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Autore: Bael    21/06/2009    1 recensioni
Non è finita, almeno non ancora, perché a tendere i fili delle marionette non è che la noia. La noia e il fuoco.
Genere: Sovrannaturale, Horror, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: L, Light/Raito
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fuoco

Fuoco

 

“Cerca meglio”

Era la quinta volta che Sayu rovesciava i cassetti e il loro contenuto, eppure niente: tra le penne e i fogli e quanto mia sorella aveva conservato in quella stanza non c’era il quaderno. Eppure l’avevo visto con i miei occhi, mentre Sayu lo nascondeva nel secondo cassetto insieme alle cornici con le foto di famiglia.

Rubato.

Volevo nasconderlo a me stesso, però era così.

“Continua a cercare!” il tono diventa più duro e non è, forse, paura, quella che si può leggere?

Il quaderno non era più in casa, era stato preso da qualcuno. Un complice di quei due bastardi.

Ma certo avevo ragione: quella del marito poliziotto era una stupida scusa. Chi stava indagando era lei, Lene. E qualcuno aveva approfittato di questo. Era stato qui. Aveva preso…

“Light, non c’è!” esclamò mia sorella lasciando cadere a terra i fogli ormai accartocciati nelle sue mani.

“Ok” dissi.

“Ok , non cercare più”

Lei si fermò.

“E non alzare la voce: Matsuda sentirà tutto. Abbiamo bisogno che ci creda in possesso del quaderno”

Che faccio? Che faccio, maledizione!

“È chiaro che la visita di oggi è stata  una distrazione grazie alla quale la tua cara psicologa è riuscita a prendere il Death Note…”

Inspirai cercando di mantenere il controllo.

“Mandando qualcuno qui, naturalmente”

Sayu si alzò, mi venne incontro e mi abbracciò.

“Light!” disse stringendo le braccia attorno alla mia vita.

“Adesso cosa facciamo?”

Guardai la stanza oltre la sua testa.

“Non ci resta che andare via. Per il momento ci toccherà scappare: se Lene ha il quaderno, quella è una prova schiacciante contro di noi”

Sayu alzò la faccia per guardarmi.

“Prepara le tue cose: dobbiamo muoverci immediatamente” dissi.

Lei si staccò.

“E Matsuda?” chiese.

Io le voltai le spalle e tamburellai con le dita sulla scrivania.

“L’ideale sarebbe ucciderlo. Con uno dei coltelli grandi della mamma. Non ci sarebbe alternativa, dato che non abbiamo il quaderno e il mio è praticamente inutile. Però so che non lo farai” dissi rassegnato.

Sayu rimase in silenzio per un momento.

“Non… non ce la farei”

“Lo so”

Girai la testa e la spiai con la coda sell’occhio.

“Prendi l’essenziale, riempi al massimo uno zaino, più che altro portati da mangiare così faremo meno soste. Fa in fretta” uscii dalla sua stanza.

Avremmo lasciato Matsuda qui. Avrei preferito non lasciare tutte quelle prove, ma tanto ormai avrebbero capito tutto comunque.

Matsuda l’avrebbe pagata, a suo tempo.

Io dovevo solo pensare a vincere la mia battaglia personale con gli altri Shinigami. Che qualcuno sospettasse di Sayu era irrilevante ormai.

E di lei che ne sarà quando io avrò ottenuto ciò che voglio?

Scacciai quelle preoccupazioni, con nervosismo.

Una volta persa la memoria comprenderanno che è stata praticamente costretta. La lasceranno vivere in pace. La sua vita è dimezzata, certo, probabilmente sarebbe morta al massimo a cinquant’anni, ma dopotutto quel sacrificio l’aveva semplicemente salvata.

Grazie a me Sayu poteva vivere.

La porta si aprì, lei scese. Probabilmente stava andando in cucina.

Entrai in camera mia, dove era legato Matsuda.

“Noi andiamo via. Probabilmente morirai di fame in questo posto”

Ma sì. Spaventiamolo.

Matsuda sgranò gli occhi, terrorizzato.

“Ti prego Light! No! Sayu non lo permetterebbe mai” quasi gridò lui.

“Infatti a lei ho detto che ti avrei liberato, ma non sono sicuro di volerlo fare” mentii.

Avevo bisogno della sua paura; prima di allora quando l’avevamo slegato – solo due volte, il giorno prima – per permettergli di mangiare e di andare in bagno lo avevamo avvertito: il suo nome era quasi completamente scritto sul quaderno, bastava un segno con la penna e lui era morto, perciò niente passi falsi. Adesso, anche se lui non sapeva dello smarrimento del quaderno, volevo assicurarmi di tenerlo a bada tramite la paura.

“Light! Light! Maledizione, ma cosa sei diventato?” gridò lui, in preda al panico.

Ghignai, quando il terrore lo colmò fino alle lacrime.

Chiusi la porta ignorandolo, mia sorella salì con lo zaino in spalla.

“Perché grida?” chiese.

Matsuda in effetti stava gridando il suo nome.

“L’ho spaventato. Per tenerlo sotto controllo”

“Non mi sembra sotto controllo, mi sembra in preda al panico!” ribatté lei, mi spinse con braccio e aprì la porta.

“Che volete fare? Che ne sarà di me adesso?” gemette lui, lei si sedette sul materasso.

“Andrà tutto bene” disse a bassa voce.

“Presto qualcuno verrà qui e ti libererà, non chiuderemo neanche a chiave. Andrà bene. Promesso” spiegò.

Lui aveva ancora gli occhi spalancati per il terrore, ma non gridava più.

“Magari un giorno mi perdonerai, vero?” poi abbassò la testa e lo baciò velocemente.

“Sayu: puoi scegliere. Non andare! Non devi lasciarti convincere” tentò lui.

Lei si era già alzata e mi guardava con occhi lucidi, ma ero sicuro che non avrebbe pianto.

“Adesso è troppo tardi” disse, uscì dalla stanza e chiuse la porta.

“Brava” sussurrai, per incoraggiarla. Non volevo che all’ultimo si tirasse indietro.

“Sì, sono brava” ghignò lei sarcastica.

Scese le scale, io la seguii.

“Chiamo un amico, qualcuno mi darà un passaggio alla stazione” disse. Dopo circa venti minuti eravamo nella macchina di una sua compagna di scuola e dieci minuti più tardi in stazione. Avremmo dovuto aspettare un’ora e mezza per il treno.

La sua amica Hatsue aveva chiesto controvoglia se Sayu desiderava che restasse, ma lei la ringraziò e rispose che poteva andare, se credeva.

Hatsue parve sollevata, improvvisamente divenne meno fredda, la salutò come se stesse dicendo addio a una sorella, con centinaia di raccomandazioni e abbracci, poi finalmente si levò dai piedi.

Era buio e l’aria fredda e secca, da qualche parte, non lontano da lì, probabilmente, proveniva odore di frittura e di gamberi. Non mi ero accorto che c’era un chioschetto vicino alla stazione? No, probabilmente era quel ristorante vicino con la porta aperta, con il personale e il proprietario che si preparavano a finire le ultime faccende e chiudere tutto.

Che pensieri inutili: era perché dopo anni di nulla stavo ancora una volta annusando, come in quell’occasione. Nel parco. Fumo e pioggia.

Questa volta erano gamberi fritti col loro odore forte che si addolciva nei polmoni e mi faceva pensare a code rosa e arancio sul bordo di un piatto bianco e alle luci del ristorante che presto si sarebbero spente. Se avessi voluto far caso al tatto, forse avrei notato l’aria leggera ma fredda che appiattiva gli abiti contro il corpo, che sfiorava la pelle, ma mi costrinsi a non farvi caso. Ricordai: non volevo lasciarmi andare a quel bisogno di umanità, di vita. Sarebbe venuto il momento anche per quello, ma non ora, non adesso che avrei dovuto concentrarmi sui miei veri problemi, piuttosto che sul profumo di un ristorante o quello di shampoo e sudore di mia sorella, davanti a me.

 

***

 

Quando era tornata a casa, Lene aveva trovato un fazzoletto di carta con un messaggio: “Comincio a non sentirmi più sicuro. Ho troppa paura, continuate pure da soli, io torno a casa. Kuraji Maro”

“C’era da aspettarselo” commentò Lene appallottolando il fazzoletto.

Si sentiva in colpa. In colpa per quel ragazzo spaventato, per Sayu che era rimasta, naturalmente, indignata per l’accusa rivolta a suo padre e infine per suo figlio, perché non era stata utile a nessuno.

“Non so cosa fare” si arrese infine.

 Jim dietro di lei sospirò.

“Dammi il tuo computer, voglio vedere una cosa” sbuffò, rassegnato.

Lene prese il portatile, lo mise sulle ginocchia e l’accese.

“Che hai in mente?” chiese mentre inseriva la password: ottofebbraio, il giorno del suo compleanno.

“Voglio vedere cosa trovo se scrivo il cognome di Kuraji e quello della ragazza. Anche perché quel Maro non mi convince neanche un po’”

Lene passa il computer a Jim. La connessione almeno è veloce.

“Ok” dice.

Apre il motore di ricerca e comincia.

“Kuraji Maro” scrive.

Sotto appaiono diversi siti di anime, perlopiù con in evidenza il nome “Maro”, alcuni blog e forum, un fan club di un personaggio dal nome vagamente somigliante, poi Jim si accorge che il motore di ricerca non è giapponese.

Lene, tu di computer non capisci niente.

Trova un sito giapponese e scrive nuovamente il nome.

Compaiono pagine di alcune scuole.

Hanno partecipato al progetto “Scuola e ambiente” sovvenzionato dalla regione gli studenti: Maro Arata, Atsutane Hachiro, Hayato Kuraji,…

Be’ magari quel Kuraji aveva dato loro un cognome falso, come aveva fatto Lene. Meglio tenere l’ipotesi in considerazione. Continua a leggere.

Vendo: collezione completa dei dvd della prima serie di Nana, ottime condizioni, privi di graffi, di seguito le foto… per informazioni contattatemi: KurajiMaro88@...

Ottantotto, no, non ci siamo con l’età.

Jim continuò, Lene si avvicinò con una lattina di tè freddo e gliela offrì.

 Giusto, pensò lui, ridendo tra se e se, lei lo beve in lattina.

Jim bevve un sorso, poi ignorò altri tre siti identici al precedente.

Cercò sulla seconda pagina, aspettò che si caricasse.

Famiglia muore in un incidente stradale. Trovati i corpi dei due coniugi.

Nanto, prefettura di Toyama, 15 maggio… trovati i corpi di Munoto Maro e della consorte Yuriko Maro, nessun terzo rimasto coinvolto… figlio Kuraji Maro, il quale…

Jim deglutisce.

“Cazzo, Lene, vieni a vedere” la chiamò.

Aprì il sito per leggere l’articolo.

Su uno sfondo celeste appare una scritta gialla.

La redazione di Hanamomo, il giornale online, porge i suoi ringraziamenti per la visualizzazione.

“Ma muoviti, porca miseria” impreca Jim. Lene è seduta vicino a lui e rimane zitta e attenta, mentre una barra di caricamento mostra le percentuali: ottantotto, novanta, novantadue, novantasei…

Finalmente l’articolo si apre.

Jim legge.

Morti marito e moglie, il figlio non si trova, cinque maggio e Kuraji appare il giorno seguente.

“Lene questo significa che Kuraji ha usato il quaderno”

Lene si alzò di scatto dalla sedia, aprì il cassetto di un vecchio mobile chiuso a chiave e prese il quaderno.

Jim intanto cancellò il nome di Kuraji e scrisse “Sayu Yagami”.

Il nome di Sayu comparve in due siti: uno che attestava la sua partecipazione ad un progetto, il secondo era un articolo del giornalino scolastico a cui aveva collaborato, che parlava di un concorso di haiku indetto nella sua scuola.

“Jim guarda” disse Lene, allarmata, gli avvicinò il quaderno mostrandogli piccolissimi pezzetti di carta.

“Ha strappato le pagine” disse chiudendolo di scatto.

Jim guardò lo schermo del computer. In molti più siti trovò il nome di Yagami Light.

“Come si chiamava il padre di Sayu?” chiese.

“Soichiro”

Chi cavolo era questo Light?

Non c’erano altri nomi nei siti in evidenza che potessero far pensare a una varietà credibile di omonimi, c’erano solo Sayu e Light.

“Sai di un certo Light?”

“No”

Ecco, il ragazzo è morto. Uno dei suoi ex compagni di università era l’amministratore di un sito su Kira, che non veniva aggiornato da circa due anni.

L’ultimo post diceva: “Io credevo nel Dio Kira, ma allora perché ha ucciso persone buone come Chinatsu Hanako (scrittrice e giornalista), Yagami Light (polizia giapponese) e Midori Eriko (disoccupata)?

Io non credo che sia giusto sopprimere coloro che non sono socialmente attivi, come Eriko, o coloro la cui intelligenza può essere considerata un pericolo, come gli onorati  Hanako e Light che ho conosciuto personalmente…”

Jim esce, scende un po’.

Clicca sulla scheda del sito dell’università di Tokyo con la presentazione dello studente.

La foto ancora non compare, il sito la sta caricando.

Il mostro, Ryuk, dietro di loro, sghignazza.

Light Yagami, eccellente media scolastica. Genitori: Soichiro e Sachiko Yagami.

“Lene, Sayu aveva un fratello che lavorava nella polizia giapponese” disse.

“Cosa?!”

Lene tornò a sedersi vicino a Jim.

“Perché non ce l’ha detto?”

“Be’ tanto per cominciare avevamo accusato suo padre. Comunque anche suo fratello è morto”

Lene annuì.

“Capisco”

“Sta caricando la foto”

E la foto apparve.

“MERDA!” Jim scattò in piedi, Lene era rimasta ferma, pallida con gli occhi sgranati.

“Non può essere” la voce le tremava.

“Questo è uno… uno scherzo? Come cazzo è possibile?”

Ryuk rise ancora.

“È possibile…”

Jim si voltò a guardarlo.

“ Perché quell’uomo è uno Shinigami” disse il mostro.

“Shinigami?” Lene si era voltata con gli occhi sgranati.

“Ora capisco tutto: quella ragazza, suo fratello… ma Kuraji, Kuraji cosa ha a che fare con tutto questo? Non importa, ho capito. Devo tornare in quella casa” Lene si era girata e aveva raggiunto con passo veloce l’ingresso, aprì la porta.

“Ferma!”

La mano di Jim le afferra il polso.

“Non farlo! Porta le tue informazioni alla polizia ma smettila di affrontare la cosa in prima persona, ora basta Lene! Ti prego. Potresti morire”

Lene si girò furiosa, fulminandolo con lo sguardo, poi si bloccò come se avesse pensato a qualcosa, portò la mano sinistra  sulla nuca di Jim, chinò la testa e si avvicinò piano, aprì un po’ la bocca e poi toccò la sua.

Jim era rigido ma non si spostava, rispose al bacio chiudendo le labbra su quelle di Lene, riaprendole; lei si scostò di scatto.

“Allora avevo ragione” disse gelida.

“Era come immaginavo. Non ho bisogno di questo Jim”

Lui parve non capire, sbatté le palpebre un paio di volte.

“Cosa?”

“Il tuo interesse per me è decisamente eccessivo. E io non voglio. In questo caso non mi servi a niente e continuerò da sola” rispose lei gelida, si voltò di nuovo.

Lo sentì sghignazzare dietro di lei, lo guardò girando la testa.

Anche se rideva la sua espressione era delusa e mortificata.

“Da quando sei diventata una stronza tale da baciare il primo povero idiota per capire se ti è utile o meno?”

Lei riprese a guardare davanti a se. La strada era buia e silenziosa.

“Forse hai ragione sul mio conto. Però adesso le mie priorità sono altre” e Lene esce chiudendo la porta dietro di se. Mentre cammina è consapevole che né il rimorso, né il dolore la turbano, sente che il suo spirito è pulito e libero da qualsivoglia debolezza e che questo la rende forte.

 

***

 

Il treno sembra ronzare, mentre prosegue. La luce è spenta nel vagone. Io ero sdraiato sui sedili allineati che fungevano da letto, con mia sorella con la testa appoggiata sulla mia pancia. Avevo deciso di farla dormire vicino a me, di darle attenzioni. Non potevo permettere che la sua obbedienza e la sua fedeltà vacillassero neanche per un momento, ora che la situazione era così critica.

E poi dovevo assicurarmi che non perdesse la testa, che si rilassasse, suo malgrado.

Eravamo in viaggio da tre ore, ma io sapevo che non stava dormendo.

“Dormi” sussurrai.

Lei non rispose.

“Dico sul serio: non devi lasciarti andare, devi cercare di non buttarti giù. Nessuno giudicherà quello che hai fatto e nessuno ti farà del male, questo posso assicurartelo”

Lei aspettò qualche secondo.

“È con la mia coscienza che dovrò fare i conti” disse.

Io sospirai, la costrinsi con delicatezza ad alzare la testa.

Cercai di guardarla in faccia, malgrado il buio: all’inizio vedevo solo il bianco degli occhi, poi i contorni del naso e delle labbra.

“Non devi. Tutto quello che ho fatto è stato per salvaguardare la gente come te. Sayu tu sei buona… tu sei…”

Improvvisamente mi sentii intontito, come se mi trovassi in una bolla di sapone, i colori si appannarono, i suoni scomparvero, come se stessi sognando. Mi sentii scivolare, come se una forza mi guidasse nella cecità e io la seguii indulgente.

La mia consapevolezza tornò lentamente.

Prima i suoni: un mugolio di protesta. La vista: il buio e qualche forma di cui ancora non comprendevo l’entità.

E infine il tatto: la mia bocca, con la cui pressione costringevo un’altra a dischiudersi a sua volta.

Mi staccai inorridito. Sayu ansava terrorizzata e sconvolta.

“Merda!” imprecai immediatamente. Incredulo. Io… questo era un inganno! Quello non ero stato io, perché mi ero sentito, e ne ero sicuro, come in preda a uno svenimento, a un’incoscienza intollerabile.

“Ti giuro. Non ero cosciente” cercai di giustificarmi.

Sayu aveva le mani sulla bocca e gli occhi spalancati.

“Maledizione devi credermi!”

E poi una risata roca non lontano da me. Mi voltai e vidi il demone dai capelli castani e gli occhi scuri. Il re degli Shinigami.

“Sayu” dissi, guardandolo con odio.

“Come ti ho detto ciò che è accaduto non è dipeso da me. Qui c’è lo Shinigami di cui ti ho parlato e questa ne è la prova, se mi senti parlare con lui non preoccuparti”

Scesi dai sedili e mi alzai in piedi davanti a lui.

“Spiegati” soffiai.

“Cosa c’è da spiegare? Le tue perversioni non mi riguardano” rise lui.

“Smettila di dire sciocchezze, voglio la verità. Spiegati” ripetei trascinando le sillabe, con tono minaccioso.

“Ma in un certo senso quello che ti ho detto è vero: ciò che è accaduto viene da te e non dipende da me” disse lui, senza abbandonare il suo ghigno divertito.

“Dato che sei uno Shinigami che deve la sua esistenza unicamente all’umanità hai per essa un interesse che in effetti dubito che tu abbia avuto in vita. Un’attrazione completamente inconscia e rifiutata, ovviamente, ma non dirmi che non hai avuto avvisaglie prima d’ora, ciononostante non hai lasciato che ti allarmassero…”

Rimasi in silenzio e ricordai: i due adolescenti nel parco, il tocco di Sayu al nostro primo incontro, gli abbracci, i momenti in cui eravamo vicini, l’incontro con Lene, persino i miei scatti di rabbia con Matsuda. In tutti quei momenti avevo sentito scattare qualcosa nel mio corpo, come una scossa e scie di brividi, che mi costringevano a cessare il contatto, prima che il mio cervello rischiasse di perdere il controllo.

“Vedo che hai capito” disse lo Shinigami, soddisfatto.

“La tua passione per l’umanità è terribile e può esprimersi con la violenza o con l’attrazione, penso che tu abbia molti riscontri, se ci pensi, con quello che ti sto dicendo. In fondo Light, che ti aspettavi? Sei solo un essere umano” aggiunse sorridendo.

Io alzai uno sguardo carico d’odio fino al suo viso.

“Io non sono un qualunque essere umano” ringhiai, feci per scattare contro di lui, ma prima ancora di muovermi mi trovai scaraventato indietro contro i sedili, attraversai le pareti sottili che dividevano i vagoni e rotolai in uno dove riposavano due signori anziani che russavano piano, uno mosse di scatto il piede col calzino verde scuro.

Lo Shinigami fu immediatamente davanti a me.

“Ti rifiuti di crederlo, Light? Credevi di essere un Dio? Tu sei un figlio delle coincidenze, come tutti gli umani, e pertanto, come essi, privo di senso. Ma la morte è regolare, programmata, sensata e ciclica. Ha uno scopo e ha un senso. Questo è essere Dei”

Io cercai di alzarmi. Possibile che il mio corpo già morto potesse provare… dolore?

“Il motivo per cui l’uomo è suddito e la morte è Dea è che il Dio ritorna, il Dio ha uno scopo ulteriore, il Dio si ripete, il Dio è essenziale. Mentre l’uomo è utile e tuttavia finito”

Odio. Odio e rabbia che bruciava dal profondo.

“Torna ad arrancare, come per tua natura. E chissà che non diventerai anche tu, un giorno, un Dio”

Lo Shinigami sparì. Io mi alzai, uscii dallo scompartimento e camminai lungo il corridoio appoggiandomi con le mani sui vetri dei finestrini, cercando il vagone dove avevo lasciato Sayu. Lei era già fuori, con un’espressione ansiosa.

L’attesa nei suoi occhi fece nascere una consapevolezza che avvampò come fuoco: io non ero un essere finito. Io tornavo, qualora fosse rimasto qualcuno ad aspettarmi.

 

____________________________________________

 

Se tutto va come previsto questo, signori, è il penultimo capitolo. I baci possono essere rognosi da trattare: diciamo che ho corso il rischio di cadere nel romantico (con Jim) e nel perverso inopportuno (con Light), tuttavia ho cercato di dare un senso a quello che è accaduto e spero di esserci riuscito.

I ringraziamenti, ora.

Reus: ma io non mi sto allarmando! XD O meglio diciamo che è una cosa un po’ ad alti e bassi e anche i capitoli fanno i capricci. Comunque il Matsuda che ho immaginato sul momento vedeva ancora le stelline quindi non era tanto in vena di protestare… tieni conto che nel manga anche alla fine dopo la morte di Light considera la grande utilità che aveva avuto Kira, quindi la sua posizione non è esattamente netta… Jim, invece, è molto sfortunato ecco tutto :) e Lene è una persona difficile e complessa. (comunque quella della Rice era una battuta XDDD maledettissima fan sfegatata!) Che dirti? Spero che questo capitolo, coi suoi eccessi, col suo gran disordine ti piaccia. Ciao!

 

Infine ringrazio coloro che leggono pur senza recensire e quelli che hanno inserito la ff tra i preferiti e le seguite. Sono soddisfazioni. Vi ringrazio.

  
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