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Autore: tixit    26/10/2017    3 recensioni
Una ragazzina torna a casa e cerca di adeguarsi alla vita in famiglia.
Breve storia minore su personaggi minori che non è diventata originale.
Genere: Commedia, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Sorelle Jarjeyes, Victor Clemente Girodelle
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Sigyn la rossa'
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Non tutto può essere infinito

André era fermo, con le ginocchia leggermente piegate ed il fioretto puntato proprio davanti a lui, parallelo al terreno così come il maestro d’armi gli ripeteva sempre. Con aria rilassata studiò le mosse di Oscar, che, in silenzio, si stava scaldando senza degnarlo di uno sguardo.

Swish!

Il sibilo del fioretto di Oscar, nel silenzio del mattino sembrò quello di una frustata.
André rabbrividì. 
Poi frugò nel taschino del giustacuore e ne estrasse due salvapunta, uno lo gettò ai piedi del suo avversario, con un gesto noncurante e l'altro lo assicurò sul fioretto senza alzare lo sguardo.

Oscar sollevò le sopracciglia ad arco, con una certa dose di sarcasmo inespresso. Sfiorò l'oggetto con lo stivale con circospezione, poi, con un sospiro plateale, lo sollevò dal terreno con la punta del fioretto, lanciandolo in aria per poi afferrarlo al volo.
Giocherellò con il bottoncino per qualche secondo - in realtà era grosso, molto più del normale, abbastanza largo da impedire che si ferissero ad un occhio accidentalmente - poi con cura si sfilò i guanti e lo applicò sulla punta della sua arma con uno zelo esagerato.

André fece finta di nulla - con il fioretto il volto non era un bersaglio valido e quella peste era molto corretta, di solito, lui lo sapeva bene - ma correttezza e controllo non erano la stessa cosa. Sapeva bene anche questo. Lei invece non lo ammetteva, aveva una grammatica tutta sua, dove il verbo sbagliare non aveva mai la prima persona singolare - al massimo un noi, ingoiato a fatica.

E comunque il bersaglio era il torso non per fare meno male ma per abituarli a farne tanto ed in modo definitivo.

"Sei stata severa con tua sorella." non poté trattenersi dal farglielo notare, ora che erano solo loro due.

Oscar non rispose né lo guardò, si limitò a stringere le labbra, osservandolo come se lui fosse una preda e lei un predatore.

I due si misero in posizione, gli occhi dentro gli occhi.
Il polso di André tremò leggermente, ma non abbassò lo sguardo.

"Sai davvero cosa è successo in Normandia?"

Oscar non rispose, si limitò ad inclinare leggermente il fioretto, sfiorando la lama di quello di André per poi ritrarsi, saggiando la velocità della sua risposta.

Fu lei ad attaccare, due balzi leggeri che sembravano una danza - non sollevò nemmeno la ghiaia dal terreno - due colpi inferti dall'alto che costrinsero André ad arretrare in difesa. Poi uno laterale che il ragazzino fu rapido a parare.

"Se preferivi allenarti con la spada potevi dirlo..." disse lui con tono leggero, ma il suo sguardo era inquieto e dardeggiava dagli occhi alle gambe da merlo di lei, cercando di capire in che direzione si sarebbe mossa.
La vide scattare e decise di correrle incontro, usando la forza per deviarle il colpo. Dopo il cozzo, balzò subito indietro, per non darle modo di riprovarci. Se avesse cercato di disarmarla forse ci sarebbe riuscito - aveva i polsi sottili il folletto - ma in caso contrario si sarebbero fatti molto male.

"Sai? Io non credo affatto che tu abbia aperto quella lettera." disse in tono deciso, mentre riprendeva fiato "Lo sai benissimo che non è corretto."

Oscar attaccò di nuovo, e André si spostò lateralmente, cercando di offrirle come bersaglio la minor superficie possibile del suo corpo. "Ma non è corretto nemmeno tormentarla con una storia di cui non sappiamo nulla."

Si chinò di colpo per evitare un suo affondo. "Anzi," soggiunse, cercando di mantenere un tono noncurante "direi che è stato piuttosto meschino."

L’attacco di Oscar fu rapido e André fu costretto ad arretrare sotto l'incalzare della sua furia. Quando si decise ad avanzare verso di lei per metterla in difficoltà, usando tutta la sua massa e la sua velocità per farla arretrare, stavolta lei era pronta e lo colpì al volto con l'impugnatura del fioretto.
André arretrò scompostamente, barcollando -  lo zigomo bruciava come l’inferno - e cercò di portarsi a distanza di sicurezza senza cadere a terra

Lei rimase ferma al suo posto mentre frustava l'aria con la lama. “Colpo fuori bersaglio.” disse con voce neutra.

André annuì. L'aveva intuito - trattenne un sogghigno.

"La severità è per proteggerla dalle cretinate che legge,“ soggiunse Oscar con voce gelida, ravviandosi i riccioli biondi, “è una femmina e non è in grado di distinguere la realtà dalle  disgustose fantasie scritte in qualche libro.“ diede le spalle ad André, mentre agitava il fioretto da allenamento come per saggiarne la flessibilità “Matrimoni segreti, l’esilio dalla famiglia, morire di parto... non è questo che voglio per lei.” socchiuse gli occhi irritata,”Quanto alla meschinità, tu mi batti perché la incoraggi. E quando succederà un guaio tu cosa farai? Le scriverai una poesia? Non sei nemmeno capace.” Oscar scosse le spalle.”Quanto al tormentarla ti ricordo che è lei che si comporta come se non avesse vinto un premio e che non fa proprio nulla per nasconderlo. Ma questa non è la Bastiglia. E Joséphine non è un orco. E, soprattutto,” Oscar si voltò e fissò i suoi occhi azzurri in quelli verdi di André “lei non è la Principessa sul Pisello."

Si rimise in posizione, con il braccio sinistro sollevato in una posa elegante "Il colpo al volto non vale, mi spiace.” disse arrossendo, “Ma tu ti faresti meno male," aggiunse in tono scontroso, "se non ti distraessi chiacchierando di cose che non ti riguardano affatto!"

André ritenne più saggio non stare a rispondere - per qualche motivo Oscar era arrabbiata con tutti e due e pensava pure di aver ragione - ma era inutile cercare di parlarle ora. Forse dopo cena.
 

Forse un po' di ragione ce l'aveva, rifletté, Sigyn aveva preso molto male il suo soggiorno a Palazzo, troppo. Qualcosa doveva sicuramente aver combinato.
Cioè non poteva non sapere, accidenti! Non era mica completamente svanita!
E quel tizio, Donne sarà anche stato un bravo poeta, ma questa faccenda di matrimoni segreti, non era proprio una cosa come si deve, lo capiva da sé, c’era qualcosa di disonesto dietro, un uomo deve essere un uomo - e di certo il Generale avrebbe fatto fuoco e fiamme.
Sapendo poi come la pensava suo padre sulle ragazzine che leggono senza controllo, forse Sigyn avrebbe fatto meglio a starsene molto tranquilla e ad interessarsi ad un buon libro di cucina invece che a questo tizio inglese - inglese! - di un paio di secoli prima..

E forse no, Oscar non aveva ragione. Cioè ce l’aveva, ma non completamente.
Le stavano insegnando a colpire il bersaglio dove faceva più male e a lei veniva proprio bene, tanto quanto suonare il violino - la peste aveva talento. Ed era una perfezionista.
Ma alla sua peste mancava una cosa: il dono, dopo aver sferrato il colpo, di non sentire minimamente il contraccolpo del rimorso. Lei lo sentiva eccome, ma ci arrivava dopo, parecchio dopo.

Così poi glielo avrebbe spiegato, che aveva ragione, aveva assolutamente ragione, però loro due quando giocavano ai pirati, non stavano mica progettando sul serio di imbarcarsi - Nonnina gli avrebbe levato la pelle a mestolate!
Davvero Sigyn era così diversa? Era una che non distingueva la realtà dai sogni? 
André strinse le labbra - Sigyn non era Oscar e non lo sarebbe mai stata, ma perfino il Generale aveva dovuto rinunciare a farle chiamare Oscar “Monsieur”, bollandola come stupida. La realtà Sigyn la vedeva, magari non sempre, magari su certe cose mai, ma sulle cose grosse si.

Ma questo ad Oscar non lo poteva dire e non l’avrebbe detto.

E poi Sigyn, con i compiti, il suo dovere lo faceva, più o meno, proprio come lo faceva Oscar e come lo faceva lui, anche con i suoi nastrini colorati e le sue scarpine ricamate. Per cui forse il Generale aveva torto sulle femmine o forse aveva proprio ragione, ma i suoi discorsi non si applicavano a tutte le femmine, o forse erano sbagliati solo con le Jarjayes. Specialmente con quelle piccole. Come è che si diceva? L’eccezione conferma la regola.

Quanto alla scontentezza da Principessa sul Pisello - André scosse la testa tra sé e sé - non piace a nessuno essere spediti qua e là come un pacchetto. Joséphine non sarà stata un orco, per carità, ma aveva accolto Sigyn con un’aria talmente tetra da far passare la gioia di vivere ad una maschera di Carnevale.

E poi non è che bisognava aver per forza combinato qualcosa, lui per esempio era arrivato lì per tutta una serie di ragioni, una più brutta dell’altra.

Ripensò a sua madre, con il suo sorriso gentile, che gli offriva una fetta di mela essiccata tuffata nel miele per asciugargli le lacrime - ci sarebbe voluto un pochino di tempo per passare oltre, Oscar questo proprio non lo capiva, non poteva: la peste era l’orgoglio del Generale. Lui le passava una mano tra i riccioli ogni volta che il folletto era proprio brava in qualcosa - meglio che niente, va bene, avrebbe meritato molto di più, ma accidenti!
Probabilmente Sygin non avrebbe mai dimenticato del tutto le sue fette di mela o qualunque altra cosa le mancasse e che sapeva che era persa per sempre.

E ci voleva tempo perché Oscar sbollisse qualunque cosa la stesse tormentando.

Si massaggiò lo zigomo che si stava gonfiando con un sospiro - quello di oggi sarebbe stato un allenamento molto lungo .



“Cosa fate qui?” brontolò Margot, aprendo la finestra dello Studio, per cambiare l’aria - le ragazze avevano appeno pulito il pavimento

Sigyn arrossì e poi mormorò che doveva rimettere un libro al suo posto.
Margot tese la mano, offrendosi di farlo al posto suo, ma la ragazzina scosse la testa - non si fidava, vedeva bene la scintilla di arroganza sul fondo di quegli occhi apparentemente placidi.
E poi si ricordava delle frustate - come dimenticarle? c’era stata dentro tutta la cattiveria di un cane che difende il terreno del proprio padrone. Da un estraneo, le era venuto da pensare - ad un certo punto, quindi, era stata declassata da Figlia Numero Cinque di Madame Marguerite a Dettaglio Irrilevante. Colpa di Joséphine.

Mère non lo avrebbe mai permesso e nemmeno l’Asciutta - gestire una casa non era una attività per gente da poco.

“E’ in una lingua che non conosci,” disse con una vocetta seria seria, riponendo senza fretta le poesie di Donne in una tasca  “non sapresti bene quale è il suo posto. Mio Padre non ne sarebbe contento.”

Poi guardò fisso in terra per non guardare negli occhi Margot - avrebbe capito che era tornata e che adesso voleva quello che le spettava - guardò il tappeto per evitare di guardare la scrivania, o di guardarsi semplicemente intorno - registrò solo il refolo d’aria della finestra, l’odore delle rose sotto la finestra che si mescolava con quello dei pavimenti appena lavati.
Sentì lo sguardo dell’altra su di sé, e pensò intensamente ai semi di clematide che le servivano. I pensieri erano come la marea, non li potevi imbrigliare - forse sarebbero andate bene anche delle talee - i pensieri ti travolgevano e ti tradivano - avrebbe chiesto a Madame Girodelle.
Doveva tenerli a bada - lei lo sapeva per ogni volta - rara - che aveva giocato a carte con Clément ed i suoi fratelli. Lei le contava e loro facevano lo stesso, ma poi loro ti osservavano, come dei lupi - un lavoro accurato - ti fiutavano, aspettavano con pazienza e poi ti mordevano.

Un morso che daresti ad un cucciolo per rimetterlo in riga, non per spezzare il collo a un coniglio, sia chiaro. Un morso per impartire una lezione.

Volevi questa carta per caso Sygin? Maxence era un abbraccio di quelli maldestri. Alo una secchiata di acqua gelida.

Mentre usciva dalla stanza capì di essere stata battuta - Margot probabilmente sapeva che carta voleva: l’aveva seguita fuori dallo Studio e aveva chiuso a chiave la porta, una cosa triste perché quelle chiavi una volta erano di Madame Marguerite e Mère non l’avrebbe mai chiusa fuori.
Avrebbero aperto quella lettera assieme perché a Mère non serviva quasi mai il permesso del Generale per fare la cosa giusta, avrebbe capito che era importante. L’avrebbero letta con calma perché la verità non è che è sempre questa gran cosa che tutti dicono, e le avrebbe spiegato cosa aveva urtato il Nonno, e perché lui non se l’era sentita di punirla da solo. Avrebbero trovato insieme le parole e un compromesso accettabile per risolvere la faccenda - non poteva credere che il Nonno le avesse affibbiato una punizione infinita, in quella lettera ci dovevano essere tutti i dettagli della punizione, con il suo inizio e la sua fine, Alo aveva ragione, non aveva ucciso nessuno, non poteva aver fatto qualcosa che non aveva rimedio!

Mère avrebbe capito che a lei bastava sapere per certo che l’affetto era sempre lì, scoppiettante come il fuoco di un caminetto - il resto beh, Palazzo Jarjayes non era certo un tugurio e le sue sorelle non erano poi così male.  

Lo accetto perché ti voglio bene

Mère sicuramente l’avrebbe abbracciata chiamandola Piccola e lei avrebbe sentito il suo profumo rassicurante che l’avvolgeva tutta.

 

La ragazzina chiuse gli occhi e sbuffò - Mère adesso non c’era, però, e non c’era nemmeno più tanto tempo. Con passo deciso si allontanò in fretta.

 

Era sulla mensola che correva intorno al Palazzo. Non aveva paura dell’altezza - il Nonno se la portava appresso e la faceva trottare come un marinaio, però in quei casi era vestita come Oscar. Più o meno. Vuoi mettere lo stile? Molto, ma molto più o meno.

Sospirò mentre cercava un appiglio sulla superficie del muro esterno - il petit panier non era stata esattamente una idea grandiosa per questo tipo di attività. Del resto Boucher le sue ninfe, quando facevano cose molto discutibili da ninfe, le vestiva in tutta un’altra maniera.

L’ingombro del vestito la costringeva a camminare fronte al muro, inclinata per non portare il peso pericolosamente fuori dal cornicione. Anche non essersi sfilata le calze era stata una pessima idea, decise spassionatamente. Del resto se Josephine l’avesse scoperta, il fatto di essere a piedi nudi come una selvaggia, o di non mostrare la pelle delle caviglie come una signora, non avrebbe fatto una sostanziale differenza.
 

Andò tutto bene fino a che non arrivò all’altezza dei colombi, i maledetti colombi: quelle bestiacce non accennavano minimamente a spostarsi e lei aveva fretta e non poteva far rumore. Cercò di guadagnare terreno pollice per pollice, senza degnarli di uno sguardo, mentre quelli tubavano indispettiti. Era un peccato aver lasciato i suoi gatti in Normandia - quei pennuti stavano diventando un po’ troppo grassi e sicuri di sé, era ora che qualcuno li rimettesse al loro posto! Ci voleva qualcuno che li facesse trottare. Qualcuno con la coda.
E André doveva darci un taglio con gli avanzi di pane.

La lotta per il territorio proseguì con una certa dose di tenacia da ambo le parti, poi i colombi si alzarono in volo e la investirono. Non ci era preparata. Il gesto fu istintivo e si sentì scivolare.

Le dita, disperate, cercarono un appiglio in un tempo che le parve dilatarsi orrendamente. Sentì lo sfregare dell’unghia contro la pietra e batté il ginocchio mentre il piedino ancora sulla mensola cominciò a farle male proprio all’altezza della caviglia.

Però la caduta si era fermata.

Senza fretta, cercò un appiglio per le mani e poi si cercò di sollevarsi. Il trucco era non sbilanciarsi all’indietro per non precipitare e non sbilanciarsi troppo in avanti per non scivolare. Ogni piccolo spostamente le fu penoso, la caviglia protestava ed i muscoli della gamba le dolevano. Su una barca era diverso, appigli, movimento, movimenti da seguire, qui, sul cornicione, invece, vinceva la capacità di restare immobili. Non ci era abituata.

Aveva scelta, pensò? Aveva uno straccio di scelta? Uno stramaledettissimo straccio di una stramaledettissima scelta? Poteva mollare?
 

Si come no? decise irritata. Quello era il momento di imbottirsi il cuore di orgoglio.

 

Quando riuscì a poggiare di nuovo anche l’altro piedino sulla mensola, le parve che la maggior parte dei suoi problemi si fossero risolti - si fermò per prendere fiato, con la guancia contro il muro. Avrebbe sbattuto in faccia a Joséphine la lettera del Nonno, avrebbe seguito le istruzioni, avrebbe fatto meglio di quanto le avrebbe chiesto, di più - la travolse una intera lista di buoni propositi. E avrebbe studiato comunque con Oscar, ma questo se lo sarebbe tenuto per sé.

 


 

Quando saltò sul pavimento sentì che la caviglia le faceva male, ma non vi diede peso. Ringraziò il suo angelo custode un po’ per tutto, compresa la finestra ancora aperta, e corse ad aprire il cassetto del Generale, quello in cui metteva le cose di cui non gli importava niente. Era Natale, l’Epifania e la festa di Santa Clotilde.

 

Poi sbatté gli occhi.

 

La lettera non c’era più.

   
 
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