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Autore: Ardesis    27/10/2017    13 recensioni
E se una piccola deviazione di percorso avesse compromesso l’intera vicenda?
Genere: Erotico, Introspettivo, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Seduto di fronte a Bernard, ad un tavolo un po’ discosto in un angolo della locanda, André sentiva gravare sulla propria schiena i fianchi robusti di una donna che a sua volta era stretta in mezzo ad una mandria di persone ammassate tra i tavoli e le panche.

-Basta tasse! Basta ingiustizie!-

La voce baritonale dell’oratore che teneva comizio scatenò un boato di esclamazioni tra il pubblico di parigini.

Bernard aveva appena finito di dire che non si sarebbe mai aspettato di trovare così tante persone ad assistere a quel comizio. André gli aveva fatto notare che la folla si agitava euforica ogni volta che veniva citato e deriso un membro della famiglia Reale.

Un po’ per noia, un po’ per l’arsura, André tornò a stringere tra le dita il boccale mezzo pieno di birra ancora fresca. Poi ci ripensò, ritrasse la mano come se si fosse scottato e la bloccò sotto il mento, assegnandole il compito di reggergli la testa che iniziava a farsi un po’ troppo pesante. Aveva bevuto troppo. Nonostante fosse uno spreco non finire quel mezzo boccale di birra, preferiva tenersi la sete  piuttosto che perdere la lucidità.

-Versailles prospera con i soldi che escono dalle nostre tasche!-

L’uomo che teneva comizio doveva essere un giovane energico, entusiasta e carismatico, ma la gente ammassata negli anfratti tra i tavoli formava una barriera così compatta, che André e Bernard, seduti, non riuscivano a vedere altro che una muraglia di schiene e nuche.

-Luigi XV è stato un puttaniere, Luigi XVI è una puttana!-

La battuta fu accolta da un coro burrascoso di risate e nella sala si diffuse una contagiosa smania di inventare l’insulto più originale.

Bernard borbottò sottovoce un’imprecazione e si alzò di scatto afferrando il polso di André, che si trovò all’improvviso con la testa priva di un sostegno. Per impedirgli di sbattere la fronte sul tavolo, Bernard lo tirò bruscamente verso di sé e in un attimo André si ritrovò in piedi, mentre le prosperose terga della donna che avevano pesato sulla sua schiena fino a quell’istante, precipitavano con un tonfo sul suo sgabello vuoto. 

I due fratelli si addentrarono nella foresta di corpi accaldati e nevrotici che affollavano il locale e facendosi largo con i gomiti guadagnarono l’uscita.

Quando finalmente si ritrovarono nel cristallino silenzio delle strade, André ebbe l’impressione di ricevere addosso una secchiata d’acqua. L’aria della notte era fresca, quasi gelida in confronto al clima soffocante della locanda.

-Che baraonda.-

Brontolò Bernard ficcandosi in bocca una pipa e scavando nervosamente nelle tasche per cercare un acciarino. André si abbottonò la giacca fin sotto il mento e seguì docilmente Bernard verso Saint Eustache, senza porre domande e senza nemmeno farsene venire in mente. Le sue tempie pulsavano e il silenzio non gli dispiaceva.

Osservò il fratello e notò che il suo volto era accartocciato. Bernard sembrava abbastanza sobrio da riuscire a intraprendere riflessioni complesse. Gli sbuffi di fumo che buttava fuori dalle labbra ad intervalli regolari profumavano di tabacco buono e André si domandò quanto potesse guadagnare un umile giornalista come lui, poi scrollò la testa e rivolse gli occhi al cielo limpido senza pensare a nulla di preciso.

-Quel Desmoulins dice solo quello che le persone vogliono sentirsi dire.- borbottò ad un tratto Bernard, dando voce ai propri pensieri -Poi vedi che succede? Si scatena un’orgia di voci in cui tutti parlano di tutto e nessuno ascolta niente. Però questo fa capire molte cose, no? La gente è piena di rabbia trattenuta.-

Una carrozza aristocratica li superò a gran velocità e corse verso il ponte. I due fratelli si scansarono appena in tempo per non essere travolti dagli schizzi di fango delle ruote. André si accorse di avere i riflessi lenti e fu contento di non aver finito quel boccale di birra.

Ripresero a camminare senza fretta, osservando con scarso interesse i volti delle rare persone che incontravano nelle vie.

-Sono felice di averti conosciuto, André.- Disse improvvisamente Bernard. -Dimentichiamo per un momento la beffa di cattivo gusto che ci ha riservato la vita. Io sono certo che prima o poi le nostre strade si sarebbero incontrate in un modo o nell’altro. E, figurati, io nemmeno ci credo al destino.-

André gli rivolse un sorriso.

-Ho la tua stessa impressione, Bernard.-

Svoltarono in una piccola piazza attraversata da una corrente fredda e umida che proveniva da nord e d’istinto aumentarono il passo. Bernard gli appoggiò una mano sulla spalla.

-Voglio che tu venga al mio matrimonio, naturalmente. Non sono sicuro di avertelo già detto, lo davo per scontato.-

-Non mancherò, Bernard, ti ringrazio.-

-Suppongo che Rosalie sarebbe molto contenta se venisse anche Madamigella Oscar.-

-Sono certo che Oscar accetterà volentieri.-

-A proposito, è tornata?-

Puntualmente, come accadeva ogni volta in cui mettevano piede in quell’argomento, la voce di Bernard assunse una sottile variazione di tono, minima ma rintracciabile come qualche goccia di limone in un bicchiere d’acqua.

-Pare che torni tra un paio di giorni.-

Rispose André asciutto. Bernard spostò la pipa in un angolo della bocca e liberò un alito di fumo denso dalle labbra socchiuse.

-È rimasta a lungo in Normandia.- osservò -Ricordo che è partita il giorno prima che Rosalie venisse a prendermi a Palazzo Jarjayes.-

André si strinse nelle spalle e immerse le mani nelle tasche.

-La Normandia è una regione piacevole.-

Sperò che Bernard non avesse intenzione di scavare più a fondo e allungò il passo per superare una pozzanghera in cui si rifletteva un pezzo di cielo stellato. 

La mancanza di Oscar era stata dura da sopportare, ma preferiva non ammetterlo davanti a Bernard. Quel senso di abbandono, di vago tradimento, aveva continuato a perseguitarlo malgrado lui avesse tentato di sottrarvisi, riempiendo le giornate di lavori impegnativi. Le aveva scritto regolarmente, come lei gli aveva chiesto di fare, senza però riuscire ad usare un tono leggero. Si era limitato a poche righe garbate in cui aveva parlato più che altro del tempo e della salute degli abitanti di Palazzo Jarjayes. Tutte notizie inutili e superficiali che malcelavano il suo rancore per non essere sulla costa normanna insieme a lei. Le lettere di Oscar non erano state né più interessanti né più calorose delle sue, ma lui le aveva lette e rilette più volte avvicinandole al naso con la folle speranza di percepire un tenue sentore di rose o di mare.

-Oh lo so!- gli rispose Bernard, divagando nei personali ricordi della Normandia -È una regione molto bella. Come ti ho già raccontato, io ho vissuto a Rouen con lo zio Jacques, il fratello di nostra madre, e lui spesso mi portava a vedere il mare.-

Si interruppe per godersi una tirata di fumo, poi cambiando bruscamente tono chiese:

-Credi che Madamigella Oscar approverebbe queste nostre serate?-

André si massaggiò la mascella come se quelle parole l’avessero percosso in pieno volto e decise di rispondere con un semplice sospiro.

-Beh suppongo non ne saprà mai nulla.-

Indovinò Bernard. 

-Un segreto in più, uno in meno, che differenza fa?-

Rispose André scrollando al testa. 

-Abbiamo tutti bisogno di avere i nostri segreti.-

-Sì, forse hai ragione, però i segreti hanno un peso e se si accumulano diventano un fardello.-

Bernard rise senza allegria.

-André, se vuoi toglierti qualche sassolino dalla scarpa, sarò volentieri il tuo confessore personale.-

“Perché no?” si disse André con un mezzo sorriso. Ricordava bene la piacevole sensazione di leggerezza che aveva provato quando a Palazzo Jarjayes lui e Bernard avevano chiacchierato davanti a quel buon Merlot. Si prese un momento per scegliere il segreto di cui liberarsi.

-Bernard, vorrei far visita ad un bordello.-

Disse infine. Il volto di Bernard si impietrì.

-Non stai dicendo sul serio.-

-Non sto scherzando.-

-Forse non ti ricordi che mi sto per sposare.-

-Vorrei soltanto salutare un’amica che non vedo da molto tempo.-

Spiegò André con un sorriso candido.

-Un’amica, André? In un bordello?-

André si strinse nelle spalle.

-Sì, è una prostituta. L’unica prostituta con cui io sia mai stato, beh, l’unica donna con cui io sia mai stato, per essere sinceri. Di volta in volta mi ci sono affezionato.-

Bernard si fermò in mezzo alla strada e si tolse la pipa dalla bocca. Scrutò serio il volto altrettanto serio di André, poi si lasciò sfuggire un sorriso e riprese a camminare.

-A dir la verità, non credevo che tu avessi avuto bisogno di spingerti fino a Parigi per soddisfare certi bisogni. Capirei se tu mi dicessi che a Palazzo Jarjayes il senso del pudore ti ostacolava, ma, mi chiedo, Versailles non offriva pasticcini di tuo gusto?-

-Non si tratta di questo.-

-Ah, allora capisco. Non volevi farlo in un posto che fosse frequentato da lei, vero?-

Continuarono a vagare apparentemente senza meta nelle strade, in silenzio, finché non si ritrovarono in mezzo al chiasso notturno del quartiere di Saint-Honore. All’incrocio tra due vicoli bui André annunciò:

-Siamo quasi arrivati.-

L’edificio del bordello si concretizzò quasi dal nulla in un rettangolo tra i muri delle case e André ebbe subito l’impressione che ci fosse qualcosa di diverso. Diede la colpa alle numerose nuove crepe della facciata e al colore delle tende dell’ingresso che un tempo erano lavanda e ora erano rosse.

-Questo di certo Oscar non lo sa.-

Dedusse Bernard incrociando le braccia sul petto con aria critica.

Si avvicinarono all’ingresso fianco a fianco. Uomini di ogni sorta attraversavano la porta in un flusso incessante e variopinto. Entravano con le spalle curve e uscivano con un sorriso in volto, snocciolando monete nelle mani grassocce del proprietario che presidiava l’ingresso su una piccola e sbilenca sedia di vimini. Gli occhietti scuri e arzilli del tenutario seguivano il via vai dei clienti e le sue labbra si stiravano in ampi sorrisi che gli gonfiavano le guance carnose. Quando vide André che si avvicinava all’ingresso, si incupì e si aggiustò nervosamente la consunta cravatta intorno al collo.

-Cerise non c’è.-

Rugnò scrollando la testa. Bernard vide gli occhi di André cristallizzarsi e il suo viso sbiancare. Qualcosa nel tono sbrigativo di quell’uomo rubizzo malcelava qualche brutta notizia.

-Cos’è accaduto?-

Chiese André severo. La faccia grassoccia del tenutario si accese. Essendo, evidentemente, del tutto digiuno di buone maniere, tentennò e agitò le mani in aria come se stesse cercando di scacciare una mosca. Prese a borbottare qualche parola sconnessa e infine sbuffò, infastidito dalla briga di dover riferire una notizia spiacevole in una serata redditizia.

-È morta. Deve aver ingerito veleno per topi.-

Dichiarò infine sollevando le spalle. Bernard guardò André e gli parve che si fosse fatto rigido e fragile come una statua di gesso.

-Quando è successo?-

-Quasi un mese fa.-

“Quasi un mese fa...” André sollevò lo sguardo verso l’alto, seguendo gli incavi serpeggianti tra le pietre del muro, finché non trovò una finestra con le imposte chiuse. Vi lesse un’amara conferma.

-Andiamo, André.-

La voce di Bernard gli sfiorò l’udito come un’eco distante. Annuì distratto e si lasciò trascinare via dal braccio confortante del fratello.

Si trovarono a ripercorrere lo stesso tragitto al contrario, quasi inconsapevolmente, finché non raggiunsero lo spiazzo in cui il vento tra i vicoli creava una forte corrente d’aria.

André si fermò a guardare una piccola chiesa di pietra scura incastrata tra le case basse. La magra torre campanaria sorreggeva il peso di una grossa e imponente croce di ferro, così alta e distante da sembrare appoggiata al cielo.

-”Cerise” era solo un soprannome. Credo che la chiamassero così per via delle sue labbra rosse e carnose. Non le ho mai chiesto come si chiamasse davvero.-

Spiegò a bassa voce, sorprendendosi di quanto profondamente si sentisse in colpa per questo.

-Non so dirti quante volte lei abbia addolcito le mie serate più amare. È stata una presenza preziosa per me e non merita di essere ricordata con un nome fittizio. È come se qualcuno l’avesse inventata e lei non fosse mai esistita veramente.-

Continuò staccando gli occhi dalla croce di ferro per cercare lo sguardo del fratello.

-Sai, André, con la morte molte vite e molti nomi spariscono dalla faccia della Terra come se coloro a cui appartenevano non fossero mai esistiti. È triste, lo so, ma questo folle mondo funziona così. Siamo tutti uguali nella morte, si dice, eppure qualcuno viene gettato in una fossa comune e qualcun altro, invece, viene sepolto ai piedi di un altare con il proprio nome su una lapide, eternamente sotto gli occhi dei posteri. E spesso, purtroppo, non è che una questione di denaro o di fortuna.-

Bernard gli si avvicinò e raccolse il suo corpo in un abbraccio. Lo sentì rilassarsi e sospirare e a quel punto chiuse i pugni intorno ai lembi della sua giacca per scuoterlo lentamente.

-Il mondo è ingiusto, André. Bisogna ribellarsi, bisogna reagire. E anche tu devi reagire o ti consumerai fino a sparire come se non fossi stato altro che un’ombra. Non lo sei, non sei un’ombra, come non lo era Cerise. Ti prego, non dimenticarlo.-

   
 
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