Mi innervosì quel commento acido “Come? Fottiti bastardo.”
Sfoderò un ghigno come al solito “Che diavolo ci vai a fare al dojo se non hai mai fatto sport? Non ne capisci neppure nulla, sembreresti solo uno stupido.”
“Uno stupido?!” scattai in piedi sempre più nervoso “Sparisci! Ti odio quanto fai così, non hai che brutte parole che ti escono da quella cazzo di bocca, va al diavolo!”
Hayato si alzò di conseguenza ripulendosi i pantaloni, con aria calma, ma sempre con fare bieco mi rise in faccia in maniera cattiva “Mi odi eh? Eppure chi è che ieri ha detto ‘oh sto davvero bene con te’” emulò la mia vocina rendendola stridula, tutto questo davanti a Yoshida, “sei un tantino ipocrita idiota... addio ad entrambi” così disse, e sparì dandoci le spalle.
“Si va al diavolo! Nemmeno ti volevamo qui!”
Tornai a sedermi incazzato nero, mangiai per il nervoso e divorai tutto in pochi secondi sotto gli occhi basiti di Yoshida che aveva assistito a tutta quella scenata.
“Ehm non volevo farvi litigare, ovviamente l’invito era anche per lui se non si è capito...”
“Lascia perdere, è solo uno stupido.”
Yoshida mi fissò “Più che altro mi è sembrato una ragazzetta isterica in preda alla gelosia.”
“Gelosia?”
“Sei cieco?!” urlò basito, “Quel ragazzo per tutto il tempo non ha fatto che fulminarmi con lo sguardo, ed è esploso non appena ti ho invitato a venire alla manifestazione, mi sembra palese no?”
“Non mi interessa.”
Quella sua osservazione mi fece aprire gli occhi, ma se anche fosse non giustificava quel suo assurdo carattere. Non poteva essere così bipolare, non poteva passare dalla gentilezza, a poi dirmi di tutto e di più in maniera isterica, lo faceva sempre e non sopportavo quella parte di lui.
Per tutto il resto della giornata non ci rivolgemmo più la parola, tornò dal suo corteo e diede del suo meglio per far starnazzare quelle oche, addirittura permise ad una di loro di toccargli i capelli. Quel fottuto bastardo aveva permesso a quelle lecchine di toccarlo, e la vista di ciò mi irritò ancora di più sapendo che lo stava facendo di proposito per farmi esplodere, ma semplicemente continuai ad ignorarlo guardando altrove.
Improvvisamente però il mio cellulare vibrò, e non aspettavo nessuna chiamata o messaggio visto che tutte le persone che conoscevo nemmeno mi contattavano per telefono. Lo presi dalla tasca e guardai il display ed era un numero anonimo che mi mandava un messaggio. Incuriosito e confuso ne aprii il contenuto e lo lessi:
Ciao, so bene che forse sembrerà inopportuno, e magari strano visto che non ci vediamo da anni ma volevo chiederti se questo venerdì sei libero.
Ah, sono Mayu comunque se non si era capito, sono riuscita a trovare il tuo numero. Fammi sapere.”

Ero paralizzato per lo stupore. Come diamine aveva fatto a trovare il mio numero, e perché di punto in bianco mi mandava un messaggio dopo secoli che non ci vedevamo. Mi sembrò strano, e l’ansia mi assalì. Voleva vedermi questo venerdì, senza una ragione apparente e la sorpresa fu tale che non mi permise nemmeno di risponderle, non ne ebbi il coraggio così ignorai il messaggio. Non volevo altre illusioni, avevo già troppi pensieri per la testa in quel momento.
Dopo la scuola tornai a casa con Yoshida, prendemmo un gelato insieme e poi dritti verso le nostre abitazioni. Ci separammo tipo qualche metro prima di casa mia, lo vidi svoltare l’angolo. Ero stanco, e l’unica cosa che volevo era rientrare per lasciarmi cadere sul letto. Quella giornata era stata pesante.
“Sono a casa” dissi chiudendo la porta alle mie spalle.
Mia madre sbucò dalla cucina con un piatto che stava asciugando “Oh bentornato tesoro, hai fatto tardi.”
Tardi? “No, ho solo preso un gelato con un amico.”
“Capisco tesoro, ma non è bello far aspettare un ospite se lo inviti qui.”
Ospite? Quale invito? “Cosa mamma?” la guardai confuso.
Lei mi sorrise e mi indicò di sopra “C’è Hayato-kun in camera tua, va da lui, vi porto qualcosa tra poco ma se vuole restare per cena va bene comunque.”
Quel maledetto figlio di puttana! Chi diamine l’aveva invitato, ero ancora furioso con lui e in quel momento non avevo proprio voglia di litigarci ancora o di vedere quella sua faccia da poker.
Salii al piano di sopra con tutte le intenzioni di sbatterlo fuori, e se avesse detto altro lo avrei seriamente mandato a quel paese, mi irritava troppo quel ragazzo.
Spalancai la porta di camera mia e lo trovai sdraiato sul mio letto intento a leggere uno dei miei tanti fumetti, altri invece erano sparsi sul pavimento e sul letto. Cos’è era a casa sua?!
“Vattene non ho voglia di vederti.”
Hayato smise di leggere e si mise a sedere “Leggi solo immondizia” disse così a caso e i nervi esplosero.
“Vattene! Sparisci da casa mia!”
“Non credo che lo farò, tua madre mi ha invitato per cena, non potevo dirle di no, ti pare?” sogghignò.
Era incredibile che si stesse comportando in quel modo. Sembrava un altra persone rispetto al giorno prima, dove erano finite tutte quelle premute e le nostre normali chiacchierate. Dove.
“Perché. Perché fai così! Ti diverti così tanto a farmi incazzare eh?!”
Hayato si sollevò, e balzò giù dal letto rimettendosi in piedi. Mi venne abbastanza vicino da afferrarmi il viso, lo sollevò costringendomi a guardarlo negli occhi.
“Sono io quello incazzato qui, in verità” rispose severo senza più alcuno scherzo.
“Perché mai? Che ti ho fatto...”
Respirò profondamente chiudendo gli occhi per un secondo, per poi riaprirli “Andresti ovunque se a proporlo fosse quel ragazzo, ma quando si tratta di me sei sempre sulle spine, mai a tuo agio e nemmeno quando eravamo piccoli ti ho mai visto così sereno in mia presenza, sembravi perennemente in ansia.”
“Cosa?” Non scherzava, era serio. Quella era la vera ragione di quella sua sfuriata, ma era una motivazione sciocca. “La colpa non è mia..” borbottai a bassa voce.
“Come?”
“Se sono sempre in ansia la colpa non è mia! Yoshida da me non pretende nulla, non mi ha ferito e non oserebbe mai trattarmi come fai tu. Invece con te è tutto diverso, tu non mi vedi come un amico e quindi non so come comportarmi, non so come reagiresti ad ogni mia parola o gesto, magari ti arrabbieresti ancora come fai sempre quindi non darmi la colpa se con te sono così!”
Hayato mi fissò colpito, e spalancò leggermente gli occhi. “Siamo un vero disastro” commentò.
“Concordo.”
Hayato sospirò e si toccò i capelli grattandosi la nuca “Credo che tu abbia dimenticato un tassello fondamentale di tutta questa storia, non sono io quello poco chiaro qui ma tu. Ti ho già detto che sono innamorato di te da sempre, quindi non potrei mai odiarti anche se volessi.”
Di punto in bianco l’aveva ridetto, aveva di nuovo tirato in ballo quella storia del suo amore e mi sorprese la serietà e la semplicità che usava per dirlo, come se stesse parlando del tempo. Era convinto dei suoi sentimenti, sapeva perfettamente cosa voleva e lì non era lui che confondeva me, ma forse ero io, col mio fare poco chiaro che lo portavo a comportarsi in quel modo.
“Mi dispiace per oggi, davvero” dissi allora non sapendo come rispondere.
“Anche a me.”
Portai gli occhi su di lui sorpreso che mi avesse risposto con delle scuse, erano le prime da quando lo conoscevo ed ebbero chissà perché più valore dei sentimenti che mi aveva appena rivelato. Di solito lui era una persona abbastanza orgogliosa, che mai ammetteva di aver sbagliato e quindi delle scuse erano rare da ricevere, ma questa volta lui lo aveva fatto e solo perché voleva fare pace con me. Lo voleva davvero.
Non seppi dove guardare, fissarlo negli occhi era troppo per me ed ero in imbarazzo.
“Ora sta diventando imbarazzante” dissi smorzando la cosa.
Hayato sorrise “Lo so. Che ne dici se rimedio così?” afferrò la mia guancia e avvicinò il mio viso verso di lui per baciarmi. Improvvisamente l’imbarazzo svanì, riempito da quel bacio tanto dolce. Baciava davvero bene.
Mi resi conto della situazione e così, ripresa la lucidità, lo respinsi ma dolcemente “Non qui.”
Hayato capì e sorrise “D’accordo. Allora adesso vado, ci vediamo domani.”
Perché doveva andare via adesso, non gli avevo detto di andarsene. Ma prima l’ho fatto.
Era ancora ciò che volevo dentro di me? Vederlo darmi le spalle, procinto ad aprire la porta mi venne d'istinto fermarlo e lo bloccai per la maglia tenendo stretto tra le dita un lembo della sua maglia.
“Mamma ormai avrà cucinato anche per te quindi resta.”
Era ciò che davvero volevo in quel momento, che non andasse via da me.

Note: Da qui in poi iniziano dei capitoli che ho trovato meravigliosi riguardo questa storia, e la relazione dei due protagonisti. E' vero che sono impegnata tra studio e palestra, ma vorrei comunque trovare il tempo anche per loro, in modo da entrare nel vivo della trama.
  
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