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Autore: Black Angel    20/04/2005    4 recensioni
Sono solo favole, nulla più. Le novelle di coloro che abitano queste lande, le fiabe delle loro vite intrecciate dai fili dell'oscuro peccato: figli della Morte e quelli della Luna, amanti del sangue e amanti della lussuria, animi che sognano la fine eterna ed altri che cercano disperatamente la propria libertà... Solo favole, nulla più. Una fiaba ad ogni capitolo nella speranza che non vi perdiate nella follia di queste lande senza ritorno...
Genere: Dark, Drammatico, Horror, Malinconico, Mistero, Thriller, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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6. A call in the night

 

Una strada. Luci, troppo nitide perché possano essere naturali, si riflettono su ogni superficie vetrata, tingendole di giallognoli colori, che fanno brillare maggiormente le gocce di pioggia che ne accarezzano la lunghezza. Un ombra si staglia solitaria, fradicia di pioggia che ha iniziato a insinuarsi anche all’interno della sua carne, che scivola sui suoi capelli corvini, accarezzandone poi il volto giovane e di bell’aspetto.

Davanti a lui una strada s’allunga come un serpente, figlio dell’oscurità…deserta…

Non c’è nessuno, o almeno, i suoi occhi non riescono a vedere nessuno. Perché una presenza c’è: la sente bene…viva, vicina a lui…fatalmente vicina. Una presenza che è in bilico tra il suo disgusto più profondo e la sua simpatia più sincera…odi et amo

Muove qualche passo incerto, per poi voltarsi nella speranza d’intravedere quell’ombra che continua a turbare i suoi sogni, tramutandoli in incubi, e la sua realtà, tramutando anch’essa in un incubo.

Scosta bruscamente i capelli dai suoi occhi, ma non riesce comunque a sorprendere ciò che cerca: la strada alle sue spalle è il vuoto…il nulla…

Eppure un moto dentro di se gli dice che qualcuno c’è e lui, quel qualcuno, lo sente…sente il suo respiro accelerato, febbricitante, che quasi si confonde con il proprio, talmente è simile il loro sincronismo.

Torna a voltarsi, rinunciando a vedere quell’ombra nelle ombre. Sa che colui che sta cercando non ci metterebbe tanta pena per pugnalarlo, lì in mezzo alle scapole, eppure nutre una perversa fiducia in quel Vuoto…sa che non gli farà nulla…

E’ allora che inizia a camminare…uno, due…tre, sei…otto, dieci passi prima che un urlo glaciale squarci il silenzio, cullato unicamente dal tetro ticchettio della pioggia sull’asfalto.

E’ un urlo straziante, prolungato come un’eco lontano, che si spegne in un sordo gemito…è l’ultimo urlo della Vita…è il benvenuto per la Morte…

Lo blocca, lo gela, lo soffoca…

E, allora, le gocce fredde del cielo si trasformano in bollenti lacrime, che scivolano vischiose sul suo bel corpo scolpito. Lo bruciano, gli corrodono la pelle, ma non riesce a sbarazzarsene, non riesce a sottrarsi ad esse…sono troppe…

I suoi occhi, blu come la notte che cupa copre il cielo, si alzano verso le nubi tinte di tempesta, e finalmente riesce a identificare il liquido corrosivo: sangue…una pioggia di sangue…

Il sangue di quegli innocenti che ora lo indicano, lo accusano, lo incolpano della loro morte, avvenuta per mano di quel Vuoto.

Ora, tutto è dipinto con la loro linfa vitale, che si è sparsa (giorni, settimane, mesi prima) sulle strade contaminate di Los Angeles…

Al rumore delle gocce si mischiano le loro ultime grida, i loro ultimi pianti, le loro ultime parole…

< T…ti prego…> un sussurro smozzato serpeggia tra le colonne di sangue, giungendo direttamente alle sue orecchie. E’ una voce femminile quella che parla, ancora fresca di giovinezza eppure rabbuiata da un tono cupo di rimpianto per la vita che non potrà mai vivere  < …non voglio morire…>

E poi…la sua risata…la risata del Vuoto riecheggia dappertutto!

E lui non resiste più!!!

Crolla in quel lago rubino, premendo i palmi delle mani contro le orecchie, nella speranza di scacciarvi quei strazianti rumori che lo fanno sentire peggio di un misero assassino. L’odore dolciastro del sangue lo stordisce, scivolando nauseante lungo tutta la sua gola e provocandogli la sensazione sgradevole di dover vomitare. Ma l’unica cosa che esce dalla sua bocca è una bassa mantrana, che solo lui sembra sentire…

< Basta! Basta! Basta! >

 

Mi sveglio di soprassalto, sbarrando gli occhi e uscendo dall’incubo che stava tormentando la mia notte.

Istintivamente volto il mio sguardo a destra e a sinistra, per poi rilassarmi quando scopro che il luogo in cui sono non è altro che la mia camera da letto. Sospiro e i miei muscoli si sciolgono dallo stress che li ha attanagliati durante tutto il sonno, lasciandomi libero di sollevarmi a sedere con una fluidità che si può definire umana.

Scosto un poco le leggere lenzuola dal mio corpo, madido di sudore. Nonostante sia più rilassato rispetto al momento del mio risveglio, il mio respiro è ancora veloce, e rimbomba forte nel mio petto, contrastandosi nettamente con il lento scendere delle gocce di sudore, sulle mie tempie e sul mio torso nudo.

Col dorso della mano asciugo quelle gocce che infastidiscono il mio volto, mentre i miei occhi vengono rapiti da quella sfera pallida che brilla alta nel cielo blu, drappeggiato di brillanti stelle. Nessuna nuvola minaccia il suo volto flebilmente luminoso e così perfettamente rotondo da sembrare fatto da un compasso.

Con quell’immagine dell’astro notturno, cerco di riprendere un po’ di controllo e d’ignorare quei frammenti dell’incubo che mi ha svegliato e che ancora inondano il mio cervello.

E’ pur vero che questo è solo l’ultimo di una lunga serie, che mi tormentano ogni notte, ma la mia mente non sembra ancora essersi abituata alle accuse che quelle vittime mi addossano, non a torto. So, infatti, che tali accuse sono fin troppo reali ed è proprio questa mia consapevolezza che mi fa dimenare così sia nel pensiero che nel corpo.

L’aria, ora, entra ed esce da me con una velocità più accettabile e il silenzio si fa più pressante…più chiaro...

Una delle mie mani scivola tra le mie ciocche corvine, allontanandole dai miei occhi blu, in un gesto che assomiglia terribilmente a quello già compiuto nel mio incubo. Le dita, poi, scendono a massaggiare il mio collo, indolenzito e irrigidito, cercando di farlo sciogliere dolcemente. E paino piano esso cede alle lusinghe dei miei polpastrelli, muovendosi come un gatto che fa le fusa e lanciandomi brividi di piacere lungo tutta la colonna vertebrale. Ora, quell’incubo mi sembra solo ciò che è in realtà: un brutto sogno di cui dimenticarsi presto.

Le mie labbra, mosse da chissà quale volontà, sorridono amaramente, lasciandomi un retrogusto aspro sul fondo della bocca, che non sparisce neanche quando scuoto vigorosamente la testa.

E allora cerco di concentrarmi su dell’altro: questa notte splendente, ad esempio, di cui la mia finestra me ne offre un limpido scorcio. La luna, con le sue lunghe dita pallide, accarezza il mio corpo nudo, come un’abile amante, e io cerco di fare il possibile per rilassarmi sotto quell’esperte carezze di luce.

Mi lascio cadere all’indietro, tornando nel morbido abbraccio del materasso. E proprio mentre le mie palpebre si sono fatte terribilmente pesanti da tenere su, ecco che il fastidioso trillo del mio cellulare mi ridesta del tutto. Sbuffo stanche imprecazioni mentre cerco a tentoni il mio fastidioso attrezzo elettronico.

Appena lo trovo, annodato alla camicia, che ho gettato a terra prima di andare a letto, premo il pulsante verde, accostandolo, poi, al mio orecchio. Spero vivamente, per il bene della persona che si nasconde all’altro capo della cornetta, che non sia una chiamata di lavoro…altrimenti non rispondo più di ciò che potrei dire…

- Pronto?! – biascico, togliendo qualche ciocca che è tornata ad infastidire i miei occhi. Qualche secondo di silenzio precede l’angusta scoperta di colui che ha disturbato la mia quiete

- Ti ho svegliato…ispettore?! -.

Nient’altro che un sussurro, freddo e sprezzante come il vento impetuoso di dicembre. Un sussurro che s’intrufola nelle mie orecchie, scivolando lungo tutta la mia spina dorsale, che ora non rabbrividisce più per il piacere, ma per la meraviglia , che si legge, anche, nei miei occhi spalancati

- T…tu…- è l’unica cosa che esce dalla mia bocca

- Oh suvvia, ispettore! – esclama irrisoriamente la voce – E’ questa l’unica cosa che riesci a dirmi? Mi ero aspettato una bella scarica d’insulti! –

Guardo di sfuggita la sveglia digitale che brilla di rosso elettronico, prima di rispondere nel mio solito tono

- Si può sapere che cazzo vuoi alle 3 del mattino? -

Immagino che se il dottor Dottel (il psicologo criminale che collabora con la nostra unità, per la cattura del novello Jack The Ripper) fosse presente, non esiterebbe a lasciar cadere casualmente uno dei suoi fascicoli sulla mia testa, sibilando uno dei suoi - Irresponsabile che non sei altro! - e guardandomi infuriato da dietro i suoi occhiali. A suo parere i serial-killer, come quello con cui sto parlando al telefono in questo momento, sono da trattare con i guanti…peccato che io non sono proprio il tipo per questo genere di cose.

E il novello The Ripper sembra essersene accorto da subito, e pare, per giunta, che questa mia dolcezza lo diverta follemente.

- Ora ti riconosco! – ride quella dannata voce, con quel suo sussurro naturalmente gelido e sensuale, che riesce a far salire alle stelle la mia irritazione – Allora: indovina un po’ che ho fatto oggi? -

Oh cazzo, ci mancava solo uno dei suoi stupidi giochino! Odio doverli risolvere quanto lui ama farmeli

- Non so! Hai fatto una passeggiata? – mormoro, passandomi una mano sul volto, in un chiaro gesto di esasperazione

- Anche, ma non credo t’interessi sapere che nuovi negozi ci sono in città…- sogghigna

- Senti, te lo dico chiaro e tondo: mi sono stancato dei tuoi fottuti giochi! – esclamo, ormai al limite.

Cala il silenzio tra i due capi del telefono, un silenzio che ha la forza di raggelarmi e mi maledico mentalmente per la mia irruenza. Se non mi chiamerà più…se non sentirò quel telefono suonare di nuovo…io..io…mi sentirei vuoto, forse?

Ma che diavolo sto dicendo?! Come posso pensare una cosa del genere di un lurido bastardo come quello che sta dall’altro capo della cornetta?

- Ne ho presa un’altra…- sussurra quella voce, interrompendo le mie egoistiche paranoie.

Il sangue mi si gela nelle vene nel giro di mezzo secondo. Odio ammetterlo, anche se solo a me stesso, ma lui ha sempre questo effetto ambiguo su di me…

- U…un’altra… – ripeto, sperando vivamente di aver sentito male. Ma quella mia speranza si rivela del tutto vana. Lo sento annuire con un vago mugolio, prima che riprenda a parlare con quel suo tono deliziato, che caratterizza sempre un suo stato di sovreccitazione

- Avresti dovuto sentire le sue grida…era la Morte stessa a usare le sue labbra! –

- Maledetto bastardo!!! – ringhio a denti stretti, stringendo i pugni sul lenzuolo, come a voler sfogare la mia rabbia su quel povero straccio

- Mi pare si chiami Lily…o forse è il nome della sorella, della madre, della figlia o, che so, dell’amante…-.

Quel suo tono irrisorio, che sfiora il malizioso, è sempre in grado di farmi perdere quel minimo di autocontrollo che ho coltivato nei lunghi anni d’accademia. E anche sta volta non è un’eccezione…

- Piantala con questi giochi del cazzo, stronzo! – urlo, non provando nemmeno a trattenere la mia furia, che rabbiosa, la mia bocca vomita

- Però ti piacciono i miei giochetti, vero ispettore Aberline? -

Mi blocco. La forza per controbattere non riesco a trovarla, così mi trovo muto davanti a quella cornetta e senza alcuna parola da rimandare a quel maledetto figlio di puttana.

Maledizione, so che ha ragione ed è proprio per questo che mi danno miseramente come uno spettro, morto in una guerra non sua. Ma, di certo, non posso ammetterlo…non posso perché la mia coscienza me lo vieta, quella piccola, insistente presenza che continua a infestare il mio ego e a distruggerlo nella colpa…

- Chi tace acconsente – sussurra lui, dopo qualche lungo minuti di silenzio

- Io…io non…- cerco di ribattere, inutilmente

- Non, Aberline? Eppure non senti l’adrenalina pulsare ogni volta che la mia voce ti giunge dalla cornetta? Non provi un’irrefrenabile frenesia ogni volta che ti metti sulle mie tracce?

Dillo, ispettore: senza di me la tua vita sarebbe solo routine. Monotona e senza alcuna via di fuga. Ma io…io sono la tua via di fuga!

Quindi, ti piace questo mio gioco, non è vero? – conclude con un sussurro lento e caldo.

E io, ancora una volta, non riesco a rispondere, consapevole che ciò che sta dicendo è la pura e semplice verità, proprio come quelle accuse che i miei incubi m’incollano addosso.

- Sì, ti piace da impazzire…- la sua voce ha assunto una lieve piega divertita, che s’incastra perfettamente con la sensualità del suo tono – Lo so bene. So bene come ti senti…perché è proprio quello che sento anch’io…-

Quel paragone, così netto e brutale, mi scuote dal mio silenzio, dandomi la forza di ribattere – Io non sono te! – esclamo, con un tono che vorrebbe essere deciso e sicuro, ma che esce lievemente tremante. So già che questa poca sicurezza che mi rimane crollerà presto, come un castello di carte, davanti alle sue acute sensazioni. Perché, nonostante quello che noi tutti diciamo, nonostante, secondo il senso comune, lui non sia altro che un pazzo amante del macabro, io so bene che quel dannato bastardo ha una mente invidiabile.

Perché per riuscire a fregare polizia, scientifica, FBI e compagnia bella ci vuole proprio un’intelligenza fuori dal comune e Madre Natura è stata così caritatevole da donarla a uno schizzato come lui.

- Beh sì, non hai tutti i torti – ammette dopo un po’, come se ci avesse riflettuto su – Quando tu vedi le mie belle vittime non sei eccitato quanto lo sono io nel ridurle così…-

- Co…cosa? -

La sua flebile risata accoglie il mio stupore – Credevi forse che sparissi dalla circolazione una volta completato il mio lavoretto? Come sei ingenuo, mio caro ispettore. No, no…io rimango lì, a vedere le vostre reazioni davanti alla mia nuova opera. E’ un po’ come l’attore che attende gli applausi finali del pubblico, per comprendere se la sua serata è stata un fiasco o un vero successo. E io rimango soprattutto per ascoltare il tuo applauso, ispettore…-

- Tu, maledetto…- cerco di partire con una serie infinita di appellativi che gli calzerebbero a pennello, ma prima che ci possa riuscire lui m’interrompe, dicendomi ciò che io non voglio sentire

- Adoro vedere la tua espressione, lo sai? I tuoi occhi blu diventano come quelli di un bambino spaventato per una storia di spiriti e mostri…-

- Brutto figlio di put…- nuovamente non riesco a terminare ciò che vorrei dire, poiché la sua voce mi supera di nuovo

- Ma la sai una cosa? Con quel faccino sei ancora più eccitante. Riesci a scuotermi meglio di quelle assurde troiette. Ma anche loro sanno mandarti in estasi…quando ti chiedono di lasciarle in vita, con le lacrime agli occhi e il sangue in gola. E sai come ti senti in quel momento? Ti senti Dio in persona! –

- Tu non sei Dio! – urlo, sputando fuori quel nodo che mi si era fermato in gola e che m’impediva di ribattere alle sue precedenti parole – Chi cazzo sei per decidere chi vive e chi muore?

- E tu? – bastano quelle due semplici parole per placare di botto i miei bollori – Potrei farti la stessa domanda, e tu lo sai -

Ha ragione. Ha maledettamente ragione! Ma come potrei ammetterlo?

Con che forza potrei affermare che, in fondo, io, il cacciatore, e lui, la preda, non siamo altro che la medesima essenza? Con che coraggio potrei dire che questo gioco, di cui io e lui siamo gli unici partecipanti, mi piace, mi fa impazzire? Come potrei farlo?

Non posso, ecco l’unica risposta. Perché io…io sono il buono, quello che deve far fermare tutto questo…

- Io non ho mai preso queste decisioni – ribatto, cercando di credere nelle mie parole

- No? – mi domanda in tono di sfida – Eppure notti fa avresti potuto prendermi, ci saresti riuscito. Avresti potuto prendermi e portarmi in cella, magari nel braccio della morte, e far finire questa strage e invece…mi hai lasciato andare…-

Di nuovo ha colpito nel segno! Di nuovo ha detto cose vere, e, di nuovo, io lo so bene. Ma ancora mi ostino a negare questa chiara evidenza, rimanendo in silenzio, riflettendo su cosa sia meglio ribattere per scacciare quelle accuse, che non solo lui mi rivolge…

- Che succede, ispettore? Ho detto qualcosa che non va? – chiede provocante, riscuotendomi dai miei pensieri

- Ti ho lasciato andare, perché, anche se mi rode ammetterlo, non sono riuscito a prenderti – ringhio faticosamente tra i denti

- Ah, Aberlaine! La tua mamma non te l’ha mai detto che non si dicono le bugie? – ride lui, sprezzante

- E la tua non ti ha insegnato che solo Dio ha il potere di decidere sulla sorte di noi uomini, fottuto bastardo?!- ribatto, furente di rabbia, che sembra divertirlo maggiormente

- Su, su mio caro ispettore! Non c’è bisogno di arrabbiarsi! E poi la mia mamma non credeva nel tuo Dio tanto buono con tutti i suoi figlioli… – esclama, continuando a ridere. Ma presto le sue risa cadono per lasciare spazio alla sua solita voce languida e sensuale, che è capace d’incantare con la stessa maestria di un ipnotizzatore. A volte mi chiedo se non sia proprio questa sua dote a fargli fare tante conquiste tra le donne, anche se poi, queste, diventano tutte delle bambole, rotte con malagrazia e perversione.

- A me potresti dirla la verità, Aberlaine. Sai che sono l’unico in grado di capirti, perché noi due siamo uguali: arranchiamo nel nostro divertimento macchiandoci del sangue d’innocenti, danziamo su corpi straziati, giochiamo su sangue fresco, ci svegliamo ogni mattina sperando che l’altro abbia fatto una mossa decisiva sulla scacchiera. E l’attesa…ci piace. Hai il coraggio di negarlo, ispettore? – attende qualche secondo, come aspettando una mia risposta che entrambi sappiamo non giungerà – Sì, siamo proprio uguali. La differenza è che io uccido direttamente le tue dolci donzelle, mentre tu ti limiti a guardarle morire…Però, anche se tu non ti macchi del loro sangue, sei comunque colpevole della loro morte quanto me. E questo lo sai bene, non è vero? -

Certo che lo so! Lo so e con me lo sanno tutte quelle innocenti vittime, cadute per un’eccitante partita di cui solo io e lui siamo i protagonisti: una partita a scacchi, così l’ha definita. Ma anche se so che questa è la cruda realtà del mio egoismo, della mia smania di divertimento, della mia fuga via dalla realtà, non posso fare a meno di soffrire se tale realtà mi viene sbattuta in faccia con tanta brutalità.

- Ti odio – questo sussurro esce involontario dalle mie labbra, tanto più che è velato di una sofferenza ben udibile

- Lo so. Ed è per questo che sarà più divertente prenderti…quando farò scacco matto –

- Se sono io il tuo obbiettivo, perché non mi prendi subito? – gli chiedo, stanco di quella conversazione che mi ha tanto scosso, come, del resto, tutte le conversazione che divido con lui

- E che divertimento ci sarebbe? – ribatte, quasi offeso da una richiesta tanto semplice e poco arguta – Il divertimento della caccia sta nell’inseguimento – sussurra – Non è paradossale?! Tu, che dovresti essere il cacciatore, sei diventato la mia preda…ma per adesso mi accontenterò delle pedine. Una buon giocatore elimina pian piano le pedine, facendo sentire il re sempre più braccato, finché…- fa una pausa di qualche secondo, che ha la forza di tenermi in sospeso, per poi concludere – Non cade –

- Come fai a parlare così? Dannazione, le tue pedine erano ragazze!!! Ragazze che avevano una vita, una famiglia, un futuro…- grido, come alla disperata ricerca di una risposta a quella domanda, che in realtà non voglio sentire perché…mi farebbe solo male.

- Sì, lo so…E ce ne sono così tante la fuori! – ride lievemente – La caccia continua, ispettore…Goditi il sonno, perché domani una nuova pedina sarà stata mangiata e tu…sentirai giungere lo scacco matto…-

Quelle sono le sue ultime parole, prima che vengano sostituite dal ripetitivo suono del telefono che è stato riattaccato. Lentamente, ancora scosso dalle sue parole, spengo il mio cellulare, posandolo, successivamente sul comodino.

I miei occhi continuano a guardare il paesaggio notturno che s’intravede dalla finestra, con un’espressione vacua e spenta. E lì, in lontananza, tra i vicoli di quella città che non dorme mai mi pare di sentire un urlo…

E’ un urlo straziante, prolungato come un’eco lontano, che si spegne in un sordo gemito…è l’ultimo urlo della Vita…è il benvenuto per la Morte…

La mia…forse…

 

Free Talk

Bentornati nelle mie folli lande, cari viaggiatori ^^ Abbiate un po’ di pietà per questa…ehm…storia (sarebbe meglio definirla come cosa -.- NdWhite). Non è di certo una delle più decenti che io abbia scritto ^^’’’ E’, più che altro, una trasposizione ai giorni nostri della figura enigmatica (e per me assai affascinante) di Jack the Ripper (Jack lo Squartatore qua in Italia) e dell’ispettore che lavorava al caso all’epoca: Aberline ^^

I miei ringraziamenti vanno a samira, che gentilmente continua a seguirmi dall’inizio di questo viaggio, a giulietta, che ringrazio molto per la sua definizione a me poco consola sfortunatamente ç_ç, a cloe89 (a cui dovremmo dare un pacchetto premio per essersi subita tutte le tue schifezze tutte in un botto NdWhite – La gentilezza è sempre con te, eh? -.- NdBlack) e a tutti quelli che hanno semplicemente letto ^^

Alla prossima fiaba ^^

  
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