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Autore: Leila 95    26/10/2017    3 recensioni
Da quando si erano trasferiti in quel minuscolo paesino, lontano anni luce dal resto del mondo e dimenticato da Dio, Leia non aveva avuto una vita facile: aveva dovuto fare i conti con una realtà diversa, alla quale si ostinava a non volersi abituare. Nuove persone erano entrate nella sua vita, e non con tutte aveva stabilito un buon rapporto...
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Han Solo, Luke Skywalker, Principessa Leia Organa, Un po' tutti, Wedge Antilles
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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          Capitolo XI
Per Han, Corellia non era mai stato un paese ospitale. In particolare, quel dedalo di viuzze che una volta era stato il suo quartiere – il quartiere dove era cresciuto e dove aveva imparato a vivere – non era solo un mercato a cielo aperto, era anche un bordello a cielo aperto e una latrina a cielo aperto. Sul marciapiede le prostitute giravano a tutte le ore, anche in pieno giorno, strette nei loro miniabiti che mettessero bene in evidenza la mercanzia che offrivano e che rendessero chiaro a tutti che ci facessero lì: chiacchieravano amabilmente fra loro, ridevano e di tanto in tanto fumavano una sigaretta, aspettando con pazienza qualcuno che – prima o poi – sarebbe passato a prenderle. L’odore di escrementi era insopportabile, misto ad un odore di cibo bollito (cipolle o stufato di carne, nessuno lo sapeva con precisione) che impregnava irrimediabilmente i vestiti e dava la nausea. Ai margini delle strade c’erano capannelli di vecchi che giocavano a carte; di tanto in tanto un mendicante pregava per qualche spicciolo.
 
Quel quartiere per Han era stato la peggior scuola che un ragazzino poteva frequentare: a tredici anni aveva iniziato a contrabbandare sigarette e alcolici, come molti altri suoi coetanei; a quattordici era passato al traffico illegale di pezzi di auto e moto, che rubava all’autodemolizione e che aveva imparato a rigenerare e a spacciare per nuovi. I soldi che guadagnava gli servivano per mangiare, per comprarsi i vestiti che i suoi genitori non erano in grado di pagargli, per comprare i libri per la scuola a sé e a suo fratello: seppure spinto dalla necessità, sapeva già allora tuttavia di non stare facendo la cosa giusta.
Ora tornava in quei luoghi da uomo adulto, onesto: aveva un lavoro vero, una casa tutta sua, dei vestiti puliti che non fossero stati rattoppati già mille volte. Era cambiato, ma non poteva dire lo stesso di quel posto: ragazzini come un tempo lo era stato anche lui gli tagliavano la strada guidando motorini e scuter – pur avendo solo otto o dieci anni al massimo; ne vedeva alcuni che avevano valigette piene di pacchetti di sigarette di contrabbando, che contrattavano con persone che potevano essere i loro genitori, se non addirittura i loro nonni, e che fuggivano in fretta e furia quando sentivano in lontananza le sirene della polizia. Anche lui era stato un ragazzino come quelli, che viveva alla giornata: li capiva, non riusciva a guardarli con disprezzo e superiorità.
Più ci pensava, e più si rendeva conto che uno come lui non poteva stare con una ragazza perbene come Leia: se lei avesse visto il degrado in cui aveva vissuto, se avesse saputo ciò che aveva fatto per tirare a campare, probabilmente sarebbe fuggita a gambe levate.
 
Di tanto in tanto andava ancora a Corellia, per andare a trovare sua madre, come in quel momento: con lei non aveva un rapporto idilliaco, ma era pur sempre sua madre ed era l’unico parente che ancora gli restava. Sua madre era rimasta incinta di lui quando aveva solo sedici anni – poco più che una ragazzina – e per questo era stata cacciata via di casa. Suo padre non mancava mai di ripetergli che il suo concepimento era stato uno sbaglio, un errore…un’imprudenza, e così Han aveva finito col crederci davvero. I suoi genitori poi si erano sposati, quando mancava poco a che lui nascesse, e dopo quattro anni era nato suo fratello Henry. Insomma, non erano mai stati una famiglia felice.
Prima di arrivare a casa passò come al solito dal cimitero, dove c’era la tomba di suo fratello. Non era una persona religiosa, ma andare a salutarlo e portargli dei fiori freschi (margherite, il suo fiore preferito) era un modo per immaginare che fosse ancora con lui. Dalla piccola fotografia posta sulla tomba Henry lo guardava sorridente e spensierato come se lo ricordava, con quel suo faccino spruzzato di lentiggini: Henry sarebbe rimasto un bambino per sempre, ingenuo e puro – mentre lui col tempo era cambiato e si era irrimediabilmente corrotto.
 
Ovviamente aveva avvertito sua madre del fatto che stava arrivando e che si sarebbe trattenuto come sempre per un paio di giorni. Non voleva trovarsi in una situazione imbarazzante: sapeva che sua madre a volte si portava a casa qualche uomo e si faceva pagare per prestazioni sessuali. Non si definiva una prostituta – lei – quanto piuttosto una geisha, o una mantenuta: era lei a scegliere i suoi uomini e a invitarli a casa sua, non batteva il marciapiede come le sgualdrinelle. Viveva da sola, ormai, e poteva fare quello che voleva: non lo faceva per soldi, per necessità, ma piuttosto per divertimento, per il piacere perverso di sottomettere gli uomini con il suo fascino – lei che dall’altro sesso era stata sempre sottomessa, da suo padre, dai suoi fratelli e infine da suo marito. Per Han la differenza non era poi tanta: vendeva il proprio corpo al miglio offerente, a uomini senza scrupoli e senza dignità, che cercavano in lei niente altro che un piacere fisico per qualche ora. Ma, ad ogni modo, chi era lui per giudicare il comportamento di sua madre? Non aveva fatto un uso migliore del proprio corpo, fino ad ora: anche lui, come lei, si era svenduto praticamente a qualsiasi ragazza di Tatooine. Non lo aveva fatto per soldi – era vero – ma lo aveva fatto comunque per un suo tornaconto personale: non c’erano sentimenti, niente di romantico nelle sue frequentazioni.
 
Se ne stava lì seduto senza dire niente, mentre sua madre gli raccontava delle compere dalle quali era appena tornata e di altre faccende senza importanza. A stento l’ascoltava, perso com’era nelle sue elucubrazioni mentali che avevano come comune denominatore una certa principessa dagli occhi color cioccolato e dai lunghissimi capelli corvini. “Sto uscendo con una ragazza, da un po’ di tempo” disse ad un tratto, senza rendersene conto, approfittando di una breve pausa in quel suo chiacchiericcio senza fine. Non voleva tirare in ballo quell’argomento, non con sua madre almeno…quella frase gli era uscita di getto mentre era sovrappensiero e quando si era accorto del danno fatto era troppo tardi per rimangiarsela.
Sua madre lo guardò, non riuscendo a trattenere un’espressione stupita. Han era un uomo adulto ormai e di certo aveva avuto le sue storie – anche se non ne aveva mai parlato con lei prima di allora. “È la prima volta che esci con una ragazza?” chiese.
“No.” Non era la prima volta, ma sperava sinceramente che fosse l’ultima.
“Non mi hai mai parlato della tua vita sentimentale. Perché me lo stai dicendo?”
Han si schiarì la voce, un po’ a disagio. “Non lo so. Forse perché è diversa dalle altre…credo.”
Diversa in che senso?” Quello che la donna temeva era che il figlio si fosse davvero innamorato, e che fosse pronto a rovinarsi la vita per una donna.
“Non lo so” ripeté il giovane. “Mi sembra speciale.” Sospirò frustrato: quella di parlarne con sua madre era stata davvero una pessima idea – si disse. Non sembrava stesse capendo, ma come poteva biasimarla in effetti: probabilmente non aveva mai conosciuto una persona che l’avesse amata in vita sua. I suoi genitori l’avevano cacciata via di casa, suo marito – il padre dei suoi figli – non le aveva dato altro che botte …era ovvio che non nutrisse grandi aspettative nelle relazioni umane.
Per qualche momento tacquero entrambi. Han tamburellava con le dita sul tavolo mentre sua madre continuava a sistemare la spesa nella vecchia credenza. Quando ebbe finito, prese una bottiglia di gin e due bicchieri, e mise tutto sul tavolo. Versò un paio di dita di liquore in ogni bicchiere e si sedette al tavolo di fronte a lui. “Come si chiama?”
Han vuotò il bicchiere in un sorso solo. “Leia.”
“È carina?”
“Molto.” Sorrise genuinamente, pensando ai suoi tratti delicati, al colore dei suoi occhi. Era davvero bella. Anche sua madre lo era, nonostante l’età e tutto ciò che aveva sopportato, ma di una bellezza diametralmente opposta: sua madre era il genere di donna che eccitava gli uomini, che stuzzicava i loro istinti e li rendeva animali, Leia invece era dolce e innocente come una creatura angelica – non sembravano neppure appartenere alla stessa razza. “È così semplice e…ingenua…”
“Intendi dire che è vergine?” chiese diretta sua madre.
Han sbuffò e scosse la testa con aria di disappunto: sua madre sapeva pensare solo al sesso – in questo era peggio di un uomo – e, soprattutto, non concepiva una relazione in cui questo aspetto non c’entrava per niente. Non ancora almeno.
“Non volevo dire questo” rispose asciutto. “Intendo che è una brava ragazza, troppo per stare con uno come me.” Sapeva che fra di loro non poteva andare, ma più ci pensava e più era animato da un desiderio di possesso quasi morboso: voleva Leia, e voleva che fosse solo sua e di nessun altro.
La donna si avvicinò a lui e gli prese le mani nelle sue. “Capisco che è speciale per te, Han – lo leggo nei tuoi occhi. Mi piacerebbe conoscerla…questa Leia, per capire che potere ha su di te.”
“Non se ne parla proprio!” esclamò Han in un impeto d’ira.
“Perché no? Ti vergogni di me?”
Il giovane sospirò e si svincolò dalla presa della madre. Non voleva ammetterlo, perché sapeva quanto sua madre fosse permalosa, ma in effetti era vero: si vergognava innanzitutto di se stesso, e poi anche del luogo in cui viveva e della sua famiglia – di quello che restava. “Non è questo” disse piano. “È che è ancora troppo presto…stiamo insieme da pochissimo e non so ancora bene come evolverà la storia.”
“Okay” fece la donna, tornando ad accarezzargli la mano serrata attorno al bicchiere. “Non voglio forzarti, ma sappi che prima o poi devi portarla qui.”
“Potrebbe anche non essere nulla di serio” insistette Han.
“Eh no, tesoro mio. Non te la cavi così.” Voleva accarezzarlo su una guancia, ma Han respinse prontamente la sua mano: odiava le sue dolciastre manifestazioni di affetto. “Non ti ho mai visto tanto in pena per qualcuno e non è da te.”
Han fece per dire qualcosa, ma sua madre lo zittì con un gesto della mano. “Sono tua madre. Ti conosco meglio di chiunque altro.” Si versò un altro po’ di gin, poi disse – non senza una punta di malizia: “Te la se già portata a letto?”
Han la fissò per un momento, poi proruppe in una risata nervosa. “Che accidenti c’entra questo ora?!” chiese. L’ultima cosa che voleva era discutere della sua vita sessuale con sua madre.
“Non essere timido...non devi avere vergogna a parlare con me di queste faccende! Allora?”
Il giovane sbuffo frustrato. “No.”
“Avevo ragione!” esclamò la donna soddisfatta, battendo le mani in modo febbrile. “La cosa è ben più seria di quanto vuoi dare a vedere, tesoro. Tu sei cotto a puntino!”
“Finiscila, mamma!” Si alzò in piedi, per darle le spalle ed evitare così il suo sguardo entusiasta. Andò alla finestra e si accese una sigaretta.
“Il fatto che non te la sei ancora portata a letto” continuò sua madre come se niente fosse “significa che per te è più di una semplice distrazione, altrimenti l’avresti sbattuta sul primo appoggio utile e ti saresti infilato in mezzo alle sue gambe senza farti tutti questi scrupoli. Ti sei innamorato, e se ti sembra così strano, è solo perché non ti è mai capitato prima.”
Han si voltò a guardarla con la sigaretta fra le labbra, non nascondendo il suo disgusto per la volgarità di sua madre, che non finiva mai di stupirlo – in negativo, ovviamente. Tuttavia aveva ragione – si era innamorato: per questo non sapeva come comportarsi, per questo si sentiva così smarrito, tanto da essere andato a chiedere aiuto addirittura a sua madre, che di queste cose non si intendeva affatto.
“È una bella cosa essere innamorati, Han. Non dovresti starci così male. In effetti, poi, lei non ti ha detto di no…”
“Non ancora.”
“E non abbatterti ancor prima che cominci” disse sua madre per dargli coraggio. “Sei un bel ragazzo e hai tante belle qualità – non hai nulla che non vada. Questa Leia non potrà avere nulla di cui lamentarsi…non sarà mica una principessa?”
Forse non per il resto del mondo, ma per lui certamente lo era. 

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NOTE DELL'AUTRICE
Eccomi qui con il nuovo capitolo!
Ho voluto approfondire maggiormente la figura di Han, il suo passato e il rapporto (nefasto) con la sua famiglia. Spero che questo mio "approfondimento" vi piaccia e non vi abbia deluso: Han è un personaggio oscuro, e mi è piaciuto dargli un passato doloroso che spiegasse la corazza nella quale si è chiuso con gli anni. Per chi non lo avesse capito ancora, Henry è il nome dell'unico fratello che Han possa mai avere - Henry (Indy) Jones :-D

Fatemi sapere cosa ne pensate della mia storia...recensioni e critiche sono sempre ben accette!

 
   
 
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