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Autore: Rorschach D Wolfwood    21/10/2017    4 recensioni
La città dei sogni di qualunque animale, la bellezza, la maschera dietro la quale si cela la verità: un letamaio che non aveva conosciuto nè pietà nè bontà.
Ispirato dal fumetto Blacksad, la storia di una giovane volpe solitaria dal carattere chiuso e senza alcuna speranza in un futuro migliore, un incontro inaspettato, uno spiraglio di luce in una spirale di eventi oscuri.
Genere: Dark, Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Judy Hopps, Nick Wilde
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Furry
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14- Born to be devil, live to be "hero" - End of a dark tale 
 
 
 
 
 Il gigantesco cadavere continuava a grondare sangue dagli squarci nello stomaco dai quali spuntavano prepotentemente le barre di ferro spezzate in due. Giaceva immobile, senza neanche un debole filo di vita ai piedi del muretto di cinta che circondava il fabbricato. Da esso si ergevano le barre sulle quali il gorilla era caduto. Sembrava la vittima di un antico principe che aveva l'abitudine di impalare i propri nemici. 
La caduta fu talmente pesante che la sua gigantesca mole spezzò le barre e lo fece cadere su una pila di blocchi. L'impatto con essi gli aveva spaccato la testa.
Il capitano Bogo osservò l'intera scena con il suo solito sguardo distaccato. Alzò il colletto del giaccone per ripararsi dal vento, poi con un cenno fece avvicinare l'agente Francine, che coordinava le operazioni per tenere a bada i presenti accorsi sul posto. 
" Signore?" disse l'elefantessa.
Bogo rimase in silenzio, come intento a contemplare l'accaduto. Aveva davanti a se il responsabile di tutte quelle morti, di tutto il terrore, colui che aveva spinto masse di erbivori ad unirsi per dar vita ad un'insensata giustizia sommaria per le strade notturne. Osservava il cadavere. Non mutava atteggiamento. 
Almeno all'esterno.
Bogo era famoso per il suo essere impenetrabile. Pur mantenendo lo stesso sguardo in qualsiasi occasione, nessuno era mai riuscito a capire cosa stesse pensando dentro di se. Egli stesso aveva raramente mostrato un lato diverso della sua persona, e pochi erano i fortunati che l'avevano visto.
" Signore?" insistette Francine.
" Fanno più casino che durante la stagione degli amori" disse riferendosi ai curiosi. Le macchine fotografiche non facevano che sfornare foto, i giornalisti assordavano con il loro "incessante sproloquiare", come avrebbe detto Bogo, e i giovani riprendevano tutto con il cellulare. 
" Stiamo facendo il possibile per tenerli a bada, signore"
" Sembra che tutte le bestie della città si siano radunati nello stesso momento. Neanche fosse un concerto rock..."
Francine si limitò ad annuire. Anche a lei dava fastidio quel marasma di creature, poichè tenere a bada i curiosi era non solo la parte che più odiava, ma anche quella più difficile.
" Quanto ci metteranno ad arrivare per rimuovere questo ammasso di merda?"
" Dovrebbero essere qui a momenti, signore"
Bogo annuì. Poi si incupì. " ... E l'agente Hopps?"
" L'hanno già portata in ospedale... Signore"
" Bene... Continuate a farli star buoni, allora"
Francine salutò il capitano, poi si congedò. Bogo alzò lo sguardo verso l'alto, cercando di immaginarsi la rovinosa caduta. Forse immaginava di individuare la malinconica figura di una volpe, sconvolta e inginocchiata, che contemplava la scena, proprio come lui. Ma da un punto di vista completamente differente, e con il cuore spezzato.
 
 
 
 
 
Spalancai gli occhi, e la prima cosa che vidi fu un meraviglioso cielo notturno cosparso di stelle capaci di oscurare le più belle luci di Zootropolis. Troneggiante al centro di quel cielo, come inchiodata da qualche divinità, la luna piena mi trasmetteva una piacevole sensazione di quiete. Il mio corpo era così leggero che un soffio di vento avrebbe potuto sollevarlo e portarlo in cielo. Si sarebbe dissolto nell'aria e non me ne sarei neanche accorto.
Mossi una zampa e sentii qualcosa di morbido sotto di me. Strinsi il pugno e lo portai davanti agli occhi; era una manciata di foglie verdi e profumate. Il profumo della primavera, di qualcosa di indescrivibile. Qualcosa come...
Mi guardai attorno, poi mi alzai: una sorta di caverna alta e cava mi circondava, ero nudo e seduto su un giaciglio di foglie. Mi sarei beato di quell'odore all'infinito. 
Poi il mio sguardo si posò su una figura poco distante da me. Non riuscii a distinguerla inizialmente, anche se la silhouette suggeriva fosse una figura femminile, notai solo che era chinata in avanti, intenta a fare qualcosa.
Mi mossi il più lentamente possibile, cercando di non smuovere nemmeno una foglia, allungai una zampa e la figura si volse: la prima cosa che vidi fu un dolce nasino rosa, un musetto bianco e soffice dominato da una piccola boccuccia dalla quale facevano capolino denti bianchi come perle. Era nuda anche lei, e il suo corpo era perfettamente disegnato dal pelo grigio e dai giochi di luce ed ombra. Ma il particolare più bello, sogno o realtà che sia, erano quei dannati occhi. 
Quale maledetto dio poteva aver creato un simile capolavoro con quegli occhi? Di cosa diavolo erano fatti? Da dove proveniva tutto quel potere ipnotico? 
Stavo per dire qualcosa ma lei mi zittì. 
" E' riuscito finalmente ad addormentarsi " sussurrò lei " Sai quanto è difficile che ci riesca al primo colpo"
" A- addormentato?" 
Parlava di un cucciolo. Il suo respiro quasi non si sentiva. Era così tranquillo, così sereno che mi si sarebbe spezzato il cuore a svegliarlo. Ma non potetti resistere alla tentazione di allungare la zampa e sfiorargli il musetto. 
" Questo è mio..."
"  Si, Nick... Questo è il nostro piccolo"
Il cuore mi si fermò. "  Nostro..."
Lei mi avvolse il collo con le sue braccia e strusciò dolcemente il muso contro il mio collo, baciandolo. "Cosa c'è, Nick? Qualcosa non va?"
" Judy... Cos'è questo?"
"  Questo... Insomma... Questo è un sogno... Vero?". Lo dissi con una marcata malinconia, perchè una voce, dal profondo, non faceva che ripetermelo. Questo è un sogno, diceva, questo è un sogno. Eppure era un sogno così bello...
Lei mi prese per la zampa e mi trascinò con se sul giaciglio. Ora eravamo entrambi sdraiati su un letto di foglie, nudi, l'uno abbracciato all'altra. I miei occhi si specchiarono nei suoi, e in essi l'intero creato si palesò. Era come se da lei dipendesse l'esistenza dell'intero mondo. Del mio mondo.
" Questa è la nostra vita, Nick" sussurrò lei accarezzandomi il petto " La nostra vita insieme". Avvicinò il proprio muso al mio, mi baciò una volta, un'altra, e un'altra ancora. La strinsi tra le mie zampe e la baciai con tutta la passione, il desiderio e l'amore che provavo per lei dal primo momento che l'avevo vista. Ci accarezzammo, ci toccammo, ci baciammo. Anche se si fosse trattato di un sogno... Avrei dato qualsiasi cosa perchè non finisse mai...
 
Il gelido pavimento mi riportò alla realtà. Ero caduto dalla panchina sulla quale mi ero addormentato, ma poco mi fregava. Un altro delirio della febbre? No, quella era scesa ormai, grazie alle medicine che mi avevano dato le infermiere.
Il corridoio era buio come la notte. Soltanto una luce lo dominava: la terribile luce rossa che indicava che l'operazione era ancora in corso. Controllai l'ora al cellulare. Quasi le sette di mattina. Erano passate dieci ore e ancora nessuno si decideva a uscire da lì dentro. Avrei voluto sfondare quella porta, entrare e guardare con i miei occhi cosa diavolo le stessero facendo. Ma sarebbe stato inutile; mi avrebbero preso e scaraventato via come un sacco dell'immondizia. Le zampe iniziarono a tremare, i palmi sudavano e un cattivo presagio non faceva che ronzarmi nelle orecchie. Avrei voluto strapparmele e divorarle. Il ronzio dovette averlo intuito perchè dalle orecchie scivolò nel profondo del mio cervello. Portai entrambe le zampe sulla testa e premetti le dita così forte che le unghie avrebbero potuto perforarne la carne. Ed ero sul punto di farlo, se non fossi stato fermato da qualcuno. 
" Se proprio hai le zecche ti conviene tornare a casa a farti una doccia!". Riconobbi all'istante quella voce graffiante e roca: Finnick.
Si era seduto accanto a me intento ad aprire una lattina di birra. Me la offrì ma io rifiutai, e se la scolò tutta da solo. 
" In effetti" continuò " Dovresti fartela davvero una doccia, amico. Non emani certo un odore gradevole"
" Il mio odore è l'ultima cosa a cui penso, Fin!" dissi continuando a fissare la luce rossa, attendendo che si spegnesse per portare qualche buona notizia. Finnick tirò fuori un'altra lattina e l'aprì. L'attesa fu così snervante che gliela strappai dalla zampa e la bevvi tutta d'un fiato. " Ne hai un'altra?" gli chiesi.
" Era l'ultima, amico"
" Sei inutile..."
" E' comunque più lucido di te" esordì una seconda voce altrettanto familiare. Clawhauser ci raggiunse sulla sedia a rotelle. Finnick storse leggermente il muso, avendo fiutato la puzza di sbirro che lo ammantava, ma io lo rassicurai. 
" Non dovresti essere in camera a riposare come se non ci fosse un domani, Claw? Cos'è, la birra? Oppure è l'astinenza da ciambelle che ti ha fatto alzare?"
" Fottiti, Wilde" disse Claw " Avrei accettato più volentieri un goccio di bourbon"
" E' stato già difficile portare due lattine senza farsi notare!" commentò Finnick. Quando però gli chiesi come ci fosse riuscito, lui fece il vago. Notai una busta penzolare da un gancetto della sedia di Clawhauser, e solo quando me la passò scoprii che conteneva due panini e una bottiglietta d'acqua. Su, non fare storie, mi disse, mangia che ti fa bene. Scherzammo sul fatto che avrei preferito una birra fresca al posto dell'acqua, ma Claw disse che quella che avevo fregato a Finnick era sufficiente. Per cui non potei fare altro che divorare quei panini, spinto anche dalle lamentele incessanti del mio stomaco. 
 
Le otto. Finalmente la porta si spalancò e uno dei medici si avvicinò. Era un'antilope, e il camice era cosparso di macchie rosse. Si tolse i guanti e abbassò la mascherina. Bastò il suo sguardo a lasciar intuire l'esito dell'operazione. Non era solo stanco, era affranto, distrutto, dispiaciuto. 
" Mi dispiace..." 
Il cuore cessò di battere. Il sangue mi ribollì nelle vene, una selvaggia rabbia pervase ogni muscolo del mio corpo. Gli occhi cessarono di trattenere le lacrime. Saltai addosso a quel buffone come fossi regredito allo stato selvaggio, pronto a divorarlo.
" Che diavolo significa che ti dispiace?" urlai con tutta l'aria nei polmoni. Il medico era terrorizzato.
" M- mi creda, abbiamo fatto tutto il possibile" balbettò mentre io lo strattonavo " Purtroppo le ferite erano troppo gravi..."
" Cosa cazzo significa? Che medici del cazzo siete?!"
" I-i polmoni erano perforati, le costole ridotte in pezzi e-e le varie emorragie interne..."
Lanciai un urlo disumano. Ero letteralmente sul punto di azzannarlo alla gola e ucciderlo nella maniera più brutale, se non fossi stato fermato da Finnick e altri due medici accorsi in suo aiuto. A fatica riuscirono ad allontanarmi e a condurmi nella sala d'attesa, seguiti da Clawhauser. Il leopardo dovette prendermi a schiaffi per riuscire a farmi tranquillizzare e rimanere seduto sul divano della sala. Ma fu una calma indegna di tale nome. Nascosi il muso tra le zampe e mi lasciai andare, liberando tutto ciò che provavo in quell'infernale momento. 
Lei non c'era più. 
Non ce l'aveva fatta. Quel mostro me l'aveva portata via.
" Le dispiace rimanere qui con lui mentre io vado a parlare con il medico?" disse Clawhauser rivolgendosi a Fiinick. 
" Vai, non preoccuparti " rispose lui. 
 
 
 
- Ufficio del capitano Bogo, Z.P.D.
 
Aveva ordinato a chiunque di non disturbarlo. Non voleva ascoltare lamentele, non voleva che nessuno lo raggiungesse, non voleva ricevere telefonate. Nessuna telefonata, tranne una. 
Il silenzio della stanza venne distrutto dallo squillo del telefono, e il bufalo, con lo zoccolo tremante, afferrò la cornetta.
" Si?" disse. Dall'altra parte c'era Clawhauser.
" Signore, l'operazione è finita, ma... Judy Hopps non ce l'ha fatta..."
Il bufalo non seppe cosa rispondere. Si tolse gli occhiali e si stropicciò gli occhi, con un debole sospiro. 
Quel maledetto mostro...
" Le ferite erano troppo gravi, signore, i medici hanno tentato di salvarla, ma non ci sono riusciti..."
Dieci ore di sofferenze. Quel pensiero risuonò nella mente del capitano come un eco lontano. 
" Farò un salto il prima possibile, Clawhauser, ho... Devo occuparmi di una questione spinosa, prima"
Clawhauser non aggiunse altro, in cuor suo aveva intuito cosa intendeva il suo capo. " Certo, signore".
Bogo alzò lo sguardo verso il soffitto, preparandosi al prossimo passo, il più difficile.
 
" Si, pronto?" rispose dall'altro capo una voce femminile.
" Bonnie Hopps?" 
" Si, chi parla?"
" Sono il capitano Bogo, della polizia di Zootropolis. Sono spiacente, ma ho... Ho delle brutte notizie da comunicarle..."- 
 
 
 
 
 
Il cimitero sembrò più silenzioso del solito. Un poeta maledetto avrebbe speso qualche goccia di inchiostro per scrivere qualcosa come "sembra che tutte le anime del Paradiso si siano raggruppate per salutare un'ultima volta l'agente Hopps". 
Ma io non ero un poeta maledetto. Io ero maledetto e basta. 
L'intera città era presente, ogni creatura, dalla più piccola alla più grande, tutti a renderle omaggio. Lionheart era in prima fila, affiancato da Bogo e la pecora con gli occhialoni, e dietro di loro l'intero corpo di polizia, radunati attorno alla sua bara. In qualità di sindaco dovette pronunciare il classico discorso nel quale si elogiavano le qualità del caduto. Ma questa volta, benchè le altre fossero delle recite nei confronti di qualche incompetente, le parole pronunciate non presentavano la minima sfumatura di falsità. Era tutto vero, ma per Judy quelle parole non erano abbastanza. 
Il mio sguardo cadde sugli abitanti di Bunnyburrow, un numero incalcolabile di conigli e coniglietti. Non so come, ma individuai subito sua madre. Aveva un portamento elegante, e nel suo sguardo distrutto dal dolore si intravedevano comunque forza e fierezza, e anche se si lasciò andare, nessuno avrebbe potuto dubitare della loro presenza. Stando a quanto mi aveva raccontato, solo da lei Judy aveva potuto ereditare tutte le qualità che la distinguevano dagli altri. 
Judy non era come tutti gli altri. Lei era diversa, era uno spiraglio di luce che si era fatto strada tra le nuvole nere che ammantavano Zootropolis dalla sua fondazione. Era un fulmine a ciel sereno capace di sconvolgere la vita di chiunque. Ma mai come aveva sconvolto la mia.
Io e Clawhauser eravamo in disparte. O meglio, io ero in disparte, lui mi aveva raggiunto. 
" Però non è del tutto giusto" disse lui.
" Cosa vuoi dire?"
" E' giusto che Judy riceva tutti quegli elogi, ha messo fine a quella linea di sangue, però... Anche tu hai contribuito!" 
Non gli risposi.
" Sei stato tu a scoprire l'identità di quello scimmione, e se non mi avessi mandato quel messaggio, permettendomi di allertare il capitano..."
" Non importa, Claw" dissi io.
" Come sarebbe a dire? Non ti da nemmeno un po' fastidio, Nick?"
" E cosa pretendi che faccia? Che vada lì a dire ehi, guardate che ero presente anch'io e sono stato io a scoprire la verità ?"
Clawhauser mi guardò stranito, come se avessi pronunciato le esatte parole che stava pensando.
" Io sono una volpe, ricordi? Non c'è gloria per la mia razza. Sarei nato diavolo per poi essere proclamato "eroe"? Judy ha fatto molto più di me per questa città. E poi, a me piace così, essere invisibile in una città di milioni di animali. Vivere tranquillamente era il mio sogno..."
"... Forse è giunta l'ora di avere un nuovo sogno, Nick..." disse posando una zampa gentile sulla mia spalla. 
 
Fu solo quando tutti ebbero lasciato il cimitero che mi avvicinai  alla sua lapide. Era coperta di corone di fiori, profumatissimi e dai mille colori, come quelli che si vedono in campagna. Solo allora mi rammaricai di non aver mai visto dal vivo un campo di fiori. La foto che avevano scelto era perfetta: lei mostrava un sorriso raggiante, con le orecchie dritte come se avesse puntato qualcosa, con i due incisivi in bella vista e quella deliziosa camicetta rosa a quadretti. 
Drizzai le orecchie. " Mi scusi" fece una voce femminile alle mie spalle " Lei è Nicholas Wilde?"
Era sua madre. Pensavo se ne fosse andata, invece era davanti a me. Somigliava molto a sua figlia, se non fosse che, a differenza di Judy, era un po' più paffutella. Ma le guance, il colore del pelo, gli occhi, mio Dio, gli stessi occhi! 
" Sono io, a disposizione per qualunque rimprovero o insulto per ciò che è successo?"
" Come, scusi?"
" Ho il cuore a pezzi, ma sono abbastanza abituato a sopportare insulti e colpe da quando ero cucciolo. Per cui..."
" Si sbaglia, signor Wilde" disse lei " Volevo ringraziarla, per essere stato vicino alla mia Judy"
Quelle parole mi spiazzarono. Nessuno mi aveva mai ringraziato, prima di allora. " R- ringraziarmi?"
" Non so se ne è al corrente" proseguì " Ma Judy mi ha parlato molto di lei e mi ha raccontato di come le è stato vicino in questo periodo. In tutti i sensi. E anche... Beh, di cosa c'era tra di voi"
Lo disse con una sfumatura di imbarazzo, ma la sorpresa più grande fu capire che si trattava solo di quello. Non vi era ribrezzo, disprezzo o contrarietà. Che fosse solo il puro imbarazzo di una madre?
A dir la verità un lieve imbarazzo colse anche me. " Comunque, non c'è nulla per cui ringraziarmi, signora" le risposi " Non sono riuscito a proteggerla, tanto meno a salvarla..."
Lei posò una zampa sul mio avambraccio, guardandomi fisso negli occhi. " Se era scritto che le cose andassero così, non possiamo incolpare nessuno, signor Wilde, nemmeno noi stessi. Judy ha lottato fin da piccola, ed è riuscita a realizzare il suo sogno, nonostante tutti la ostacolassero per via della sua natura di coniglio. E poi, grazie al suo aiuto, è riuscita a porre fine a quei delitti, perciò..."
Cercava di nascondere la tristezza, era evidente. Eppure, così come per l'imbarazzo, non c'era alcun tipo di malignità nelle sue parole. Mi parlò con la stessa dolcezza e comprensione di una madre, di qualcuno che, anche se non direttamente, sapeva che tenevo sul serio a lei, e che avevo fatto tutto il possibile per salvarla. Era una sensazione strana, non ero abituato a quel calore. Però... Allo stesso tempo era stupendo.
Salutammo entrambi la nostra Carotina, poi ci dirigemmo all'uscita del cimitero e la salutai con un abbraccio. 
" Sa, signor Wilde" disse poco prima di andarsene " Mi sarebbe davvero piaciuto averla nella mia famiglia" 
Mi sorrise. Poi ci salutammo.
 
Andavo a trovare Judy una volta ogni settimana, e tutte le volte le raccontavo tutto ciò di interessante che era successo durante la giornata, e quanto avrei voluto che tornasse a "minacciarmi" per le mie malefatte. Ma avevo anche pensato a ciò che lei aveva fatto per la città, al suo coraggio, alla fiducia - e non solo- che aveva dimostrato per un disgraziato come me. E soprattutto al suo desiderio di salvare e cambiare un posto malfamato come Zootropolis. Non lo ammisi mai apertamente, ma una parte di quella sua determinazione si insinuò dentro di me.  Nei giorni seguenti, piano piano, iniziai a guardare la città con occhi diversi, i suoi abitanti e tutto ciò che la animava, e quell'alone di cupezza, di pessimismo e assenza di speranza che l'aveva sempre caratterizzata non si diradò, ma mi spinse a prendere una decisione importante: 
Lavorai sodo, mi impegnai, faticai come mai in vita mia, e, superando le stesse difficoltà che aveva affrontato lei, il cui ricordo mi accompagnava giorno dopo giorno, diventai la prima volpe poliziotto di Zootropolis - con una leggera contrarietà da parte di Finnick-. 
Sapevo che non sarebbe stato facile proseguire il suo sogno, ma non mi sono mai arreso, ho continuato a fare tutto quello che potevo per la mia città, con l'aiuto di Clawhauser, che divenne col tempo mio grande amico, oltre che collega. Fui proprio io a rendergli omaggio prima di tutti il giorno del suo funerale, tre anni fa. 
Ed ora mi ritrovo a passeggiare nel parco in borghese, ricordando cose delle quali ho un ricordo più che indelebile per narrarle ad un pubblico che, probabilmente, non appartiene nemmeno a qualche razza animale. O forse si? Magari una razza evoluta, come un giorno ci evolveremo noi, chissà.
Riprendo in mano il cellulare e rileggo il messaggio di poco fa. E' di Finnick, e mi ha ricordato, scioccamente, una cosa della quale non mi scorderò neanche fra mille anni.  
 
 
Finnick: Ehi "eroe" non dimenticarti di andare a trovare la tua principessa! 
           ( E quando torni a casa passa dal pizzaiolo a ordinare la cena!!)
 
 
 
                                                                                                             - Fine-
 
 
 
 
 
ANGOLO AUTORE 
 
E alla fine, dopo un anno e qualche mese di tortura della tastiera, la storia è finalmente giunta alla sua conclusione. Che posso dire, spero di non aver deluso nessuno con questo finale, nè con la storia in generale. Ringrazio tutti voi che mi avete seguito e atteso, chi ha recensito e anche chi ha solo letto e non recensito, per me significa comunque molto.
In particolare ringrazio Plando, sempre presente e pronto all'azione, Redferne e darkdestroyer, di cui non scorderò mai quel messaggio che mi ha rallegrato una pallosissima serata di lavoro. Il fandom sembra aver perso un po' di mordente negli ultimi tempi, ma non importa, finchè abbiamo progetti in mente continuiamo a metterli per iscritto! 
Grazie a tutti e alla prossima epopea animalesca! 
   
 
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