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Autore: LilyBennet    14/10/2017    1 recensioni
Hermione Granger e Draco Malfoy sono follemente innamorati. O almeno così sembra.
Ai due è stata sbadatamente somministrata una pozione d'amore, che finisce per avvelenarli entrambi e causargli dei brutti effetti collaterali. Con il viso di un sinistro color viola lei, e delle disgustose pustole verdi su tutto il corpo lui, si ritrovano a condividere la stessa sorte ad appena un letto di distanza, separati da una sottile tendina dell'infermeria. Non ci vuole molto a capire cosa abbia spinto i due eterni nemici ad agire in un modo così insolito, ma ormai il danno è fatto, e tutta Hogwarts li ha visti girare mano nella mano e scambiarsi tenere effusioni.
In una scuola dove niente rimane segreto troppo a lungo, i due caposcuola si ritrovano a dover far fronte a pettegolezzi di ogni genere, fidanzati gelosi, e rivalità tra case che perdurano da secoli.
Genere: Commedia, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Dean/Ginny, Draco/Hermione, Draco/Pansy, Harry/Ginny
Note: Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VI libro alternativo
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Quando Minerva Mcgranitt si sentì convocare, nel cuore della notte, in tutta fretta, le passò per la mente ogni genere di scenario: che un alunno avesse tentato un'improbabile fuga nella foresta proibita, che Gazza avesse dato di matto dopo che alla gatta fosse venuto un infarto (vecchia com'era, nessuno si sarebbe meravigliato troppo), o addirittura che Hogwarts fosse sotto attacco. Si era diretta, stringendo al petto la vestaglia a trama scozzese per non prendere freddo, al primo piano, temendo che l'ennesimo party illecito – mascherato in banali bisticci tra studenti, quando qualcuno si presentava con un occhio nero, o in una semplice indigestione quando si accusava nausea di massa – avesse mietuto altre vittime. Assottigliò le labbra al solo pensiero: nessuno, a parte lei, sembrava vedere quelle festicciole come un'erbaccia da estirpare. E così, da anni ormai, le toccava tacere e chiudere un occhio, facendo finta che le attività degli studenti dell'ultimo anno fossero perfettamente nella norma.

Quando poi, ormai a poche centinaia di metri dall'infermeria, aveva incrociato Severus Piton, si era decisamente convinta che, quella volta, si trattasse di una scazzottata tra case rivali.

« Severus » lo salutò con riverenza, « Ci troviamo qui per l'ennesima lite, a quanto pare » accusò la donna.

« Così sembra » proferì con lentezza l'uomo.

Camminarono frettolosamente verso il portone già spalancato, dove una preoccupata Poppy Chips, si guardava attorno con impazienza. Non appena vide le due figure delinearsi nell'oscurità, gli corse incontro, spronandoli ad affrettare ulteriormente il passo, senza badare al tono di voce.

« Veloci, veloci! Ci sono due studenti avvelenati! »

Minerva seguì la curatrice stringendo con più forza la vestaglia per l'angoscia. Dei lamenti riempivano la stanza, altrimenti silenziosa.

« Li ho trovati proprio qua davanti. Ho provato a somministragli un antiveleno generico, ma è stato come dargli da bere un bicchiere di succo di zucca » si affannò Madama Chips.

Severus Piton si stava avvicinando con lunghe falcate alla curatrice, mostrando un'espressione impassibile.

« Ho spedito subito un gufo d'urgenza al San Mungo, ma se entro trenta minuti non mi rispondono mi vedo costretta a usare il camino »

« Non credo ce ne sarà bisogno » sillabò Piton, « vado subito a prendere i Bezoar che abbiamo tra le scorte » si voltò di scatto facendo frusciare il mantello, e camminando fiero verso l'uscita.

« Ma, insomma, Poppy: chi sono questi due? » domandò con impazienza la Mcgranitt.

« Ecco... »

« Draco! Dove sei? Non riesco a muovermi! » si lamentò Hermione alzando di molto la voce. Da dietro una tenda bianca, una trentina di bollicine arcobaleno volarono verso il soffitto. La capo casa di Grifondoro impallidì; Piton, ad appena una manciata di passi dal portone, si impietrì all'istante.

 

 

 

 

Una lunghissima notte era appena trascorsa. I due caposcuola, dopo essere stati ritrovati in condizioni a dir poco terrificanti, erano stati condotti davanti alla porta dell'infermeria.

Era stata una decisione difficile, fin troppo drastica e avventata per i Serpeverde, abituati a gestire da soli i propri problemi.

Hermione Granger – con il viso viola – e Draco Malfoy – ricoperto da bitorzoli verdastri – rappresentavano lo spettacolo meno atteso dai sei studenti.

In un primo momento, Blaise aveva insistito affichè entrambe le fazioni si portassero via i due ragazzi – o almeno quel che ne restava di loro – tentassero di scagliargli qualche incantesimo che avrebbe potuto porre rimedio al disastro e, se proprio non avesse funzionato, rivolgersi a madama Chips. Ma quando il rampollo di casa Malfoy aveva iniziato a miagolare, al posto di parlare come tutti gli esseri umani, e Hermione non poteva aprir bocca senza far fuoriuscire delle bolle colorate, fu chiaro a tutti che, quanto gli si presentava davanti, si trattava di un caso molto al di fuori delle loro competenze.

Li avevano trasportati con molta fatica, essendo costretti a fermarsi ogni trenta passi a causa di effetti collaterali ben peggiori – come ad esempio gambe molli o frequente perdita dei sensi – e quando si trovarono alla gioiosa distanza di venti metri dal portone della salvezza (o della condanna), si presero qualche secondo per bearsi della vista. Una volta raggiunto si presentò un ulteriore problema: erano tutti vestiti da sera.

Sarebbe stato complesso, soprattutto per i Serpeverde, ai quali nessuno credeva mai – spergiurare che i costosi abiti eleganti fossero in realtà dei pigiami.

 

Hermione e Draco vennero abbandonati dinnanzi all'infermeria come orfanelli nel lontano anno mille davanti ai conventi. Infatti, invece che accompagnarli dalla guaritrice e spiegarle la situazione, i sei studenti si erano limitati a prendere a calci la porta e a fuggire a perdifiato per salvarsi.

 

 

 

 

L'indomani, quando tutti gli altri Serpeverde si erano diretti in sala grande, portando con sé il sommesso vociare a proposito di quello scoop così succulento, Daphne, Theodore e Blaise, avevano preferito fermarsi in sala comune qualche minuto in più.

Si erano seduti attorno al camino nel più completo silenzio. Guardavano con sguardi allucinati le fiamme scoppiettanti avvolgere la legna, bruciarla, e renderla cenere grigia. Non muovevano un muscolo, nemmeno sbattevano le palpebre, nella perfetta imitazione di una statua inanimata.

Fu Theodore a rompere l'inquietante quiete creatasi.

« Tu lo sapevi » disse rivolto a Daphne, senza staccare gli occhi dalla lingua di fuoco nel sontuoso camino.

« Eh? »

« Tu lo sapevi, l'hai detto il secondo giorno di scuola »

La posizione composta trasmetteva rigidità, le braccia giacevano immobili sulle loro gambe.

« “Divinazione non è una scienza esatta, ma prevedo una sorte deprimente come finire a pomiciare con la Granger” » recitò lui.

« E a me avevi detto che non avrei trovato nessuna ragazza alla festa, e così è stato » intervenne Zabini, muovendo a malapena le labbra carnose.

« Sei rimasto da solo perchè mi sei stato attaccato al culo tutto il tempo » replicò acidamente Daphne.

Silenzio.

L'unico rumore che era possibile udire era lo scoppiettare delle fiamme, e i passi leggeri di alcuni studenti ritardatari.

 

 

 

 

Pansy Parkinson era stata tra i primi a raggiungere il tavolo della sua casata, non incrociando gli occhi di nessuno. Aveva i capelli scompigliati, l'espressione disperata e degli aloni di mascara e ombretto nero le sporcavano le occhiaie violacee e le palpebre stanche. Qualche sguardo curioso l'aveva seguita e, per far desistere i ficcanaso, la ragazza non si era fatta alcun problema ad abbaiargli contro i più fantasiosi insulti che le passavano per la mente.

Si lasciò cadere pesantemente sulla panca di legno, e esausta per la nottata passata a tormentarsi, poggiò la fronte sui palmi aperti della mano. Millicent Bulstrode le si avvicinò non molto dopo, e gettò sul tavolo una bustina di tisana snellente.

Come aveva potuto essere così sciocca? L'aveva ingollata tutta in un sol sorso e, giustamente, lei aveva rovinato il suo piano perfetto abbandonando stupidamente il bicchiere corretto per recuperare un'inutile boccettina. Dopo il secondo svenimento, dopo che la sua fedele amica si fosse accorta del suo corpo esanime e che le avesse mosso la cortesia di farla tornare a camminare – seppur in maniera malferma – sulle proprie gambe, si era precipitata nei sotterranei e aveva gettato nel camino l'ampolla; vedendo che questa stentava a sciogliersi, aveva preso a scagliarle contro incantesimi di ogni tipo, affinchè le fiamme aumentassero di volume.

Dei cento galeoni peggio spesi della sua vita, non ne era rimasto nemmeno un granello di polvere.

« Vuoi un po' del mio the post-notti-brave? L'ho comprato da Green Hearth l'ultima volta che siamo andati a Hogsmeade »

Pansy le lanciò un'occhiata senza, tuttavia, fornirle risposta.

Se non fosse consapevole di essere l'unica colpevole per quella disfatta, si sarebbe precipitata da Magie Sinister per farsi sentire.

Millicent scrollò le spalle, si spostò i capelli dal collo, e adagiò all'interno della propria tazza una bustina dal colore violaceo.

« Che hai intenzione di fare adesso? » le domandò versandoci dell'acqua, per far sì che l'infuso si liberasse.

« Non lo so, non avevo previsto un simile disastro » Pansy parlava come una donna in hangover. Il piatto davanti a lei non era ancora stato toccato.

Un numero sempre più maggiore di studenti si voltò a guardarla.

« Avresti dovuto fare una scelta più furba. Nulla di buono esce quando si ricorre alla magia oscura » la riprese Millicent. La ragazza estrasse la bacchetta, la puntò contro la tazza di ceramica, e sussurrò un incantesimo; una sbuffata di vapore acqueo si sollevò, e il contenuto del piccolo involucro rilasciò una sostanza verdastra. Un odore simile alle uova marce invase le narici di Pansy, che fece scattare la mano verso il proprio naso.

« Guarda Piton, è livido » disse poi Millicent, notando l'espressione del professore.

 

Piton, effettivamente, aveva un colorito poco rassicurante, e le sopracciglia corrucciate in un perenne cipiglio disgustato. Poco più in là, la professoressa Minerva Mcgonagall era talmente tanto in collera da storcere le labbra, facendole diventare sottili come non erano mai state viste.

 

« Ho sentito dire da Astoria Greengrass, che l'ha sentito da un ragazzino del terzo anno di Tassorosso, che a sua volta l'ha sentito da Calì Patil, che l'ha sentito da Lavanda Brown, che ha parlato con alcuni malati, presenti quando sono arrivati » e qui fece una pausa per riprendere fiato, « che la Granger e Draco sono conciati molto male – avvelenati, a quanto si vocifera – e che Madama Chips ha fatto una corsa fino al San Mungo »

D'accordo, l'aveva combinata proprio grossa.

 

 

 

Era parecchio indeciso sui suoi sentimenti. Non riusciva a decidere se si sentisse più ferito o dispiaciuto.

Stava guardando la ragazza stesa su una branda, avvolta da candide coperte di lana; era ancora vestita con il suo pigiama di flanella, ma si sarebbe sorpreso maggiormente di vederla con addosso i suoi abiti normali o la divisa scolastica.

Accanto a lui, Harry Potter osservava con le braccia incrociate la caposcuola, costretta al letto da un sonnifero. A distanza di una sottile tenda di lino, Malfoy versava nelle stesse identiche condizioni. Era stata una soluzione necessaria ad evitare che l'infermeria non si trasformasse in un covo d'amore, e che le urla strazianti dei due amanti divisi non disturbassero gli altri degenti.

Il viso della ragazza era ancora viola, e la pelle del Serpeverde ricordava ancora una catena montuosa coperta di vegetazione. Più li guardava, più gli sembravano disgustosi.

Un via vai di curiosi si divertiva ad andare da Madama Chips accusando malori insignificanti, giusto per passare davanti al capezzale dei due intossicati e lanciargli occhiatine.

« Che avete da guardare?! » domandò seccato Ron a due ragazzini del secondo anno, che con la scusa di avere qualche giramento di testa si erano fermati a fissare i due caposcuola addormentati. Questi sobbalzarono, e si defilarono immediatamente, non sentendo più necessaria una visita dalla curatrice.

« Incredibile, la voce ha già raggiunto i bambini » esclamò incredulo il portiere di Grifondoro.

Ma non era quello il problema principale: la notizia dell'avvelenamento curato con due Bezoar, era mutata di bocca in bocca. Da una condizione relativamente semplice, curabile in modo immediato, era diventata un brutto malore, complesso anche per i migliori medimaghi del mondo magico; poi si era tramutato in una brutta malattia dell'est, che infine aveva fatto esalare l'ultimo respiro dei due caposcuola. Nel pomeriggio, in un angolo intimo del giardino, alcuni Tassorosso avrebbero tenuto una veglia funebre, in memoria dei due caposcuola.

« Andiamo a fare colazione, tanto rimarranno così per un po' » suggerì Harry, lanciando un'ultima occhiata impietosita alla ragazza addormentata.

 

 

 

 

 

L'infermeria venne eletta, a malgrado di Madama Chips, come attrazione principale della giornata. Alla donna toccò scacciare in continuazione i numerosi curiosi che affluivano per poter dare una sbirciatina e mettere in giro un'altra versione della storia.

Sfortunatamente per i due caposcuola, quella più gettonata li vedeva già con un piede nella fossa.

 

Si smise di somministrare sonniferi solo l'indomani mattina, per controllare che la pozione d'amore ingerita agisse solo per ventiquattro ore. Quando Draco Malfoy si svegliò, esitò a schiudere le palpebre. Dei vividi ricordi riguardanti un folle amore per la Granger lo fecero rabbrividire; ma mai quanto i suoi deliranti sogni avvenuti nel lungo lasso di tempo che aveva trascorso in quella branda. Quello più prossimo al risveglio era in assoluto quello che più gli aveva causato la pelle d'oca.

L'aveva vista, ed era stato controverso. Aveva le labbra laccate di un rosso acceso, i capelli – normalmente crespi – erano raccolti in uno chignon alto, decorato da un fermaglio intarsiato di rubini. Portava un lungo vestito nero e, per quanto lui cercasse di scacciarla malamente, lei continuava a sorridergli candida. Ricordava benissimo di averla insultata per farla andare su tutte le furie e, finalmente, farla desistere, ma lei aveva riso di gusto come ad una battuta; gli aveva girato attorno come un avvoltoio, senza dire una singola parola, facendo scorrere gli occhi truccati sulla sua figura elegantemente vestita.

« Per Salazaar, Granger, te ne vuoi andare? » gli aveva domandato sempre più collerico, ma per tutta risposta lei – alle sue spalle – gli si avvicinò e gli avvolse le braccia sottili attorno alla vita. Lui si spostò bruscamente, sgranando gli occhi di ghiaccio per lo stupore. Per essere in un sogno, Draco sentiva tutto ciò come estremamente reale; così vero da avergli dato l'impressione di aver sentito sul serio il calore della ragazza dietro di sé.

« Non respingermi » gli disse lei con la voce ridotta ad un sussurro, muovendo ancora un passo verso di lui.

« Sta' indietro! » le urlò di rimando, sguainando la bacchetta da una tasca della sua costosa tenuta da giorno.

« Non capisci? » domandò la Grifondoro senza smettere di sorridere e senza arrestare la sua lenta camminata felina.

« Non avvicinarti » ribadì con fermezza lui, puntandole addosso la bacchetta. Fu come parlare al vento.

« Non ti libererai mai di me » andò avanti la ragazza, « sarò sempre nei tuoi sogni »

Una goccia di sudore bagnò la fronte del Serpeverde.

« Taci! Sei solo frutto di un incubo » gli urlò lui. Doveva aver bevuto troppo, perchè altrimenti non c'era alcuna spiegazione plausibile a quel che stava accadendo nella sua mente.

« Lascia che mi avvicini a te » lo pregò lei muovendo un altro passo in sua direzione.

Fu molto veloce, proprio come aveva fatto con Pansy, qualche giorno prima. Un lampo color rosso squarciò l'aria, e una parola urlata a pieni polmoni echeggiò per la stanza, oscurata da un sinistro fumo nero, che non gli permetteva di capire dove si trovasse.

« STUPEFICIUM! »

La figura della ragazza, invece che accasciarsi a terra priva di sensi, si dissolse, come una manciata di polvere spazzata via da una folata di vento. Draco fissò confuso il punto dove, fino ad un secondo prima, la sua nemica giurata gli stava sorridendo. Un fulmine illuminò la coltre di fumo, facendogli capire di essere all'aperto, e una potente raffica lo fece indietreggiare. Prima ancora che potesse reagire, o capire vagamente dove cosa stesse accadendo, sentì ogni fibra del suo corpo scomporsi, ed ebbe la netta sensazione di essere leggero come una nuvola. Proprio come successo alla Granger, Draco si disgregò.

 

E così si ritrovò improvvisamente catapultato nel mondo reale, immerso in una stanza silenziosa. La prima cosa che sentì fu il calore di una coperta di lana, la seconda fu un forte odore di stantio. Annusò bene la puzza che lo circondava, stirando il viso in un'espressione nauseata.

Aprì gli occhi lentamente, senza sapere nemmeno lui cosa aspettarsi di ritrovarsi davanti. Ricordava di essere finito in infermeria con la Granger, ma per quanto ne sapeva potevano anche averlo già dimesso.

Certo, non si sarebbe mai aspettato che i primi volti che avrebbe visto sarebbero stati quelli di Piton – freddo e impassibile – e della Mcgranitt – collerica e pronta ad ammazzarlo.

   
 
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