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Autore: _Qwerty_    21/10/2017    5 recensioni
Andromeda Black si scopre presto più matura della sua età e dei suoi compagni e deciderà di non aver paura delle proprie scelte, anche quando tutto sembra farle male.
Demetra Lestrange, molto talento, molti galeoni e molti complessi di inferiorità, imparerà col tempo che il compromesso non è sempre possibile, ma anche che non tutto il male viene per nuocere.
***
Eccomi qua con una nuova storia, quella che da tempo si nasconde nel pc e che finalmente ho ripreso in mano, ma soprattutto che ho trovato il coraggio di pubblicare qui. Si parlerà di Andromeda, di come ha conosciuto Ted e come ha maturato la decisione di allontanarsi dalla famiglia e scegliere lui, una nuova vita e nuovi valori, ma anche della sua miglior amica, Demetra Lestrange, un personaggio di mia invenzione, sorella minore dei famigerati Lestrange Mangiamorte e a sua volta sempre in bilico fra l’orgoglio purosangue tentato dalle arti oscure e la fedeltà ai sentimenti dell’amicizia e della giustizia.
La storia è stata scritta in parte anni fa e in parte adesso ed è una storia a cui tengo molto, per cui le recensioni sono ancora più gradite!
Genere: Angst, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Andromeda Black, Bellatrix Lestrange, Famiglia Black, Famiglia Lestrange, Nuovo personaggio | Coppie: Lucius/Narcissa, Rodolphus/Bellatrix, Ted/Andromeda
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra, Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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21. un inizio e una fine


XXII



Demetra impiegò molto tempo prima di riaversi dallo shock.

La sua mente iniziò a vorticare e fu con un ultimo guizzo di sangue freddo che volò fuori dal lucernario del pub, si rifugiò in un angolo buio e si ritrasformò.
Una volta ritrovata la forma umana tremava come una foglia e fece appello a tutta la sua determinazione, decisione e destinazione per materializzarsi a casa, al sicuro.
I suoi fratelli avevano ricevuto l’ordine di uccidere lei e suo padre da parte del Signore Oscuro. O meglio, più precisamente Rabastan doveva uccidere suo padre e Rodolphus lei. Era di lei che parlavano, lei che quando usciva con Yaxley si smaterializzava sempre nello slargo di fronte al pub.
E avrebbero bruciato tutto con l’Ardemonio.
All’improvviso, come un fulmine che squarci il buio in una notte di tempesta e per un istante illumini tutto senza ombre, tutti i pezzi andavano al loro posto, tutto quadrava: Corban sapeva cosa dovevano fare i suoi fratelli e il suggerimento di farsi un viaggio era tutto quello che poteva dirle per aiutarla, senza tradire l’obbedienza al Signore Oscuro. E molto probabilmente lui stesso aveva dovuto levare la bacchetta contro suo padre all’Ufficio Misteri su ordine del Signore Oscuro, tanto era stato nervoso nei giorni precedenti e successivi l’episodio in questione al Ministero. Forse anche Nicholas e Lucius dovevano svolgere dei compiti del genere e ciò poteva spiegare la loro evasività in pubblico. E poi: Crouch cosa sapeva o aveva ragione di sospettare? Perché a quel punto non era più un caso che le avesse offerto un posto da avvocato al Ministero. E sua madre? Forse che sua madre sapeva? Questo non poteva dirlo con certezza, nonostante tutto.
Demetra corse in bagno e vomitò.
Quella notte si mise a letto ma non chiuse occhio.
Pensò tutto il tempo a cosa fare e ogni volta che risentiva nella sua testa quella conversazione si sentiva gelare da capo a piedi e il cuore accelerare dolorosamente.
Cosa poteva fare? Se lo avesse detto a suo padre, lui le avrebbe creduto? Poteva benissimo pensare che stesse esagerando, perché anche suo padre spesso, come lei, aveva la presunzione di avere tutto sotto controllo, come per la storia dell’anello. L’anello del Fondatore, infatti, non era mai uscito veramente da casa Lestrange e quello che aveva dato a Rodolphus era solo una copia, come aveva scoperto lei stessa poche sere dopo l’episodio, notando che suo padre aveva di nuovo l’anello alla mano. Al suo sguardo sorpreso, suo padre aveva solo commentato sibillino:
“Come vedi, l’anello protegge l’erede dalla malasorte e dal mal consiglio.”
Stando così le cose, i suoi fratelli avevano fatto una pessima figura con il Signore Oscuro. Forse era per quello che aveva ordinato loro di uccidere il padre e lei. O forse no, era solo pura follia, e malvagità. Capiva soltanto in quel momento quanto fosse fuori controllo la situazione, quanto a suo tempo avesse avuto ragione Andromeda a considerarli dei criminali assassini, perché quello erano, e la purezza del sangue era ormai solo un pretesto senza ragione sostanziale, un pretesto che un uomo crudele e potentissimo aveva sfruttato abilmente per piegare a sé le energie dei più dotati maghi purosangue. Ed essi erano diventati ormai solo uomini crudeli assetati di sangue e potere sulle vite altrui, solo che non se ne era mai resa conto davvero, perché nonostante tutto lei si sentiva legata ai fratelli, a Corban e a tutti gli altri, per consuetudine e per somiglianza. Ma adesso le cose stavano precipitando e lei aveva focalizzato solo allora.
Che fare quindi? Poteva andare da Crouch. Lui le avrebbe creduto, una volta che lei gli avesse mostrato il suo ricordo nel Pensatoio e forse avrebbe sorvolato sul fatto che era un Animagus non registrato, data l’importanza della testimonianza e del pericolo. E poi? Avrebbe ottenuto la protezione degli Auror? Più ci pensava e più le sembrava che nessun Auror avrebbe davvero potuto proteggere lei e suo padre. Poteva non farsi più vedere a Edimburgo, ma era sciocco credere che evitare alcuni posti avrebbe fatto desistere i suoi fratelli, anzi, forse appena avessero capito che lei sapeva delle loro intenzioni avrebbero scatenato una rappresaglia, perché nel momento in cui avevano programmato di ucciderla, non sarebbero stati gli imprevisti a farli desistere.
Solo sul mattino, quando già filtrava un tenue raggio di sole dalle imposte, si appisolò leggermente, la bacchetta stretta in mano.

***

Quando si svegliò, Demetra chiese per prima cosa a Binky dov’era suo padre.
“Al Ministero, come sempre, padroncina” fece l’elfa compostamente.
Demetra ebbe l’impulso di catapultarsi anche lei al Ministero, ma non sapeva cosa avrebbe fatto. Passò tutta la mattina in preda ad uno stato di agitazione implacabile, che si sciolse soltanto quando suo padre rientrò nella tarda mattinata.
“Devi parlarmi di qualcosa?” disse il signor Lestrange vedendo la figlia visibilmente agitata.
“No! Cioè, sì, forse” disse senza pensare.
“Un ottimo inizio” disse suo padre sorridendo.
Era di buon umore, osservò Demetra, e lo era sempre di più da alcuni giorni. Come se fosse tornata in lui una sorta di pace, magari precaria, dopo che la moglie se ne era andata, e fosse riuscito a sistemare alcune questioni importanti.
Demetra lo seguì fino allo studio, ancora agitata, non sapendo come avrebbe parlato.
“Allora, cosa succede?”
“Siamo in pericolo, papà” disse d’impulso.
Il signor Lestrange assunse un’aria dubbiosa.
“Per quello che stanno facendo Rabastan e Rodolphus” continuò lei.
“Oh, i tuoi fratelli sono maghi adulti da molto tempo ormai. Si assumeranno le conseguenze di quello che fanno. E io non so se potrò o vorrò aiutarli, di fronte a certe accuse infamanti” disse con semplicità.
Quindi suo padre credeva che lei temesse che i fratelli sarebbero finiti in mano agli Auror.
“No! Noi siamo in pericolo! Loro adesso… Merlino mi aiuti! Loro adesso hanno scelto un’altra legge, noi non siamo più la famiglia adesso, e se dovesse accadere… Se loro… – tremava a formulare il pensiero – Noi non siamo più la famiglia, per loro.”
Suo padre rimase serio, pur scuotendo la testa.
“Demetra, non essere paranoica come Augusta. Possono fare molte cose, ma non commetteranno mai l’abominio di andare contro il loro stesso sangue.”
Demetra rimase in silenzio, pensierosa.
“Chissà com’erano adirati per la storia dell’anello…” disse dopo un po’.
“Mi sembra di essere stato chiaro, negli anni, su molte cose. Ma forse ho sbagliato io qualcosa, con loro. Il tempo passa e ogni giorno sono sempre più convinto che l’erede di casa Lestrange non puoi essere che tu, piccola mia.”
Demetra trattenne a stento le lacrime, a quella tenerezza così insolita.
“Ma io sono una femmina. Così la famiglia finisce” considerò, atona.
“Forse. Ma magari è meglio così.”
“Ricordo che ti arrabbiasti molto quando Rodolphus prima di partire per Hogwarts andò alla miniatura dell’albero di famiglia e tirò una riga sotto i nostri nomi, perché la famiglia non poteva finire…”
“È notevole che tu ricordi quell’episodio, avrai avuto sì e no quattro anni.”
Demetra sorrise, non sapendo cosa aggiungere.
Suo padre sfilò l’anello che portava alla mano destra e glielo porse.
Demetra scosse il capo.
“Sì, invece. Come ho detto, sei tu l’erede.”
Demetra infilò l’anello al medio della mano destra, titubante. Quell’anello non aveva nessun potere magico intrinseco, lo sapeva bene, e quello che sentiva era solo il peso del valore simbolico.
Cercò di dire qualcosa, ma Binky apparve per comunicare che il pranzo era pronto, e non ci fu spazio per altre parole.

***

Una fredda ma limpida mattina di metà gennaio Andromeda sentì che il momento era arrivato.
Chiamò Ted e lo mandò di corsa a chiamare la Medimago ostetrica che l’aveva vista l’ultima volta.
Sulle prime, anche l’ostetrica ebbe qualche difficoltà, perché sembrava che il bambino o la bambina cambiasse continuamente posizione.
“Il Guaritore ha detto che potrebbe essere un Metamorfomagus – spiegò Andromeda all’ostetrica fra le contrazioni – Non cambia nulla però adesso, vero?”
Si pentì di aver parlato nel momento in cui vide un lampo di terrore sul viso dell’ostetrica.
“No, no, penso di no…” balbettò quella.
Dovrò fare tutto da sola, come sempre, pensò Andromeda.
Trasse un lungo respiro, cercando di ricordare le istruzioni sulla respirazione che aveva ricevuto una delle ultime visite di controllo.
Ted sembrava il più terrorizzato di tutti, così Andromeda strinse anche la sua mano, come per unire le forze.
Forza amore mio, disse dentro di sé, scegli una posizione e iniziamo!
Come se l’avesse sentita, il bambino o la bambina si calmò e Andromeda poté iniziare a spingere seguendo la guida dell’ostetrica.
Durò pochi minuti che sembrarono infiniti, ma alla fine la bambina uscì fuori e pianse vigorosamente.
Andromeda sorrise, riprendendo a respirare profondamente, e fece appena in tempo a vedere che la neonata era completamente avvolta in più giri da quello che doveva essere il cordone ombelicale, come ci si fosse impigliata da sola.
Come se le avesse letto nel pensiero, l’ostetrica con pochi colpi di bacchetta liberò la bimba dal cordone ombelicale, questa volta con destrezza, lasciandole sul pancino un ombelico perfettamente cucito e dopo pochi attimi la depositò in braccio alla madre pulita e avvolta nella copertina che avevano preparato.
Ted baciò Andromeda con tenerezza, per poi guardare meravigliato la figlia che, ad occhi chiusi, cambiava vorticosamente colore ai suoi sottili e  delicati capelli sulla testolina. Nessuno dei due prestò troppa attenzione alle spiegazioni che stava dando loro l’ostetrica, circa l’igiene, l’alimentazione e le precauzioni necessarie, la quale probabilmente se ne accorse e concluse che comunque lasciava loro un opuscolo del San Mungo per i neogenitori.
E in quel momento per Andromeda non esisteva nient’altro che la sua bambina bellissima, una felicità perfetta che spazzava via tutto l’orrore che incombeva là fuori, perché mentre la morte aveva un solo colore, la vita che teneva in braccio scintillava di mille colori.

***

Quella notte, stranamente, Demetra dormì.
Sognò molte cose: sognò Hogwarts e il Cappello Parlante, sognò Emmon che le raccontava della Francia del sud che aveva visto quando era solo un pulcino, sognò Andromeda padrona di casa a Grimmauld Place, sognò suo fratello che la attaccava, ma era solo un Molliccio che svaniva quando lei gli mostrava l’anello, ridendo soddisfatta, sognò la statua animata di Gramelius che distribuiva galeoni davanti alla Gringott e il signor Crouch che durante un dibattimento diceva che nessun uomo è morto finché non si trova il corpo.
La mattina dopo Demetra si svegliò, e sapeva esattamente cosa fare.


***

NdA:  e questo è il penultimo capitolo! Come vedete non accade nulla, se non che finalmente Demetra capisce cosa siano davvero Voldemort e i suoi Mangiamorte, ma sulla propria pelle e invece si chiude, almeno per ora, la linea narrativa di Andromeda, con la nascita di Ninfadora. Ci tenevo a lasciare un ultimo raggio di luce e colore nella storia prima del finale, che vedrà Demetra alle prese con i fratelli e tutto può ancora succedere. L'anello non ha davvero alcun potere magico reale, perchè l'unico potere è quello della mente di colui o colei che lo indossa, ma il confine fra magia e suggestione è labile anche per maghi di rango come i due Lestrange. Ho voluto mettere anche qui una citazione da un romanzo che ho amato molto, i Buddenbrook di Thomas Mann, con l'immagine del piccolo Rodolphus che traccia la linea sotto l'albero genealogico di famiglia a fare da parallelo, pur con le dovute differenze, al piccolo Hanno figlio di Thomas che nel romanzo fa la stessa cosa con l'albero di famiglia, generando le ire del padre...insomma, se non si è capito io adoro quel libro!
Direi che è tutto!
Una delle mie preoccupazione è che la scena della nascita di Ninfadora sia troppo veloce, e al contempo ad aggiungere molto altro temevo di scadere nel patetico, quindi l'incertezza permane per questa parte. Ad essere onesta tuttavia non so quanto anche il finale sia all'altezza, così come questo capitolo interlocutorio non se è troppo o troppo poco, e spero che le recensioni mi aiutino anche in questo.
  
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