Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS)
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Autore: _kookieo    25/10/2017    3 recensioni
“Quella notte qualcuno tra le nuvole lassù sembrava aver deciso di voler ricordare ai mortali il vero significato della stagione che loro definivano con il nome inverno. La temperatura aveva raggiunto i -10°, quattro gradi più sotto delle minime medie invernali per la città di Seoul. […] Non avrebbe potuto esserci un contrasto maggiore tra ciò che si stava consumando all’esterno e l’atmosfera nell’appartamento 503.” 
 
Uniti da una salda amicizia, i giovani Jin, Yoongi, Jimin, Namjoon, Hoseok, Taehyung e Jungkook trascorrono sereni la loro vita a Seoul, riempiendo l’uno le giornate dell’altro da ormai alcuni anni. Ora che la fine di dicembre si avvicina è tempo di organizzare la loro solita festa di fine anno. Ci sono però sentimenti non ancora espressi che combattono sempre più per venire alla luce e che sconvolgeranno l’alba del nuovo anno. I ragazzi dovranno imparare che quello che sembra essere un equilibrio perfetto in realtà può imprigionare e immobilizzare come ghiaccio e che se si vuol vivere davvero bisogna permettere al sole di entrare.
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jeon Jeongguk/ Jungkook, Min Yoongi/ Suga, Park Jimin, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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CAPITOLO IX

 

Ti voglio dire,
che ti voglio
dire, che ti
voglio dire, che
voglio dirti, che
ti voglio dire,
che ti voglio.

 

(Tibur Kibirov, Dichiarazione)

 

1 gennaio 2017; h. 2:48

 

Non riesco. Non riesco. Non riesco. Ah, la cucina finalmente, acqua, ho bisogno di acqua. Ok, mi devo solo calmare. Ora fa effetto. Ora fa effetto. Respira Jimin, respira profondo. E appoggiati santo cielo, non riesci più a tenerti in piedi! Adesso fa caldo. Perché l’acqua non sta funzionando? Mi sento male. Ok, via questa giacca, dio mio come mi è venuto in mente di mettermela? No, no non va meglio. Sto soffocando qui dentro. Soffoco. La porta, devo raggiungere la porta. Ok, ok, ci sono. Ora mi calmo… Non guardare lì, non guardare… eccoli. Eccoli, eccoli, eccoli. Sempre attaccati, sempre l’uno addosso all’altro. Perché davanti a tutti se poi continuate a nascondervi? Lascialo andare. Ti prego lascialo andare. Non ce la faccio. Fa ancora più caldo adesso, gira tutto. Perché ho le guance infuocate? Devo uscire, ora esco. Posso farcela. Bravo, un passo poi un altro Jimin, posso farcela. La porta non è distante. Gira tutto. Ahi, perché le persone mi vengono addosso? Nonono non cadere, arriva alla porta, arriva alla porta, ecco ci sei. Ok, chiudiamo. Fuori, fuori, ho bisogno di aria. Non posso stare dentro. Non posso vederli. Se rimango… cosa staranno facendo adesso? Ho fatto bene a uscire. Ho fatto bene a uscire? Non posso, non posso andare dentro. Se li vedo un altro secondo… se li vedo un altro secondo…. No, Jimin, ti prego, lo sai cosa devi fare. Non cercarlo, non guardarlo, non volerlo. Non volerlo. Non volerlo. Esci. Esci subito. Che ore sono? Fa freddo. Ti prego, fa che resista. Ti prego notte assistimi. L’albero laggiù, laggiù c’è un albero e potrò appoggiarmi. Si, piano, posso arrivarci. Ti prego notte assistimi, ti prego. Fa che non perda la ragione. Fa che non faccia cose stupide. Non ce la faccio più. Ti prego ti prego non ti appoggiare, se chiudo gli occhi è finita. Mi sentirò ancora peggio. Jimin non appoggiarti, non chiudere gli o…

 

****

Che succede? Dove sono? Perché fa così freddo? Mi sento svenire. Di chi sono queste mani? Chi è? Non so dove sono. Ho paura, gira tutto, ho freddo. Dov’è? Dov’è Yoongi-hyung? Dov’è? Perché... chi è.... io devo andare da Yoongi… Forse se li imploro, mi ascolteranno. Non riesco più a stare in piedi, non so cosa stia succedendo. È il mio nome questo? Perché sto abbracciando qualcuno? Non so nemmeno chi sia, ma ha un tocco morbido e dolce. Se mi stringo di più… forse smetterò di sentire freddo. Devo dirgli… devo fargli capire… devono chiamarlo. Perché non riesco a parlare? Forse è Jungkook. Mi vuole così bene. Scusami Kookie, non dovresti vedermi così. Credo mi stia dicendo qualcosa. Cerco di concentrarmi, ma non riesco a riconoscere la voce, né a sollevare gli occhi. Mi vuole bene. Mi vuole bene. Devo pensare a questo. Se questo è il suo tocco… mi sento così sicuro. Mi piace. È caldo. Protettivo. Sento amore. È così che deve essere trovarsi tra le braccia della persona amata. Però Kookie io non ti amo. Ora devo piangere. Non amo te. Perché credevo di poterlo fare? Ti prego, Kookie, portami da lui. Non riesco più a parlare, ti prego. Credo di star dicendo frasi incoerenti, ma non riesco a formularne di migliori. Qualcuno chiama il mio nome, ma io devo sapere dove sia la persona che voglio vedere. Continuo a chiedere a Jungkook dove sia, ma non mi risponde. Ti prego, non ho le forze, portatemi da lui. Dove sei Yoongi? Vieni qui. Perché non mi risponde? Kookie rispondimi. Sto male. La gola mi brucia. La testa è pesante. Non so dove mi trovo. Dov’è Yoongi-hyung? Forse sto allucinando. Forse qui davanti non c’è nessuno e io sto solo sognando.

 

****

Jimin si risvegliò alle 5:46 della mattina del 1 gennaio 2017 e la prima cosa che avvertì appena aperti gli occhi fu una fitta lancinante alla testa. Davanti a sé tutto sembrava girare e se non si fosse sentito così privo di forze probabilmente avrebbe riso della sensazione visto che i suoi occhi vagavano ciechi nel buio attorno a lui e non c’era nulla che potessero effettivamente vedere muoversi. Eppure la terra sembrava vorticare e il senso di vertigine lo costrinse a serrare di nuovo le palpebre. La nottata era stata tremenda, quel poco di cui si ricordava almeno. Aveva le sensazioni suscitate dai suoi sogni ancora attaccate addosso ed erano stati sogni orribili. Sentiva freddo fin dentro le ossa, ma allo stesso tempo si accorse di essere completamente sudato. Percepì il calore di un altro corpo vicino al suo. Continuando a tenere gli occhi chiusi cercò di muovere un braccio per capire meglio, ma non ci riuscì. Qualcosa di pesante lo bloccava. Una persona. Nella confusione che ancora regnava nella sua mente capì di trovarsi in un letto, vicino a qualcuno. Avrebbe voluto avere le energie per indagare meglio, ma era troppo difficile anche solo girare il viso di lato. Si sentiva incredibilmente stanco, pesante, provato. Sebbene il sonno gli avesse fatto riacquistare una lucidità maggiore di quella che gli era mancata del tutto poche ore prima, poteva ancora a sentire l’effetto di ogni singola goccia di alcol bevuto. Riuscì a registrare appena che chi gli era accanto aveva quasi metà del suo corpo su di lui e a chiedersi cosa stesse succedendo, prima di ricadere in un sonno profondo. Non si mosse più per le successive sei ore, tranne solamente una volta, quando colto da un attacco di freddo mentre dormiva emise un suono breve e qausi inudibile:

– Yoongi…

 

****

1 gennaio 2017; h. 11:38

Cercando di muoversi nella maniera più silenziosa possibile, Jungkook entrò piano nella camera che condivideva con Jimin, camminando sulle punte dei piedi fasciati nei calzini. Era l’unico in quel momento ad essere sveglio nell’intera villa: gli ospiti se ne erano andati e gli altri ragazzi dormivano all’interno delle loro camere. Ciò non lo sorprese. Vista l’emergenza con Jimin, lui era andato a dormire relativamente presto ed in più non aveva nemmeno bevuto eccessivamente, per cui le quasi nove ore di sonno di cui aveva goduto gli erano state per il momento sufficienti. Si sentiva ancora un po’ insonnolito però, per cui dopo essere andato a fare pipì aveva deciso di rimettersi sotto le coperte. Le sue stavolta. Mentre si avvicinava al suo lettino ancora intatto vide dei movimenti provenire dall’altro. Jimin si era svegliato e si stava ora portando a sedere, con evidente fatica. Intervenne subito:

– Jiminie, fermo, non ti muovere!

L’altro fece un debole cenno con la mano e finì di sollevarsi, appoggiando stancamente la schiena e la testa al muro. Aveva fatto uno sforzo minimo, ma gli aveva lasciato il respiro pesante e le guance arrossate.

– Cosa è successo? Non ricordo nulla. Che cosa… che cosa ho fatto ieri?

Jungkook gli si portò vicino, mettendosi a sedere sul bordo del letto. Il peggio pareva essere passato, ma il ragazzo gli sembrava ancora fortemente provato. Gli avrebbe spiegato tutto velocemente e poi lo avrebbe fatto riaddormentare.

– Sei stato molto male. Sei praticamente svenuto al freddo, perché sei uscito fuori Jimine? E con addosso solo la maglietta? Quando ti ho messo a letto eri quasi delirante, tra tutto quello che avevi bevuto e la febbre. Eri bollente, ti era salita così tanto e ho avuto davvero paura… per cui ti ho messo a letto e poi ho dovuto… – si fece leggermente rosso e si fermò per un attimo – credo sia quasi passata adesso.

Jimin inclinò lentamente la testa di lato, uno sguardo interrogativo.

– Hai dovuto...?

Jungkook portò con esitazione il suo sguardo su Jimin, una sfumatura di rosa acceso sul suo viso. Si schiarì la gola, come per voler dire qualcosa, ma poi sembrò ripensarci e girò il viso. Respirò profondamente:

– Jiminie, mi dispiace. Non… non sapevo nemmeno se dirtelo, ma… Insomma era necessario… Ho dov-dovuto, come dire, intervenire, toglierti, insomma, un po’… un po’ di tutto quel calore. Mi-mi spiace, non sapevo davvero cosa altro fare ed erano tutti troppo ubriachi per darmi una mano.

Il ragazzo era adesso color porpora e Jimin capì dopo un momento di cosa stesse parlando. Arrossì un po’ anche lui e disse solo:

– Oh…

Ricordava di essersi svegliato a un certo punto durante la notte e aver percepito qualcuno vicino, anzi, addosso a lui. Adesso capiva. Jungkook doveva aver usato il proprio corpo per assorbire il calore in eccesso in quello di Jimin. Il metodo più veloce per far passare velocemente la fase più acuta di un attacco di febbre improvvisa. Metodo che però prevedeva che la pelle di malato e persona sana fossero a contatto. Al momento entrambi avevano le proprie magliette però e Jimin fu grato per quella premura. Non doveva esser stato facile rivestirlo in stato semi svenuto, ma era una fatica che fu felice Jungkook avesse fatto.

– V-va bene, non… non preoccuparti, se andava fatto, non devi… Non devi scusarti, anzi… – mise una mano su quella di Jungkook, spingendo il ragazzo a guardarlo finalmente di nuovo – Ti ringrazio. Davvero.

Jungkook avvolse prese la piccola mano nelle sue, scuotendo la testa.

– Adesso stai meglio, è solo questo che conta – fece una pausa e sembrò voler dire altro, ma la sua attenzione cadde sulle sue mani – Jiminie! Guarda cosa è successo alle tue mani!

Fin da quando era bambino Jimin aveva avuto in tutto il corpo una pelle delicata, facile ad arrossarsi e che doveva essere trattata in modo molto particolare. Quella sulle sue mani era però ancora più sensibile. Bastava nulla ad irritarla, un detersivo troppo forte, un sapone economico, uno sfregamento che non fosse più che delicato, ed il freddo aveva sempre rappresentato il suo peggior nemico. Appena vi entrava in contatto subiva un trauma enorme: si seccava in pochissimo tempo e se non veniva coperta subito iniziava a quasi a squamarsi in punti precisi, come le nocche e le giunture delle dita. Il freddo inoltre la arrossava incredibilmente facendogli diventare le mani rosse e gonfie, e questo, unito al normale rallentamento della circolazione, impediva a Jimin quasi completamente ogni movimento. Dopo il tempo trascorso in balìa del vento e del freddo di quella notte, le sue mani si trovavano quindi in una condizione tremenda: screpolatissime, chiazzate di rosso e molto, molto gonfie.

– Hai portato la tua crema? Dobbiamo mettercela subito.

Jimin non aveva notato ciò che gli era successo. Era assonnato, la testa gli pesava e non riusciva a sentirsi ancora padrone del suo corpo. Gli sembrava quasi di star vivendo all’interno di quello di qualcun altro, di cui non era capace di percepire nulla, o di cui non riusciva ad interessarsi, tanto la sua mente era distante. Indicò a Jungkook la tasca del proprio zainetto e mentre il ragazzo si precipitava a prendere il tubetto di crema lui si mise a fissare un punto nel vuoto, sforzandosi di ricordare. Ciò che lo mandava fuori di testa era il fatto che non riusciva assolutamente a risvegliare la sua memoria e scoprire cosa avesse fatto a un certo punto durante la notte, ma nonostante ciò riusciva ancora a percepire come se gli fossero state incise dentro con il fuoco le emozioni che aveva provato. Ciò che aveva pensato. I bisogni che aveva avuto. La persona che aveva cercato e aveva chiaramente fallito miseramente nel trovare, visto che adesso non era lì. Sentì lacrime che si stupì essere proprie formarglisi agli angoli degli occhi e fece quello che gli parve un enorme sforzo per ricacciarle dentro. Jungkook gli fu presto di nuovo vicino. Tornò a sedere di fianco a lui e dopo essersi messo un po’ di crema sulle dita gli prese una mano ed iniziò con molta delicatezza a passarcela sopra, massaggiandola lievemente. Mentre compiva questa operazione, il più giovane sentiva il proprio cuore battere all’impazzata e pregò che l’altro non si accorgesse del rossore che di nuovo sentiva affiorare sulle proprie guance. Guardando il modo in cui Jungkook si stava occupando di lui, Jimin non poté non sentire un’enorme gratitudine. Se si fosse sentito meno stanco, sia fisicamente che soprattutto interiormente, avrebbe sicuramente anche sorriso. Jungkook appariva concentrato in ciò che faceva, serio quasi, ed il fatto che tale serietà contrastasse incredibilmente con il suo aspetto al momento – indossava un pigiamino di flanella e aveva il viso ancora un po’ gonfio, sembrando più piccolo ancora della sua età – rendeva l’immagine estremamente dolce. Mentre iniziava a massaggiargli con due dita il palmo dell’altra mano, Jungkook prese a parlare, con voce quasi strozzata.

– È… è colpa mia.

– Come?

– È colpa mia. Ero lì vicino a te e non ho fatto nulla per impedirti di bere. Non saresti uscito e non saresti stato male. Dio mio, a cosa pensavo quando ti ho lasc-

Fu interrotto dalla mano di Jimin, appena poggiata sulle proprie labbra. Lo udì dire in un sussurro, ma con tono fermo:

– Non c’entri nulla. Sono io il più grande qui Kookie. Tu non c’entri nulla. Nulla.

– Ma…

Jimin scosse forte la testa e gli portò le braccia dietro il collo, abbracciandolo:

– Sei qui, ok? Sei qui.

Gli era venuto naturale avvicinarlo a sé. Non aveva motivo di sentirsi responsabile o in colpa perché se c’era qualcuno che si era comportato da idiota, creando un disastro, quello era lui, Jimin. Non voleva che Jungkook soffrisse di nessuna di quelle conseguenze che lui sapeva gli sarebbero presto piombate addosso in tutta la loro violenza appena avesse riacquistato di più le forze. Ma adesso non riusciva a pensarci, voleva solo calmare il ragazzo, la paura che qualcosa potesse scattare in lui e spingerlo ad allontanarsi troppo grande. Sperò di esserci riuscito quando lo sentì reagire al suo abbraccio. Lo sentì stringergli la vita e portarselo più vicino. Rimasero in silenzio per qualche secondo, finché Jungkook gli si scostò leggermente. Gli passò una mano sulla guancia, poi sulla fronte ed infine gli disse scostandogli un po’ i capelli da davanti agli occhi.

– Devi dormire adesso. Sei ancora un po’ caldo. La febbre non è passata del tutto. Vuoi… Vuoi che rimanga qui vicino a te?

Jungkook si chiese da dove gli fosse venuto il coraggio di fare una domanda del genere, allibito da sé stesso, ma prima che gli insulti che si stava lanciando nella sua testa potessero farsi troppo pesanti udì la risposta:

– …si.

Dieci minuti dopo, Jungkook si era addormentato di nuovo. Anche Jimin ne aveva bisogno, ma non riusciva a lasciare spazio al sonno. Continuava a cercare tra i suoi ricordi qualcosa che gli potesse offrire un’illuminazione sulla notte precedente. Sapeva ciò che aveva sentito. Lo ricordava con una chiarezza quasi inquietante. Quando il giorno prima, sotto la doccia, aveva preso la risoluzione di allontanarsi da Yoongi aveva creduto davvero di poterlo fare. Credeva che nonostante la difficoltà sarebbe stato capace di mantenere la sua posizione. Credeva, soprattutto, che fosse la cosa migliore in primo luogo per sé stesso. Mentre si metteva l’accappatoio addosso e si guardava allo specchio, aveva davvero sentito che avrebbe sofferto di più se non lo avesse lasciato andare e non si fosse arreso allo sviluppo degli eventi. Uscendo dal bagno e avvicinandosi poi alla scala per scendere, aveva quasi avvertito sollievo per essere giunto a questa conclusione, confortato dalla convinzione di aver trovato sia il nocciolo del problema che la sua soluzione e dunque essere già a metà dell’opera. La serata però era andata diversamente da quel che aveva immaginato.

Nonostante i suoi propositi, vedere Hoseok e Yoongi vicini lo aveva fin da subito turbato e cercando di trovarvi una via di fuga si era abbandonato all’alcol. Ma a un certo punto aveva iniziato a sentirsi l’opposto di come avrebbe voluto. Adesso sapeva cosa era successo. Sapeva che la sua mente era stata, nella nebbia dell’alcol, obbligata a sgombrare qualsiasi cosa che non fossero le sue emozioni più vere, più sincere, anche più egoiste in un certo senso. Aveva sgombrato con una facilità impressionante tutta la barricata che lui aveva faticosamente cercato di costruirsi. Andar fuori era stato solo un ultimo gesto disperato per cercare di allontanarsi, per cercare di essere solo e rinforzarsi nel proposito che aveva preso, ma che sembrava così stupido, così prossimo allo sgretolarsi. L’ultima, minuscola, parte sobria di Jimin gli diceva cosa fare, e Jimin aveva cercato fino all’ultimo di ascoltarla, ma era stato sempre più difficile. Più lei sussurrava “è meglio così, devi proteggerti, soffrirai di meno”, più tutto il resto di lui urlava, con un’intensità resa ancora più cruda e violenta dall’alcol, che non avrebbe potuto soffrire più di quanto stava soffrendo ora, con in cuore il proposito di abbandonare Yoongi. Di accettare di farsi abbandonare. “Non potrai sopportarlo Jimin. Stargli vicino potrà farti male, ma sarà nulla rispetto a questo. Vederlo saranno mille chiodi nel petto, ma non vederlo saranno come mille milioni e tu non ce la farai. Vai da lui, vai da lui ora”. Queste erano le parole che si era detto ed erano parole che non poteva dimenticare. Avrebbe voluto sotterrarle da qualche parte o rimandarle dove erano venute, ma ormai non poteva più tornare indietro. Sapeva che era vero. Sapeva che non avrebbe mai potuto allontanarsi da Yoongi. Non ne aveva la forza ora, come non l’aveva avuta mai e come non l’avrebbe avuta nell’eternità a venire. Ciò che però aveva lasciato il segno più profondo in lui era stato un altro pensiero ed era quello che gli rimbombava maggiormente nella mente. Fino a che il suo stato mentale era rimasto inalterato aveva creduto che il fastidio che gli nasceva in petto all’idea e alla vista di Yoongi e Hoseok insieme fosse dovuto a due motivi. Innanzitutto, l’irritazione causata dall’essere stato tenuto al buio riguardo questa cosa. In secondo luogo, aveva giustificato il suo turbamento con la paura di essere escluso e dimenticato. Tutto ciò era vero, ma solo in parte, e gli era diventato dolorosamente chiaro la sera prima. Appoggiato allo stipite della porta, vedendo le labbra di Hoseok così vicine a quelle di Yoongi una domanda si era aggiunta a torturarlo: “Perché non me?” Aveva capito nel peggiore dei modi di non essere capace di sopportare che Yoongi rivolgesse quel tipo di attenzioni a qualcuno che non fosse lui. Gli fu evidente in quel momento quanto avesse bisogno di sentirsi amato così dall’altro. Voleva che Yoongi guardasse solo lui con la stessa intensità con cui voleva che nessuno, a parte lui stesso, si avvicinasse a Yoongi. Non era più solo una questione di non voler essere escluso dalla sua vita. Jimin si era reso conto che ciò che davvero voleva era averlo solo per sé e che Yoongi sapesse a sua volta che Jimin era solo suo. La confusione in cui si era trovato di fronte a un sentimento di questo tipo era stata senza precedenti. Ricordava quanto male si fosse sentito, quanto avesse avuto bisogno di correre fuori per cercare di prestare fede alla decisione che aveva preso prima, quando ancora stava bene, e sopprimere l’istinto che aveva di correre tra i due ragazzi, separarli e far capire a Yoongi quanto avesse bisogno di lui e quanto lo desiderasse. Desiderare. Il pensiero faceva arrossire Jimin fin sopra la punta dei capelli, ma ormai non poteva più negarlo. Era ciò che aveva provato e nonostante fosse affiorato mentre si trovava in una situazione di spaesamento, ora che si sentiva meglio non riusciva a raccontarsi che era solo il frutto di una mente alterata.

Ricordandosi così bene di queste sensazioni, Jimin non poteva dunque che provare ansia all’idea di non sapere cosa fosse accaduto una volta che si era appoggiato all’albero. Quello era il suo ultimo ricordo. Pur sapendo che se avesse chiuso gli occhi tutta la stanchezza e l’ubriacatura gli sarebbero piombate addosso peggiorando la situazione, non era riuscito a tenersi sveglio. Ciò che era avvenuto tra quel momento e quando si era risvegliato nel letto con Jungkook accanto a sé gli era sconosciuto. Aveva paura di aver fatto qualche scenata o di essersi reso ridicolo. Aveva anche il folle terrore di aver detto qualcosa di troppo, alla persona sbagliata. Dei momenti peggiori, quelli in cui l’alcol si era miscelato alla febbre e al freddo portandolo quasi alla soglia delle allucinazioni, aveva solo dei flash che non riusciva a distinguere dai propri sogni, quelli orribili che aveva avuto mentre dormiva, quando la febbre doveva essere stata al suo picco. Ricordava delle braccia salde attorno a sé, qualcuno doveva averlo trovato lì fuori. Il volto era del tutto coperto adesso, ma ricordava di aver avuto la sensazione che fosse Jungkook per cui pensò che evidentemente doveva averlo a un certo punto visto e riconosciuto, ma ora non ricordava più. Gli sembrava di aver cercato Yoongi, di aver chiesto più volte dove fosse, ma non era più sicuro se ciò fosse parte del sogno o no. Certo è che la sensazione che gli aveva lasciato tale ricordo era la stessa di un incubo, di quelli dove si parla senza emettere suoni o si deve correre e non si riescono a schiodare i piedi da terra. La sensazione di impotenza era la stessa quando ripensava a come si fosse sentito debole, incapace quasi di parlare, sperando che lo portassero dall’unica persona che voleva lo raccogliesse. Deve essersi trattato sicuramente di un sogno. Kookie non mi avrebbe mai ignorato se gli avessi detto di star cercando Yoongi. Con occhi pesanti, pronti ad arrendersi finalmente al sonno, guardò il ragazzo di fianco a lui. Il letto non era grande e loro si trovavano stretti e vicini. Le loro gambe erano quasi intrecciate e il corpo di Jungkook, più grande di quello di Jimin, lo avvolgeva completamente. Le sue braccia gli erano attorno, protettive e quando Jimin gli si avvicinò reagirono d’istinto nel sonno attirandolo ancora più a sé. Mentre si stringeva contro il suo petto, Jimin si chiese se stesse facendo bene ad agire così. Ma era troppo stanco adesso e Jungkook era così caldo, mentre lui aveva tanto freddo.

 

****

1 gennaio 2017; h. 5:40

Dio mio, ma quanto ho bevuto? Si chiese Hoseok chiudendo dietro di sé la porta del bagno. Era riuscito a dormire solo un’oretta prima di venir svegliato dal bisogno urgentissimo di fare pipì. In realtà non aveva bevuto molto più di altri, sebbene così sembrasse dai suoi comportamenti. È che su di lui gli alcolici avevano effetto immediato e bastavano davvero due gocce per mandarlo completamente fuori di sé. Proprio perché però le sue sbornie erano generate più da una scarsa tolleranza che dalla quantità di alcol ingerito, solitamente avevano vita breve. Il ragazzo rimaneva intontito e assonnato per diverso tempo durante il post-sbornia, ma da quando smetteva di bere non gli occorrevano più di un paio d’ore per riprendersi quasi completamente da un punto di vista di lucidità. Per questo motivo quando rientrando di nuovo in camera vide un letto vuoto ebbe la prontezza di spirito sufficiente per rifletterci su. Taehyung era lì. Si era buttato sul letto ancora vestito, Hoseok non era sicuro di quando. Lui era rimasto con Jin e Namjoon quando avevano provveduto ad accompagnare tutti gli ospiti alla porta e ringraziarli, intorno alle quattro e mezza di mattina. Quello era infatti l’orario in cui le corse dei tram riprendevano e dunque tutti potevano tornare a casa. Hoseok si era unito a loro nei saluti finali – d’altronde la gran parte degli ospiti era lì essenzialmente perché conosceva lui, Namjoon e Jin – senza porsi troppe domande sul dove fossero gli altri ragazzi. Aveva a un certo punto perso di vista Yoongi, ma non si era preoccupato. Lui aveva ancora voglia di ballare mentre stare al centro della pista non era di sicuro l’attività preferita dell’amico, per cui aveva dato per scontato che se ne fosse andato in camera. D’altra parte, lui non era nemmeno la balia di Yoongi, né tantomeno il suo guardiano. Sentiva di aver fatto del suo meglio per rendere migliore la serata del suo amico, ma non c’era nemmeno un contratto che lo obbligasse a stargli addosso ogni minuto.

Alla vista adesso del letto vuoto però Hoseok reagì in modo diverso. Non si agitò, ma volle accertarsi di dove fosse Yoongi. Tornò in corridoio, ispezionando ogni stanza. Nella casa regnava il silenzio e Hoseok sperò di non aver svegliato nessuno quando inciampando su un bicchiere di carta per terra lanciò un piccolo urlo che soffocò poi subito con la mano. Non trovando Yoongi nella villa si chiese se non fosse uscito fuori e andò alla finestra che dava sul cortile al piano terra. Gli parve di vedere qualcuno in lontananza, vicino a un albero e pensò che potesse essere lui. Ammantato nel cappotto, gli andò incontro e capì di essere nel giusto, la piccola silhouette di Yoongi sempre più riconoscibile man mano che gli si avvicinava. Indossava ancora i suoi jeans neri e addosso si era messo il suo solito cappotto verde dalle tasche larghe. Fa un freddo cane, cosa diamine sta facendo qui?

Yoongi non sembrò accorgersi del suo arrivo, perché infatti quando gli giunse alle spalle non si mosse, come se non lo avesse sentito, e solo quando Hoseok lo chiamò per nome si girò verso di lui, dando a intendere di aver capito che era lì. Dal viso dell’amico, Hoseok intuì in qualche modo che qualcosa doveva essere avvenuto in lui. Il suo sguardo era strano, indecifrabile da un lato, chiaramente ferito dall’altro. Non solo ferito. In pena. Che cosa ti è successo Yoongi? Hoseok sentì un tonfo allo stomaco a vederlo così. Gli si avvicinò piano e gli portò una mano sulla spalla, stringendola forte. Sperò riuscisse a comunicare il suo messaggio: qualunque cosa sia, ci sono qui io. Con una strana tranquillità, quasi con lentezza, Yoongi si girò del tutto verso l’amico e lo abbracciò forte. Abbracciandolo a sua volta Hoseok avvertì il suo respiro calmo e regolare, ma c’era qualcosa in questo abbraccio che lo disturbava. Il modo in cui Yoongi lo aveva guardato e lo aveva stretto gli faceva pensare che non fosse in realtà affatto tranquillo, che non stesse bene. Gli chiese di entrare dentro e Yoongi rispose di sì. Una volta rientrati nella villa, senza nemmeno chiedergli cosa volesse fare, Hoseok lo guidò direttamente in cucina, facendolo sedere e togliendogli il cappotto umido di dosso. Mise velocemente del latte a scaldare e salì poi di sopra. Riscese poco dopo, cercando di far le scale nella maniera più veloce possibile senza però che i piedi facessero troppo rumore. Aveva ora in mano una pesante coperta di lana con cui fasciò subito Yoongi, sistemandogliela bene attorno alla schiena e coprendolo così che potesse scaldarsi un po’. Rimase poi un minuto a sfregargli le spalle, sperando che aiutasse a fargli tornare il sangue in circolazione. Lo vedeva estremamente pallido e i solchi delle occhiaie insieme con il lieve rossore dei suoi occhi gli indicavano che erano lì non solo per colpa della mancanza di sonno. In tutto questo tempo, da quando Hoseok lo aveva messo a sedere al tavolo della cucina, Yoongi non si era mosso. Aveva continuato solo a guardare fisso davanti a sé, con sguardo distante e apparentemente calmo. Hoseok non sapeva cosa pensare. Gli si mise a sedere vicino.

– Adesso arriva il latte caldo Yoongiah. Ti farà bene berne un po’ prima di andare a dormire.

– Grazie Hobi.

Ora che aveva parlato, Hoseok percepì la sua voce esattamente come aveva percepito il suo respiro prima e il suo sguardo poi. Calma, ma distante.

– Hai dormito? Non ti ho visto quando sono andati via tutti.

– Ho… sono andato a letto... non lo so quando. Ma gli ospiti erano ancora tutti qui.  Taehyungie era già a dormire – ok, parlava. Gli parlava. Non si era del tutto chiuso. Hoseok pregò la situazione rimanesse così. Fa che non peggiori – Non so che ore fossero. Non sono riuscito a dormire molto. Ho sentito le persone andare via e poi sei salito anche tu. Non so quanto sia rimasto a letto. Non riuscivo a dormire e alla fine sono uscito. Ora tornerò su con te.

– Va bene – rispose Hoseok sistemandogli un piccolo ciuffo di capelli dietro le orecchie. Avrebbe voluto fare di più, ma non sapeva come e sperò che una volta ripresosi dalla stanchezza gli venisse in mente qualcosa.

– Se hai sonno puoi andare. Il latte lo prendo, se è per quello che stai rimanendo.

Hoseok sorrise:

– È vero, si, in parte voglio assicurarmi che tu lo beva, ma no, non ho così sonno da dover tornare a letto ora. Rimango con te.

Il ragazzo annuì e basta e anche se Hoseok non ne era sicuro, avrebbe scommesso di aver visto l’ombra di un lieve sorriso affacciarsi sulle labbra di Yoongi alle sue parole.

 

****

1 gennaio 2017; h. 16:10

Tra le 15 e le 16, tutti e sette gli abitanti temporanei della villa di campagna si erano svegliati, richiamati al tavolo da pranzo dalle proteste dei loro stomaci, ormai vuoti da troppo tempo. L’atmosfera era certamente ben diversa adesso da quella della sera prima, e sembrava assurdo pensare che tra le due non intercorressero ancora neppure ventiquattro ore. Per quanto la casa era tirata a lucido e splendente alle otto della sera prima, adesso ovunque ci si girasse si potevano vedere bicchieri di carta a terra, bottiglie di vino rovesciate sul tavolo, coriandoli, trombette, tovaglioli appallottolati nei punti più impensabili. La fodera del divano era completamente spostata. La leggera tovaglia di carta era caduta da uno dei tavolini e diversi piatti con i resti di pezzi di torta erano sparsi in giro per la stanza. La differenza principale era però costituita dai ragazzi. Fuori dai loro vestiti festaioli e sgargianti, si trovavano ora tutti riuniti nel salone con solamente i loro pigiami, i visi gonfi di sonno e i capelli scompigliati. Come ogni anno, si apprestavano a mangiare qualcosa prima di dare una iniziale e sommaria riordinata alla casa. Il grosso della pulizia sarebbe stato fatto l’indomani, ma per portarsi avanti con il lavoro per il momento avrebbero raccolto l’immondizia da terra e messo via il cibo avanzato. Come ogni anno, tutte queste operazioni vennero fatte in relativo silenzio, nessuno di loro ancora in forze sufficienti per poter intrattenere una vera e propria conversazione. Sacchi della spazzatura alla mano, si divisero in tre gruppi, ognuno dei quali si sarebbe occupato di un piano. Jin e Namjoon presero il piano terra, Taehyung e Jungkook si fermarono al primo mentre Hoseok e Yoongi andarono nel terzo. Jimin era l’unico esonerato dall’aiutare. La febbre non gli era ancora del tutto passata e dunque avevano tutti convenuto che fosse meglio lasciarlo dormire per smaltire sia influenza che sbornia.

– Per quale motivo tocca sempre a noi il piano terra Jinah? – si lamentò Namjoon mentre con sguardo disgustato buttava nel sacco nero avanzi di torta altrui – È sempre quello più disordinato.

– Proprio per questo me ne voglio occupare io. Comunque sei libero di fare a cambio con chiunque altro, non sei obbligato ad aiutare proprio me – rispose Jin. Stava rimettendo a posto la fodera del divano, controllandola con attenzione nel caso in cui vi fossero macchie. Namjoon alzò gli occhi al cielo. Jin e le sue manie. Gli andò vicino, raccogliendo i vari bicchieri che trovava per terra sul suo cammino. Gli disse poi sottovoce, non volendo farsi sentire dagli altri:

– E con chi dovrei andare? Taehyungie stamattina non si schioda da Kookie, mentre Yoongi-hyung sembra sul punto di uccidere tutti da un momento all’altro. Rimane Hoseokah e dubito che finirebbe bene, noi due soli in una stanza.

Jin corrugò la fronte e smise di occuparsi del divano per guardare meglio Namjoon, sorpreso dalla sua perspicacia, alquanto inusuale in questo genere di cose:

– Allora hai notato anche tu qualcosa di strano? – chiese facendo anche lui attenzione a parlare piano – Credevo di essere solo io e non sapevo a chi chiedere perché… Beh, mi hai sorpreso.

– Jin, non sono un idiota.

Jin sorrise e gli dette un bacio leggero sulla guancia:

– Lo so Joonie, lo so.

Al primo piano, Taehyung e Jungkook si trovavano impegnati a ripulire la stanza dove la notte prima si era svolta la “gara” di braccio di ferro. Gara in cui ovviamente Jungkook aveva battuto tutti, sotto gli occhi di un Taehyung estatico. Gara da cui però era poi dovuto scappare all’improvviso appena aveva letto il messaggio con la richiesta di aiuto di Jimin. Il fatto che fosse stato chiaramente digitato di fretta e in stato alterato lo aveva allarmato in modo incredibile, per cui aveva mollato Taehyung lanciandogli un “è urgente, scusami, devo andare di sotto” che il ragazzo era a malapena riuscito a interpretare. Quando poi era tornato sopra con Jimin tra le braccia, a Taehyung, che lo stava aspettando, era quasi venuto un colpo, vedendo l’amico in quelle condizioni. Si era precipitato verso Jungkook, aiutandolo aprendogli la porta della camera e seguendolo dentro, ma prima ancora che potesse avvicinarsi al letto di Jimin l’altro lo aveva fatto andare fuori dicendogli che tutto sarebbe andato bene, ma adesso doveva pensare tranquillo a cosa fare senza averlo attorno, visto che era comunque troppo ubriaco per poter effettivamente aiutare. Jungkook non sapeva se Taehyung ricordasse le parole che gli aveva rivolto, ma non trovava il coraggio di chiederlo. Si sentiva in colpa adesso di averlo trattato male e cacciato via quando era solo preoccupato per il suo migliore amico. In quel momento era entrato però nel panico, spaventato dallo stato in cui aveva trovato Jimin e incerto su cosa dovesse fare. Avrebbe voluto chiamare Jin-hyung, ma non lo aveva visto rientrando e temeva che il cercarlo gli avrebbe fatto perdere troppo tempo. Vedendo Jimin stare così male, sentendolo scottare sotto le sue mani ed emettere piccoli lamenti simili al pianto che indicavano quanto dovesse star soffrendo, Jungkook si era sentito incredibilmente responsabile e con questo suo senso di colpa aveva voluto fare i conti da solo. Sentiva che aveva fallito ad occuparsi del ragazzo e adesso non lo avrebbe più permesso. Era compito suo aiutarlo.

– Tae… Mi spiace essere corso via lasciandoti qui da solo ieri. Poi cosa… cosa hai fatto? – nel porre questa domanda Jungkook pensò di aver trovato la soluzione migliore per scoprire se Taehyung ricordasse o meno tutto ciò che era avvenuto la notte prima. Taehyung lo guardò fisso, intensamente, mentre Jungkook si dava da fare per ripulire il pavimento da un gruppetto di tovagliolini usati. Cosa ho fatto? Sono venuto da te e ti ho offerto il mio aiuto, ma tu mi hai lasciato fuori. Come fai troppo spesso e come non dovresti fare mai. A Taehyung il modo in cui Jungkook gli si era rivolto aveva fatto male. Sentirsi dire di non essere in grado di aiutare il suo migliore amico gli era dispiaciuto, certamente, ma era soprattutto ciò che la reazione di Jungkook significava a rappresentare la fonte del suo malessere. Non sopportava più l’idea che ci fossero cose da cui il ragazzo lo escludesse, e che ancora, dopo tanto tempo, non si fidasse di lui su tutto. Lui, Taehyung, che gli sarebbe rimasto vicino anche se fosse stato legato ai binari di un treno. Perché si obbligava a questa solitudine? Taehyung non capiva più se era un delirio di onnipotenza o semplice cecità nei confronti dei propri limiti. Qualunque ne fosse il motivo, avrebbe dato qualsiasi cosa affinché Jungkook aprisse gli occhi e si rendesse conto che non avrebbe potuto continuare così per tutta la vita. L’idea che il ragazzo dovesse affrontare qualcosa da solo, senza un appoggio, senza un conforto lo perseguitava giorno e notte, come una spina nel cuore. Anche se Taehyung non fosse stato nelle condizioni di aiutare materialmente, perché addossarsi tutta la responsabilità? Perché non volere qualcuno al proprio fianco che potesse condividere le sue stesse pene? Dopo essere stato messo alla porta, quella notte Taehyung aveva perso la voglia di tornare a festeggiare. Si fidava di Jungkook e sapeva che Jimin sarebbe stato bene. Era andato nella sua stanza e si era buttato sul letto con tutti i vestiti, cadendo addormentato all’istante. Quando quel pomeriggio uscendo dalla camera aveva visto il più piccolo scendere le scale di nuovo aveva sentito una morsa al petto. Non aveva dimenticato la promessa silenziosa che aveva fatto la sera prima, quando lo aveva abbracciato nel corridoio. “Non ti abbandonerò mai”. Così era. Jungkook avrebbe potuto metterlo alla porta cento volte, centouno volte lui sarebbe tornato a bussare. Voleva che questo gli fosse chiaro.

– Credo di essere andato a dormire. Non ricordo bene a dire il vero. Lo sai come sono con l’alcol – e gli rivolse uno dei suoi ampi sorrisi. Vedendo le spalle di Jungkook distendersi leggermente, seppe di aver fatto la scelta giusta a nascondergli la verità.

Hoseok aveva detto a Yoongi di non preoccuparsi, poteva tenere semplicemente il sacco mentre lui avrebbe pensato a raccogliere tutto, al che Yoongi aveva risposto di sì senza opporre resistenza, di nuovo. Da quando lo aveva trovato con lo sguardo perso nel vuoto davanti all’albero, Hoseok aveva avuto l’impressione che Yoongi avesse deciso di rispondere agli stimoli esterni con uno sforzo pari al minimo indispensabile – ovvero limitarsi a sollevare la testa se qualcuno lo chiamava ed evitare l’uso delle parole a meno che queste non fossero strettamente necessarie – e di portare ai minimi termini la propria iniziativa personale muovendosi quasi solo dietro istruzione di Hoseok.  Yoongiah, forse è meglio se indossi una felpa”, “Yoongi, dovresti prendere un po’ più di riso”, “attento a non pestare quella pozza di soju con i calzini”. Hoseok era preoccupato. Che Yoongi si chiudesse in sé stesso era una cosa frequente, però non gli era mai successo di vedere il ragazzo così. Aveva però tanta paura di chiedere cosa avesse fatto, quanta di non fare assolutamente nulla. Decise di prendere il discorso alla larga, mentre con la scopa dava forma a un piccolo mucchietto di bicchieri e tovaglioli:

– Yoongi, sei sicuro di esserti riposato a sufficienza? Sembri un po’ stanco, nessuno se la prenderà se vuoi tornare a dormire – si fermò per guardare l’amico. Lo vide fare uno sguardo confuso, quasi come se fosse meravigliato dal sentirsi porre quella domanda.

– No, sto bene Hoseokah, perché me lo chiedi?

Possibile non si rendesse conto di quanto questa volta il suo atteggiamento fosse strano? Si muoveva quasi da automa, non parlava e sembrava perdersi nei suoi pensieri ogni dieci secondi. Questo non era uno dei suoi soliti momenti dove era brusco o semplicemente scostante, questo era qualcos’altro. Di solito quando il ragazzo era di cattivo umore o aveva voglia di essere lasciato in pace, era anche consapevole del suo atteggiamento ed infatti ogni volta che poi qualcuno gli chiedeva se ci fosse un problema, si scusava, seppure a mezza bocca, o cercava di spiegarne in breve la motivazione. Il fatto che invece adesso Yoongi non sembrava avere nessun tipo di coscienza del modo in cui si stava comportando fece salire un brivido su per la schiena di Hoseok. Per la prima volta nella storia della loro amicizia, sentiva di non sapere che cosa fare. 

****

Sebbene avessero mangiato appena due ore prima, i sei ragazzi fecero cena insieme intorno alle diciannove, così da poter andare a dormire presto senza morire di fame durante la notte, e fu solo durante la cena che ci fu maggiore vivacità nel gruppo e si dette inizio a qualche commento sulla festa appena passata. A un certo punto Jin chiese:

– Jungkookie, come sta Jiminie? Credi possa andare se gli facciamo una visitina? O dorme di nuovo?

– No, no, la febbre c’è ancora un po’, ma credo sia poca e dopo aver dormito quasi tutto il giorno e mangiato quello che gli ho portato sta meglio – Jungkook si mise poi a ridere, mettendo le mani avanti – e comunque non dovete chiedere il mio permesso per vederlo.

– Quindi non devo ottenere il tuo lasciapassare per tornare a vivere con lui? – disse Taehyung, attirandosi una botta sulla spalla da parte di Jungkook e suscitando un’ondata di risolini negli altri. Hoseok guardò velocemente verso Yoongi e vide che stava continuando a mangiare come se non avesse sentito nulla e di nuovo si sentì angosciato.

– Siete tutti così spiritosi – disse Jin con tono sarcastico – chiedevo a te Kookie solo perché sei l’unico ad averlo visto. Quando si è deboli e in convalescenza è meglio non avere troppa gente attorno.

– Prima avevo troppo sonno per chiederlo, ma cosa è successo esattamente? Quando si è sentito male? – Namjoon pose questa domanda mentre prendeva la brocca dal centro del tavolo – aah, è finita l’acqua!

– Dammi, vado io – disse Yoongi con una velocità fulminante. Prese la brocca dalle mani di Namjoon e si alzò in fretta per andare in cucina. Hoseok sollevò un sopracciglio.

– Dunque, cosa è successo? – riprese Namjoon guardando Jungkook e senza far caso a Yoongi. Il ragazzo spiegò come avesse ricevuto un messaggio confuso da parte di Jimin dove gli chiedeva di uscire fuori a prenderlo perché si stava sentendo male. Raccontò quindi di come avesse lasciato tutto e si fosse precipitato in cortile per trovarlo seduto sulla neve, appoggiato al muro e in stato di semi delirio. Jin si passò una mano sulla fronte:

– Non avremmo mai dovuto farlo bere così, non dopo che aveva evitato per un pelo l’influenza.

Jungkook rimase in silenzio, Namjoon annuì mentre Taehyung e Hoseok aprirono la bocca nello stesso momento.

– Scusa, vai tu hyung.

– Stavo solo per dire che non capisco come gli sia potuta sfuggire così di mano la situazione, di solito è raro che Jiminie perda il controllo.

– Lo so – disse Taehyung pensieroso mentre si portava un po’ di riso alla bocca – ma adesso sta bene ed è quello l’importante. Non era facile per noi tenerlo troppo d’occhio, c’era il buio, la musica alta, le persone intorno…

– E la nostra tremenda capacità di sopportare l’alcol, vero Taehyungie? – gli disse Hoseok facendogli l’occhiolino.

– Io stavo meglio di te però hyung, e sono più piccolo – gli rispose l’altro mostrandogli la lingua.

Sentendo gli schiamazzi degli altri, Yoongi si chiese dalla cucina se non fosse il caso di tornare in sala. La brocca era stata già riempita da diversi minuti, ma lui stava ancora cercando il coraggio di rimettere piede nell’altra stanza. Ora che il discorso sembrava starsi concludendo pensò che forse sarebbe potuto tornare a tavola prima che qualcuno lo chiamasse chiedendo dove fosse finito. La brocca si era svuotata al momento giusto, evitandogli così di ascoltare il racconto di Jungkook. Sapeva già come erano andati i fatti, era anzi l’unico a sapere come fossero andati davvero, perché nessuno era lì fuori al gelo con Jimin eccetto lui. Non voleva ascoltare di come Jungkook avesse ricevuto un messaggio da Jimin. Sapeva già anche questo e, di nuovo, era l’unico a sapere la verità. Quel messaggio lo aveva mandato lui ed era stata la cosa più difficile che avesse fatto nella sua vita. Non aveva bisogno che gli facessero rivivere quel momento. Non voleva ripensarci, lo aveva già fatto fin troppo. Era rimasto ore a pensare quanto avrebbe voluto essere stato lui a portare Jimin in salvo, metterlo a letto e accudirlo fino al mattino. Non sapere come si sentisse, non sapere cosa stesse facendo nell’altra stanza lo faceva impazzire. Si odiava adesso per essere stato un idiota fin dall’inizio. Era sempre stato così tranquillo, così sicuro di avere Jimin vicino a sé che non si era mai dato pena di fargli capire ciò che significava realmente per lui. Come poteva però mostrargli qualcosa di cui lui stesso si era accorto solo adesso? Si odiava per non aver capito mai nulla ed essersi lasciato scappare ciò che amava tra le dita. Ma Jimin meritava di avere ciò che desiderava e lui si sarebbe fatto da parte, scomparendo a poco a poco.

****

 

– Posso entrare Jiminie? – chiese Taehyung mentre chiudeva delicatamente la porta. L’amico lo accolse con un sorriso enorme, e gli occhi gli divennero ancora più brillanti quando si posarono sul piattino che l’altro aveva in mano. Taehyung se ne accorse e sorrise soddisfatto – Abbiamo finito di cenare da poco, ti ho portato una fetta di torta. Jin non voleva perché dice che non aiuta a riprendersi dall’influenza, ma ho approfittato di un attimo di distrazione per prenderne un pezzetto e correre quassù. Lo so che ti piacciono i dolci.

– Taehyungie sei il migliore! – Jimin arraffò il piattino dalle mani di Taehyung appena questi si fu messo a sedere vicino a lui. Non avrebbe dovuto avere molto appetito vista la sua condizione, ma la vista della torta di Jin glielo aveva fatto venire –  ti ho mai detto che ti voglio bene?

  Qualche volta si. Spero tu me ne voglia per motivi più seri però.

  Qushto è umhn mtivo ssherioh –  replicò Jimin con la bocca piena.

– Continui a farci prendere spaventi Jiminie.

Jimin ingoiò sonoramente il suo boccone e guardò Taehyung con occhi mortificati:

  Lo so, e mi sento malissimo in proposito infatti. Non so cosa altro dire se non che mi dispiace.

– Per questa volta passa. Però ti sei giocato tutte le possibilità che avevi di farci preoccupare per almeno i prossimi sei mesi – disse Taehyung scompigliandogli i capelli neri. Jimin annuì sorridendo e riprese a mangiare la torta. Taehyung si mise a guardarlo con affetto. Sollevò un sopracciglio:

– Certo, bisogna riconoscerti il merito di aver saputo badare a te stesso mandando quel messaggio a Kookie.

Jimin inclinò la testa di lato:

– Che messhaggio?

– Non ricordi? Ieri hai mandato un messaggio a Junkookie chiedendogli di venirti a prendere fuori perché ti stavi sentendo male. Per questo motivo ha potuto aiutarti subito – Jimin aveva smesso di mangiare e si era fatto così serio che fece sentire Taehyung allarmato – possibile che non ricordi assolutamente nulla?

– Tae… c’è un momento di cui ho un totale buco nero. Non so cosa abbia fatto o detto. Quindi no, non sapevo di aver inviato quel messaggio.

Prima che Taehyung potesse replicare si sentì bussare e un attimo dopo il viso sorridente di Hoseok fece capolino nella stanza.

– Jiminieeeeee! Posso? –  Senza aspettare risposta entrò e si mise ai piedi del lettino, gambe larghe e mani sui fianchi – Spero Jungkookie si sia occupato bene di te.

Jimin cercò di mantenere la voce il più stabile possibile mentre rispondeva che andava tutto bene e il peggio era passato.

– Bene. Cerca di riprenderti presto e inizia a preparati fin da ora, l’anno prossimo ti faremo recuperare queste pulizie scampate.

Jimin sorrise:

  Spero Jin-hyung non vi abbia fatto lavorare troppo vista la mia assenza.

– Siamo sopravvissuti. Tu invece non è detto vedrai l’alba di domani se non ti sbrighi a finire quella torta prima che salga quassù. Un fato peggiore potrebbe invece aspettare te Taehyungie.

  Tranquillo – rispose Taehyung –  Jin-hyung è già stato qui insieme a Namjoon-hyung quindi siamo entrambi fuori dai guai –  e si scambiò uno sguardo d’intesa con Jimin.

– Oh, perfetto. Dunque sono venuti proprio tutti… –  Sembrò non sapere cosa dire e Jimin lo guardò in attesa, sbattendo le palpebre un paio di volte. Non tutti. È il suo turno adesso, no? – Beh, è tempo che io vada a dormire. Jiminie, Yoongi… credo sia molto stanco oggi, e… si è già addormentato. Ovviamente però è contento anche lui che ti senta meglio. Se fosse stato sveglio sarebbe venuto, ma si è davvero addormentato all’improvviso e non mi sembrava il caso di-

– No, va tutto bene – disse Jimin interrompendo il più grande – Non c’è problema, dopo ieri è normale avere già sonno per tutti, figuriamoci per Y-Yoongi-hyung.

Dalla soglia della porta, Hoseok rivolse a Jimin un sorriso di scuse:

– Vi vedrete domani a questo punto. Buonanotte Jiminie. Tu Taehyung vieni?

– Rimango un altro po’ qui, aspetto che Jungkookie salga così mi dà il cambio con il malato – rispose sorridendo e dando una piccola pacca sulla coscia di Jimin.

Hoseok annuì e tornò in camera da solo. La luce era spenta, due letti ancora vuoti, uno no.

– Yoongi sono io, Taehyung rimane ancora un po’ da Jiminie quindi puoi anche smetterla di fingere di dormire – sentì un “mmh” provenire dal letto di Yoongi – non chiedermi più di coprirti mentendo in faccia ai miei amici. Dopo la notte che ha passato, mi sono davvero vergognato a cercare un modo per giustificare la tua assen-

– Hoseokah, io sto effettivamente dormendo. Sono stanco. Jiminah sopravvivrà una notte senza vedere il mio viso.

Hoseok sollevò gli occhi al cielo:

– Fa come vuoi – disse bruscamente mentre si infilava i pantaloni del pigiama. Vi fu silenzio per qualche minuto finché Hoseok non si mise sotto le coperte e tirò un sospiro – Yoongiah, non so cosa tu abbia fatto. Se non stai bene… mi dispiace. Mi dispiace e lo sai che se hai bisogno sono qui per te. Però oggi sei stato davvero così strano, non solo con me, ma con tutti, hai detto sì e no due parole in tutta la giornata e… non capisco perché. Aiutami a capire perché? Yoongi?

A Yoongi si strinse il cuore. Era buio e lui era disteso nel suo letto cosi come Hoseok nel proprio, quindi non potevano vedersi, ma la voce strozzata dell’amico gli aveva fatto intuire che era prossimo alle lacrime. Stava malissimo, non riusciva a sentire altro che dolore dentro di sé, ma ferire Hoseok era l’ultima cosa che lo avrebbe aiutato a stare meglio. Cercò le parole da usare:

–Scusami. Non credevo di averti fatto preoccupare tanto. Scusa. Non è… –  strizzò gli occhi e inspirò profondamente prima di continuare – non è nulla di grave, davvero. Una serie di cose. Pensieri, riflessioni sull’anno passato e il futuro. La stanchezza della festa, il sonno. Tante cose insieme mi hanno… reso peggio del solito. Ma non devi preoccuparti, va bene? – silenzio – Va bene Hoseokah?

– …sicuro?

– Si. Però se dovessi fare così di nuovo, puoi avere pazienza con me per favore? – la sua voce profonda si era fatta ancora più bassa – Ho bisogno che tu abbia pazienza con me.

Sentì Hoseok lanciare un risolino:

– Sedici anni non ti hanno ancora dimostrato quanta ne possa avere?

Yoongi sorrise debolmente, e cercò di fermare le lacrime prima che uscissero. Una vita passata a controllarsi perfettamente ed ecco che nelle ultime ventiquattro ore era già la seconda volta che avrebbe voluto scoppiare in un pianto dirotto. Questa volta però si controllò. Si girò su un fianco e sistemò meglio la testa sul cuscino:

– Buonanotte Hobi.

 

****

     

      Jimin avrebbe voluto concentrarsi su ciò che Taehyung e Jungkook stavano dicendo, sul serio, ma per quanti sforzi facesse ogni quattro parole perdeva il segno. Stavolta però non c’entrava nulla il solito fatto che quando i due ragazzi parlavano tra loro seguire i loro discorsi era davvero difficile. Piuttosto, il motivo per cui Jimin si trovava incapace di partecipare alla conversazione era semplicemente che aveva la testa da un’altra parte. La visita di Hoseok lo aveva lasciato molto scosso. Aveva atteso tutta la giornata la visita di Yoongi. Da un lato la temeva. Rivederlo dopo ciò che aveva pensato la scorsa notte, dopo ciò di cui aveva preso coscienza, sarebbe stato duro. Non aveva ancora neppure l’ombra di un’idea su cosa dirgli o su come comportarsi, tantomeno su cosa fare per fare per rimanergli vicino nel modo più silenzioso e meno ingombrante possibile. Mentre era solo nella stanza aveva avuto modo di riflettere ed era giunto alla conclusione che la cosa più semplice fosse far fare a lui. Yoongi avrebbe potuto dettare tutte le condizioni. Cercarlo quando si sentiva, chiamarlo quando voleva, anche fosse stata una sola volta al mese. Purché quella volta ci fosse. Il senso di abbandono continuava a perforargli l’anima come un trapano, ma se fino al giorno prima aveva pensato che il modo migliore per scapparvi fosse voltare del tutto le spalle al ragazzo, adesso sapeva che questa per lui non era una soluzione possibile perché lo avrebbe fatto stare ancora peggio. Avrebbe dunque sopportato tutto e finché l’altro glielo avesse permesso gli sarebbe rimasto affianco. “Vederlo saranno mille chiodi nel petto”. Li avrebbe affrontati uno per uno pur di non sentirsi morire come aveva fatto ieri. Però il fatto che Yoongi non si fosse fatto vivo per tutta la giornata e che addirittura alla fine avesse usato Hoseok come proprio portavoce lo aveva sconvolto. Una parte di lui gli diceva che era meglio così, era ancora troppo debole ed era solo un bene che l’incontro fosse stato procrastinato. Ma un’altra parte voleva davvero rivederlo. Aveva bisogno di sapere che non si era del tutto dimenticato di lui e che in qualche modo lo voleva ancora nella sua vita. Era tutto ciò di cui aveva bisogno, non voleva altro. Si sarebbe accontentato delle briciole e se le sarebbe fatte bastare. Lo avrebbe addirittura ringraziato per avergliele date. Però se gli avesse tolto anche quelle… Strinse i pugni nella coperta più forte e iniziò a respirare più pesantemente. Jungkook, seduto di fianco a lui nel lato opposto a Taehyung, se ne accorse subito.

– Jiminie? Tutto ok? Sei di nuovo rosso.

– Ti abbiamo stancato troppo! Ora torno in camera, scusami – disse Taehyung scattando in piedi.

Con fatica, Jimin riuscì a sorridere all’amico dicendo che non era nulla di grave, ma sarebbe stato meglio per lui mettersi subito a dormire. Jungkook lo fece distendere e accompagnò poi Taehyung alla porta:

– Dicono che la notte la febbre tenda a salire sempre un po’, non credo ci sia nulla di cui preoccuparsi.

– Si, è normale. Però deve riposarsi. Grazie per quello che stai facendo per lui Kookie. Mi scoccia ammetterlo, ma stai forse facendo un lavoro migliore di quello che farei io.

– E dov’è la novità? – rispose Jungkook con un ghigno e strizzando un occhio.

Tornato dentro vide Jimin raggomitolato da un lato. Aveva le guance un po’ rosse, ma respirava regolarmente da sotto le coperte e Jungkook si tranquillizzò. La notte sarebbe sicuramente passata senza problemi. Si mise il pigiama silenziosamente e si era appena seduto sul letto quando sentì Jimin chiamarlo:

– Kookie… ho freddo. Vuoi… – affondò la testa nel cuscino e le parole vennero fuori attutite, tanto che Jungkook lì per lì temette di aver capito male – potresti dormire qui vicino a me anche stanotte?

 

 

 

 

 

Note dell’autrice: Hello, ecco il nuovo capitolo ~

Dunque… da dove partire? Facciamo da Jimin, che è il personaggio più centrale qui. Come avevo anticipato sulle scorse note, un punto decisamente essenziale si è chiarito (spero): quelli che sono i sentimenti di Jimin per Yoongi. Il paragrafo iniziale dove parla in prima persona è un esperimento che ho voluto fare. Non amo molto le narrazioni in prima persona e dunque non la uso mai, però questa volta ho pensato che forse la maniera migliore per descrivere al meglio le emozioni di Jimin mentre si trovava in quello stato così confuso fosse proprio lasciare la parola direttamente a lui. È davvero la prima volta che scrivo in prima persona quindi è stato un po’ un leap of faith affidarle un momento così importante, però volevo provare e dunque questo è quanto è uscito. Ciò che conta è che si sia capito quello che pensa Jimin e questo punto viene esplorato poi anche più in là nel capitolo. Anche lui prova qualcosa di più che semplice amicizia per Yoongi. Sono due idioti che si amano e non se lo dicono perché non hanno capito nulla. E il problema più grande adesso che ognuno ha avuto la propria “rivelazione” è che le loro decisioni in merito a come affrontare la situazione sono opposte, ma anche inconciliabili: Yoongi vuole lasciare Jimin in pace, mentre Jimin se da un lato ha capito che non può fare a meno di essere nella vita di Yoongi, anche solo come contorno, dall’altro, non sapendo cosa altro fare, ha deciso di lasciare la palla a Yoongi e aspettare che detti lui le sue condizioni. Dunque, è tutto molto confortante e roseo J J
Per quanto poi riguarda Jungkook, Jimin vede in lui una sorta di porto sicuro al momento. Diciamo che si sta abituando a determinate attenzioni e adesso che si sente così vulnerabile non riesce ad allontanarle e soprattutto non vuole che anche l’altro ragazzo lo lasci solo.

In tutto ciò Taehyung capisce più cose su Jungkook di quanto il suo carattere sereno e distratto possa far pensare, mentre Hoseok al contrario non ha ben chiaro cosa stia avvenendo in Yoongi. Non si può biasimarlo però. Non può immaginare al momento che il malessere dell’amico derivi dalla situazione di Jk e Jimin. Tutto ciò che lui sa è che Yoongi era normale durante la festa, e poi Jimin si è sentito male e Jk lo ha aiutato, il che non è nulla di traumatizzante come fatto in sé. Forse se i due fossero entrambi stati in salute e si fossero chiusi per ore in camera, allora Hoseok avrebbe potuto pensare che Yoongi fosse turbato per questo, ma Jimin era malato, letteralmente non c’è nulla riguardo Jimin e Kookie che ai suoi occhi possa aver sconvolto Yoongi così tanto da giustificare il suo comportamento. Dunque sta male a vedere Yoongi in questo stato, perché non sa come aiutarlo.

Io giuro che voglio bene a questi personaggi e non voglio che soffrano, però certe scelte sono necessarie >.<
Spero comunque che questo capitolo abbia chiarito definitivamente un dettaglio principale, ovvero quello che Jimin prova nei confronti di Yoongi, ed abbia in generale chiarito ciò che i vari personaggi provano l’uno per l’altro.
La citazione iniziale è riferita a Jimin, ho pensato rappresentasse bene il suo stato confusionale quando ha provato determinate cose. 


Mi fermo qui con queste note lunghissime. Grazie come sempre per aver letto fin qui
♥♥ Ci vediamo sul prossimo capitolo!

Baci, Elle

 

 

   
 
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