Erano passati diversi giorni da
quando Feliciano era
arrivato al campo, forse qualche settimana, l’italiano non
sapeva dirlo con
certezza. I detenuti non riuscivano a portare il conteggio dei giorni,
figurarsi le settimane e i mesi, l’unica cosa che riuscivano
a capire era il
trascorrere del giorno con l’arrivo della notte e il
passaggio da una stagione
all’altra, niente più. Feliciano però
sentiva di aver trascorso quasi una vita
intera in quel posto.
Da quando erano arrivati tutti
avevano subito dei
cambiamenti a livello fisico.
Feliciano aveva perso diversi chili, ed essendo già di
costituzione piccola
iniziava ad essere piuttosto esile e smunto. Matthew aveva acquisito un
pallore
quasi cadaverico mentre i suoi occhi che inizialmente erano di bel
violetto
brillante ora erano spenti e infossati dietro le lenti. Toris invece
aveva
cominciato a perdere più capelli del solito, rimanendo con
intere ciocche tra
le dita quando passava la mano tra la capigliatura un tempo folta.
Francis e
Feliks avevano cercato di rassicurare i ragazzi dicendogli che era
normale e
che anche loro avevano perso molto peso e il loro aspetto sano, ma
ciò non
riuscì a tranquillizzarli del tutto.
Toris soprattutto soffriva molto di
incubi la notte che lo
portavano a gemere, urlare e tremare in modo incontrollato. Feliks
spesso
veniva svegliato nel cuore della notte dagli spasmi del compagno, e per
uno
slancio di pietà aveva cominciato a prendere
l’abitudine di dormire abbracciato
a lui per cercare di tranquillizzarlo. Per questo motivo il ragazzo
lituano era
sempre molto stanco e sfibrato il giorno, una condizione che
preoccupava non
poco i suoi compagni di sventura.
Feliciano invece si era accorto che Francis aveva l’abitudine
di sussurrare
alcune frasi in francese misto a qualche parola inglese la sera prima
di
addormentarsi, come se mormorasse una buonanotte rivolta a
chissà chi o una favola
per conciliare il sonno. Feliciano non sapeva perché ma ogni
volta che
ascoltava quella litania veniva colto da una forte sensazione di
tristezza.
In tutta questa negatività
però qualcosa di positivo c’era.
Entrambi i fratelli tedeschi che sorvegliavano i detenuti del
dormitorio H3T4
avevano ammorbidito il loro comportamento. Ludwig si era rivelato sin
dall’inizio di buon cuore e quasi privo di
crudeltà, mentre colui che destò più
stupore fu proprio Gilbert. Dopo l’episodio che lo aveva
quasi portato a
uccidere Matthew il suo atteggiamento si era progressivamente
ingentilito.
Certo, lui era ancora freddo e autoritario con i prigionieri, li
picchiava
spesso e li insultava pesantemente, ma loro non sentivano
più ila propria vita
costantemente in pericolo.
In questi giorni il dormitorio era
stato costretto a
lavorare sia nella fabbrica L14 sia in altri luoghi del campo di
concentramento, a volte in altre fabbriche, altre invece al di fuori
della
recinsione nei campi coltivati intorno al complesso.
Quando si trovavano all’esterno di solito erano costretti a
lavorare la terra
per raccogliere alimenti che i prigionieri non avrebbero mai visto nei
loro
piatti. Nonostante gli sforzi di Francis il loro rancio era a dir poco
immangiabile e ipocalorico, un pasto che riusciva a malapena a tenerli
in vita.
In tutto questo tempo Feliciano aveva
cominciato a prendere
l’abitudine di lanciare occhiate furtive e fissare
insistentemente nei momenti
morti la guardia bionda. Non sapeva dire il perché ma quel
Ludwig gli ricordava
tanto un ragazzino che aveva conosciuto nell’infanzia e che
aveva sempre amato,
e che non aveva più rivisto dopo l’ascesa del
Fascismo in Italia.
Fin dall’inizio Feliciano
aveva avuto un debole per lui che
da semplice attrazione si stava evolvendo in qualcosa di
più, alimentata anche
dal comportamento gentile del soldato stesso. Spesso la mattina, quando
Feliciano non riusciva a svegliarsi in orario, era Ludwig che lo
svegliava e lo
aiutava a sistemarsi per poter andare a lavorare, mentre il giorno
Feliciano
sorprendeva sempre il ragazzo a fissarlo insistentemente.
Anche Francis si era accorto della situazione, come se avesse un fiuto
particolare per le tensioni sessuali, ma aveva preso in considerazione
anche la
possibilità che Ludwig fissasse l’italiano per
controllare che non
bighellonasse sul lavoro, deludendo non poco il ragazzo.
Feliciano si ostinava ad osservare il
tedesco anche per un
altro motivo: voleva ardentemente sapere se era stato lui a regalare il
paio di
occhiali a Matthew.
Dalla sera in cui li aveva ricevuti il giovane canadese non aveva
smesso di
cercare chi gli aveva fatto quel regalo per poterlo ringraziare.
Inizialmente
aveva sospettato di qualche guardia del campo, ma aveva subito scartato
l’idea
in favore di qualcuno all’interno del dormitorio che magari
aveva chiesto
quella concessione a una guardia o li aveva direttamente rubati.
Francis era più propenso per l’idea di qualche
guardia invece, idea che era
sostenuta anche da Toris e Feliks. Feliciano temeva che potesse essere
stato
Ludwig stesso in uno slancio di pietà maggiore di quelli che
aveva già avuto.
Quell’idea infastidiva inspiegabilmente Feliciano, che voleva
vederci chiaro in
tutta quella situazione. Lui non aveva ricevuto nessun tipo di regalo
nonostante avesse iniziato a controllare ogni centimetro della sua
cuccetta
tutte le notti prima di dormire e il pensiero che Ludwig, il suo
Ludwig, avesse
un qualche tipo di interesse per un’altra persona lo rendeva
ansioso e
disperato.
L’idea che Ludwig non avesse quel tipo di tendenze non lo
fiorava minimamente.
Erano giorni che Feliciano era
tormentato da una singola
quanto difficile domanda: come fare per farsi notare da Ludwig?
Quello era un campo di concentramento, lui era un partigiano
prigioniero vivo
non sapeva grazie quale santo e Ludwig un soldato nazista e il suo
secondino.
Erano incompatibili.
Sembrava la trama di uno di quei romanzi rosa dalle storie
d’amore epiche e
impossibili che suo fratello nascondeva nel doppiofondo dello zaino.
Feliciano
sperava solo che anche la sua storia si sarebbe conclusa con un lieto
fine come
in quei romanzi.
Il giorno in cui si bruciò
l’interno della mano Feliciano
era preso per l’ennesima volta a fantasticare in rosa sulla
sua bella guardia
nazista. Quel pomeriggio, dopo una mattina passata a gelarsi zappando
un campo
di verdure, era stato mandato a lavorare nella fabbrica L14 dove lo
avevano
costretto a trasportare gli ingranaggi conclusi dallo stampo al catasto
in
fondo allo stabile.
Preso dai suoi pensieri, l’italiano non si era accorto che un
ingranaggio
appena uscito dallo stampo non si era ancora raffreddato del tutto.
Il suo urlo seguito da piagnucolii vari riecheggiò per tutta
la struttura.
Feliks fu il primo a raggiungere
l’italiano che aveva
iniziato a rotolarsi a terra urlando dal dolore mentre si teneva la
mano
bruciata tra le gambe. Subito gli furono affianco Ludwig e Gilbert.
“Cos’ha combinato
ancora quest’idiota?” Fu il primo commento
dell’albino, ma nel vedere le escoriazioni della mano del
ragazzo quando il
polacco la prese tra le sue si azzittì all’istante.
“Feliciano, oh Feliciano
come hai fatto?” Chiese preoccupato
Feliks, poi guardò negli occhi le due guardie
“Dev’essere portato subito in
infermeria, deve provare un dolore atroce, sembra una scottatura molto
seria!”
“Alzati Feliciano, ti
accompagno io”
Nonostante il dolore gli annebbiasse
la mente, Feliciano
perse un battito quando sentì quelle parole essere
pronunciate da Ludwig. Malgrado
ciò non riusciva a smettere di piangere e gemere e le sue
gambe non volevano
rispondere ai suoi comandi.
“Avanti, alzati!”
Ordinò Gilbert scandendo le parole con un
forte accento, ma non ebbe alcun successo.
Feliciano iniziò a tremare
violentemente mentre si mordeva
con forza il labbro inferiore per cercare di resistere al dolore.
Ludwig sentì il cuore
essere stretto in una tenaglia mentre
l’ansia formava un blocco nella sua gola. Feliciano si era
infortunato, si era
seriamente ustionato una mano, e se non avrebbe potuto più
lavorare? Che cosa
gli sarebbe successo? E se la sua mano non sarebbe più
guarita? E se… e se
avrebbero dovuta amputargliela?
Ludwig scosse la testa con forza. Che pensiero stupido! Non sarebbe
accaduto di
certo, ma aveva un bisogno urgente di andare in infermeria.
Prendendo l’iniziativa,
Ludwig afferrò l’italiano per un
braccio e se lo poggiò addosso in modo tale da poterlo
sostenere mentre
camminavano.
“Lo porto in infermeria, tu
continua a controllare gli
altri!”
“O-ok” Rispose
stupito Gilbert.
Ludwig sentì gli occhi
vermigli del fratello bucargli la
schiena per buona parte del tragitto ma non gli importava.
L’importante adesso
era portare Feliciano in infermeria da Francis dove avrebbe medicato
l’ustione
e cercato di alleviare il dolore del povero ragazzo. Le spiegazioni per
il suo
gesto poco professionale potevano aspettare.
Quando aprì la porta con
un calcio trovò l’infermeria
completamente vuota. Nessun paziente né Francis si vedevano
in giro e un
silenzio quasi mortale regnava nella piccola stanza sporca.
“Probabilmente lo hanno
chiamato nelle cucine” Pensò Ludwig
mentre entrava e chiudeva la porta dietro Feliciano.
Per fortuna
nell’addestramento militare dedicavano molto
tempo all’insegnamento delle procedure di primo soccorso sia
con attrezzi
adeguati sia con quelli di fortuna, ma in quel posto Ludwig pensava di
avere
tutto l’occorrente per una medicazione basilare.
Fece sedere il ragazzo ancora agonizzante su un letto lurido e si
spostò di fronte
a lui su una sedia traballante.
“Ora cerca di aprire il
palmo della mano lentamente e fammi
vedere la bruciatura” Disse con voce bassa e calma per
rassicurare il ragazzo.
Feliciano piagnucolò un
pochino ma riuscì a mostrare
l’ustione al tedesco. Nel vederla Ludwig tirò un
sospiro di sollievo, per
fortuna non era un’ustione di terzo grado, una di quelle
bruciature che
compromettevano irrimediabilmente la pelle e tutti i tessuti
sottostanti della
zona colpita.
“Va bene non è
grave, guarirà molto presto, dobbiamo solo
medicarla. Ora cerca di non muoverti troppo e sii paziente”
Feliciano annuì poco
convinto. Rimase in silenzio ad
osservare la guardia prendere tutto l’occorrente per la
medicazione. Ludwig non
sembrò farci particolarmente caso e iniziò a
imbevere una benda di cotone non
più bianca di un liquido trasparente ma dal forte odore
pungente.
“Ora dammi la mano e cerca
di sopportare il dolore e non
urlare”
Ovviamente furono parole al vento.
Appena la benda bagnata
iniziò a tamponare la pelle ustionata
dell’italiano quest’ultimo iniziò a
gemere e piangere cercando di soffocare le urla con l’altra
mano mentre tentava
di sottrarsi alle attenzioni poco gradite del tedesco.
“Cerca di stare fermo se
non vuoi che peggiori le cose!”
Sibilò frustato Ludwig quando cercò per
l’ennesima volta di pulire una
rientranza della mano senza successo.
“Ve… mi s-scusi
signore…. Fa così tanto
male…” Si giustificò
il bruno tra un singhiozzo e l’altro.
“Ludwig”
“C-come scusi?”
“Ludwig, non signore. Il
mio nome è Ludwig” Rispose il
tedesco senza distogliere lo sguardo dal suo lavoro, sentendo le
proprie
orecchie bruciare dall’imbarazzo.
Anche Feliciano arrossì a
quelle parole. Naturalmente Ludwig
sapeva che il ragazzo conosceva il suo nome, tutti i prigionieri
conoscevano i
nomi dei loro aguzzini, ma il presentarsi così
spontaneamente e quasi
intimamente come se fossero due estranei che si incontravano per la
prima volta
e che volevano conoscersi gli diede la sensazione di creare una sorta
di legame
con lui.
Rimase ad attendere un qualche tipo di risposta da parte del
prigioniero mentre
puliva l’ustione per alcuni interminabili istanti, poi deluso
e soprattutto
imbarazzato alzò lo sguardo carico d’ansia
incontrando il suo. Subito Feliciano
deviò lo sguardo in altre direzioni che non fossero il suo
volto cercando di
trovare delle parole da dire.
“Oh…
ah… è davvero un bel nome”
Feliciano sfoggiò un largo
sorriso che però risultò un po’
incerto, ma bastò come risposta alla guardia. Lo sguardo di
Ludwig brillò più
intensamente per un istante come se una scintilla di
felicità e di affetto lo
avesse illuminato per un attimo, poi fu riportato velocemente sulla
mano e
sulla benda che stava tamponando tutta la sua superficie
“Grazie”
Mormorò Ludwig a denti stretti mentre le sue
orecchie diventavano ancora più rosse.
Il ragazzo italiano aprì
la bocca per dire qualcosa ma non
uscì nient’altro che un urlo strozzato quando la
benda imbevuta toccò un punto
particolarmente delicato della mano.
Ludwig mormorò varie volte che aveva quasi finito, poi
finalmente posò la benda
ormai lurida e ne prese altre quasi pulite da un piccolo scaffale
mentre
Feliciano si asciugava le lacrime di dolore con il dorso della mano
sana.
“Ora benderò la
bruciatura. Non devi né levarla, né
sporcarla o bagnarla altrimenti non guarirà presto
l’ustione. E se non guarirà,
allora tu…” Ludwig lasciò la frase
mentre il suo volto si oscurava.
Feliciano tremò a
quell’allusione e improvvisamente si portò
la mano ustionata alla bocca per baciare delicatamente la scottatura.
“Cosa
stai facendo?”
Chiese Ludwig sorpreso dal gesto improvviso del ragazzo.
“Sto cercando di far
passare il dolore e augurare la buona
guarigione alla mia mano! Da me in Italia quando qualcuno si fa male di
solito
una persona che gli vuole bene bacia la sua ferita per fargli passare
il dolore
e augurargli la guarigione. Di solito quando mi faccio male
c’è sempre mio
fratello Romano a baciarmi le ferite, ma ora… ve…
ora non c’è perciò faccio da
solo…”
Accadde tutto improvvisamente.
Prima che Ludwig potesse anche solo pensare a qualcosa una sua mano
aveva già
afferrato il polso di Feliciano e le sue labbra baciavano
già delicatamente
l’ustione del ragazzo. Quando il tedesco si accorse cosa stava
facendo era già troppo tardi.
Feliciano rimase a bocca aperta scioccato dall’azione
improvvisa della guardia.
I suoi occhi nocciola erano spalancati e fissi su di lui come se
stessero
venendo una qualche creatura folclorica.
Ludwig allontanò subito la
mano del ragazzo arrossendo
violentemente in volto.
Cosa diavolo stava pensando? Era impazzito tutt’un tratto?
Non potendo dare una spiegazione logica all’accaduto e
sentendosi addosso lo
sguardo scomodo di Feliciano, Ludwig si alzò di scatto e si
allontanò di
qualche passo dal lettino dandogli le spalle.
“Perdonami, io…
ecco…” Tentò di dire, ma la sua mente
era un
tale caos che non riusciva a formulare una frase coerente. Ma
cos’era che
voleva dire?
Ludwig fu tentato di dire la verità, di rivelare finalmente
alla persona che
era al centro della sua mente da quando era arrivato lì che
provava dei forti
sentimenti per lei, che teneva alla sua incolumità, che
voleva renderla felice
in ogni modo, che se ne fregava dell’ideologia nazista e del
perché era stata
imprigionata, che aveva reazioni fisiche ogni qual volta pensava a lei.
La tentazione fu così soverchiante che Ludwig fece appello a
tutto il suo
coraggio di uomo e di soldato e si voltò pronto ad
affrontare il ragazzo faccia
a faccia, ma fu colto lo stesso di sorpresa quando vide Feliciano
alzarsi
velocemente e raggiungerlo con fare nervoso mentre il suo volto
prendeva
colorito.
“Sei stato tu a regalare
quel paio di occhiali a Matthew?”
Chiese d’un fiato guardandolo dritto negli occhi con uno
sguardo speranzoso e
lacrimevole.
Preso alla sprovvista, Ludwig rispose senza pensare.
“Cosa? No, io
non…”
Le parole gli morirono in gola quando
vide il volto del
ragazzo bruno illuminarsi quasi di luce propria mentre un sorriso
genuino si
schiuse sulle sue labbra.
Era così bello che Ludwig avrebbe potuto morire.
Era sul punto di abbandonare la sua compostezza, di cedere alle sue
pulsioni e
di abbracciare il ragazzo quando la porta dell’infermeria si
aprì
all’improvviso rivelando un Francis sorridente e spensierato
come sempre sulla
soglia.
“Oh là
là, abbiamo ospiti! Ho interrotto qualcosa?”
Ludwig stava per rispondergli in modo
brusco che si aveva
rovinato tutto con la sua fastidiosa presenza, ma non fece in tempo
perché
Feliciano corse verso di lui abbracciandolo e sorridendo.
“Francis! Ve! Francis sei
qui! Oh Francis, devo dirti una
cosa importantissima!”
“Che mi ami, mio petit
trésor? Ma è normale, tutti amano
Francis” Rispose con sarcasmo ricambiando
l’abbraccio e scompigliando i capelli
del ragazzo con una mano.
Ludwig sentì montare la rabbia mista a disgusto dentro di
sé.
“Piuttosto cosa ci fai qui,
petit?”
“Si è
infortunato sul lavoro e l’ho portato in infermeria dove
tu non c’eri per potergli medicare la mano” Ludwig
si accertò di sottolineare
con il suo forte accento tedesco il fatto che l’infermeria
era vuota al momento
del loro arrivo.
Francis sembrò ignorare la
frecciatina si avvicinò alla
sedia dove poco tempo prima sedeva la guardia. Con un sorriso
indicò a
Feliciano il lettino, poi si rivolse a Ludwig.
“Grazie, ora mi
prenderò cura io di Feliciano”
Ludwig colse il suggerimento di
lasciare l’infermeria e si
congedò con qualche saluto. Mentre usciva si sentiva lo
sguardo di Feliciano
addosso mentre Francis gli parlava di qualcosa relativo alla cucina.
Nonostante
la gentilezza quasi libertina del francese Ludwig ebbe la sensazione di
essere
stato cacciato per la seconda volta dall’infermeria.
Ma un’altra sensazione ben
più forte e importante
sconvolgeva l’animo del tedesco.
Ludwig aveva notato già da diverso tempo come i prigionieri
del dormitorio H3T4
avessero stretto forti legami tra di loro, soprattutto i nuovi arrivati
con il
ragazzo polacco e con Francis. Se inizialmente Ludwig aveva visto di
buon
occhio la cosa rallegrandosi del fatto che potevano sostenersi a
vicenda quando
lui era impossibilitato ad aiutarli, ora non riusciva più a
cogliere la cosa
positivamente.
Feliciano stava stringendo forti legami con gli altri prigionieri,
legami che
non riusciva più a identificare bene. Soprattutto il
rapporto che l’italiano
aveva con Francis stava diventando piuttosto ambiguo.
Ludwig non ricordava una sola volta in cui aveva visto Feliciano
lontano da
Francis, oppure non cercare la sua attenzione o non parlare con lui.
Insomma, Feliciano cercava in continuazione Francis, mentre ignorava
completamente la sua persona, anzi quando si avvicinava lui cercava
sempre di
allontanarsi spaventato dalla sua posizione come guardia del campo.
Incamminandosi verso la fabbrica dove
Gilbert era rimasto a
sorvegliare gli altri detenuti, Ludwig cercò di scacciare
quei pensieri
negativi dalla sua mente, e soprattutto di non pensare al fatto che
aveva
lasciato Feliciano solo per l’ennesima volta con Francis.
Cercò di non pensare al fatto che era geloso.
Quella sera nel dormitorio H3T4 il
gruppo di amici
multietnico si era dato appuntamento dopo l’inizio del
coprifuoco serale sul
fondo dello stabile per discutere di qualcosa.
Tutti i partecipanti si erano seduti a terra più o meno in
cerchio nella debole
luce lunare che filtrava da un’enorme finestra sulla parete
dell’edificio e
ascoltava ammaliato il racconto eccitato di Feliciano. Il ragazzo
italiano
sussurrava gesticolando con la mano sana e quella fasciata
ciò che era accaduto
poche ore prima nell’infermeria non nascondendo
l’immensa felicità che stava
provando.
“E
così…. Ve, non posso crederci…. E
così ha risposto di no!
Sembrava sorpreso di quella domanda, ma io dovevo fargliela,
io…” Non riuscì a
concludere la frase perché Francis gli scompigliò
con forza i capelli.
“E bravo il nostro
Feliciano. Lo sapevo che c’era qualche
tipo di interesse da parte di quel biondino dallo sguardo di ghiaccio,
il
vecchio Francis non sbaglia mai in questioni
d’amore!”
“Sono contento per te
Feliciano. Ora sappiamo che non è
stato lui a darmi questi” Sussurrò più
piano del solito Matthew mentre
sistemava gli occhiali sul naso.
“Una guardia di un campo di
concentramento che dimostra di
avere interesse per un prigioniero? Ho davvero visto tutto nella vita,
non vedo
l’ora di raccontarlo al mio adorato pony a
Varsavia!”
“Siamo sicuri che
intendesse proprio quello? Magari stava
cercando di farti guarire la ferita soltanto perché
così non avrebbe perso
forza lavoro” Azzardò Lituania, ma gli altri lo
azzittirono subito.
“Ve! Sono così
felice che il mio cuore potrebbe scoppiare da
un momento all’altro! Mi viene voglia di cantare dalla
felicità!”
“Oh si fallo, le canzoni
italiane sono davvero belle!”
Feliks si avvicinò al ragazzo per sentire meglio.
Con un sorriso Feliciano
annuì e iniziò a cantare a bassa
voce una bella canzone melodiosa e vivace. Tutti i ragazzi rimasero in
silenzio
ad ascoltare estasiati la voce pulita e acuta del ragazzo
finché la melodia non
finì.
“Bellissima, davvero
bellissima! Di cosa parlava?”
“E’ una
filastrocca sui giorni della settimana che mio
fratello mi ha insegnato quando ero più piccolo. Mi disse
che la cantava spesso
la mamma. Io però non l’ho conosciuta
purtroppo”
“Anch’io conosco
una bella filastrocca in polacco, ma sono
molto stonato perciò non credo la
canterò” Disse Feliks rifiutando qualsiasi
incitamento da parte degli altri.
“P-potrei cantarne una io!
Non è una filastrocca ma una
ninna nanna inglese, ma è molto carina” Si propose
Matthew e tutti annuirono
interessati.
Matthew si rivelò un
cantante provetto. La sua voce era
morbida e melodiosa e riusciva a raggiungere note molto acute. La ninna
nanna
era molto lenta e dolce e sembrava un canto d’amore
più che un canto per
conciliare il sonno.
Francis chiuse gli occhi godendosi la canzone. La melodia non gli era
nuova e
gli sembrava di averla già ascoltata da qualche parte, ma
non ricordava di
preciso dove.
Ad una strofa particolarmente
melodica Francis ricordò.
Un sorriso dalle labbra rosee.
Una voce dolce con un curioso accento.
Occhi grandi e verdi come gli immensi
prati britannici.
Sopracciglia folte e perennemente
crucciate.
Francis si sentì mancare.
Si alzò di scatto mentre Matthew iniziava un’altra
strofa, interrompendo la
performance, e si affrettò ad uscire
dall’edificio.
Una volta fuori, si accasciò contro la parete sedendosi a
terra e si coprì il
volto con le mani mentre le lacrime cominciavano a cadere abbondanti
dagli
occhi.
Aveva dimenticato la ninna nanna che
Arthur cantava sempre
quando curava il suo giardino, e quasi aveva dimenticato lui stesso.
Ricordare quella melodia cantata dal suo amato aprì una
dolorosissima ferita
nel petto di Francis che quasi gli fece mancare l’aria
nonostante il freddo
invernale lo avvolgesse tutto e lo facesse tremare come una foglia.
Arthur, il suo amato Arthur, che aveva salutato anni prima quando era
partito
per andare sul fronte a combattere per difendere la sua amata patria
dall’invasione tedesca.
Arthur che lo stava aspettando da quasi due anni in Inghilterra.
Forse.
Francis non voleva nemmeno pensare alla possibilità che
Arthur avesse trovato
un’altra persona da amare credendo che lui fosse morto in
Francia.
Era una possibilità più che valida che respingeva
con tutto sé stesso.
Le lacrime non accennavano a fermarsi
mentre la sua mente
continuava a ripensare all’inglese e a tutti i bei momenti
passati con lui
finché una mano delicata non si poggiò sulla
spalla del francese.
“Francis…
è successo qualcosa? Ho forse detto qualcosa di
sbagliato?”
Matthew lo guardava con seria
preoccupazione mentre i suoi
occhiali si appannavano a causa delle nuvolette di vapore caldo del suo
respiro.
Francis si asciugò subito le lacrime e cercò di
mettere su un sorriso, che
risultò storto e falso.
“Non, non, non è
colpa tua petit. Ho solo ricordato una cosa
molto dolorosa”
Matthew si accovacciò
accanto a lui e gli sorrise
dolcemente. Alle sue spalle gli altri ragazzi guardavano la scena da
lontano
con volti preoccupati.
“Sono qui se vuoi parlarne,
così anche loro se hai bisogno
di aiuto”
“Grazie Matthew, ma non me
la sento…” Francis volse lo
sguardo al cielo stellato mentre un’altra lacrima percorreva
tutta la sua
guancia “…Però
potresti…” Lasciò la frase in sospeso.
“Cosa? Chiedimi qualsiasi
cosa Francis!”
Francis sorrise mentre altre lacrime
scendevano sul viso,
poi si volse ad abbracciare il ragazzo nascondendo il volto nella sua
spalla.
“… Potresti
cantare ancora quella ninna nanna? Solo una
volta, s’il vous plaît?”
Matthew cantò nuovamente
la melodia appoggiando la testa su
quella di Francis mentre guardava il cielo stellato. Francis tremava e
singhiozzava di tanto in tanto cercando di non fare rumore per non
coprire la
voce debole del canadese.
Feliks, Toris e Feliciano rimasero vicino la porta in silenzio ad
ascoltare la
melodia.
La ninna nanna però non sembrava più un dolce
canto per conciliare il sonno, ma
una triste melodia di sofferenza.
Angolo dell'autore
Perdonatemiiiiii T_T
Ho tardato così tanto perché sono stata in vacanza, poi sono stata male e non ho potuto scrivere nulla e infine ho dovuto riscrivere parte del capitolo perché non mi piaceva come stava uscendo. Mi spiace così tanto di avervi fatto aspettare, spero che però ne sia valsa la pena!
Come sempre perdonatemi anche errori di distrazioni o di altri generi!
Vi anticipo che il prossimo capitolo sarà molto bello e pieno di feels (è da quando ho iniziato la ff che aspetto di poter scrivere questo capitolo x'D)