CAPITOLO IX
Ti
voglio dire,
che
ti voglio
dire,
che ti
voglio
dire, che
voglio
dirti, che
ti
voglio dire,
che
ti voglio.
(Tibur
Kibirov, Dichiarazione)
1
gennaio 2017; h. 2:48
Non
riesco. Non
riesco. Non riesco. Ah, la cucina finalmente, acqua, ho bisogno di
acqua. Ok,
mi devo solo calmare. Ora fa effetto. Ora fa effetto. Respira Jimin,
respira
profondo. E appoggiati santo cielo, non riesci più a tenerti
in piedi! Adesso
fa caldo. Perché l’acqua non sta funzionando? Mi
sento male. Ok, via questa giacca,
dio mio come mi è venuto in mente di mettermela? No, no non
va meglio. Sto
soffocando qui dentro. Soffoco. La porta, devo raggiungere la porta.
Ok, ok, ci
sono. Ora mi calmo… Non guardare lì, non
guardare… eccoli. Eccoli, eccoli,
eccoli. Sempre attaccati, sempre l’uno addosso
all’altro. Perché davanti a
tutti se poi continuate a nascondervi? Lascialo andare. Ti prego
lascialo
andare. Non ce la faccio. Fa ancora più caldo adesso, gira
tutto. Perché ho le
guance infuocate? Devo uscire, ora esco. Posso farcela. Bravo, un passo
poi un
altro Jimin, posso farcela. La porta non è distante. Gira
tutto. Ahi, perché le
persone mi vengono addosso? Nonono non cadere, arriva alla porta,
arriva alla
porta, ecco ci sei. Ok, chiudiamo. Fuori, fuori, ho bisogno di aria.
Non posso
stare dentro. Non posso vederli. Se rimango… cosa staranno
facendo adesso? Ho
fatto bene a uscire. Ho fatto bene a uscire? Non posso, non posso
andare
dentro. Se li vedo un altro secondo… se li vedo un altro
secondo…. No, Jimin,
ti prego, lo sai cosa devi fare. Non cercarlo, non guardarlo, non
volerlo. Non
volerlo. Non volerlo. Esci. Esci subito. Che ore sono? Fa freddo. Ti
prego, fa
che resista. Ti prego notte assistimi. L’albero
laggiù, laggiù c’è un albero
e
potrò appoggiarmi. Si, piano, posso arrivarci. Ti prego
notte assistimi, ti
prego. Fa che non perda la ragione. Fa che non faccia cose stupide. Non
ce la
faccio più. Ti prego ti prego non ti appoggiare, se chiudo
gli occhi è finita.
Mi sentirò ancora peggio. Jimin non appoggiarti, non
chiudere gli o…
****
Che
succede? Dove sono?
Perché fa così freddo? Mi sento svenire. Di chi
sono queste mani? Chi è? Non so
dove sono. Ho paura, gira tutto, ho freddo. Dov’è?
Dov’è Yoongi-hyung? Dov’è?
Perché... chi è.... io devo andare da
Yoongi… Forse se li imploro, mi
ascolteranno. Non riesco più a stare in piedi, non so cosa
stia succedendo. È
il mio nome questo? Perché sto abbracciando qualcuno? Non so
nemmeno chi sia,
ma ha un tocco morbido e dolce. Se mi stringo di
più… forse smetterò di sentire
freddo. Devo dirgli… devo fargli capire… devono
chiamarlo. Perché non riesco a
parlare? Forse è Jungkook. Mi vuole così bene.
Scusami Kookie, non dovresti
vedermi così. Credo mi stia dicendo qualcosa. Cerco di
concentrarmi, ma non
riesco a riconoscere la voce, né a sollevare gli occhi. Mi
vuole bene. Mi vuole
bene. Devo pensare a questo. Se questo è il suo
tocco… mi sento così sicuro. Mi
piace. È caldo. Protettivo. Sento amore. È
così che deve essere trovarsi tra le
braccia della persona amata. Però Kookie io non ti amo. Ora
devo piangere. Non
amo te. Perché credevo di poterlo fare? Ti prego, Kookie,
portami da lui. Non
riesco più a parlare, ti prego. Credo di star dicendo frasi
incoerenti, ma non
riesco a formularne di migliori. Qualcuno chiama il mio nome, ma io
devo sapere
dove sia la persona che voglio vedere. Continuo a chiedere a Jungkook
dove sia,
ma non mi risponde. Ti prego, non ho le forze, portatemi da lui. Dove
sei
Yoongi? Vieni qui. Perché non mi risponde? Kookie
rispondimi. Sto male. La gola
mi brucia. La testa è pesante. Non so dove mi trovo.
Dov’è Yoongi-hyung? Forse
sto allucinando. Forse qui davanti non c’è nessuno
e io sto solo sognando.
****
Jimin
si risvegliò
alle 5:46 della mattina del 1 gennaio 2017 e la prima cosa che
avvertì appena
aperti gli occhi fu una fitta lancinante alla testa. Davanti a
sé tutto
sembrava girare e se non si fosse sentito così privo di
forze probabilmente
avrebbe riso della sensazione visto che i suoi occhi vagavano ciechi
nel buio
attorno a lui e non c’era nulla che potessero effettivamente
vedere muoversi.
Eppure la terra sembrava vorticare e il senso di vertigine lo costrinse
a
serrare di nuovo le palpebre. La nottata era stata tremenda, quel poco
di cui
si ricordava almeno. Aveva le sensazioni suscitate dai suoi sogni
ancora
attaccate addosso ed erano stati sogni orribili. Sentiva freddo fin
dentro le
ossa, ma allo stesso tempo si accorse di essere completamente sudato.
Percepì
il calore di un altro corpo vicino al suo. Continuando a tenere gli
occhi
chiusi cercò di muovere un braccio per capire meglio, ma non
ci riuscì.
Qualcosa di pesante lo bloccava. Una persona. Nella confusione che
ancora
regnava nella sua mente capì di trovarsi in un letto, vicino
a qualcuno.
Avrebbe voluto avere le energie per indagare meglio, ma era troppo
difficile
anche solo girare il viso di lato. Si sentiva incredibilmente stanco,
pesante,
provato. Sebbene il sonno gli avesse fatto riacquistare una
lucidità maggiore
di quella che gli era mancata del tutto poche ore prima, poteva ancora
a sentire
l’effetto di ogni singola goccia di alcol bevuto.
Riuscì a registrare appena
che chi gli era accanto aveva quasi metà del suo corpo su di
lui e a chiedersi
cosa stesse succedendo, prima di ricadere in un sonno profondo. Non si
mosse
più per le successive sei ore, tranne solamente una volta,
quando colto da un
attacco di freddo mentre dormiva emise un suono breve e qausi
inudibile:
–
Yoongi…
****
1
gennaio 2017; h. 11:38
Cercando
di muoversi
nella maniera più silenziosa possibile, Jungkook
entrò piano nella camera che
condivideva con Jimin, camminando sulle punte dei piedi fasciati nei
calzini.
Era l’unico in quel momento ad essere sveglio
nell’intera villa: gli ospiti se
ne erano andati e gli altri ragazzi dormivano all’interno
delle loro camere.
Ciò non lo sorprese. Vista l’emergenza con Jimin,
lui era andato a dormire
relativamente presto ed in più non aveva nemmeno bevuto
eccessivamente, per cui
le quasi nove ore di sonno di cui aveva goduto gli erano state per il
momento
sufficienti. Si sentiva ancora un po’ insonnolito
però, per cui dopo essere
andato a fare pipì aveva deciso di rimettersi sotto le
coperte. Le sue stavolta.
Mentre si avvicinava al suo lettino ancora intatto vide dei movimenti
provenire
dall’altro. Jimin si era svegliato e si stava ora portando a
sedere, con
evidente fatica. Intervenne subito:
–
Jiminie, fermo, non
ti muovere!
L’altro
fece un
debole cenno con la mano e finì di sollevarsi, appoggiando
stancamente la schiena
e la testa al muro. Aveva fatto uno sforzo minimo, ma gli aveva
lasciato il
respiro pesante e le guance arrossate.
–
Cosa è successo?
Non ricordo nulla. Che cosa… che cosa ho fatto ieri?
Jungkook
gli si portò
vicino, mettendosi a sedere sul bordo del letto. Il peggio pareva
essere
passato, ma il ragazzo gli sembrava ancora fortemente provato. Gli
avrebbe
spiegato tutto velocemente e poi lo avrebbe fatto riaddormentare.
–
Sei stato molto
male. Sei praticamente svenuto al freddo, perché sei uscito
fuori Jimine? E con
addosso solo la maglietta? Quando ti ho messo a letto eri quasi
delirante, tra
tutto quello che avevi bevuto e la febbre. Eri bollente, ti era salita
così
tanto e ho avuto davvero paura… per cui ti ho messo a letto
e poi ho dovuto… –
si fece leggermente rosso e si fermò per un attimo
– credo sia quasi passata
adesso.
Jimin
inclinò
lentamente la testa di lato, uno sguardo interrogativo.
–
Hai dovuto...?
Jungkook
portò con esitazione
il suo sguardo su Jimin, una sfumatura di rosa acceso sul suo viso. Si
schiarì
la gola, come per voler dire qualcosa, ma poi sembrò
ripensarci e girò il viso.
Respirò profondamente:
–
Jiminie, mi
dispiace. Non… non sapevo nemmeno se dirtelo, ma…
Insomma era necessario… Ho
dov-dovuto, come dire, intervenire, toglierti, insomma, un
po’… un po’ di tutto
quel calore. Mi-mi spiace, non sapevo davvero cosa altro fare ed erano
tutti
troppo ubriachi per darmi una mano.
Il
ragazzo era adesso
color porpora e Jimin capì dopo un momento di cosa stesse
parlando. Arrossì un
po’ anche lui e disse solo:
–
Oh…
Ricordava
di essersi
svegliato a un certo punto durante la notte e aver percepito qualcuno
vicino,
anzi, addosso a lui. Adesso capiva.
Jungkook doveva aver usato il proprio corpo per assorbire il calore in
eccesso
in quello di Jimin. Il metodo più veloce per far passare
velocemente la fase
più acuta di un attacco di febbre improvvisa. Metodo che
però prevedeva che la
pelle di malato e persona sana fossero a contatto. Al momento entrambi
avevano
le proprie magliette però e Jimin fu grato per quella
premura. Non doveva esser
stato facile rivestirlo in stato semi svenuto, ma era una fatica che fu
felice
Jungkook avesse fatto.
–
V-va bene, non… non
preoccuparti, se andava fatto, non devi… Non devi scusarti,
anzi… – mise una
mano su quella di Jungkook, spingendo il ragazzo a guardarlo finalmente
di
nuovo – Ti ringrazio. Davvero.
Jungkook
avvolse
prese la piccola mano nelle sue, scuotendo la testa.
–
Adesso stai meglio,
è solo questo che conta – fece una pausa e
sembrò voler dire altro, ma la sua
attenzione cadde sulle sue mani – Jiminie! Guarda cosa
è successo alle tue
mani!
Fin
da quando era
bambino Jimin aveva avuto in tutto il corpo una pelle delicata, facile
ad arrossarsi
e che doveva essere trattata in modo molto particolare. Quella sulle
sue mani
era però ancora più sensibile. Bastava nulla ad
irritarla, un detersivo troppo
forte, un sapone economico, uno sfregamento che non fosse
più che delicato, ed
il freddo aveva sempre rappresentato il suo peggior nemico. Appena vi
entrava
in contatto subiva un trauma enorme: si seccava in pochissimo tempo e
se non
veniva coperta subito iniziava a quasi a squamarsi in punti precisi,
come le
nocche e le giunture delle dita. Il freddo inoltre la arrossava
incredibilmente
facendogli diventare le mani rosse e gonfie, e questo, unito al normale
rallentamento della circolazione, impediva a Jimin quasi completamente
ogni
movimento. Dopo il tempo trascorso in balìa del vento e del
freddo di quella
notte, le sue mani si trovavano quindi in una condizione tremenda:
screpolatissime, chiazzate di rosso e molto, molto gonfie.
–
Hai portato la tua
crema? Dobbiamo mettercela subito.
Jimin
non aveva
notato ciò che gli era successo. Era assonnato, la testa gli
pesava e non
riusciva a sentirsi ancora padrone del suo corpo. Gli sembrava quasi di
star
vivendo all’interno di quello di qualcun altro, di cui non
era capace di
percepire nulla, o di cui non riusciva ad interessarsi, tanto la sua
mente era
distante. Indicò a Jungkook la tasca del proprio zainetto e
mentre il ragazzo
si precipitava a prendere il tubetto di crema lui si mise a fissare un
punto
nel vuoto, sforzandosi di ricordare. Ciò che lo mandava
fuori di testa era il
fatto che non riusciva assolutamente a risvegliare la sua memoria e
scoprire
cosa avesse fatto a un certo punto durante la notte, ma nonostante
ciò riusciva
ancora a percepire come se gli fossero state incise dentro con il fuoco
le
emozioni che aveva provato. Ciò che aveva pensato. I bisogni
che aveva avuto.
La persona che aveva cercato e aveva chiaramente fallito miseramente
nel
trovare, visto che adesso non era lì. Sentì
lacrime che si stupì essere proprie
formarglisi agli angoli degli occhi e fece quello che gli parve un
enorme sforzo
per ricacciarle dentro. Jungkook gli fu presto di nuovo vicino.
Tornò a sedere
di fianco a lui e dopo essersi messo un po’ di crema sulle
dita gli prese una
mano ed iniziò con molta delicatezza a passarcela sopra,
massaggiandola
lievemente. Mentre compiva questa operazione, il più giovane
sentiva il proprio
cuore battere all’impazzata e pregò che
l’altro non si accorgesse del rossore
che di nuovo sentiva affiorare sulle proprie guance. Guardando il modo
in cui
Jungkook si stava occupando di lui, Jimin non poté non
sentire un’enorme
gratitudine. Se si fosse sentito meno stanco, sia fisicamente che
soprattutto
interiormente, avrebbe sicuramente anche sorriso. Jungkook appariva
concentrato
in ciò che faceva, serio quasi, ed il fatto che tale
serietà contrastasse
incredibilmente con il suo aspetto al momento – indossava un
pigiamino di
flanella e aveva il viso ancora un po’ gonfio, sembrando
più piccolo ancora
della sua età – rendeva l’immagine
estremamente dolce. Mentre iniziava a massaggiargli
con due dita il palmo dell’altra mano, Jungkook prese a
parlare, con voce quasi
strozzata.
–
È… è colpa mia.
–
Come?
–
È colpa mia. Ero lì
vicino a te e non ho fatto nulla per impedirti di bere. Non saresti
uscito e
non saresti stato male. Dio mio, a cosa pensavo quando ti ho lasc-
Fu
interrotto dalla
mano di Jimin, appena poggiata sulle proprie labbra. Lo udì
dire in un
sussurro, ma con tono fermo:
–
Non c’entri nulla.
Sono io il più grande qui Kookie. Tu non c’entri
nulla. Nulla.
–
Ma…
Jimin
scosse forte la
testa e gli portò le braccia dietro il collo, abbracciandolo:
–
Sei qui, ok? Sei
qui.
Gli
era venuto
naturale avvicinarlo a sé. Non aveva motivo di sentirsi
responsabile o in colpa
perché se c’era qualcuno che si era comportato da
idiota, creando un disastro,
quello era lui, Jimin. Non voleva che Jungkook soffrisse di nessuna di
quelle
conseguenze che lui sapeva gli sarebbero presto piombate addosso in
tutta la
loro violenza appena avesse riacquistato di più le forze. Ma
adesso non riusciva
a pensarci, voleva solo calmare il ragazzo, la paura che qualcosa
potesse
scattare in lui e spingerlo ad allontanarsi troppo grande.
Sperò di esserci
riuscito quando lo sentì reagire al suo abbraccio. Lo
sentì stringergli la vita
e portarselo più vicino. Rimasero in silenzio per qualche
secondo, finché
Jungkook gli si scostò leggermente. Gli passò una
mano sulla guancia, poi sulla
fronte ed infine gli disse scostandogli un po’ i capelli da
davanti agli occhi.
–
Devi dormire
adesso. Sei ancora un po’ caldo. La febbre non è
passata del tutto. Vuoi… Vuoi
che rimanga qui vicino a te?
Jungkook
si chiese da
dove gli fosse venuto il coraggio di fare una domanda del genere,
allibito da
sé stesso, ma prima che gli insulti che si stava lanciando
nella sua testa potessero
farsi troppo pesanti udì la risposta:
–
…si.
Dieci
minuti dopo,
Jungkook si era addormentato di nuovo. Anche Jimin ne aveva bisogno, ma
non
riusciva a lasciare spazio al sonno. Continuava a cercare tra i suoi
ricordi
qualcosa che gli potesse offrire un’illuminazione sulla notte
precedente.
Sapeva ciò che aveva sentito. Lo ricordava con una chiarezza
quasi inquietante.
Quando il giorno prima, sotto la doccia, aveva preso la risoluzione di
allontanarsi da Yoongi aveva creduto davvero di poterlo fare. Credeva
che
nonostante la difficoltà sarebbe stato capace di mantenere
la sua posizione.
Credeva, soprattutto, che fosse la cosa migliore in primo luogo per
sé stesso.
Mentre si metteva l’accappatoio addosso e si guardava allo
specchio, aveva
davvero sentito che avrebbe sofferto di più se non lo avesse
lasciato andare e non
si fosse arreso allo sviluppo degli eventi. Uscendo dal bagno e
avvicinandosi
poi alla scala per scendere, aveva quasi avvertito sollievo per essere
giunto a
questa conclusione, confortato dalla convinzione di aver trovato sia il
nocciolo del problema che la sua soluzione e dunque essere
già a metà
dell’opera. La serata però era andata diversamente
da quel che aveva
immaginato.
Nonostante
i suoi
propositi, vedere Hoseok e Yoongi vicini lo aveva fin da subito turbato
e
cercando di trovarvi una via di fuga si era abbandonato
all’alcol. Ma a un
certo punto aveva iniziato a sentirsi l’opposto di come
avrebbe voluto. Adesso
sapeva cosa era successo. Sapeva che la sua mente era stata, nella
nebbia
dell’alcol, obbligata a sgombrare qualsiasi cosa che non
fossero le sue
emozioni più vere, più sincere, anche
più egoiste in un certo senso. Aveva
sgombrato con una facilità impressionante tutta la barricata
che lui aveva
faticosamente cercato di costruirsi. Andar fuori era stato solo un
ultimo gesto
disperato per cercare di allontanarsi, per cercare di essere solo e
rinforzarsi
nel proposito che aveva preso, ma che sembrava così stupido,
così prossimo allo
sgretolarsi. L’ultima, minuscola, parte sobria di Jimin gli
diceva cosa fare, e
Jimin aveva cercato fino all’ultimo di ascoltarla, ma era
stato sempre più
difficile. Più lei sussurrava “è meglio
così, devi proteggerti, soffrirai di
meno”, più tutto il resto di lui urlava, con
un’intensità resa ancora più cruda
e violenta dall’alcol, che non avrebbe potuto soffrire
più di quanto stava
soffrendo ora, con in cuore il proposito di abbandonare Yoongi. Di
accettare di
farsi abbandonare. “Non potrai sopportarlo Jimin. Stargli
vicino potrà farti
male, ma sarà nulla rispetto a questo. Vederlo saranno mille
chiodi nel petto,
ma non vederlo saranno come mille milioni e tu non ce la farai. Vai da
lui, vai
da lui ora”. Queste erano le parole che si era detto ed erano
parole che non
poteva dimenticare. Avrebbe voluto sotterrarle da qualche parte o
rimandarle
dove erano venute, ma ormai non poteva più tornare indietro.
Sapeva che era
vero. Sapeva che non avrebbe mai potuto allontanarsi da Yoongi. Non ne
aveva la
forza ora, come non l’aveva avuta mai e come non
l’avrebbe avuta nell’eternità
a venire. Ciò che però aveva lasciato il segno
più profondo in lui era stato un
altro pensiero ed era quello che gli rimbombava maggiormente nella
mente. Fino
a che il suo stato mentale era rimasto inalterato aveva creduto che il
fastidio
che gli nasceva in petto all’idea e alla vista di Yoongi e
Hoseok insieme fosse
dovuto a due motivi. Innanzitutto, l’irritazione causata
dall’essere stato
tenuto al buio riguardo questa cosa. In secondo luogo, aveva
giustificato il
suo turbamento con la paura di essere escluso e dimenticato. Tutto
ciò era
vero, ma solo in parte, e gli era diventato dolorosamente chiaro la
sera prima.
Appoggiato allo stipite della porta, vedendo le labbra di Hoseok
così vicine a
quelle di Yoongi una domanda si era aggiunta a torturarlo:
“Perché non me?”
Aveva capito nel peggiore dei modi di non essere capace di sopportare
che
Yoongi rivolgesse quel tipo di attenzioni a qualcuno che non fosse lui.
Gli fu
evidente in quel momento quanto avesse bisogno di sentirsi amato
così
dall’altro. Voleva che Yoongi guardasse solo lui con la
stessa intensità con
cui voleva che nessuno, a parte lui stesso, si avvicinasse a Yoongi.
Non era
più solo una questione di non voler essere escluso dalla sua
vita. Jimin si era
reso conto che ciò che davvero voleva era averlo solo per
sé e che Yoongi
sapesse a sua volta che Jimin era solo suo. La confusione in cui si era
trovato
di fronte a un sentimento di questo tipo era stata senza precedenti.
Ricordava
quanto male si fosse sentito, quanto avesse avuto bisogno di correre
fuori per
cercare di prestare fede alla decisione che aveva preso prima, quando
ancora
stava bene, e sopprimere l’istinto che aveva di correre tra i
due ragazzi,
separarli e far capire a Yoongi quanto avesse bisogno di lui e quanto
lo
desiderasse. Desiderare. Il
pensiero
faceva arrossire Jimin fin sopra la punta dei capelli, ma ormai non
poteva più
negarlo. Era ciò che aveva provato e nonostante fosse
affiorato mentre si
trovava in una situazione di spaesamento, ora che si sentiva meglio non
riusciva a raccontarsi che era solo il frutto di una mente alterata.
Ricordandosi
così
bene di queste sensazioni, Jimin non poteva dunque che provare ansia
all’idea
di non sapere cosa fosse accaduto una volta che si era appoggiato
all’albero.
Quello era il suo ultimo ricordo. Pur sapendo che se avesse chiuso gli
occhi
tutta la stanchezza e l’ubriacatura gli sarebbero piombate
addosso peggiorando
la situazione, non era riuscito a tenersi sveglio. Ciò che
era avvenuto tra
quel momento e quando si era risvegliato nel letto con Jungkook accanto
a sé
gli era sconosciuto. Aveva paura di aver fatto qualche scenata o di
essersi
reso ridicolo. Aveva anche il folle terrore di aver detto qualcosa di
troppo,
alla persona sbagliata. Dei momenti peggiori, quelli in cui
l’alcol si era
miscelato alla febbre e al freddo portandolo quasi alla soglia delle
allucinazioni, aveva solo dei flash che non riusciva a distinguere dai
propri
sogni, quelli orribili che aveva avuto mentre dormiva, quando la febbre
doveva
essere stata al suo picco. Ricordava delle braccia salde attorno a
sé, qualcuno
doveva averlo trovato lì fuori. Il volto era del tutto
coperto adesso, ma
ricordava di aver avuto la sensazione che fosse Jungkook per cui
pensò che
evidentemente doveva averlo a un certo punto visto e riconosciuto, ma
ora non
ricordava più. Gli sembrava di aver cercato Yoongi, di aver
chiesto più volte
dove fosse, ma non era più sicuro se ciò fosse
parte del sogno o no. Certo è
che la sensazione che gli aveva lasciato tale ricordo era la stessa di
un
incubo, di quelli dove si parla senza emettere suoni o si deve correre
e non si
riescono a schiodare i piedi da terra. La sensazione di impotenza era
la stessa
quando ripensava a come si fosse sentito debole, incapace quasi di
parlare,
sperando che lo portassero dall’unica persona che voleva lo
raccogliesse. Deve essersi trattato
sicuramente di un
sogno. Kookie non mi avrebbe mai ignorato se gli avessi detto di star
cercando
Yoongi. Con occhi pesanti, pronti ad arrendersi finalmente al
sonno, guardò
il ragazzo di fianco a lui. Il letto non era grande e loro si trovavano
stretti
e vicini. Le loro gambe erano quasi intrecciate e il corpo di Jungkook,
più
grande di quello di Jimin, lo avvolgeva completamente. Le sue braccia
gli erano
attorno, protettive e quando Jimin gli si avvicinò reagirono
d’istinto nel
sonno attirandolo ancora più a sé. Mentre si
stringeva contro il suo petto,
Jimin si chiese se stesse facendo bene ad agire così. Ma era
troppo stanco
adesso e Jungkook era così caldo, mentre lui aveva tanto
freddo.
****
1
gennaio 2017; h. 5:40
Dio
mio, ma quanto ho bevuto? Si
chiese Hoseok chiudendo dietro di sé la porta del
bagno. Era riuscito a dormire solo un’oretta prima di venir
svegliato dal
bisogno urgentissimo di fare pipì. In realtà non
aveva bevuto molto più di
altri, sebbene così sembrasse dai suoi comportamenti.
È che su di lui gli
alcolici avevano effetto immediato e bastavano davvero due gocce per
mandarlo
completamente fuori di sé. Proprio perché
però le sue sbornie erano generate
più da una scarsa tolleranza che dalla quantità
di alcol ingerito, solitamente
avevano vita breve. Il ragazzo rimaneva intontito e assonnato per
diverso tempo
durante il post-sbornia, ma da quando smetteva di bere non gli
occorrevano più
di un paio d’ore per riprendersi quasi completamente da un
punto di vista di
lucidità. Per questo motivo quando rientrando di nuovo in
camera vide un letto
vuoto ebbe la prontezza di spirito sufficiente per rifletterci su.
Taehyung era
lì. Si era buttato sul letto ancora vestito, Hoseok non era
sicuro di quando.
Lui era rimasto con Jin e Namjoon quando avevano provveduto ad
accompagnare
tutti gli ospiti alla porta e ringraziarli, intorno alle quattro e
mezza di
mattina. Quello era infatti l’orario in cui le corse dei tram
riprendevano e
dunque tutti potevano tornare a casa. Hoseok si era unito a loro nei
saluti
finali – d’altronde la gran parte degli ospiti era
lì essenzialmente perché
conosceva lui, Namjoon e Jin – senza porsi troppe domande sul
dove fossero gli
altri ragazzi. Aveva a un certo punto perso di vista Yoongi, ma non si
era
preoccupato. Lui aveva ancora voglia di ballare mentre stare al centro
della
pista non era di sicuro l’attività preferita
dell’amico, per cui aveva dato per
scontato che se ne fosse andato in camera. D’altra parte, lui
non era nemmeno
la balia di Yoongi, né tantomeno il suo guardiano. Sentiva
di aver fatto del
suo meglio per rendere migliore la serata del suo amico, ma non
c’era nemmeno
un contratto che lo obbligasse a stargli addosso ogni minuto.
Alla
vista adesso del
letto vuoto però Hoseok reagì in modo diverso.
Non si agitò, ma volle
accertarsi di dove fosse Yoongi. Tornò in corridoio,
ispezionando ogni stanza.
Nella casa regnava il silenzio e Hoseok sperò di non aver
svegliato nessuno
quando inciampando su un bicchiere di carta per terra lanciò
un piccolo urlo
che soffocò poi subito con la mano. Non trovando Yoongi
nella villa si chiese
se non fosse uscito fuori e andò alla finestra che dava sul
cortile al piano
terra. Gli parve di vedere qualcuno in lontananza, vicino a un albero e
pensò
che potesse essere lui. Ammantato nel cappotto, gli andò
incontro e capì di
essere nel giusto, la piccola silhouette di Yoongi sempre
più riconoscibile man
mano che gli si avvicinava. Indossava ancora i suoi jeans neri e
addosso si era
messo il suo solito cappotto verde dalle tasche larghe. Fa
un freddo cane, cosa diamine sta facendo qui?
Yoongi
non sembrò
accorgersi del suo arrivo, perché infatti quando gli giunse
alle spalle non si
mosse, come se non lo avesse sentito, e solo quando Hoseok lo
chiamò per nome
si girò verso di lui, dando a intendere di aver capito che
era lì. Dal viso
dell’amico, Hoseok intuì in qualche modo che
qualcosa doveva essere avvenuto in
lui. Il suo sguardo era strano, indecifrabile da un lato, chiaramente
ferito
dall’altro. Non solo ferito. In
pena. Che
cosa ti è successo Yoongi? Hoseok sentì
un tonfo allo stomaco a vederlo
così. Gli si avvicinò piano e gli
portò una mano sulla spalla, stringendola
forte. Sperò riuscisse a comunicare il suo messaggio: qualunque cosa sia, ci sono qui io. Con
una strana tranquillità,
quasi con lentezza, Yoongi si girò del tutto verso
l’amico e lo abbracciò
forte. Abbracciandolo a sua volta Hoseok avvertì il suo
respiro calmo e
regolare, ma c’era qualcosa in questo abbraccio che lo
disturbava. Il modo in
cui Yoongi lo aveva guardato e lo aveva stretto gli faceva pensare che
non
fosse in realtà affatto tranquillo, che non stesse bene. Gli
chiese di entrare
dentro e Yoongi rispose di sì. Una volta rientrati nella
villa, senza nemmeno
chiedergli cosa volesse fare, Hoseok lo guidò direttamente
in cucina, facendolo
sedere e togliendogli il cappotto umido di dosso. Mise velocemente del
latte a
scaldare e salì poi di sopra. Riscese poco dopo, cercando di
far le scale nella
maniera più veloce possibile senza però che i
piedi facessero troppo rumore.
Aveva ora in mano una pesante coperta di lana con cui fasciò
subito Yoongi,
sistemandogliela bene attorno alla schiena e coprendolo così
che potesse
scaldarsi un po’. Rimase poi un minuto a sfregargli le
spalle, sperando che
aiutasse a fargli tornare il sangue in circolazione. Lo vedeva
estremamente
pallido e i solchi delle occhiaie insieme con il lieve rossore dei suoi
occhi
gli indicavano che erano lì non solo per colpa della
mancanza di sonno. In
tutto questo tempo, da quando Hoseok lo aveva messo a sedere al tavolo
della
cucina, Yoongi non si era mosso. Aveva continuato solo a guardare fisso
davanti
a sé, con sguardo distante e apparentemente calmo. Hoseok
non sapeva cosa
pensare. Gli si mise a sedere vicino.
–
Adesso arriva il
latte caldo Yoongiah. Ti farà bene berne un po’
prima di andare a dormire.
–
Grazie Hobi.
Ora
che aveva
parlato, Hoseok percepì la sua voce esattamente come aveva
percepito il suo
respiro prima e il suo sguardo poi. Calma, ma distante.
–
Hai dormito? Non ti
ho visto quando sono andati via tutti.
–
Ho… sono andato a
letto... non lo so quando. Ma gli ospiti erano ancora tutti qui. Taehyungie era
già a dormire – ok, parlava.
Gli parlava. Non si era del tutto chiuso. Hoseok pregò la
situazione rimanesse
così. Fa che non peggiori
– Non so
che ore fossero. Non sono riuscito a dormire molto. Ho sentito le
persone
andare via e poi sei salito anche tu. Non so quanto sia rimasto a
letto. Non
riuscivo a dormire e alla fine sono uscito. Ora tornerò su
con te.
–
Va bene – rispose
Hoseok sistemandogli un piccolo ciuffo di capelli dietro le orecchie.
Avrebbe
voluto fare di più, ma non sapeva come e sperò
che una volta ripresosi dalla
stanchezza gli venisse in mente qualcosa.
–
Se hai sonno puoi
andare. Il latte lo prendo, se è per quello che stai
rimanendo.
Hoseok
sorrise:
–
È vero, si, in
parte voglio assicurarmi che tu lo beva, ma no, non ho così
sonno da dover
tornare a letto ora. Rimango con te.
Il
ragazzo annuì e
basta e anche se Hoseok non ne era sicuro, avrebbe scommesso di aver
visto
l’ombra di un lieve sorriso affacciarsi sulle labbra di
Yoongi alle sue parole.
****
1
gennaio 2017; h. 16:10
Tra
le 15 e le 16,
tutti e sette gli abitanti temporanei della villa di campagna si erano
svegliati, richiamati al tavolo da pranzo dalle proteste dei loro
stomaci,
ormai vuoti da troppo tempo. L’atmosfera era certamente ben
diversa adesso da quella
della sera prima, e sembrava assurdo pensare che tra le due non
intercorressero
ancora neppure ventiquattro ore. Per quanto la casa era tirata a lucido
e
splendente alle otto della sera prima, adesso ovunque ci si girasse si
potevano
vedere bicchieri di carta a terra, bottiglie di vino rovesciate sul
tavolo,
coriandoli, trombette, tovaglioli appallottolati nei punti
più impensabili. La
fodera del divano era completamente spostata. La leggera tovaglia di
carta era
caduta da uno dei tavolini e diversi piatti con i resti di pezzi di
torta erano
sparsi in giro per la stanza. La differenza principale era
però costituita dai
ragazzi. Fuori dai loro vestiti festaioli e sgargianti, si trovavano
ora tutti
riuniti nel salone con solamente i loro pigiami, i visi gonfi di sonno
e i
capelli scompigliati. Come ogni anno, si apprestavano a mangiare
qualcosa prima
di dare una iniziale e sommaria riordinata alla casa. Il grosso della
pulizia
sarebbe stato fatto l’indomani, ma per portarsi avanti con il
lavoro per il
momento avrebbero raccolto l’immondizia da terra e messo via
il cibo avanzato.
Come ogni anno, tutte queste operazioni vennero fatte in relativo
silenzio,
nessuno di loro ancora in forze sufficienti per poter intrattenere una
vera e
propria conversazione. Sacchi della spazzatura alla mano, si divisero
in tre
gruppi, ognuno dei quali si sarebbe occupato di un piano. Jin e Namjoon
presero
il piano terra, Taehyung e Jungkook si fermarono al primo mentre Hoseok
e
Yoongi andarono nel terzo. Jimin era l’unico esonerato
dall’aiutare. La febbre
non gli era ancora del tutto passata e dunque avevano tutti convenuto
che fosse
meglio lasciarlo dormire per smaltire sia influenza che sbornia.
–
Per quale motivo
tocca sempre a noi il piano terra Jinah? – si
lamentò Namjoon mentre con
sguardo disgustato buttava nel sacco nero avanzi di torta altrui
– È sempre
quello più disordinato.
–
Proprio per questo
me ne voglio occupare io. Comunque sei libero di fare a cambio con
chiunque
altro, non sei obbligato ad aiutare proprio me – rispose Jin.
Stava rimettendo
a posto la fodera del divano, controllandola con attenzione nel caso in
cui vi
fossero macchie. Namjoon alzò gli occhi al cielo. Jin e le
sue manie. Gli andò
vicino, raccogliendo i vari bicchieri che trovava per terra sul suo
cammino.
Gli disse poi sottovoce, non volendo farsi sentire dagli altri:
–
E con chi dovrei
andare? Taehyungie stamattina non si schioda da Kookie, mentre
Yoongi-hyung
sembra sul punto di uccidere tutti da un momento all’altro.
Rimane Hoseokah e
dubito che finirebbe bene, noi due soli in una stanza.
Jin
corrugò la fronte
e smise di occuparsi del divano per guardare meglio Namjoon, sorpreso
dalla sua
perspicacia, alquanto inusuale in questo genere di cose:
–
Allora hai notato anche
tu qualcosa di strano? – chiese facendo anche lui attenzione
a parlare piano –
Credevo di essere solo io e non sapevo a chi chiedere
perché… Beh, mi hai
sorpreso.
–
Jin, non sono un
idiota.
Jin
sorrise e gli
dette un bacio leggero sulla guancia:
–
Lo so Joonie, lo
so.
Al
primo piano,
Taehyung e Jungkook si trovavano impegnati a ripulire la stanza dove la
notte
prima si era svolta la “gara” di braccio di ferro.
Gara in cui ovviamente
Jungkook aveva battuto tutti, sotto gli occhi di un Taehyung estatico.
Gara da
cui però era poi dovuto scappare all’improvviso
appena aveva letto il messaggio
con la richiesta di aiuto di Jimin. Il fatto che fosse stato
chiaramente
digitato di fretta e in stato alterato lo aveva allarmato in modo
incredibile,
per cui aveva mollato Taehyung lanciandogli un “è
urgente, scusami, devo andare
di sotto” che il ragazzo era a malapena riuscito a
interpretare. Quando poi era
tornato sopra con Jimin tra le braccia, a Taehyung, che lo stava
aspettando,
era quasi venuto un colpo, vedendo l’amico in quelle
condizioni. Si era
precipitato verso Jungkook, aiutandolo aprendogli la porta della camera
e
seguendolo dentro, ma prima ancora che potesse avvicinarsi al letto di
Jimin
l’altro lo aveva fatto andare fuori dicendogli che tutto
sarebbe andato bene,
ma adesso doveva pensare tranquillo a cosa fare senza averlo attorno,
visto che
era comunque troppo ubriaco per poter effettivamente aiutare. Jungkook
non
sapeva se Taehyung ricordasse le parole che gli aveva rivolto, ma non
trovava
il coraggio di chiederlo. Si sentiva in colpa adesso di averlo trattato
male e
cacciato via quando era solo preoccupato per il suo migliore amico. In
quel
momento era entrato però nel panico, spaventato dallo stato
in cui aveva
trovato Jimin e incerto su cosa dovesse fare. Avrebbe voluto chiamare
Jin-hyung, ma non lo aveva visto rientrando e temeva che il cercarlo
gli
avrebbe fatto perdere troppo tempo. Vedendo Jimin stare così
male, sentendolo
scottare sotto le sue mani ed emettere piccoli lamenti simili al pianto
che
indicavano quanto dovesse star soffrendo, Jungkook si era sentito
incredibilmente responsabile e con questo suo senso di colpa aveva
voluto fare
i conti da solo. Sentiva che aveva fallito ad occuparsi del ragazzo e
adesso
non lo avrebbe più permesso. Era compito suo aiutarlo.
–
Tae… Mi spiace
essere corso via lasciandoti qui da solo ieri. Poi cosa…
cosa hai fatto? – nel
porre questa domanda Jungkook pensò di aver trovato la
soluzione migliore per
scoprire se Taehyung ricordasse o meno tutto ciò che era
avvenuto la notte
prima. Taehyung lo guardò fisso, intensamente, mentre
Jungkook si dava da fare
per ripulire il pavimento da un gruppetto di tovagliolini usati. Cosa ho fatto? Sono venuto da te e ti ho
offerto il mio aiuto, ma tu mi hai lasciato fuori. Come fai troppo spesso e come non dovresti fare mai.
A Taehyung il
modo in cui Jungkook gli si era rivolto aveva fatto male. Sentirsi dire
di non
essere in grado di aiutare il suo migliore amico gli era dispiaciuto,
certamente, ma era soprattutto ciò che la reazione di
Jungkook significava a
rappresentare la fonte del suo malessere. Non sopportava più
l’idea che ci
fossero cose da cui il ragazzo lo escludesse, e che ancora, dopo tanto
tempo,
non si fidasse di lui su tutto. Lui, Taehyung, che gli sarebbe rimasto
vicino
anche se fosse stato legato ai binari di un treno. Perché si
obbligava a questa
solitudine? Taehyung non capiva più se era un delirio di
onnipotenza o semplice
cecità nei confronti dei propri limiti. Qualunque ne fosse
il motivo, avrebbe
dato qualsiasi cosa affinché Jungkook aprisse gli occhi e si
rendesse conto che
non avrebbe potuto continuare così per tutta la vita.
L’idea che il ragazzo
dovesse affrontare qualcosa da solo, senza un appoggio, senza un
conforto lo
perseguitava giorno e notte, come una spina nel cuore. Anche se
Taehyung non
fosse stato nelle condizioni di aiutare materialmente,
perché addossarsi tutta
la responsabilità? Perché non volere qualcuno al
proprio fianco che potesse
condividere le sue stesse pene? Dopo essere stato messo alla porta,
quella
notte Taehyung aveva perso la voglia di tornare a festeggiare. Si
fidava di
Jungkook e sapeva che Jimin sarebbe stato bene. Era andato nella sua
stanza e
si era buttato sul letto con tutti i vestiti, cadendo addormentato
all’istante.
Quando quel pomeriggio uscendo dalla camera aveva visto il
più piccolo scendere
le scale di nuovo aveva sentito una morsa al petto. Non aveva
dimenticato la
promessa silenziosa che aveva fatto la sera prima, quando lo aveva
abbracciato
nel corridoio. “Non ti
abbandonerò mai”. Così
era. Jungkook avrebbe potuto metterlo alla porta cento volte, centouno
volte
lui sarebbe tornato a bussare. Voleva che questo gli fosse chiaro.
–
Credo di essere
andato a dormire. Non ricordo bene a dire il vero. Lo sai come sono con
l’alcol
– e gli rivolse uno dei suoi ampi sorrisi. Vedendo le spalle
di Jungkook
distendersi leggermente, seppe di aver fatto la scelta giusta a
nascondergli la
verità.
Hoseok
aveva detto a
Yoongi di non preoccuparsi, poteva tenere semplicemente il sacco mentre
lui
avrebbe pensato a raccogliere tutto, al che Yoongi aveva risposto di
sì senza
opporre resistenza, di nuovo. Da quando lo aveva trovato con lo sguardo
perso
nel vuoto davanti all’albero, Hoseok aveva avuto
l’impressione che Yoongi
avesse deciso di rispondere agli stimoli esterni con uno sforzo pari al
minimo
indispensabile – ovvero limitarsi a sollevare la testa se
qualcuno lo chiamava
ed evitare l’uso delle parole a meno che queste non fossero
strettamente
necessarie – e di portare ai minimi termini la propria
iniziativa personale
muovendosi quasi solo dietro istruzione di Hoseok.
“Yoongiah,
forse è meglio se indossi una felpa”,
“Yoongi,
dovresti prendere un po’ più di riso”,
“attento
a non pestare quella pozza di soju con i calzini”.
Hoseok era preoccupato.
Che Yoongi si chiudesse in sé stesso era una cosa frequente,
però non gli era
mai successo di vedere il ragazzo così. Aveva
però tanta paura di chiedere cosa
avesse fatto, quanta di non fare assolutamente nulla. Decise di
prendere il discorso
alla larga, mentre con la scopa dava forma a un piccolo mucchietto di
bicchieri
e tovaglioli:
–
Yoongi, sei sicuro
di esserti riposato a sufficienza? Sembri un po’ stanco,
nessuno se la prenderà
se vuoi tornare a dormire – si fermò per guardare
l’amico. Lo vide fare uno
sguardo confuso, quasi come se fosse meravigliato dal sentirsi porre
quella
domanda.
–
No, sto bene
Hoseokah, perché me lo chiedi?
Possibile
non si
rendesse conto di quanto questa volta il suo atteggiamento fosse
strano? Si
muoveva quasi da automa, non parlava e sembrava perdersi nei suoi
pensieri ogni
dieci secondi. Questo non era uno dei suoi soliti momenti dove era
brusco o
semplicemente scostante, questo era qualcos’altro. Di solito
quando il ragazzo
era di cattivo umore o aveva voglia di essere lasciato in pace, era
anche
consapevole del suo atteggiamento ed infatti ogni volta che poi
qualcuno gli
chiedeva se ci fosse un problema, si scusava, seppure a mezza bocca, o
cercava
di spiegarne in breve la motivazione. Il fatto che invece adesso Yoongi
non
sembrava avere nessun tipo di coscienza del modo in cui si stava
comportando
fece salire un brivido su per la schiena di Hoseok. Per la prima volta
nella
storia della loro amicizia, sentiva di non sapere che cosa fare.
****
Sebbene
avessero
mangiato appena due ore prima, i sei ragazzi fecero cena insieme
intorno alle
diciannove, così da poter andare a dormire presto senza
morire di fame durante
la notte, e fu solo durante la cena che ci fu maggiore
vivacità nel gruppo e si
dette inizio a qualche commento sulla festa appena passata. A un certo
punto
Jin chiese:
–
Jungkookie, come
sta Jiminie? Credi possa andare se gli facciamo una visitina? O dorme
di nuovo?
–
No, no, la febbre
c’è ancora un po’, ma credo sia poca e
dopo aver dormito quasi tutto il giorno
e mangiato quello che gli ho portato sta meglio – Jungkook si
mise poi a
ridere, mettendo le mani avanti – e comunque non dovete
chiedere il mio
permesso per vederlo.
–
Quindi non devo
ottenere il tuo lasciapassare per tornare a vivere con lui? –
disse Taehyung,
attirandosi una botta sulla spalla da parte di Jungkook e suscitando
un’ondata
di risolini negli altri. Hoseok guardò velocemente verso
Yoongi e vide che
stava continuando a mangiare come se non avesse sentito nulla e di
nuovo si
sentì angosciato.
–
Siete tutti così
spiritosi – disse Jin con tono sarcastico –
chiedevo a te Kookie solo perché
sei l’unico ad averlo visto. Quando si è deboli e
in convalescenza è meglio non
avere troppa gente attorno.
–
Prima avevo troppo
sonno per chiederlo, ma cosa è successo esattamente? Quando
si è sentito male?
– Namjoon pose questa domanda mentre prendeva la brocca dal
centro del tavolo –
aah, è finita l’acqua!
–
Dammi, vado io –
disse Yoongi con una velocità fulminante. Prese la brocca
dalle mani di Namjoon
e si alzò in fretta per andare in cucina. Hoseok
sollevò un sopracciglio.
–
Dunque, cosa è
successo? – riprese Namjoon guardando Jungkook e senza far
caso a Yoongi. Il
ragazzo spiegò come avesse ricevuto un messaggio confuso da
parte di Jimin dove
gli chiedeva di uscire fuori a prenderlo perché si stava
sentendo male.
Raccontò quindi di come avesse lasciato tutto e si fosse
precipitato in cortile
per trovarlo seduto sulla neve, appoggiato al muro e in stato di semi
delirio.
Jin si passò una mano sulla fronte:
–
Non avremmo mai
dovuto farlo bere così, non dopo che aveva evitato per un
pelo l’influenza.
Jungkook
rimase in
silenzio, Namjoon annuì mentre Taehyung e Hoseok aprirono la
bocca nello stesso
momento.
–
Scusa, vai tu
hyung.
–
Stavo solo per dire
che non capisco come gli sia potuta sfuggire così di mano la
situazione, di
solito è raro che Jiminie perda il controllo.
–
Lo so – disse
Taehyung pensieroso mentre si portava un po’ di riso alla
bocca – ma adesso sta
bene ed è quello l’importante. Non era facile per
noi tenerlo troppo d’occhio,
c’era il buio, la musica alta, le persone intorno…
–
E la nostra tremenda
capacità di sopportare l’alcol, vero Taehyungie?
– gli disse Hoseok facendogli
l’occhiolino.
–
Io stavo meglio di
te però hyung, e sono più piccolo – gli
rispose l’altro mostrandogli la lingua.
Sentendo
gli
schiamazzi degli altri, Yoongi si chiese dalla cucina se non fosse il
caso di
tornare in sala. La brocca era stata già riempita da diversi
minuti, ma lui
stava ancora cercando il coraggio di rimettere piede
nell’altra stanza. Ora che
il discorso sembrava starsi concludendo pensò che forse
sarebbe potuto tornare
a tavola prima che qualcuno lo chiamasse chiedendo dove fosse finito.
La brocca
si era svuotata al momento giusto, evitandogli così di
ascoltare il racconto di
Jungkook. Sapeva già come erano andati i fatti, era anzi
l’unico a sapere come
fossero andati davvero,
perché
nessuno era lì fuori al gelo con Jimin eccetto lui. Non
voleva ascoltare di
come Jungkook avesse ricevuto un messaggio da Jimin. Sapeva
già anche questo e,
di nuovo, era l’unico a sapere la verità. Quel
messaggio lo aveva mandato lui
ed era stata la cosa più difficile che avesse fatto nella
sua vita. Non aveva
bisogno che gli facessero rivivere quel momento. Non voleva ripensarci,
lo
aveva già fatto fin troppo. Era rimasto ore a pensare quanto
avrebbe voluto
essere stato lui a portare Jimin in salvo, metterlo a letto e accudirlo
fino al
mattino. Non sapere come si sentisse, non sapere cosa stesse facendo
nell’altra
stanza lo faceva impazzire. Si odiava adesso per essere stato un idiota
fin
dall’inizio. Era sempre stato così tranquillo,
così sicuro di avere Jimin
vicino a sé che non si era mai dato pena di fargli capire
ciò che significava
realmente per lui. Come poteva però mostrargli qualcosa di
cui lui stesso si
era accorto solo adesso? Si odiava per non aver capito mai nulla ed
essersi
lasciato scappare ciò che amava tra le dita. Ma Jimin
meritava di avere ciò che
desiderava e lui si sarebbe fatto da parte, scomparendo a poco a poco.
****
–
Posso entrare
Jiminie? – chiese Taehyung mentre chiudeva delicatamente la
porta. L’amico lo
accolse con un sorriso enorme, e gli occhi gli divennero ancora
più brillanti
quando si posarono sul piattino che l’altro aveva in mano.
Taehyung se ne
accorse e sorrise soddisfatto – Abbiamo finito di cenare da
poco, ti ho portato
una fetta di torta. Jin non voleva perché dice che non aiuta
a riprendersi
dall’influenza, ma ho approfittato di un attimo di
distrazione per prenderne un
pezzetto e correre quassù. Lo so che ti piacciono i dolci.
–
Taehyungie sei il
migliore! – Jimin arraffò il piattino dalle mani
di Taehyung appena questi si
fu messo a sedere vicino a lui. Non avrebbe dovuto avere molto appetito
vista
la sua condizione, ma la vista della torta di Jin glielo aveva fatto
venire
– ti ho
mai detto che ti voglio bene?
– Qualche volta si. Spero tu
me ne voglia per
motivi più seri però.
– Qushto è umhn
mtivo ssherioh – replicò
Jimin con la bocca piena.
–
Continui a farci
prendere spaventi Jiminie.
Jimin
ingoiò
sonoramente il suo boccone e guardò Taehyung con occhi
mortificati:
– Lo so, e mi sento
malissimo in proposito
infatti. Non so cosa altro dire se non che mi dispiace.
–
Per questa volta
passa. Però ti sei giocato tutte le possibilità
che avevi di farci preoccupare per
almeno i prossimi sei mesi – disse Taehyung scompigliandogli
i capelli neri. Jimin
annuì sorridendo e riprese a mangiare la torta. Taehyung si
mise a guardarlo
con affetto. Sollevò un sopracciglio:
–
Certo, bisogna
riconoscerti il merito di aver saputo badare a te stesso mandando quel
messaggio a Kookie.
Jimin
inclinò la
testa di lato:
–
Che messhaggio?
–
Non ricordi? Ieri
hai mandato un messaggio a Junkookie chiedendogli di venirti a prendere
fuori
perché ti stavi sentendo male. Per questo motivo ha potuto
aiutarti subito –
Jimin aveva smesso di mangiare e si era fatto così serio che
fece sentire
Taehyung allarmato – possibile che non ricordi assolutamente
nulla?
–
Tae… c’è un momento
di cui ho un totale buco nero. Non so cosa abbia fatto o detto. Quindi
no, non
sapevo di aver inviato quel messaggio.
Prima
che Taehyung
potesse replicare si sentì bussare e un attimo dopo il viso
sorridente di
Hoseok fece capolino nella stanza.
–
Jiminieeeeee!
Posso? – Senza
aspettare risposta entrò
e si mise ai piedi del lettino, gambe larghe e mani sui fianchi
– Spero
Jungkookie si sia occupato bene di te.
Jimin
cercò di
mantenere la voce il più stabile possibile mentre rispondeva
che andava tutto
bene e il peggio era passato.
–
Bene. Cerca di
riprenderti presto e inizia a preparati fin da ora, l’anno
prossimo ti faremo
recuperare queste pulizie scampate.
Jimin
sorrise:
– Spero Jin-hyung non vi
abbia fatto lavorare
troppo vista la mia assenza.
–
Siamo
sopravvissuti. Tu invece non è detto vedrai l’alba
di domani se non ti sbrighi
a finire quella torta prima che salga quassù. Un fato
peggiore potrebbe invece
aspettare te Taehyungie.
– Tranquillo –
rispose Taehyung – Jin-hyung
è già stato qui insieme a
Namjoon-hyung quindi siamo entrambi fuori dai guai – e si scambiò
uno sguardo d’intesa con Jimin.
–
Oh, perfetto.
Dunque sono venuti proprio tutti… –
Sembrò non sapere cosa dire e Jimin lo
guardò in attesa, sbattendo le
palpebre un paio di volte. Non tutti.
È
il suo turno adesso, no? – Beh, è tempo
che io vada a dormire. Jiminie,
Yoongi… credo sia molto stanco oggi, e… si
è già addormentato. Ovviamente però
è contento anche lui che ti senta meglio. Se fosse stato
sveglio sarebbe
venuto, ma si è davvero addormentato
all’improvviso e non mi sembrava il caso
di-
–
No, va tutto bene –
disse Jimin interrompendo il più grande – Non
c’è problema, dopo ieri è normale
avere già sonno per tutti, figuriamoci per Y-Yoongi-hyung.
Dalla
soglia della
porta, Hoseok rivolse a Jimin un sorriso di scuse:
–
Vi vedrete domani a
questo punto. Buonanotte Jiminie. Tu Taehyung vieni?
–
Rimango un altro
po’ qui, aspetto che Jungkookie salga così mi
dà il cambio con il malato –
rispose sorridendo e dando una piccola pacca sulla coscia di Jimin.
Hoseok
annuì e tornò
in camera da solo. La luce era spenta, due letti ancora vuoti, uno no.
–
Yoongi sono io,
Taehyung rimane ancora un po’ da Jiminie quindi puoi anche
smetterla di fingere
di dormire – sentì un “mmh”
provenire dal letto di Yoongi – non chiedermi più
di coprirti mentendo in faccia ai miei amici. Dopo la notte che ha
passato, mi
sono davvero vergognato a cercare un modo per giustificare la tua
assen-
–
Hoseokah, io sto
effettivamente dormendo. Sono stanco. Jiminah sopravvivrà
una notte senza
vedere il mio viso.
Hoseok
sollevò gli
occhi al cielo:
–
Fa come vuoi –
disse bruscamente mentre si infilava i pantaloni del pigiama. Vi fu
silenzio
per qualche minuto finché Hoseok non si mise sotto le
coperte e tirò un sospiro
– Yoongiah, non so cosa tu abbia fatto. Se non stai
bene… mi dispiace. Mi
dispiace e lo sai che se hai bisogno sono qui per te. Però
oggi sei stato
davvero così strano, non solo con me, ma con tutti, hai
detto sì e no due
parole in tutta la giornata e… non capisco
perché. Aiutami a capire perché?
Yoongi?
A
Yoongi si strinse
il cuore. Era buio e lui era disteso nel suo letto cosi come Hoseok nel
proprio, quindi non potevano vedersi, ma la voce strozzata
dell’amico gli aveva
fatto intuire che era prossimo alle lacrime. Stava malissimo, non
riusciva a
sentire altro che dolore dentro di sé, ma ferire Hoseok era
l’ultima cosa che
lo avrebbe aiutato a stare meglio. Cercò le parole da usare:
–Scusami.
Non credevo
di averti fatto preoccupare tanto. Scusa. Non è…
– strizzò
gli occhi e inspirò profondamente
prima di continuare – non è nulla di grave,
davvero. Una serie di cose.
Pensieri, riflessioni sull’anno passato e il futuro. La
stanchezza della festa,
il sonno. Tante cose insieme mi hanno… reso peggio del
solito. Ma non devi
preoccuparti, va bene? – silenzio – Va bene
Hoseokah?
–
…sicuro?
–
Si. Però se dovessi
fare così di nuovo, puoi avere pazienza con me per favore?
– la sua voce
profonda si era fatta ancora più bassa – Ho
bisogno che tu abbia pazienza con
me.
Sentì
Hoseok lanciare
un risolino:
–
Sedici anni non ti
hanno ancora dimostrato quanta ne possa avere?
Yoongi
sorrise
debolmente, e cercò di fermare le lacrime prima che
uscissero. Una vita passata
a controllarsi perfettamente ed ecco che nelle ultime ventiquattro ore
era già
la seconda volta che avrebbe voluto scoppiare in un pianto dirotto.
Questa
volta però si controllò. Si girò su un
fianco e sistemò meglio la testa sul
cuscino:
–
Buonanotte Hobi.
****
Jimin
avrebbe voluto concentrarsi su ciò
che Taehyung e Jungkook stavano dicendo, sul serio, ma per quanti
sforzi
facesse ogni quattro parole perdeva il segno. Stavolta però
non c’entrava nulla
il solito fatto che quando i due ragazzi parlavano tra loro seguire i
loro
discorsi era davvero difficile. Piuttosto, il motivo per cui Jimin si
trovava
incapace di partecipare alla conversazione era semplicemente che aveva
la testa
da un’altra parte. La visita di Hoseok lo aveva lasciato
molto scosso. Aveva
atteso tutta la giornata la visita di Yoongi. Da un lato la temeva.
Rivederlo
dopo ciò che aveva pensato la scorsa notte, dopo
ciò di cui aveva preso
coscienza, sarebbe stato duro. Non aveva ancora neppure
l’ombra di un’idea su
cosa dirgli o su come comportarsi, tantomeno su cosa fare per fare per
rimanergli vicino nel modo più silenzioso e meno ingombrante
possibile. Mentre
era solo nella stanza aveva avuto modo di riflettere ed era giunto alla
conclusione che la cosa più semplice fosse far fare a lui.
Yoongi avrebbe
potuto dettare tutte le condizioni. Cercarlo quando si sentiva,
chiamarlo quando
voleva, anche fosse stata una sola volta al mese. Purché
quella volta ci fosse.
Il senso di abbandono continuava a perforargli l’anima come
un trapano, ma se
fino al giorno prima aveva pensato che il modo migliore per scapparvi
fosse
voltare del tutto le spalle al ragazzo, adesso sapeva che questa per
lui non
era una soluzione possibile perché lo avrebbe fatto stare
ancora peggio.
Avrebbe dunque sopportato tutto e finché l’altro
glielo avesse permesso gli
sarebbe rimasto affianco. “Vederlo saranno mille chiodi nel
petto”. Li avrebbe
affrontati uno per uno pur di non sentirsi morire come aveva fatto
ieri. Però
il fatto che Yoongi non si fosse fatto vivo per tutta la giornata e che
addirittura alla fine avesse usato Hoseok come proprio portavoce lo
aveva
sconvolto. Una parte di lui gli diceva che era meglio così,
era ancora troppo
debole ed era solo un bene che l’incontro fosse stato
procrastinato. Ma
un’altra parte voleva davvero rivederlo. Aveva bisogno di
sapere che non si era
del tutto dimenticato di lui e che in qualche modo lo voleva ancora
nella sua
vita. Era tutto ciò di cui aveva bisogno, non voleva altro.
Si sarebbe
accontentato delle briciole e se le sarebbe fatte bastare. Lo avrebbe
addirittura ringraziato per avergliele date. Però se gli
avesse tolto anche
quelle… Strinse i pugni nella coperta più forte e
iniziò a respirare più
pesantemente. Jungkook, seduto di fianco a lui nel lato opposto a
Taehyung, se
ne accorse subito.
–
Jiminie? Tutto ok?
Sei di nuovo rosso.
–
Ti abbiamo stancato
troppo! Ora torno in camera, scusami – disse Taehyung
scattando in piedi.
Con
fatica, Jimin
riuscì a sorridere all’amico dicendo che non era
nulla di grave, ma sarebbe
stato meglio per lui mettersi subito a dormire. Jungkook lo fece
distendere e
accompagnò poi Taehyung alla porta:
–
Dicono che la notte
la febbre tenda a salire sempre un po’, non credo ci sia
nulla di cui
preoccuparsi.
–
Si, è normale. Però
deve riposarsi. Grazie per quello che stai facendo per lui Kookie. Mi
scoccia
ammetterlo, ma stai forse facendo un lavoro migliore di quello che
farei io.
–
E dov’è la novità?
– rispose Jungkook con un ghigno e strizzando un occhio.
Tornato
dentro vide
Jimin raggomitolato da un lato. Aveva le guance un po’ rosse,
ma respirava
regolarmente da sotto le coperte e Jungkook si
tranquillizzò. La notte sarebbe
sicuramente passata senza problemi. Si mise il pigiama silenziosamente
e si era
appena seduto sul letto quando sentì Jimin chiamarlo:
–
Kookie… ho freddo.
Vuoi… – affondò la testa nel cuscino e
le parole vennero fuori attutite, tanto
che Jungkook lì per lì temette di aver capito
male – potresti dormire qui
vicino a me anche stanotte?
Note
dell’autrice: Hello, ecco
il nuovo capitolo ~
Dunque…
da dove partire? Facciamo da Jimin, che è il personaggio
più
centrale qui. Come avevo anticipato sulle scorse note, un punto
decisamente
essenziale si è chiarito (spero): quelli che sono i
sentimenti di Jimin per
Yoongi. Il paragrafo iniziale dove parla in prima persona è
un esperimento che
ho voluto fare. Non amo molto le narrazioni in prima persona e dunque
non la
uso mai, però questa volta ho pensato che forse la maniera
migliore per
descrivere al meglio le emozioni di Jimin mentre si trovava in quello
stato
così confuso fosse proprio lasciare la parola direttamente a
lui. È davvero la
prima volta che scrivo in prima persona quindi è stato un
po’ un leap of faith
affidarle un momento così importante, però volevo
provare e dunque questo è
quanto è uscito. Ciò che conta è che
si sia capito quello che pensa Jimin e
questo punto viene esplorato poi anche più in là
nel capitolo. Anche lui prova
qualcosa di più che semplice amicizia per Yoongi. Sono due
idioti che si amano
e non se lo dicono perché non hanno capito nulla. E il
problema più grande
adesso che ognuno ha avuto la propria “rivelazione”
è che le loro decisioni in
merito a come affrontare la situazione sono opposte, ma anche
inconciliabili:
Yoongi vuole lasciare Jimin in pace, mentre Jimin se da un lato ha
capito che
non può fare a meno di essere nella vita di Yoongi, anche
solo come contorno,
dall’altro, non sapendo cosa altro fare, ha deciso di
lasciare la palla a
Yoongi e aspettare che detti lui le sue condizioni. Dunque,
è tutto molto
confortante e roseo J J
Per quanto poi riguarda Jungkook, Jimin vede in lui una sorta di porto
sicuro al momento. Diciamo che si sta abituando a determinate
attenzioni e
adesso che si sente così vulnerabile non riesce ad
allontanarle e soprattutto
non vuole che anche l’altro ragazzo lo lasci solo.
In tutto
ciò Taehyung capisce più cose su Jungkook di
quanto il suo
carattere sereno e distratto possa far pensare, mentre Hoseok al
contrario non
ha ben chiaro cosa stia avvenendo in Yoongi. Non si può
biasimarlo però. Non
può immaginare al momento che il malessere
dell’amico derivi dalla situazione
di Jk e Jimin. Tutto ciò che lui sa è che Yoongi
era normale durante la festa,
e poi Jimin si è sentito male e Jk lo ha aiutato, il che non
è nulla di
traumatizzante come fatto in sé. Forse se i due fossero
entrambi stati in
salute e si fossero chiusi per ore in camera, allora Hoseok avrebbe
potuto
pensare che Yoongi fosse turbato per questo, ma Jimin era malato,
letteralmente
non c’è nulla riguardo Jimin e Kookie che ai suoi
occhi possa aver sconvolto Yoongi
così tanto da giustificare il suo comportamento. Dunque sta
male a vedere
Yoongi in questo stato, perché non sa come aiutarlo.
Io giuro che
voglio bene a questi personaggi e non voglio che soffrano,
però certe scelte sono necessarie >.<
Spero comunque che questo capitolo abbia chiarito definitivamente un
dettaglio principale, ovvero quello che Jimin prova nei confronti di
Yoongi, ed
abbia in generale chiarito ciò che i vari personaggi provano
l’uno per l’altro.
La citazione iniziale è riferita a Jimin, ho pensato
rappresentasse bene il
suo stato confusionale quando ha provato determinate cose.
Mi fermo qui con queste note lunghissime. Grazie come sempre per aver
letto
fin qui ♥♥ Ci vediamo sul
prossimo capitolo!
Baci, Elle