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Autore: LazySoul    21/10/2017    3 recensioni
Trama:
Diana ha 17 anni, è la secondogenita dell'Alpha ed è trattata da tutti come una bambina.
Nel tentativo di dimostrare di essere grande abbastanza per combattere e difendersi da sola, chiederà aiuto alla persona che più la confonde, suscitando in lei sentimenti contrastanti, Xavier O'Bryen.
Tra uno spasimante indesiderato, una migliore amica adorabilmente pazza e un assassino in circolazione, riuscirà Diana ad accettare i sentimenti che prova per Xavier?
Estratto:
«Sei giovane, ancora non hai imparato che spesso gli odori celano delle emozioni», spiegò, appoggiandosi al materasso con le mani e avvicinando il viso pericolosamente al mio: «E sai cosa mi sta urlando il tuo odore in questo preciso istante?», mi chiese, anche se era palese che non si aspettasse una risposta.
«Prendimi», sussurrò ad un soffio dalle mie labbra.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo XI: Festa in casa Ling

 

 

La villa di Paul Ling si trovava a cinque minuti di macchina da casa di Frida ed era nella zona ricca della città, dove le abitazioni avevano quella sfarzosità e cura dei dettagli che ti faceva immancabilmente sentire una stracciona.

Il vialetto era già occupato da numerose auto, così la signora Martinez ci lasciò sul ciglio della strada, augurandoci una buona serata e raccomandandoci di fare le brave. Frida diede un bacio sulla guancia alla madre e le sussurrò qualche parola per rassicurarla, poi scendemmo dall'auto e ci dirigemmo verso l'ingresso.

Osservando le macchine parcheggiate lungo il vialetto, tirai un sospiro di sollievo nel constatare che quella di Michel non c'era, ma faci una smorfia alla vista di quella di Carol, la cheerleader stupida che viveva in simbiosi con Francine.

Ora le possibilità che almeno un rappresentante della famiglia Picard fosse alla festa era pari al 99%. Ero talmente felice da rischiare un infarto.

Annusai l'aria e, anche se lieve, sentii l'odore di rose e margherite di Francine ed ebbi la conferma di ciò che temevo. Mentre pensavo ad un piano per evitarla, così da godermi la serata senza averla tra i piedi, mi tornarono in mente le parole di Kyle, quando mi aveva chiesto, gentilmente, di dare a Francine una chance e smetterla di odiarla.

Avrei potuto provarci e vedere se Francine avrebbe fatto lo stesso.

Il fatto era che ormai odiarla era un abitudine collaudata nel corso degli anni e non ero sicura di essere in grado di smettere da un giorno all'altro. Punzecchiarsi con Francine era quasi divertente, era qualcosa che rendeva una monotona giornata di scuola, una monotona giornata di scuola con un minimo di intrattenimento.

Quando eravamo bambine io, Isabel e Francine eravamo inseparabili; non c'era giorno che non giocassimo insieme. Eravamo un bel trio, ne combinavamo di tutti i colori, principalmente per colpa mia, poi le cose erano cambiate alla morte della signora Picard.

«Diana, hai intenzione di entrare con noi?», chiese Sab, distogliendomi dai miei pensieri e facendomi realizzare di esser stata ferma, in mezzo al vialetto, a fissare la macchina di Carol per tutto il tempo.

«Certo», dissi, prendendo la mia migliore amica a braccetto, e scortandola fino alla porta d'ingresso di Paul Ling, dove due ragazzi stavano pomiciando senza ritegno accanto al campanello.

Frida voleva bussare, ma ignorai i suoi tentativi di essere una persona civile e aprii semplicemente la porta, che non era chiusa a chiave, ed entrai nel delirio che regnava in casa di Paul Ling, trascinandomi dietro Isabel.

L'ingresso era occupato da alcuni ragazzi del terzo anno che stavano chiacchierando tra loro, tutti con una birra in mano. Il rumore della musica impediva di sentire effettivamente di cosa stessero parlando e l'odore di sudore, alcol, fumo e vomito era talmente forte da far girare la testa.

«Che schifo», riuscii a borbottare, mentre mi dirigevo ad una delle finestre e la spalancavo, nella speranza di far uscire la puzza e far entrare un po' di ossigeno.

In salotto era in corso una partita di beer pong, ragazzi contro ragazze, mentre sul divano un sorridente Paul Ling, circondato da due bionde succinte, si stava vantando di quanto fosse ricco e di quanto fosse intelligente e bla bla bla. Quel ragazzo non sarebbe mai cambiato; l'avevo "conosciuto" qualche mese prima, quando si era presentato a scuola con la sua Maserati rosso magma, attirando l'attenzione di tutti gli studenti. Era talmente pieno di sé e fiero di essere al centro delle chiacchiere che non ero riuscita a trattenermi, ero andata da lui e gli avevo puntato l'indice contro il petto, dicendogli che doveva ritenersi fortunato, che in una realtà parallela quella era la mia auto e che quindi aveva poco da fare lo sbruffone.

Era rimasto senza parole per qualche secondo, poi Isabel era venuta a recuperarmi, trascinandomi via e impedendomi di rubargli le chiavi dell'auto.

«Hey, Paul!», lo salutai, mentre mi sfilavo la giacca e il cappello, tenendoli sotto braccio: «Stai trattando bene la mia auto?»

Per quanto fosse ubriaco, notai dal suo sguardo che mi aveva riconosciuta e un'espressione sconvolta e preoccupata comparve sul suo volto: «Tu sei la ragazza pazza!», esclamò, puntandomi contro la birra che stava bevendo e scansando le due bionde per potersi alzare e fronteggiarmi.

«Cosa ci fai qui? Non sei stata invitata», biascicò, sbattendo il piede a terra.

Quanto era tenero il suo tentativo di farsi valere; sembrava un bambino che faceva i capricci.

Aveva i capelli scuri tirati indietro da fin troppa lacca e gli occhi a mandorla mi scrutavano con odio.

Possibile che riuscissi sempre a farmi dei nemici?

«Non sono un vampiro, non ho bisogno di essere invitata per entrare in una casa», dissi, sorridendo in modo affabile, prima di tirargli una pacca sulla spalla.

Dall'espressione sul suo volto, dedussi di avergli fatto abbastanza male per quella serata, così decisi di dileguarmi alla ricerca di Sab e Frida.

Un mano calda si appoggiò sulla mia spalla e l'odore familiare di muschio e gelsomino m'invase le narici. Mi voltai quel tanto che bastava per incontrare gli occhi azzurri di Michel e per salutarlo con un cenno del capo, poi presi la sua mano e la spostai dalla mai spalla, facendola finire lungo il suo fianco.

«Ciao», dissi di buon umore e decisa a non farmelo guastare da lui: «Hai visto Sab? L'ho persa di vista».

Michel mi sorrise e mi fece segno di seguirlo.

Mi portò in quello che sembrava uno studio, dove un numero impressionante di alcolici era allineato su una scrivania in mogano. Isabel era lì, che prendeva da una cassa due birre, mentre Frida si serviva uno shot di vodka alla menta.

«Grazie», dissi, tirando una pacca gentile sulla spalla di Michel e tentando di allontanarmi per raggiungere le mie amiche, ma lui mi prese il braccio, trattenendomi.

«Possiamo parlare?», mi chiese, indicandomi il bagno vuoto a pochi passi da noi.

«Va bene, ma non là», dissi, certa che il forte puzzo di vomito provenisse proprio da lì dentro.

Avevo deciso di affrontare una volta per tutte il testardo Michel, nella speranza di riuscire a farlo arrendere e tornare ad essere semplicemente amici, come eravamo sempre stati.

Andammo fuori a parlare, dove la musica era meno forte e l'aria era abbastanza pulita da esser respirata. Indossai nuovamente giacca e cappello per proteggermi dall'aria fredda di fine Febbraio.

«Come stai?», chiese, appoggiandosi alla colonna della veranda e fissandomi dritto negli occhi.

In quel momento mi sembrò vulnerabile e mi sentii davvero male per come l'avevo trattato quell'ultima settimana, evitandolo come la peste e ignorando la sua presenza.

«Di cosa volevi parlarmi?», gli chiesi, decisa ad arrivare al punto, non mi piacevano i giri di parole, preferivo la schiettezza.

I suoi occhi si abbassarono brevemente a terra, prima di tornare a puntarsi su di me: «Volevo chiederti se ti andrebbe di uscire con me, uno di questi giorni».

Era nervoso, lo capivo dal modo che aveva di passarsi la mano tra i capelli, grattandosi poi la nuca, anche se cercava di mascherarlo col suo sorriso affabile.

Presi un profondo respiro e decisi di essere sincera con lui, anche se mi dispiaceva deludere le sue aspettative: «Grazie per la proposta, Michel, ma temo di non essere la persona giusta per te».

Distolsi lo sguardo, osservando disgustata una coppia che si stava sussurrando parole dolci all'orecchio.

«Come...?», iniziò, ma non lo lasciai finire, tappandogli la bocca con la mano.

«Stai zitto e ascoltami», gli ordinai, incrociando le bracci al petto; non l'avrei mai ammesso ad alta voce, ma ero nervosa pure io: «Siamo sempre stati buoni amici e stare in tua compagnia è sempre stato divertente e piacevole. Perché dovremmo rovinare tutto?»

Sapevo di non essermi espressa bene, ma le parole, ora che avevo l'opportunità di essere sincera e di sfogarmi, sembravano ingarbugliarsi e uscire in ordine sparso, e non come avrei voluto io.

«Aspetta», dissi, sollevando nuovamente la mano per impedirgli di parlare: «Quello che sto cercando di dirti è che so a cosa vuoi arrivare, ti ho sentito chiedere a mio padre il permesso di corteggiarmi».

Gli occhi chiari di Michel si spalancarono per la sorpresa, mentre arrossiva: «Oh, questo non me l'aspettavo», borbottò, grattandosi nuovamente la nuca con la mano.

«Mi conosci», gli dissi, sorridendogli tristemente: «Non sono il tipo da mettere la parte la mia libertà per sposarmi e avere dei bambini, di sicuro non nell'immediato».

«Sogni ancora di viaggiare per il mondo?», mi chiese.

«Sì», confessai, abbassando lo sguardo a terra: «Il fatto è che non posso accettare il tuo invito ad uscire perché non mi piaci in quel senso, Michel. Sei un bravo ragazzo, ma non sei la persona adatta a me».

«Mentre O'Bryen sì, invece?»

Socchiusi le labbra, sorpresa dalla qua insinuazione: «Lui cosa c'entra?», chiesi, cercando di mantenere un tono calmo, anche se dentro di me mi sentivo ribollire di rabbia.

«Da quando è arrivato in città non fa altro che ronzarti intorno», disse, incrociando le bracci al petto: «Non voglio che ti faccia soffrire».

Spalancai gli occhi e mi sentii ferita dalle sue parole.

Possibile che tutti fossero convinti che sarei stata io quella che si sarebbe fatta spezzare il cuore?

Nonna, Sab, mio fratello e ora Michel; tutti che mi dicevano di fare attenzione.

A nessuno era passato per la mente che sarei potuta non essere io quella che avrebbe sofferto?

«E perché dovrebbe?», chiesi, assottigliando lo sguardo.

«Senti, sono solo preoccupato, tutto qua. Non lo conosciamo, potrebbe essere una cattiva persona», disse, aggrottando le sopracciglia.

«Lui almeno non ha chiesto a mio padre il permesso di fare di me la propria compagna, senza prima chiedere il mio parere», constatai, con tono di voce brusco.

«Mi sembrava corretto nei confronti dei tuoi genitori!», esclamò, allargando le braccia: «Non pensavo te la saresti presa tanto».

Presi un profondo respiro e distolsi lo sguardo: «Ora capisci perché non voglio uscire con te?», chiesi, con una smorfia in viso: «Abbiamo idee diverse, finiremmo per litigare tutto il tempo e...»

«Tu hai solo paura di innamorarti di me o di chiunque altro».

Le sue parole mi sorpresero; non pensavo che mi conoscesse così a fondo.

Lo fissai negli occhi, decidendo di accettare la sfida: «Non ho paura di innamorarmi di te», dissi, ed era la verità, perché chi mi faceva veramente paura era Xavier: «E per dimostrartelo, accetto il tuo invito ad uscire».

Un'espressione colma di sorpresa e trionfo comparve sul suo viso: «Ti passo a prendere lunedì, alle cinque».

Mi pentii istantaneamente di aver accettato, ma non mi potevo più tirare indietro.

Annuii: «Dove andiamo?»

«Non te lo dico, è una sorpresa», mi fece l'occhiolino e si avvicinò a me, inondandomi col suo odore. Ma la mia mente continuava ad essere lucida, i miei occhi a rimanere aperti e i miei pensieri si mantenevano casti. Non era Xavier e il mio corpo ne era fin troppo consapevole.

«Posso andare a prenderti qualcosa da bere?», chiese, sfoggiando un sorriso a trentadue denti, mentre mi passava un braccio intorno alle spalle e tentava di baciarmi.

Mi ritrassi dalla sua presa e riuscii ad evitare le sue labbra: «No, grazie, ci penso da sola».

«Ti va di ballare?», tentò ancora, seguendomi dentro casa.

Mi bloccai e mi voltai verso di lui, puntando il mio indice contro il suo petto: «Non rovinarmi ulteriormente la serata, evapora».

Un sorriso incerto comparve sulle sue labbra, mentre sollevava le mani in segno di resa: «Va bene, ci vediamo lunedì, alle cinque».

Gli feci "ciao" con la mano e mi diressi verso lo studio, trovando Isabel seduta su una poltrona a bere della birra, mentre Frida ballava al centro della stanza, con le mani di Thomas Flinch sul sedere.

Raggiunsi Sab e le presi la birra dalle mani, bevendone un lungo sorso.

«Dov'eri finita?», chiese la mia amica, lanciandomi uno sguardo colmo d'accusa e curiosità.

«Michel», dissi con una smorfia, bevendo un altro sorso di birra, sperando che l'alcol facesse effetto in fretta. Avevo bisogno di svuotare la mente e non pensare a niente.

«Cos'è successo?», domandò, prendendo da terra un'altra birra.

«Mi ha chiesto di uscire, io ho cercato di dirgli di no, lui mi ha detto che sono una codarda, io gli ho detto che non era vero e sono stata costretta ad accettare il suo invito», riassunsi: «Lunedì alle cinque passa a prendermi, ma non devi preoccuparti di nulla, vedrò di trovare un modo per fargli capire che non sono interessata».

Isabel aveva uno sguardo triste mentre ascoltava le mie parole, sorseggiando la sua birra: «Sono almeno due anni che spero di essere notata da lui. Insomma, so di non essere una brutta ragazza, perché lui non se ne rende conto?», si lamentò, gli occhi che cominciavano a diventarle lucidi.

«Tutte le volte che ci vediamo mi chiede come sto, come stanno i miei genitori, chiacchieriamo del più e del meno e lui per tutto il tempo mi guarda come guarderebbe sua sorella», continuò, bevendo un lungo sorso di birra.

«Sab, devi togliertelo dalla testa», dissi, prendendole il viso tra le mani e spostandoglielo in modo da puntare i miei occhi nei suoi: «Se non si rende conto di quanto tu sia bella e gentile e adorabilmente pazza, allora non è la persona giusta!»

Colta dall'euforia del momento la feci alzare in piedi e la trascinai in salotto, la sentivo protestare e chiedermi cosa stesse succedendo, ma la ignorai, fino a quando non mi trovai davanti ad Alan Truce. Lui apparteneva al branco di Rice, avevamo la stessa età, frequentavamo lo stesso liceo e ci conoscevamo da circa tre anni, da quando ci eravamo entrambi trovati in punizione dopo scuola e avevamo iniziato a chiacchierare. Era uno dei ragazzi più carini della città e giocava a basket, aveva gli occhi azzurri e i capelli biondi e lunghi; quella sera li aveva raccolti in uno chignon disordinato. Avevo sempre pensato che avesse dei capelli semplicemente stupendi.

«Ciao, Alan», lo salutai, prima di spingere in avanti Isabel, in modo da farla scontrare con il metro e novanta di Truce: «Sab vorrebbe ballare», dissi, guardandolo dritto negli occhi, in attesa della sua reazione.

Un lieve rossore comparve sulle guance del ragazzo che guardò la mia amica con un sorriso radioso: «Volentieri», disse, prendendola per mano e accompagnandola al centro della sala, in mezzo alla calca di braccia e gambe.

Il gruppetto di ragazzi con cui stava parlando Alan si disperse, guardandomi male.

Li ignorai e fiera del mio operato rimasi a guardare Isabel e Truce ballare con un sorriso compiaciuto, sorseggiando la birra che avevo in mano.

Il mio momento di solitudine venne interrotto dal familiare odore di margherite e rose di Francine: «Mio fratello dice che ti ha convinto ad uscire con lui», disse, con un tono seccato.

«Già», dissi semplicemente, mentre individuavo il deejay dall'altra parte della sala e, camminando rasente il muro, lo raggiungevo: «Potresti mettere qualcosa di più tranquillo?», gli chiesi, ignorando Francine alle mie spalle.

«Tipo?», chiese il ragazzo, aprendo una nuova pagina YouTube sul computer che aveva di fronte, pronto a digitare il nome della canzone sulla barra della ricerca.

Aprii bocca, indecisa.

Tutto quello che volevo fare era costringere Alan e Isabel a ballare un lento, stretti l'uno all'altra, ma non avevo idea di quale canzone potesse andare bene.

Mi guardai alle spalle, incontrando lo sguardo indifferente di Francine.

«Idee?», le chiesi, vedendola sbarrare gli occhi per la sorpresa.

Scosse la testa, guardandomi male.

Alzai gli occhi al cielo: «Grazie per l'aiuto».

Tornai a guardare quella sottospecie di deejay: «"Everything I do" di Bryan Adams».

Era la canzone che mamma e papà ascoltavano sempre il giorno del loro anniversario, ballando per casa come due adolescenti innamorati. Era, in poche parole, perfetta per l'occasione.

Francine, alle mie spalle, mi picchiettò sul braccio, attirando la mia attenzione: «Ho bisogno di parlarti».

Possibile che non potessi godermi una serata tranquilla senza essere importunata dai fratelli Picard?

Mi ricordai le parole di mio fratello e decisi che avrei provato a comportarmi in modo civile con lei: «Se proprio dobbiamo», dissi, seguendola verso il corridoio, dove la musica era meno forte e potevo tenere d'occhio la mia migliore amica a pochi metri di distanza.

«Allora?», le chiesi, incrociando le braccia al petto.

«Vorrei che la smettessi di giocare coi sentimenti di mio fratello», disse, fulminandomi con lo sguardo.

Appena sgorgarono le prime note di "Everything I do", seguii le mani di Isabel posizionarsi intorno a collo di Alan, mentre lui le cingeva i fianchi.

Sorrisi, fiera di me stessa, poi tornai a guardare Francine: «Tuo fratello voleva un appuntamento, ha insistito fino a farmi dire di sì».

«Se non sei interessata a lui avresti dovuto dire di no», disse la bionda, con tono esasperato.

«Ho accettato il suo invito, così da potergli dimostrare che non siamo compatibili, dopo lunedì smetterà di corrermi dietro, spero», confessai, guardandola dritto negli occhi.

Francine mi studiò brevemente, poi annuì: «Va bene».

Lanciai una veloce occhiata a Isabel, ancora abbracciata ad Alan; sembrava stessero parlando, ma con la musica e il baccano, non riuscivo a sentire cosa si stessero dicendo.

«Allora, tu e O'Bryen, eh?», chiese Francine, facendomi sussultare per la sorpresa.

Cosa ci faceva ancora lì? Non aveva qualcos'altro da fare?

"Aspetta un attimo, cos'ha detto?"

«Come, scusa?», chiesi, aggrottando le sopracciglia.

«Non fingere di non capire», disse, passandosi una mano tra i lunghi capelli biondi: «Siete sempre insieme».

Non riuscii a rispondere alla sua domanda, troppo sconvolta per reagire in qualsiasi modo.

"Giuro che se anche lei mi dice di stare attenta, io..."

«Come reagirà quando scoprirà che hai promesso a mio fratello di uscire con lui?»

«Non riesco a seguirti», dissi, cercando di non lasciar trapelare il nervosismo.

Possibile che fosse così ovvio che tra di noi ci fosse qualcosa?

Certo, Francine ci aveva visti insieme, nudi, nel bosco, ma quello non voleva dire che tra di noi ci fosse stato qualcosa. E anche il passaggio che mi aveva dato in moto non era poi questa gran cosa.

Una strana espressione comparve sul volto di Francine: «Quando anche lui sarà innamorato perso di te lo metterai da parte, come con mio fratello?».

«Io non ho mai voluto che qualcuno si innamorasse di me», dissi, guardandola dritto negli occhi: «Ci conosciamo da quando eravamo piccole: dimmi una sola volta in cui ho fatto qualcosa per piacere a qualcuno?»

«Per esempio quando ti sei truccata al compleanno di mio fratello?», chiese lei, con un sorriso trionfale in volto.

«Mi ero lasciata convincere da Sab, cosa che non è mai più successa!», esclamai, esasperata: «Oltre a quella volta?»

Francine rimase in silenzio, le labbra strette in una linea sottile.

«Ecco», dissi: «Non ho fatto nulla perché tuo fratello si innamorasse di me, così come non sto facendo nulla per far innamorare di me O'Bryen!»

"Bugiarda!", urlò una voce nella mia mente: "Vorrei ricordarti che gli hai lanciato in faccia il tuo reggiseno qualche giorno fa! Per non parlare dei tuoi modi imbarazzanti di sedurlo a cena l'altra sera!"

Riuscii miracolosamente a rimanere impassibile, senza lasciar trapelare espressioni che avrebbero potuto tradirmi, facendole capire che avevo mentito. Francine non aveva bisogno di sapere che i sentimenti che provavo per Xavier mi spingevano a fare cose che mai e poi mai avrei pensato di fare.

«Non hai mai avuto bisogno di fare qualcosa», disse la bionda, guardandomi con uno sguardo colmo di quella che sembrava gelosia. O forse era semplicemente odio?

«Sei sempre così testarda, impulsiva e sicura di te. Finiscono sempre tutti per ammirarti, e non perché sei la figlia dell'Alpha del nostro branco, ma perché sei tu», esclamò Francine, prima di darmi le spalle e andarsene, scomparendo tra la gente che affollava il corridoio.

Feci un passo in avanti, decisa a seguirla, ma nel mio campo visivo comparve una sorridente Sab.

«Diana!», urlò abbracciandomi e trascinandomi verso la cucina, che si trovava alla nostra destra e dove trovai talmente tanto cibo da farmi pensare al paradiso.

«D, mi ha chiesto il numero di telefono! Alan Truce ha detto che vuole uscire con me!», urlò, saltellando come una pazza per la cucina, mentre io sorridevo soddisfatta, con in mano una fetta di pizza.

«Così si fa, ragazza», esclamai, sollevando un bignè a mo' di brindisi.

«Stai davvero mangiando pizza e bignè insieme? Fai schifo», disse, con una smorfia disgustata in volto.

«Si chiama pre mestruo», la informai, sollevando gli occhi al cielo.

«Ah sì? E quando ti dovrebbe venire il ciclo?», chiese, prendendo una manciata di popcorn.

«Tra una ventina di giorni», confessai, sorridendo.

Isabel scoppiò a ridere e scosse la testa sconsolata: «Se incorreggibile, D».

«Sab, tu pensi che io piaccia alla gente per ciò che sono?», chiesi, pensando alla conversazione che avevo avuto prima con Francine: «Intendo, malgrado il mio pessimo carattere e per quanto io non mi sforzi di essere carina; è vero che la gente non può fare a meno di ammirarmi?»

Isabel smise di mangiare popcorn e mi fissò con aria confusa: «É questo che ti stava dicendo Francine, prima che arrivassi?»

Annuii, masticando la pizza con lentezza.

«Beh, Diana, sei una ragazza forte, coraggiosa e schietta. Dici quello che pensi, fai quello che vuoi. Non chiedi mai scusa a nessuno per ciò che sei», disse, Sab, sorridendomi con calore: «Quindi direi che sì, ammirarti viene spontaneo».

Rimanemmo in silenzio per lunghi secondi, fu Isabel a parlare per prima: «Non ci posso credere che Francine ti abbia fatto un complimento, l'ultima volta sarà stato... quando? Alle elementari?»

Risi, scuotendo la testa per il stupore: «Sono sconvolta quanto te», ammisi, finendo la fetta di pizza, per poi lanciarmi verso le tartine.

«Proporrei un'ultima birra e poi possiamo levare le tende», disse Sab, facendomi l'occhiolino.

Annuii con vigore, seguendola verso lo studio che custodiva gli alcolici: «Alan dov'è andato?», le chiesi, sollevando le sopracciglia con fare malizioso.

«Doveva tornare a casa, Rice non vuole che i membri del suo branco stiano fuori fino a tardi in questi giorni; è stato allertato da tuo padre a proposito dell'assassino del padre di Xavier e del fatto che potrebbe essere un pericolo per chiunque», mi spiegò la mia amica, porgendomi una birra.

«Capisco», dissi, prima di far scontrare le nostre bevande e sorriderle: «A te e Alan», brindai.

Isabel divenne rossa all'istante: «A te e Xavier», controbatté, facendomi scoppiare a ridere.

Pochi secondi dopo trovammo Frida per il corridoio, era ancora con il ragazzo che aveva le mani incollate al suo sedere a inizio serata e si tenevano per mano come due piccioncini.

«Hey, ragazze!», ci salutò lei, abbracciandoci: «Lui è Thomas».

Passammo qualche minuto con lei, per cercare di capire se il ragazzo fosse raccomandabile o meno. Quando decidemmo che era un tipo a posto, lasciammo che la portasse nuovamente nel centro del salotto, per ballare.

«Sono fiera delle mie ragazze», dissi, portandomi una mano al petto: «Siete riuscite entrambe a trovare qualcuno con cui divertirvi».

Isabel scoppiò a ridere: «Scema! Tu hai visto qualcuno di interessante?»

"No, Xavier non c'è".

«No, sto bene così», dissi con una smorfia: «Ho già abbastanza problemi senza dover aggiungere anche un altro spasimante all'elenco».

Sab scosse la testa: «La solita esagerata».

Il resto della serata trascorse tranquillamente. Abbandonammo la festa poco dopo mezzanotte, subito dopo aver ringraziato Paul Ling per l'ospitalità e avergli sgraffignato altro cibo che avremmo conservato per la colazione del giorno dopo.

Paul Ling era stato felice di liberarsi di noi, il suo saluto freddo mi ferì e decisi che la volta successiva gli avrei spaccato la spalla e non mi sarei limitata a tirargli una pacca.

Avevamo lasciato le nostre borse nel giardino di Frida, nascoste tra i cespugli, così andammo a recuperarle, prima di addentrarci nella foresta.

La radura che amavamo tanto io e Sab si trovava vicino a casa mia, dovemmo quindi camminare una ventina di minuti prima di arrivarci, ma il bosco era calmo - quel tipo di calma che non lasciava presagire nulla di male - e quindi rassicurante.

«Ogni volta che mi trovo in situazioni simili mi chiedo perché mi lascio convincere tanto facilmente, anche se so che le tue sono sempre pessime idee, dettate dall'impulso», si lamentò Sab, una volta arrivate alla radura.

Aprii il mio borsone e tirai fuori la sacca dentro la quale era contenuta la tenda.

«Perché sei una ragazza avventurosa che ama le sfide», dissi, facendole segno di aiutarmi a montare il nostro giaciglio per la notte: «E anche perché non sei in grado di dirmi di no».

«Vero, assolutamente vero», borbottò.

Alla fine riuscimmo a ergere la tenda senza fare danni; era piuttosto piccola, ma abbastanza grande da contenere entrambe. L'avevo recuperata dal mobile in soffitta che conteneva tutta l'attrezzatura da campeggio che avevano comprato anni prima i miei genitori e che avevamo utilizzato raramente per brevi gite di famiglia.

Recuperai il mio sacco a pelo pesante e lo sistemai sul lato sinistro della tenda, mentre Isabel faceva lo stesso accanto a me.

«Allora», iniziai, sorridendo: «Alan, eh?»

Il cuore di Sab iniziò a battere ad un ritmo irregolare, e le sue guance divennero color porpora: «Non so se ringraziarti per avermi letteralmente gettata tra le sue braccia o tirarti qualcosa addosso».

Le sue parole mi fecero sorridere: «Truce è un bravo ragazzo, lo conosciamo da tanto tempo e sono certa che ti tratterà come una principessa al vostro appuntamento», le dissi, mentre sfilavo le scarpe e le lasciavo fuori dalla tenda.

«Lo so», sospirò la mia amica, guardandomi con uno strano sguardo negli occhi: «Non avevo mai pensato di potergli piacere. Quindi, grazie, D, per avermi spinto tra le sue braccia».

Le feci l'occhiolino: «Sono contenta, almeno hai la possibilità di toglierti Michel dalla mente una volta per tutte. Picard non ti merita».

Isabel sospirò: «Mi ci vorrà del tempo, ma penso che tu abbia ragione», disse, chiudendo la tenda e avvolgendosi all'interno del suo sacco a pelo blu.

«Io ho sempre ragione», la corressi, seguendo il suo esempio e tuffandomi a mia volta nel mio caldo giaciglio.

Lo schermo del cellulare di Isabel si illuminò e non riuscii a trattenere la mia curiosità; mi sporsi per sbirciare, mentre lei cercava di allontanarlo da me per impedirmelo.

«Uuuh!», esclamai: «Qualcuno ha ricevuto un messaggio da Alan Truce!»

Sapevo di risultare odiosa quando facevo così, ma intorno a Isabel non potevo fare a meno di sentirmi come la liceale che avrei dovuto essere; frivola e spensierata. E non come la figlia dell'Alpha di un branco di lupi mannari che veniva considerata troppo piccola per qualsiasi cosa, tranne accettare Michel come proprio compagno per la vita. L'incoerenza dei miei genitori era a dir poco ridicola.

«Mi ha solo inviato la buona notte», disse, colpendomi la spalla per farmi smettere di ridere.

Un sorriso malizioso comparve sulle mie labbra: «Certo, "solo" la buona notte».

Mi beccai un altro pugno, ma ne valse la pena.

 

******

Ciao a tutti! 

Come vi è sembrato il capitolo? So che in molte pensavano e speravano che Xavier avrebbe trovato il modo di imbucarsi alla festa, ma così non è stato e vedremo nei prossimi capitoli perché.
In questo capitolo volevo mostrare un po' le dinamiche tra Diana e i fratelli Picard, cercando di darvi qualche informazione in più sul rapporto che li lega. 
Spero di esserci riuscita.
Aspetto i vostri commenti e opinioni! 😉
Un bacio,
LazySoul

 
  
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