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Autore: _viola02_    14/10/2017    3 recensioni
Dal testo:
"Leo Valdez guardò con odio il suo nuovo liceo. Era il quarto, ed era solo al secondo anno.
Sperava ardentemente di andarsene il prima possibile, ma pur di sfuggire a LEI preferiva sorbirsene un altro.
*************
L'edificio era in fiamme.
Leo guardava la sua casa bruciarsi, senza poter fare niente.
Perché sapeva di essere stato lui la causa dell'incendio"
Genere: Azione, Malinconico, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Calipso, Frank/Hazel, Jason/Piper, Leo Valdez, Nico di Angelo
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 8 - Ricordi, decisioni e fughe

Nel capitolo precedente:

«Devo parlare con lui» sussurrò Hazel, evitando lo sguardo di Frank.
«E allora parlaci, sorellina, perché sono più che sicuro che Leo non sopravvivrà a lungo continuando in questo modo»


Nico stava in giardino, aspettando che il suo "amico" arrivasse.
Guardò il cellulare. Era l'una e mezza, esattamente l'ora che avevano stabilito.
E infatti, neanche un minuto dopo sentì un rumore venire da dietro di lui.
«Sei in ritardo, Sol---»
La voce gli si bloccò in gola. Non era Will.
«E tu che ci fai qui a quest'ora?»
«Volevo farti la stessa domanda. Sai com'è, non tutti vanno in giro all'una e mezza di notte, e soprattutto non tutti si aspettano di trovare Solace. Da quanto vi vedete in segreto?»
«Non ti interessa Valdez. Facciamo così, tu stai zitto e io pure. Nessuno ha visto l'altro. Okay?»
Leo alzò le mani.
«Hai vinto tu, Death Boy, i miei segreti sono troppo segreti»
«Leo, perc---»
«Leo? Non Valdez?? Cosa succede, casca il mondo?» lo interruppe l'altro, ironico.
«Valdez, zitto! Vogl---»
«Ah, finalmente! Era troppo strano sentirsi chiamare Leo»
«Hai finito?»
«Sì grazie, molto gentile»
«Perché ci eviti in questo modo?»
Leo stette zitto, e distolse lo sguardo da lui, ma Nico era tranquillo: Leo avrebbe risposto, e avrebbe detto la verità.
Non aveva altre scappatoie.
Visto che tanto doveva aspettarlo, Nico cominciò ad osservare i suoi movimenti: le parole di Piper "il corpo dice sempre più delle parole" erano sacrosante. E soprattutto VERE.
Il ragazzo era visibilmente imbarazzato, e anche molto nervoso: continuava a muovere le mani.
Prima le passava tra i capelli ricci, poi le metteva in tasca, poi giocava con un elastico, e le passava nei capelli di nuovo, ed eccolo per l'ennesima volta a tirare l'elastico, e continuava così, non le fermava MAI.
Non fosse bastato quello per capire quanto era nervoso, continuava a tappeggiare un ritmo con il piede destro, proprio come gli aveva detto Piper.
Proprio quando stava per cedere alla curiosità e chiedere che ritmo fosse, Leo finalmente si decise a parlare.
«Io non devo esservi amico, e basta. Fareste troppe domande e non posso rispondervi»
Nico alzò un sopracciglio.
«E chi ti dice che vogliamo delle risposte?»
domandò, senza neanche l'ombra di sarcasmo.
Leo si immobilizzò.
«Non... Non volete delle risposte?» chiese, come se fosse impossibile anche solo concepirne il pensiero.
Nico alzò gli occhi al cielo.
«Ovvio che le vorremmo, ma se non vuoi tu, NON DARCELE! Sei tu che scegli con chi aprirti, noi non possiamo mica obbligarti a raccontare la tua storia!
Essere amico di qualcuno vuol dire accettarlo così com'è, con i suoi difetti e i suoi segreti. Ovvio, ad un certo punto di una relazione, sia d'amicizia che d'amore (non fa alcuna differenza), ci si aspetterebbe che la fiducia prevalga, ma ognuno è fatto a modo suo e ha i suoi tempi.
Non avere fretta, e non eludere le domande: se non ti va di parlare di un certo argomento dillo e basta, noi ti capiremo»
Qui fece una pausa, per poi fare una smorfia.
«Bleah, che sdolcinato! Scordati il sorriso d'incoraggiamento, non lo farò neanche sotto tortura»
Leo scoppiò a ridere.
«Beh, ma non mi serve il sorriso... Questo BELLISSIMO discorso mi ha fatto capire che sotto sotto in realtà sei un tenerone, caro il mio Nicuccio»
Nico arrossì furiosamente, ed esclamò: «Se provi a raccontarlo in giro, o solo a ripetere quello che hai detto prima, sappi che io ti d----»
Leo non seppe mai a quale morte sarebbe andato incontro se avesse raccontato a qualcuno di quella notte, perché improvvisamente una voce allegra trillò un «Nico! Dove sei?» che lo fece quasi vomitare.
Ma invece del vomito (che era comunque marrone), si ritrovò immerso in un pozza di fango.
Nico Di Angelo lo aveva spinto in un cespuglio. Pieno di fango.
"Stronzo di un Di Angelo! Capisco che non voglia farsi vedere dal suo ragazzo INSIEME AD UN ALTRO RAGAZZO, ma un minimo di delicatezza..."
Imprecando contro un certo tipo vestito di nero e dalla dolcezza di un elefante, tornò finalmente in camera.
Quando fu sotto le coperte, però, si mise a pensare alle parole di Nico.
Aveva ragione. Lui VOLEVA essere amico di quelle persone.
E perché non poteva, allora?! Solo per un passato?
QUELLA sera gli aveva rovinato l'infanzia, non aveva senso lasciarle rovinare anche il suo presente.
No, lui sarebbe stato più forte di quei ricordi, e li avrebbe rinchiusi in un cassetto inespugnabile. E avrebbe ricominciato a vivere.

Quando quella mattina Leo vide Hazel sedersi al suo tavolo per fare colazione, pensò di essere ancora addormentato.
HAZEL e IL SUO TAVOLO, infatti, erano due parole che nella stessa frase non potevano essere neanche accennate.
"E infatti non sono parole" disse la sua coscienza.
"Zitta tu! Se Hazel è venuta qui DA ME è preoccupante lo stesso!"
"Sì, beh, "Hazel" e "il tuo tavolo" non sono comunque parole..."
Leo scosse la testa. Da quando parlava con la sua coscienza?
Stava dando di matto, non c'erano più dubbi.
«Leo?»
«Anche tu?? Ma cosa avete tutti, oggi? Prima Nico, poi tu, adesso manca solo Clarisse!» esclamò sgranando gli occhi.
«Nico? Clarisse? Ma cosa centrano?»
Hazel era perplessa.
«Ehm, nulla... Come mai ti sei seduta qui, Hazel?»
E meno male che si era ricordato del patto! Se avesse spifferato qualcosa...
Leo non voleva neanche pensarci. Nico lo avrebbe DIVORATO.
«Ecco... Io volevo parlarti. Sì. Volevo parlarti» disse lei, arrossendo.
«Okay... E quindi?»
«Volevo parlarti»
Leo sbuffò. Okay che Hazel era timida, ma ingarbugliarsi pure nei discorsi? Doveva essere un discorso serio.
E Leo ODIAVA i discorsi seri... Comprendevano risposte.
«Bene, Hazel, fin lì c'ero arrivato. Cosa devi dire al tuo FANTASTICISSIMO Repair Boy?»
Hazel smise di respirare.
Aveva... Aveva detto REPAIR BOY?
«Leo?? T-tu hai d-detto... Repair B-boy? Hai PRONUNCIATO il tuo n-nomignolo di quando avevamo undici a-anni??»
«Beh, sì... Ti dà fastidio?»
Ora Leo era veramente imbarazzato.
Okay che voleva tornare ad essere amico di quelle persone, e anche di Hazel, però forse correva troppo... Magari lei NON VOLEVA neanche tornare sua amica!
I suoi pensieri, però, vennero smentiti subito.
Hazel, con le lacrime agli occhi, lo aveva abbracciato, esclamando un «Mi sei mancato, Leo!» che lo rese piuttosto felice.
Poi, come un fulmine a ciel sereno, si ricordarono che erano stati fidanzati (e per quasi DUE ANNI!), e l'abbraccio confortevole divenne all'istante troppo caldo.
Si staccarono di colpo, arrossendo entrambi.
«Sì, beh, mi sei mancata anche tu»
Dopo una breve esitazione, lei parlò, senza guardarlo: «Leo... Io ho bisogno di sapere. Perché sei fuggito così? Perché non mi hai detto niente?
Solo questo, giuro, non voglio sapere il motivo della tua fuga. Io... Io voglio solo sapere perché mi hai lasciata sola»
Leo si fissò le mani.
Come faceva a dirle che l'aveva lasciata perché l'amava?
Certo, sarebbe stato un buon appoggio per ricominciare una relazione (lui che dice, straziato: «Io ti amo Hazel, è per questo che ti ho lasciata», lei che risponde, altrettanto straziata, ma attratta da quell'uomo così affascinante: «Anche io ti amo, Leo, sei stato così coraggioso, così bello...», ed infine, il bacio che suggella il loro amore: smack!), però lei adesso aveva Frank. E, se ancora non lo amava, di sicuro le piaceva parecchio.
E poi lui non era giusto. Almeno non per lei.
«Hazel non posso. Scusa»
E fuggì di nuovo. Dopo tutti i nuovi ideali che si era fatto quella notte, ecco che fuggiva di nuovo.
Ma Leo in fondo sapeva che non avrebbe mai smesso di fuggire dalle persone, perché era quello il suo modo di difendersi.
Lui non aveva una casa. Non più.
Da QUELLA sera era cambiato tutto. Compreso lui.
E, senza che se ne accorgesse, i ricordi lo inondarono come un fiume in piena.

La casa era in fiamme, e sua madre era dentro.
Leo la guardava bruciare, paralizzato dalla paura e ammaliato da quel fuoco che tanto gli piaceva.
Già, quelle fiamme lo avevano sempre incantato.
E, anche se era una situazione disperata, Leo non poteva fare a meno di pensare che erano bellissime. Quei colori, quelle danze.
Il giallo, il blu, l'arancione. IL ROSSO.
Era così bello, così incantevole... Così distruttivo. Già, perché il fuoco non era solo CREAZIONE, ma anche DISTRUZIONE.
E Leo adorava questo suo lato. Anche in quel momento.
Ed era questo che lo disgustava di più.
Sua madre era dentro la casa infiammata, e lui riusciva solo a pensare a quanto lo attraessero le fiamme. A quanto lo ammaliassero.
Ed era lui che aveva causato l'incendio, era lui che l'aveva appiccato. DI PROPROSITO.
Aveva usato l'accendino che gli aveva regalato la madre, guarda caso. Quello che adorava.
Aveva già chiamato i pompieri, ovviamente, ma lui non poteva fare proprio niente: stava lì, a guardare quei tizi in giallo cercare di domare le fiamme. E cercare di salvare il suo unico genitore.
Non si erano sentite urla, dalla casa, neanche una.
Anzi, nel giardino era echeggiata una risata.
E Leo sapeva a chi apparteneva quella voce che ancora gli rimbombava nelle orecchie. Apparteneva a LEI.
Quando l'incendio aveva preso vita, tra le macerie era comparsa una donna, vestita di un incredibile marrone color terra.
Sul volto, Leo le aveva visto un ghigno agghiacciante, e al ricordarlo gli venivano ancora i brividi.
Quel ghigno però, alla sua richiesta di aiuto si era trasformato in una risata cattiva.
«Te prego... Per favore! Salva a mi madre... È dentro... Morirà! Ti prego, salvala!!» aveva detto, e lei si era limitata a ridere. RIDERE.
E Leo si era arrabbiato. Quella donna non aveva diritto di ridere se sua madre stava morendo.
Quando la donna lo aveva guardato, tuttavia, non era riuscito a reggere il suo sguardo, e la sua rabbia si era trasformata in paura.
I suoi occhi, verdi come l'erba, erano folli.
Esprimevano un trionfo imbattuto, e luccicavano di sadismo.
Perché lei era contenta che sua madre fosse dentro. Anzi, no, era ENTUSIASTA che sua madre fosse dentro.
Lei ci godeva.
E glielo aveva fatto capire bene. Lei non l'aveva salvata, anzi, era rimasta a guardare.
«Guarda, piccino, come muore tua madre!» aveva detto, osservandolo compiaciuta «Io non muoverò in dito per lei... Ha avuto un onore immenso morendo per mano del fuoco! E so bene che anche tu ne sei estasiato, cucciolo, perché NOI SIAMO UGUALI...
E so anche che ti sei divertito parecchio a ucciderla così, già. Deve essere stato proprio bello... Sapere che quel fuoco che hai appiccato ha sciolto tua madre, che l'ha bruciata viva... Sei promettente, Leo Valdez»
Aveva fatto una piccola pausa, mentre sul volto le era comparsa una faccia dispiaciuta, quasi di compassione.
Poi, con tono abbattuto, aveva ripreso: «Mi dispiace, ma devo concludere il lavoro. Addio»
E lo aveva spinto tra le fiamme.
E mentre il suo viso si avvicinava al fuoco, Leo non riuscì a non pensare che fossero piacevolmente calde, come se lo stessero invitando, e che...

«NO!!! BASTA!!!» urlò.
Non ne poteva più. Doveva solo rinchiudere quei ricordi nell'angolo più remoto della sua mente, e ignorarli. IGNORARLI.
Non si accorse neanche della piccola folla di studenti che lo accerchiarono, tutto preso dal cercare di non fallire e di mantenersi integro.
Quando però sentì una voce (la SUA voce!) che cercava di parlargli, si rialzò di scatto e cominciò a correre.
Non ce la faceva più, spesso non si accorgeva neanche di ciò che faceva.
Come qualche minuto prima, che si era ritrovato per terra senza neanche saperlo.
D'altra parte, quando qualcuno cerca solo di sopravvivere e di non spezzarsi, certi sacrifici li deve fare.
E Leo corse, corse fino a stramazzare al suolo.
Perché correre era l'unica cosa che gli permetteva di non pensare.

Hazel non capiva. Proprio per niente.
Quando Leo l'aveva mollata in mensa, scappando come un codardo, lei non ci aveva pensato un secondo e lo aveva seguito per avere delle spiegazioni DECENTI.
"Nessuno può mollarmi così, e non mi interessa che abbiamo appena fatto pace. Ora parlerà, che lo voglia o meno!" aveva pensato, infuriata nera, maledicendolo e promettendogli ETERNA INIMICIZIA, come Didone aveva fatto con Enea (Sì, lo sapeva anche lei che era una patita di storia).
Tuttavia, non appena quell'urlo così familiare le era arrivato alle orecchie aveva cominciato a correre, già dimentica dell'offesa.
Quando lo aveva trovato (a terra e tutto tremante, come se avesse avuto un attacco di panico), non lo aveva riconosciuto.
Leo non era così, lui era allegro, solare, e buffone. Con un'ombra perenne negli occhi, ma pur sempre allegro, solare e buffone.
Perciò, indecisa sul come parlargli, aveva puntato su un approccio classico, chinandosi su di lui e sussurrando: «Leo... Stai bene?»
A quelle parole, però, il ragazzo aveva sussultato e, come se si fosse appena reso conto di essere stato accerchiato da una folla di studenti (l'urlo non era passato inosservato), era corso via.
Tuttavia lei ora stava davanti a Piper, che la guardava scocciata con le braccia sui fianchi e non accennava a muoversi.
Perché erano ancora lì? Lei DOVEVA rincorrere Leo, lui aveva bisogno di qualcuno. Lo aveva capito dal suo sguardo.
«Piper, ti ripeto per l'ennesima volta che dobbiamo seguirlo. Non è normale! LEO NON SCAPPA IN QUEL MODO!»
«E io ti ripeto per L'ULTIMA VOLTA che non possiamo, perché deve stare da solo» la riprese l'amica, sbuffando.
«NO, NON DEVE! SENTI, SEMBRAVA DISTRUTTO, E IN TUTTI GLI ANNI CHE L'HO CONOSCIUTO NON HA MAI AVUTO ATTACCHI DI PANICO!! IO DEVO SEGUIRLO!!!»
«Hazel, basta. BASTA. Tu Leo non lo conosci più, è cambiato, e avrà problemi che non aveva quando stavi insieme a lui. E se c'è una cosa di cui sono sicura, è che quando qualcuno esplode come ha fatto lui deve stare da solo e cercare di capire se stesso. PUNTO.
Se proprio ci vorrai parlare lo farai domani a scuola. Oggi lasciato in pace. Capito?»
«Okay» borbottò, come una bambina capricciosa, anche se questa volta era semplicemente preoccupata.
Poi le venne in mente una cosa INCONCEPIBILE.
«PIPER! Ma c'è scuola adesso!! Leo la sta saltando!»
Piper alzò gli occhi al cielo.
«Hazel, ANCHE NOI la stiamo saltando, se non te ne sei resa conto. Ormai sono le otto e mezza»
«COSA?? DOBBIAMO ANDARCI SUBITO!»
«Vai pure con calma, tanto non ci faranno entrare fino alla seconda ora. Sai come sono fatte le arpie...»
E, piano piano (anche se Hazel saltellava dal nervosismo), si incamminarono verso la lezione.
Nel mentre, i pensieri di Piper andarono a Leo.
Sperava veramente che un po' di pace lo calmassero, e soprattutto che lo facessero tornare il ragazzo spensierato che aveva conosciuto: Leo le mancava.
«Torna presto» sussurrò, guardando la direzione che l'amico aveva preso «Torna da noi, Leo Valdez»




ANGOLO DELL'AUTRICE:
Sono tornata!😘😘
Mi spiace per l'attesa, che è stata leggermente più lunga delle precedenti, ma avevo altre storie per la testa e ho partecipato (finalmente!) al mio primo contest (se vi va di darmi un parere è la storia chiamata "L'incanto oscuro"😉). Evviva!!
Sono piuttosto su di giri, non so se voi avete mai partecipato, magari fatemi sapere della vostra esperienza...😀😀
Parlando del capitolo, sinceramente non sono tanto convinta, è stato difficile scriverlo, è uno dei capitoli più importanti e complicati di tutta la storia.
Spero di aver reso l'idea della gravità di ciò che quei ricordi creano a Leo, di come sia stato traumatizzato. Se non è così, FATEMELO SAPERE, perché è importante. TANTO.
Per la prima parte della storia, però, devo spiegarmi, dato che molti mi diranno su per Nico.
Allora, io Nico lo vedo come molto intuitivo, distaccato e freddo. Lui, stando in silenzio, capisce tutto e tutti, e non ha bisogno di tante scene: quello che pensa dice. Magari ci pensa bene, formula la frase in un certo modo, ma se è convinto di qualcosa niente lo fa cambiare idea.
Spero che anche voi lo vediate così, se così non è, raccontatemi come lo vedete, mi farebbe piacere conoscere altri pareri😘😘
E ora viene la parte difficile. IL RICORDO.
Si è capito? Vi ha preso? Ho reso bene le emozioni di Leo? Qui mi SERVONO VERAMENTE dei pareri, devo capire come avete preso quella parte del passato di Leo, per migliorarmi nei prossimi flashback.
VI PREGO IN GINOCCHIO, DITEMI TUTTO QUELLO CHE PENSATE, A COSTO ANCHE CHE MI DICIATE CHE FACEVA PENA.
😅*fine sclero*😅
Scusate per il messaggio scritto in maiuscolo, non prendetelo come urlato o come obbligo, è solo una richiesta di una povera ragazza disperata.
Dedico questo capitolo a Melody086, che ha messo questa storia tra le preferite e ha recensito, a Day_Dreamer05, Redhairandgreeneyes e fenris (che hanno recensito anche loro), a _g10rg1a_ che anche lei ha messo la storia tra le preferite, ed infine a PANDACORNO_ARCOBALENO che l'ha messa tra le seguite. Grazie!😘😘😘
Uno speciale grazie alle mie amiche, che mi aiutano sempre e mi sostengono (anche quando non ne hanno voglia) e alla mia cara Radio.
Finisco qua con le note (anche perché tra un po' sono lunghe come il capitolo) e spero di sentirvi presto.
Baci,
_viola02_
   
 
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