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Autore: __roje    18/10/2017    1 recensioni
-- QUESTA STORIA CONTIENE SCENE DI SESSO ESPLICITE! --
Aki Nomura è solo un ragazzo di 16 anni che ha sempre sognato di poter condurre una vita scolastica del tutto normale, fatta di amicizia e nuovi amori. Tuttavia la realtà in cui si trova non è affatto così; a causa di diversi eventi il suo carattere è diventato molto più rude e introverso e i primi due anni di scuola non sono stati esattamente ciò che credeva ed una delle ragione è la continua presenza nella sua vita di quello che una volta era il suo migliore amico: Hayato Maeda. Un ragazzo di straordinaria bellezza che viene definito da tutti "Principe" per i suoi tratti e i suoi modi, ma la realtà è ben altra infatti Aki scoprirà presto i nuovi gusti sessuali della persona che credeva di conoscere bene e da quel momento tutta una serie di strani eventi cominceranno a susseguirsi nella vita di questo giovane ragazzo.
IKIGAI: è l'equivalente giapponese di espressioni italiane quali "qualcosa per cui vivere" o "una ragione per esistere" o "il motivo per cui ti svegli ogni mattina".
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Slash
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Non-con, Tematiche delicate, Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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CAPITOLO EXTRA

I nostri baci divennero sempre più frequenti e ne approfittavano ovunque, qualsiasi fosse il posto appartato dove potessimo stare insieme da soli. E più che volerlo io, era Kuro che mi cercava come poteva provando continuamente l’impulso di spogliarmi e più di una volta mi era capitato di fermarlo. Andava troppo di fretta.
“Kuro mhh...” mugugnai mentre mi stava baciando, “Kuro!” lo spinsi via mentre ancora una volta tentava di toccarmi sotto la maglietta. Lo cacciai via e Kuro, ancora intontito, mi fissò cupo, “Lo fai sempre dannazione...”

“Scusa è solo che hai un bel fisico e vorrei vederlo.”
Sussultai nel sentirglielo dire “Ti rendi conto di quanto sia strano sentirselo dire da un maschio?”
Kuro rise “Si, hai ragione ma perché dopo gli allenamenti non vieni da me? Potremmo giocare a qualcosa.”
Lo scrutai attentamente “L’ultima volta che sono venuto da te siamo finiti sul letto a pomiciare.”

Kuro si lasciò cadere sul pavimento della palestra sconfitto “Che c’è di male?”
Non sapevo bene come chiamare ciò che stavamo facendo, o meglio ciò che io volevo farne della mia amicizia con Kuro se si poteva ancora definire così. “Nulla” risposi, “verrò, ma prima devo passare un attimo a casa.”

Kuro si illuminò di colpo e si rimise in piedi, mi sorrise e si avvicinò di nuovo per strapparmi un bacio ma stavolta me lo diede sulla guancia, in maniera molto dolce. “Grande!” esclamò contento.
Era radioso, da quando tutto ciò era accaduto non ci eravamo posti domande, nè avevamo chiarito le cose, semplicemente avevamo permesso che accadesse ancora, e dopo ancora e ancora senza mai smetterla, senza mai fermarci a pensare cosa stessimo facendo o dove volessimo arrivare.
Dopo gli allenamenti salutai Kuro, gli dissi che sarei passato dopo e che nel frattempo sarei andando a prendere Kou per riportarlo a casa visto che la mamma sarebbe tornata tardi. Feci tutta la strada da solo, e una volta arrivato alla scuola di mio fratello lo prelevai per tornare a casa ma quando andai a voltarmi per imboccare la strada di casa mi ritrovai davanti proprio Aki, mano nella mano con sua sorella Mei.
Mi fissò come se davanti a lui ci fosse un fantasma o forse il mostro più spaventoso che avesse mai visto. Possibile che fossimo arrivati a tutto ciò dopo anni e anni di amicizia?
Mi passò accanto ignorandomi completamente e fu peggio di qualsiasi insulto. Perché. Era bastato dirgli quelle poche cose per spezzare ogni cosa, gli era bastato così poco per non capire quanto in realtà volessi che restasse con me.

“Fratellone andiamo?” mi diede una scrollava Kou ma ero completamente assente. Riportai mio fratello a casa, mi accertai che potesse mangiare e che non avesse bisogno di altro e uscii di casa perché avevo bisogno di stare da solo e venni anche meno alla promessa fatta a Kuro. Non mi presentai mai a casa sua e tantissimi furono i messaggi che mi mandò, ma li ignorai tutti continuando a dondolarmi su quell’altalena tutto da solo.
I miei sentimenti per Aki erano qualcosa di doloroso, e andavano oltre l’amicizia. Ormai ne ero certo da un po’ di tempo, addirittura da quando ero bambino e purtroppo nessun altro avrebbe fatto sì che quei sentimenti svanissero. Mi dispiaceva per Kuro, mi sentivo una merda ma avevo preso in giro me stesso e anche lui. Cosa stavo combinando.
Mi assentai per quasi due settimane dagli allenamenti e spesso Kuro mi chiamò per sapere che fine avessi fatto, addirittura venne anche a cercarmi a casa ma dissi a Kou di dire che non c’ero, e passate le due settimane Kuro sembrò essersi arreso completamente.

Dovetti tornare al dojo, quel giorno avevo una gara ed ero mancato agli allenamenti più importanti, chissà quante me ne avrebbe dette il maestro. Dovevo andarci però anche se non avevo proprio lo spirito di un vincitore.
Al centro mi accolse Saori che fu sorpresa di vedermi “Hayato! Ma che fine hai fatto?”
“Sono stato poco bene.”
Non parve credermi fino infondo ma lasciò perdere, “Non fare la gara oggi, non sei in forma.”
“Mi sto preparando da mesi, non posso tirarmi indietro” abbozzai un sorriso e andai verso lo spogliatoio.
Il dojo era sempre pieno di gente, la maggior parte genitori che venivano a vedere i propri figli ma dei miei genitori non vi era mai l’ombra: mia madre sempre troppo impegnata e mio padre in America, e quindi chi mi restava.

Guardai verso le persone e mi parve di vedere il volto di Aki ma fu un allucinazione.
- Sono sicuro che diventerai molto presto cintura nera! – sentii nelle orecchie il suono delle sue parole. Tutte le volte che mi aveva spronato senza che glielo avessi mai chiesto, spesso anche sembrando seccato della cosa ma lui non si era mai dato per vinto ed era venuto ad ogni mia gara per essermi di supporto. C’era sempre stato.
“Maeda!” mi richiamò il maestro, “Va a prepararti stiamo per cominciare.”
Non ero moralmente pronto, e fisicamente mi sentivo a pezzi ma dovevo farlo. Dovevo almeno portare avanti l’unica cosa che amassi davvero oltre Aki, e cioè il Judo per cui avevo tanto sofferto.
Andai velocemente nello spogliatoio e da li vidi uscire Kuro e nel vedermi se ne stupì, sembrò quasi cercare di dirmi qualcosa ma non lo fece e gli passai accanto senza neppure rivolgergli la parola. Mi sentivo un verme, e Kuro non cercò di fermarmi, restò fermo e mi lasciò passare.

Ciò che accadde dopo fu un susseguirsi di momenti dolorosi. Ebbi problemi nello stretching, sentivo che le gambe non erano al massimo delle loro possibilità ed ebbi quasi la tentazione di lasciar perdere e di tornare a casa ma mi diedi una lunga occhiata allo specchio dicendomi che dovevo farlo!
Andai verso il dojo, attraversai l’enorme sala per avvicinarmi al campo mentre dall’altra parte usciva il mio avversario, ma non vi prestai attenzione. Piuttosto i miei occhi erano sempre puntati verso le persone li presenti, e il mio cuore che sperava sempre di scorgere il suo viso.

- La mamma mi dice sempre di chiudere gli occhi e di respirare profondamente quando ho l’ansia. Potresti farlo anche tu prima di una gara, vedrai ti sarà utile! -
Come potevo pensare ancora a quelle parole e ricordarmi di quel sorriso.

“In posizione!” gridò il maestro e mi piazzai nel cerchio. Non sentivo la pressione della gara, non sentivo nulla, nè vedevo davanti ai miei occhi il mio avversario. Potevo davvero batterlo? “Via!”
Di ciò che accade dopo ricordo poco e nulla solo un dolore enorme, e di aver effettuato una presa in maniera sbagliata. Sentii qualcosa nella spalla staccarsi, fu questa la sensazione che ebbi e subito dopo ero a terra che mi tenevo quella parte del corpo trattenendomi dall’urlare e furono costretti a bloccare tutto l’incontro.
“Chiamate un medico!” sentivo solo urlare da qualcuno, “Credo debba andare in ospedale!”

Fui soccorso dal maestro e dal altre persone che mi aiutarono a rimettermi in piedi per controllare cosa mi fossi fatto, ma ogni qual volta tentavano di toccarmi le spalle partiva un mio grido straziante.
“Hayato!” sentii più volte gridare, e notai Kuro tra le altre persone, che veniva fermato da Saori per lasciar lavorare tutti gli altri. Lessi nelle sua espressione una profonda preoccupazione, e mi sentii ancor peggio nel vedere cosa avessi fatto a quel ragazzo che non meritava uno come me. Ero il peggio del peggio e forse meritavo ciò che stava accadendo.

Pochi mesi dopo, con la speranza che mi era stata data dai medici di riuscire a tornare a praticare Judo, non vi riuscii mai. Non riuscivo più ad effettuare alcune prese, e provavo sempre dolore. Improvvisamente mi era stata portata via un altra cosa che amavo, e sebbene il maestro avesse cercato in tutti i modi di venirmi incontro per aiutarmi nella ripresa capimmo entrambi che non potevamo fare nulla.
“Quindi hai deciso definitamente di lasciare?” mi domandò quel giorno conoscendo già la risposta.
“Sì, non riuscirei a stare al bordo del Dojo a guardare mentre gli altri si allenano.”
Il maestro parve davvero dispiaciuto “Si, hai ragione Maeda ma potresti anche restare e insegnare le basi ai bambini.” Lo guardai in modo tale che capisse che non era ciò che volevo e non insistette più, sospirò “Capisco.”
Non dissi a nessun altro della mia decisione, semplicemente sparii dalla circolazione senza più farmi vedere da quelle parti. Evitai quel luogo, fonte di tanto dolore, cercando in ogni modo di riprendere la piena funzionalità della spalla e mia madre pagò anche i migliori specialisti ma senza successo. Solo uno di loro accennò ad un operazione che avrebbe potuto ridarmi la piena funzionalità, ma era sempre un 50% di possibile successo quindi avevo lasciato perdere continuando a vivere la vita di tutti i giorni. Persi interesse verso lo studio, verso possibili amici anche una volta entrato alle superiori e lasciai che mi vedessero come un Principe distaccato e splendido, al di sopra di tutto e tutti, tanto più niente mi interessava davvero a quel punto.

Eccetto.
“Nomura” pronunciai il suo nome colpito che avesse fatto addirittura tardi il primo giorno di scuola alle superiori.
Come sempre mi rivolse un occhiata sorpresa, mi fissò con quei suoi occhioni color erba e mi aspettai che ricominciasse ad ignorarmi ma non fu così e dopo così tanti anni scandì di nuovo il mio cognome.

“Maeda.”
Lo pronunciò in maniera distaccata e con un velo di attrito ma quel poco fu capace di far battere il mio cuore quanto bastasse per farmi rendere conto che anche se avevo perso ciò che più amavo non ero così pronto a lasciar andare Aki, non finché avesse ancora detto il mio nome.
Non avrei rinunciato a lui.

Note autrice: Perdonate l'assenza ma sto preparando un esame, e visto che oggi ho un po' di tempo, ho deciso di pubblicare entrambi gli extra riguardanti Hayato e il periodo trascorso lontano da Aki dopo la famosa discussione. Finalmente entriamo da qui in poi nel vivo della storia, da questi due capitoli possiamo notare che c'è qualcosa che Hayato non ha detto al suo amico, non solo riguardo la situazione con Kuro ma anche il VERO motivo che l'ha spinto a lasciare di colpo il judo.
Spero che la storia stia piacendo, IKIGAI nasce dal nulla e non mi aspettavo che avrebbe avuto così tanti dettagli e dei profili psicologici così particolari, specialmente riguardo i protagonisti.
  
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