6. A call
in the night
Una strada. Luci, troppo nitide
perché possano essere naturali, si riflettono su ogni superficie vetrata,
tingendole di giallognoli colori, che fanno brillare maggiormente le gocce di
pioggia che ne accarezzano la lunghezza. Un ombra si staglia solitaria, fradicia di pioggia che ha
iniziato a insinuarsi anche all’interno della sua carne, che scivola sui suoi
capelli corvini, accarezzandone poi il volto giovane e di bell’aspetto.
Davanti a lui una strada s’allunga
come un serpente, figlio dell’oscurità…deserta…
Non c’è nessuno, o
almeno, i suoi occhi non riescono a vedere nessuno. Perché
una presenza c’è: la sente bene…viva, vicina a lui…fatalmente vicina. Una presenza che è in bilico tra il suo disgusto più profondo e la
sua simpatia più sincera…odi et amo…
Muove qualche passo incerto, per poi
voltarsi nella speranza d’intravedere quell’ombra che
continua a turbare i suoi sogni, tramutandoli in incubi, e la sua realtà,
tramutando anch’essa in un incubo.
Scosta bruscamente i capelli dai
suoi occhi, ma non riesce comunque a sorprendere ciò
che cerca: la strada alle sue spalle è il vuoto…il nulla…
Eppure un moto dentro di se gli dice che qualcuno c’è e lui, quel qualcuno, lo
sente…sente il suo respiro accelerato, febbricitante, che quasi si confonde con
il proprio, talmente è simile il loro sincronismo.
Torna a voltarsi, rinunciando a
vedere quell’ombra nelle ombre. Sa che colui che sta cercando non ci metterebbe tanta pena per
pugnalarlo, lì in mezzo alle scapole, eppure nutre una perversa fiducia in quel
Vuoto…sa che non gli farà nulla…
E’ allora che inizia a camminare…uno, due…tre, sei…otto, dieci passi prima che un urlo glaciale
squarci il silenzio, cullato unicamente dal tetro ticchettio della pioggia
sull’asfalto.
E’ un urlo straziante, prolungato
come un’eco lontano, che si spegne in un sordo gemito…è l’ultimo urlo della
Vita…è il benvenuto per la Morte…
Lo blocca, lo gela, lo soffoca…
E, allora, le gocce fredde del cielo si trasformano in bollenti lacrime,
che scivolano vischiose sul suo bel corpo scolpito. Lo bruciano, gli corrodono
la pelle, ma non riesce a sbarazzarsene, non riesce a sottrarsi ad esse…sono troppe…
I suoi occhi, blu come la notte che
cupa copre il cielo, si alzano verso le nubi tinte di tempesta, e finalmente
riesce a identificare il liquido corrosivo: sangue…una pioggia di sangue…
Il sangue di quegli innocenti che
ora lo indicano, lo accusano, lo incolpano della loro morte, avvenuta per mano
di quel Vuoto.
Ora, tutto è dipinto con la loro
linfa vitale, che si è sparsa (giorni, settimane, mesi prima) sulle strade
contaminate di Los Angeles…
Al rumore delle gocce si mischiano
le loro ultime grida, i loro ultimi pianti, le loro ultime parole…
< T…ti prego…>
un sussurro smozzato serpeggia tra le colonne
di sangue, giungendo direttamente alle sue orecchie. E’ una voce femminile
quella che parla, ancora fresca di giovinezza eppure rabbuiata da un tono cupo
di rimpianto per la vita che non potrà mai vivere < …non voglio morire…>
E poi…la sua risata…la risata del Vuoto riecheggia dappertutto!
E lui non resiste più!!!
Crolla in quel lago rubino, premendo
i palmi delle mani contro le orecchie, nella speranza di scacciarvi quei strazianti rumori che lo fanno sentire peggio di un
misero assassino. L’odore dolciastro del sangue lo stordisce, scivolando
nauseante lungo tutta la sua gola e provocandogli la sensazione sgradevole di
dover vomitare. Ma l’unica cosa che esce dalla sua
bocca è una bassa mantrana, che solo lui sembra
sentire…
< Basta! Basta! Basta! >
Mi sveglio
di soprassalto, sbarrando gli occhi e uscendo dall’incubo che stava tormentando
la mia notte.
Istintivamente
volto il mio sguardo a destra e a sinistra, per poi rilassarmi quando scopro
che il luogo in cui sono non è altro che la mia camera
da letto. Sospiro e i miei muscoli si sciolgono dallo stress che li ha
attanagliati durante tutto il sonno, lasciandomi libero di sollevarmi a sedere
con una fluidità che si può definire umana.
Scosto un
poco le leggere lenzuola dal mio corpo, madido di sudore. Nonostante
sia più rilassato rispetto al momento del mio risveglio, il mio respiro è
ancora veloce, e rimbomba forte nel mio petto, contrastandosi nettamente con il
lento scendere delle gocce di sudore, sulle mie tempie e sul mio torso nudo.
Col dorso
della mano asciugo quelle gocce che infastidiscono il mio volto, mentre i miei
occhi vengono rapiti da quella sfera pallida che
brilla alta nel cielo blu, drappeggiato di brillanti stelle. Nessuna nuvola
minaccia il suo volto flebilmente luminoso e così perfettamente rotondo da
sembrare fatto da un compasso.
Con quell’immagine dell’astro notturno, cerco di riprendere un
po’ di controllo e d’ignorare quei frammenti dell’incubo che mi ha svegliato e
che ancora inondano il mio cervello.
E’ pur vero
che questo è solo l’ultimo di una lunga serie, che mi tormentano
ogni notte, ma la mia mente non sembra ancora essersi abituata alle accuse che
quelle vittime mi addossano, non a torto. So, infatti, che tali accuse sono fin
troppo reali ed è proprio questa mia consapevolezza che mi fa dimenare così sia
nel pensiero che nel corpo.
L’aria,
ora, entra ed esce da me con una velocità più accettabile e il silenzio si fa
più pressante…più chiaro...
Una delle
mie mani scivola tra le mie ciocche corvine, allontanandole dai miei occhi blu,
in un gesto che assomiglia terribilmente a quello già compiuto nel mio incubo.
Le dita, poi, scendono a massaggiare il mio collo, indolenzito e irrigidito,
cercando di farlo sciogliere dolcemente. E paino piano
esso cede alle lusinghe dei miei polpastrelli, muovendosi come un gatto che fa
le fusa e lanciandomi brividi di piacere lungo tutta la colonna vertebrale.
Ora, quell’incubo mi sembra solo ciò che è in realtà:
un brutto sogno di cui dimenticarsi presto.
Le mie
labbra, mosse da chissà quale volontà, sorridono amaramente, lasciandomi un
retrogusto aspro sul fondo della bocca, che non sparisce neanche quando scuoto
vigorosamente la testa.
E allora
cerco di concentrarmi su dell’altro: questa notte splendente, ad esempio, di
cui la mia finestra me ne offre un limpido scorcio. La
luna, con le sue lunghe dita pallide, accarezza il mio corpo nudo, come
un’abile amante, e io cerco di fare il possibile per rilassarmi sotto quell’esperte
carezze di luce.
Mi lascio
cadere all’indietro, tornando nel morbido abbraccio del materasso. E proprio mentre le mie palpebre si sono fatte terribilmente
pesanti da tenere su, ecco che il fastidioso trillo del mio cellulare mi
ridesta del tutto. Sbuffo stanche imprecazioni mentre cerco a tentoni il mio fastidioso attrezzo elettronico.
Appena lo
trovo, annodato alla camicia, che ho gettato a terra prima di andare a letto,
premo il pulsante verde, accostandolo, poi, al mio orecchio. Spero vivamente,
per il bene della persona che si nasconde all’altro capo della cornetta, che
non sia una chiamata di lavoro…altrimenti non rispondo
più di ciò che potrei dire…
- Pronto?!
– biascico, togliendo qualche ciocca che è tornata ad infastidire i miei occhi.
Qualche secondo di silenzio precede l’angusta scoperta di colui
che ha disturbato la mia quiete
- Ti ho
svegliato…ispettore?! -.
Nient’altro che un sussurro, freddo e sprezzante come il vento impetuoso
di dicembre. Un
sussurro che s’intrufola nelle mie orecchie, scivolando lungo tutta la mia
spina dorsale, che ora non rabbrividisce più per il piacere, ma per la
meraviglia , che si legge, anche, nei miei occhi
spalancati
- T…tu…- è
l’unica cosa che esce dalla mia bocca
- Oh
suvvia, ispettore! – esclama irrisoriamente la voce – E’ questa l’unica cosa
che riesci a dirmi? Mi ero aspettato una bella scarica
d’insulti! –
Guardo di
sfuggita la sveglia digitale che brilla di rosso elettronico, prima di
rispondere nel mio solito tono
- Si può
sapere che cazzo vuoi alle 3
del mattino? -
Immagino
che se il dottor Dottel (il
psicologo criminale che collabora con la nostra unità, per la cattura del
novello Jack The Ripper) fosse presente, non
esiterebbe a lasciar cadere casualmente
uno dei suoi fascicoli sulla mia testa, sibilando uno dei suoi - Irresponsabile
che non sei altro! - e guardandomi infuriato da dietro
i suoi occhiali. A suo parere i serial-killer, come quello con cui sto parlando al telefono in questo momento, sono da trattare
con i guanti…peccato che io non sono proprio il tipo per questo genere di cose.
E il
novello The Ripper sembra essersene accorto da
subito, e pare, per giunta, che questa mia dolcezza
lo diverta follemente.
- Ora ti
riconosco! – ride quella dannata voce, con quel suo sussurro naturalmente
gelido e sensuale, che riesce a far salire alle stelle la mia irritazione –
Allora: indovina un po’ che ho fatto oggi? -
Oh cazzo, ci mancava solo uno dei suoi
stupidi giochino! Odio doverli risolvere quanto lui ama farmeli
- Non so!
Hai fatto una passeggiata? – mormoro, passandomi una mano sul volto, in un
chiaro gesto di esasperazione
- Anche, ma non credo t’interessi sapere che nuovi negozi ci
sono in città…- sogghigna
- Senti, te
lo dico chiaro e tondo: mi sono stancato dei tuoi fottuti
giochi! – esclamo, ormai al limite.
Cala il
silenzio tra i due capi del telefono, un silenzio che ha la forza di raggelarmi
e mi maledico mentalmente per la mia irruenza. Se non mi chiamerà
più…se non sentirò quel telefono suonare di nuovo…io..io…mi
sentirei vuoto, forse?
Ma che
diavolo sto dicendo?! Come posso pensare una cosa del
genere di un lurido bastardo come quello che sta dall’altro capo della
cornetta?
- Ne ho
presa un’altra…- sussurra quella voce, interrompendo le mie egoistiche
paranoie.
Il sangue
mi si gela nelle vene nel giro di mezzo secondo. Odio ammetterlo, anche se solo
a me stesso, ma lui ha sempre questo effetto ambiguo
su di me…
-
U…un’altra… – ripeto, sperando vivamente di aver sentito male. Ma quella mia
speranza si rivela del tutto vana. Lo sento annuire
con un vago mugolio, prima che riprenda a parlare con quel suo tono deliziato,
che caratterizza sempre un suo stato di sovreccitazione
- Avresti
dovuto sentire le sue grida…era la Morte stessa a
usare le sue labbra! –
- Maledetto
bastardo!!! – ringhio a denti stretti, stringendo i
pugni sul lenzuolo, come a voler sfogare la mia rabbia su quel povero straccio
- Mi pare
si chiami Lily…o forse è il nome della sorella, della madre, della figlia o,
che so, dell’amante…-.
Quel suo
tono irrisorio, che sfiora il malizioso, è sempre in grado di farmi perdere
quel minimo di autocontrollo che ho coltivato nei
lunghi anni d’accademia. E anche sta volta non è
un’eccezione…
- Piantala con questi giochi del cazzo,
stronzo! – urlo, non provando nemmeno a trattenere la
mia furia, che rabbiosa, la mia bocca vomita
- Però ti piacciono i miei giochetti, vero ispettore Aberline? -
Mi blocco.
La forza per controbattere non riesco a trovarla, così
mi trovo muto davanti a quella cornetta e senza alcuna parola da rimandare a
quel maledetto figlio di puttana.
Maledizione,
so che ha ragione ed è proprio per questo che mi danno miseramente come uno
spettro, morto in una guerra non sua. Ma, di certo, non posso ammetterlo…non
posso perché la mia coscienza me lo vieta, quella piccola, insistente presenza
che continua a infestare il mio ego e a distruggerlo
nella colpa…
- Chi tace
acconsente – sussurra lui, dopo qualche lungo minuti
di silenzio
- Io…io
non…- cerco di ribattere, inutilmente
- Non, Aberline? Eppure non senti
l’adrenalina pulsare ogni volta che la mia voce ti giunge dalla cornetta? Non
provi un’irrefrenabile frenesia ogni volta che ti metti sulle mie tracce?
Dillo,
ispettore: senza di me la tua vita sarebbe solo routine. Monotona e senza alcuna via di fuga. Ma io…io sono
la tua via di fuga!
Quindi,
ti piace questo mio gioco, non è vero? – conclude con
un sussurro lento e caldo.
E io,
ancora una volta, non riesco a rispondere, consapevole che ciò che sta dicendo
è la pura e semplice verità, proprio come quelle accuse che i miei incubi
m’incollano addosso.
- Sì, ti
piace da impazzire…- la sua voce ha assunto una lieve piega divertita, che
s’incastra perfettamente con la sensualità del suo tono – Lo so bene. So bene
come ti senti…perché è proprio quello che sento anch’io…-
Quel
paragone, così netto e brutale, mi scuote dal mio silenzio,
dandomi la forza di ribattere – Io non sono te! – esclamo, con un tono
che vorrebbe essere deciso e sicuro, ma che esce lievemente tremante. So già
che questa poca sicurezza che mi rimane crollerà presto, come un castello di
carte, davanti alle sue acute sensazioni. Perché,
nonostante quello che noi tutti diciamo, nonostante, secondo il senso comune,
lui non sia altro che un pazzo amante del macabro, io so bene che quel dannato
bastardo ha una mente invidiabile.
Perché per
riuscire a fregare polizia, scientifica, FBI e compagnia bella ci vuole proprio
un’intelligenza fuori dal comune e Madre Natura è
stata così caritatevole da donarla a uno schizzato come lui.
- Beh sì,
non hai tutti i torti – ammette dopo un po’, come se ci avesse riflettuto su –
Quando tu vedi le mie belle vittime non sei eccitato quanto lo sono io nel
ridurle così…-
- Co…cosa? -
La sua
flebile risata accoglie il mio stupore – Credevi forse
che sparissi dalla circolazione una volta completato il mio lavoretto? Come sei
ingenuo, mio caro ispettore. No, no…io rimango lì, a vedere le vostre reazioni
davanti alla mia nuova opera. E’ un po’ come l’attore che attende gli applausi
finali del pubblico, per comprendere se la sua serata è stata
un fiasco o un vero successo. E io rimango soprattutto per ascoltare il tuo applauso, ispettore…-
- Tu,
maledetto…- cerco di partire con una serie infinita di appellativi
che gli calzerebbero a pennello, ma prima che ci possa riuscire lui
m’interrompe, dicendomi ciò che io non voglio sentire
- Adoro vedere la tua espressione, lo sai? I tuoi occhi blu
diventano come quelli di un bambino spaventato per una storia di spiriti e
mostri…-
- Brutto
figlio di put…- nuovamente non riesco a terminare ciò
che vorrei dire, poiché la sua voce mi supera di nuovo
- Ma la sai una cosa? Con quel faccino sei ancora più eccitante. Riesci a scuotermi meglio di quelle assurde troiette. Ma anche loro sanno
mandarti in estasi…quando ti chiedono di lasciarle in vita, con le lacrime agli
occhi e il sangue in gola. E sai come ti senti in quel
momento? Ti senti Dio in persona! –
- Tu non sei Dio! – urlo, sputando fuori quel nodo che mi si era fermato in gola e che
m’impediva di ribattere alle sue precedenti parole – Chi cazzo sei per decidere chi vive e chi muore? –
- E tu? – bastano quelle due semplici parole per placare di
botto i miei bollori – Potrei farti la stessa domanda,
e tu lo sai -
Ha ragione.
Ha maledettamente ragione! Ma come potrei ammetterlo?
Con che
forza potrei affermare che, in fondo, io, il cacciatore, e lui, la preda, non siamo altro che la medesima essenza? Con che coraggio
potrei dire che questo gioco, di cui io e lui siamo gli unici partecipanti, mi
piace, mi fa impazzire? Come potrei farlo?
Non posso,
ecco l’unica risposta. Perché io…io sono il buono,
quello che deve far fermare tutto questo…
- Io non ho mai preso queste decisioni – ribatto, cercando di credere
nelle mie parole
- No? – mi
domanda in tono di sfida – Eppure notti fa avresti potuto
prendermi, ci saresti riuscito. Avresti potuto prendermi e portarmi in cella,
magari nel braccio della morte, e far finire questa strage e invece…mi hai
lasciato andare…-
Di nuovo ha
colpito nel segno! Di nuovo ha detto cose vere, e, di nuovo,
io lo so bene. Ma ancora mi ostino a negare
questa chiara evidenza, rimanendo in silenzio, riflettendo su cosa sia meglio
ribattere per scacciare quelle accuse, che non solo lui mi rivolge…
- Che succede, ispettore? Ho detto qualcosa che non va? –
chiede provocante, riscuotendomi dai miei pensieri
- Ti ho
lasciato andare, perché, anche se mi rode ammetterlo, non sono riuscito a
prenderti – ringhio faticosamente tra i denti
- Ah, Aberlaine! La tua mamma non te l’ha mai detto che non si
dicono le bugie? – ride lui, sprezzante
- E la tua
non ti ha insegnato che solo Dio ha il potere di decidere sulla sorte di noi
uomini, fottuto bastardo?!-
ribatto, furente di rabbia, che sembra divertirlo maggiormente
- Su, su
mio caro ispettore! Non c’è bisogno di arrabbiarsi! E
poi la mia mamma non credeva nel tuo Dio tanto buono con tutti i suoi figlioli…
– esclama, continuando a ridere. Ma presto le sue risa
cadono per lasciare spazio alla sua solita voce languida e sensuale, che è
capace d’incantare con la stessa maestria di un ipnotizzatore. A volte mi
chiedo se non sia proprio questa sua dote a fargli fare
tante conquiste tra le donne, anche se poi, queste, diventano tutte delle
bambole, rotte con malagrazia e perversione.
- A me
potresti dirla la verità, Aberlaine. Sai che sono
l’unico in grado di capirti, perché noi due siamo uguali: arranchiamo nel
nostro divertimento macchiandoci del sangue d’innocenti, danziamo su corpi
straziati, giochiamo su sangue fresco, ci svegliamo ogni mattina sperando che
l’altro abbia fatto una mossa decisiva sulla scacchiera. E
l’attesa…ci piace. Hai il coraggio di negarlo, ispettore? – attende qualche secondo,
come aspettando una mia risposta che entrambi sappiamo non giungerà – Sì, siamo
proprio uguali. La differenza è che io uccido direttamente le tue dolci
donzelle, mentre tu ti limiti a guardarle morire…Però, anche se tu non ti
macchi del loro sangue, sei comunque colpevole della
loro morte quanto me. E questo lo sai bene, non è vero? -
Certo che
lo so! Lo so e con me lo sanno tutte quelle innocenti vittime, cadute per un’eccitante partita di cui solo io e lui siamo i protagonisti:
una partita a scacchi, così l’ha definita. Ma anche se so che questa è la cruda
realtà del mio egoismo, della mia smania di divertimento, della mia fuga via
dalla realtà, non posso fare a meno di soffrire se tale realtà mi viene sbattuta in faccia con tanta brutalità.
- Ti odio –
questo sussurro esce involontario dalle mie labbra, tanto più che è velato di
una sofferenza ben udibile
- Lo so. Ed è per questo che sarà più divertente prenderti…quando
farò scacco matto –
- Se sono
io il tuo obbiettivo, perché non mi prendi subito? –
gli chiedo, stanco di quella conversazione che mi ha tanto scosso, come, del
resto, tutte le conversazione che divido con lui
- E che divertimento ci sarebbe? – ribatte, quasi offeso da
una richiesta tanto semplice e poco arguta – Il divertimento della caccia sta
nell’inseguimento – sussurra – Non è paradossale?! Tu, che dovresti essere il
cacciatore, sei diventato la mia preda…ma per adesso mi accontenterò delle
pedine. Una buon giocatore elimina pian piano le
pedine, facendo sentire il re sempre più braccato, finché…- fa una pausa di
qualche secondo, che ha la forza di tenermi in sospeso, per poi concludere –
Non cade –
- Come fai
a parlare così? Dannazione, le tue pedine erano ragazze!!!
Ragazze che avevano una vita, una famiglia, un futuro…- grido, come alla
disperata ricerca di una risposta a quella domanda, che in realtà non voglio
sentire perché…mi farebbe solo male.
- Sì, lo
so…E ce ne sono così tante la fuori! – ride lievemente – La caccia continua,
ispettore…Goditi il sonno, perché domani una nuova pedina sarà
stata mangiata e tu…sentirai giungere lo scacco matto…-
Quelle sono
le sue ultime parole, prima che vengano sostituite dal
ripetitivo suono del telefono che è stato riattaccato. Lentamente, ancora
scosso dalle sue parole, spengo il mio cellulare, posandolo, successivamente
sul comodino.
I miei
occhi continuano a guardare il paesaggio notturno che s’intravede dalla
finestra, con un’espressione vacua e spenta. E lì, in
lontananza, tra i vicoli di quella città che non dorme mai mi pare di sentire
un urlo…
E’ un urlo straziante, prolungato
come un’eco lontano, che si spegne in un sordo gemito…è l’ultimo urlo della
Vita…è il benvenuto per la Morte…
La mia…forse…
Free Talk
Bentornati
nelle mie folli lande, cari viaggiatori ^^ Abbiate un po’ di pietà per
questa…ehm…storia (sarebbe meglio definirla come cosa -.- NdWhite). Non è di certo una
delle più decenti che io abbia scritto ^^’’’ E’, più
che altro, una trasposizione ai giorni nostri della figura enigmatica (e per me
assai affascinante) di Jack the Ripper (Jack lo
Squartatore qua in Italia) e dell’ispettore che lavorava al caso all’epoca: Aberline ^^
I miei
ringraziamenti vanno a samira,
che gentilmente continua a seguirmi dall’inizio di questo viaggio, a giulietta, che ringrazio molto per la sua
definizione a me poco consola sfortunatamente ç_ç, a cloe89 (a cui dovremmo dare un
pacchetto premio per essersi subita tutte le tue schifezze tutte in un botto NdWhite – La gentilezza è sempre con te, eh? -.- NdBlack) e a tutti quelli che hanno semplicemente letto ^^
Alla
prossima fiaba ^^