Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: Helena Hufflepuff    27/10/2017    2 recensioni
Remus Lupin ha 11 anni e un problema inconfessabile; per questo vive da sempre isolato e s'è rassegnato a non avere mai una vita normale. Ma se alla tua porta bussa un preside come Albus Silente, cosa può succedere?
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Albus Silente, Hope Howell, Lyall Lupin, Remus Lupin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Una favola

Quando sei un lupo mannaro, è difficile vivere una vita normale; se poi sei stato infettato in tenera età, semplicemente capisci che un’esperienza del genere ti sarà negata per tutta la vita.

Ecco perché, quando Lyall Lupin parlava al figlio di Hogwarts, delle scale che portavano sempre in luoghi diversi, delle materie magiche che sua madre non poteva conoscere, Remus le immaginava come immaginava le principesse e le fate madrine dei libri di fiabe babbani. Erano incantevoli, non si stancava mai di ascoltarlo: ma sapeva che per lui non erano previsti Smistamenti e lezioni di incantesimi, così come non avrebbe mai trovato una principessa innamorata di lui o una fata madrina che lo salvasse. Come poteva un licantropo trovare una casa, chi poteva amare un mostro come lui?

 

Quando, quel giorno di marzo (una settimana prima del suo compleanno, se lo ricordava) arrivò una lettera di pergamena indirizzata a Remus John Lupin (proprio a lui!), l’evento assunse una rilevanza tale che lui e la madre aspettarono che il padre tornasse a casa da alcune commissioni prima di aprirla.

Quando Lyall rientrò grondante pioggia, Remus gli corse incontrò e lo abbracciò con forza: la tensione accumulata in quelle lunghe ore d’attesa doveva pur essere sfogata in qualche modo.

Quando il padre capì il motivo dell’agitazione del figlio, chiese di vedere la lettera; non appena l’ebbe guardata, anziché aprirla, divenne scuro in volto e chiese alla moglie: “Tesoro, l’hai data tu questa lettera al ragazzo?”

“Certo che no, Lyall! La posta l’ha presa Remus come sempre… E poi, dov’è il problema? Non so neanche da dove provenga…”

A quel punto il signor Lupin parve ricordarsi del figlio accanto a lui e gli disse: “Remus, va’ in camera tua. Mamma e papà devono parlare di cose da grandi, ora”.

Remus avrebbe voluto restare, ma decise di non discutere. Suo padre gli sembrava già abbastanza nervoso senza mettersi a fare capricci per poterci capire qualcosa. Così andò al piano di sopra senza protestare, ma anziché andare in camera sua in fondo al corridoio, si fermò nel piccolo bagno in cima alle scale e accostò la porta: così facendo poteva sentire tutto quello che si diceva in salotto. Si accomodò sul bordo della vasca e tese l’orecchio.

“… Non so se ne capisci la gravità” stava dicendo Lyall.

“Lyall, se non mi spieghi quello che vuoi dire…”

“Questa lettera è la lettera d’ammissione ad Hogwarts, la scuola dove ho studiato io. È una scuola per maghi, e dato che Remus ha mostrato abilità magiche sin da neonato ho sempre temuto il giorno in cui sarebbe arrivata.”

“Ma… perché?”

“Perché Remus è un lupo mannaro, Hope!” urlò Lyall, così forte che Remus sobbalzò, rischiando di cadere dalla vasca per lo spavento.

La pausa che seguì fu così pesante che quasi la si poteva toccare.

Lyall aveva infranto il tacito accordo che vigeva in famiglia: mai nominare la licantropia di Remus; se proprio dovevano parlarne, si faceva riferimento alla “malattia” o al “disturbo”, come se non nominarla rendesse la situazione meno grave. Ma non era così, e Remus lo sapeva; e ogni volta che i dolori della trasformazione lo travolgevano e lo straziavano, l’ultimo pensiero prima di perdere la ragione umana era sempre rivolto all’ipocrisia di quel modo di parlare dei suoi genitori, la loro stupida idea che ridurre un tale abominio a qualcosa di più vago e innocuo rendesse il tutto più sopportabile.

Hope mormorò qualcosa che Remus non riuscì a decifrare, ma Lyall rispose: “Essere un lupo mannaro nella comunità magica è come… una maledizione. I lupi mannari sono dei reietti, vivono al di fuori della società, nessuno li vuole accanto a sé; figurarsi se possono desiderare un licantropo adolescente in mezzo ai loro preziosi pargoli! Non voglio che Remus soffra più di quanto già gli capiti durante ogni luna piena… farei di tutto per fargli vivere una vita normale, ma vedi anche tu che non è possibile, e controllarlo è sempre più difficile man mano che cresce”.

“Ma se provassimo…”

“Hope, lo so che sei un’ottimista, ma dobbiamo guardare in faccia la realtà: Remus è quello che è, non esiste cura, e quelli come lui vengono allontanati da tutti. Non voglio che soffra, ma non possiamo permetterci di mandarlo ad Hogwarts e far scoprire a tutti la sua situazione. Mi spiace, tesoro, ma è la mia ultima parola.”

A quel punto Hope tacque e poco dopo la sentì spadellare in cucina. Dalle scale saliva odore di frittelle, ma questo non rese felice Remus: era la prima volta che poteva essere parte di qualcosa di grande, e come sempre gli era preclusa. Con un sospiro, andò in camera sua in attesa che lo chiamassero a tavola.

La cena fu particolarmente silenziosa, quella sera; e al momento del dolce, mentre la signora Lupin sgocciolava le frittelle, Lyall prese da parte Remus e gli disse: “Figliolo, devo parlarti di una cosa importante”.

Remus sapeva fin troppo bene cosa voleva dirgli: notizia buona, sei un mago come papà; notizia cattiva: non ci puoi andare perché tutti pensano che tu sia un mostro senz’anima. Decise comunque di assumere un’aria innocente. “Di cosa papà? Della lettera di oggi?”

“Ecco, proprio a proposito di quella, volevo dirti che…”

Remus non seppe mai quali parole avrebbe scelto il padre per spiegargli la decisione, perché proprio in quel momento qualcuno bussò con una certa insistenza alla porta. Fu sua mamma ad aprire.

“Buonasera. Ho l’onore di parlare con la signora Lupin, suppongo”.

“Ci conosciamo? Mi perdoni” aggiunse in fretta, come per smorzare il suo tono un po’ brusco, “ma siamo nuovi in città, non mi ricordo d’averla mai vista”.

“Ah, mia cara signora, dubito fortemente che si possa ricordare di me… ma mi scusi, non mi sono presentato: professor Albus Silente, per servirla, madame”.

Remus, che aveva approfittato della distrazione del padre per cominciare a raccogliere le Gobbiglie (“Mai lasciarle in giro”), si sporse verso la porta qual tanto che bastava per vedere un uomo dalla barba argentea e un naso lunghissimo fare un elegante baciamano alla mamma. Non l’aveva mai visto fare da nessuno prima, e la trovò una cosa molto buffa, ma anche molto deferente (aveva trovato quella parola su un libro quella mattina, e gli era piaciuta moltissimo).

“Mi scusi per il disordine, professore, ma sa… non aspettavamo ospiti” si scusò Hope mentre con un vago cenno della mano indicava la cesta dei panni da lavare in fondo al corridoio, il vecchio calderone di Lyall pieno di riviste e gli stivali di gomma ammonticchiati in un angolo dell’ingresso. “Possiamo offrirle qualcosa per rinfrancarsi?”

“Oh, un tè caldo andrà benissimo… magari accompagnato da una delle deliziose frittelle che ha appena preparato. Mele, o sbaglio?”

“No, non sbaglia” Sua mamma era un po’ perplessa: al di là della famiglia del marito, i suoi contatti col mondo magico erano limitati al Medimago che aveva in osservazione Remus; inutile dire che un mago come Silente la lasciasse un po’ interdetta. “La prego, si accomodi pure in salotto. Io torno subito”.

Silente ringraziò in maniera molto compita e si diresse verso il caminetto del salotto, ai piedi del quale Remus stava raccogliendo le ultime Gobbiglie.

“Ah, tu devi essere il giovane Remus!” esclamò Silente. “Io sono il professor Silente, preside della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Tu sai cos’è Hogwarts, suppongo”.

“Sì, signore, mio padre me ne ha parlato molto” Abbastanza da illudermi, avrebbe aggiunto volentieri, ma temeva che suonasse troppo drammatico. “Sono indiscreto se le chiedo perché è qui, signore? Ovviamente, se non vuole dirmelo…” aggiunse frettolosamente. Anche se non sarebbe mai stato allievo della sua scuola, quel mago dalla lunga tunica viola era pur sempre uno dei più grandi maghi del mondo, meritava rispetto.

Silente sorrise. “Il perché è molto semplice, Remus: devo parlare coi tuoi genitori. Fino ad allora… che ne dici di una bella partita a Gobbiglie? Sono anni che non gioco più, ma sappi che ero imbattibile da giovane, più o meno nell’età della pietra” disse lui, con un sorriso divertito. Remus gli sorrise di rimando e gli diede le sue Gobbiglie migliori, mentre aspettavano che i genitori si riprendessero dalla sorpresa e accogliessero l’anziano insegnante. Questo avvenne quando ormai era in corso una lotta all’ultimo sangue che vedeva Remus in schiacciante vantaggio (anche se il ragazzino aveva l’impressione che Silente perdesse di proposito).

“Salve, signor preside” La voce gentile del padre tradiva un certo nervosismo davanti al suo ex-insegnante. Era entrato in salotto accompagnato da Hope, che portava un vassoio con tre tazze da tè, la teiera fumante e le focaccine di mela col loro caratteristico profumo. Il tintinnio di stoviglie che aveva accompagnato il suo arrivo era dovuto al fatto che le tremavano le mani.

“Signora, non si affatichi, lasci fare a me” disse con gentilezza Silente, e con uno svolazzo quasi noncurante della bacchetta sollevò il vassoio dalle mani della signora Lupin e lo fece atterrare con grazia sul tavolino. “I miei complimenti, le sue focaccine hanno un aspetto davvero invitante”.

“Oh, grazie, preside Silente, signore” Hope era imbarazzata, e si sentiva decisamente a disagio – probabilmente il marito l’aveva aggiornata rapidamente sul loro ospite inatteso.

“Remus, per favore, saluta il preside e dì buonanotte” Lyall si rivolse a suo figlio con un tono cortese ma irremovibile.

“Con tutto il rispetto, Lyall – posso chiamarti così e t’ho avuto come allievo per tanti anni – ritengo che sia più giusto che Remus rimanga con noi, dato che discuteremo del suo futuro”. La voce di Silente era calma e serena, ma il lampo che gli brillò negli occhi dietro le lenti a mezzaluna non ammetteva repliche. Lyall ebbe come un fremito di nervosismo, ma la mano di Hope appoggiata discretamente sul suo ginocchio lo rilassò.

“Ora, signori Lupin, sono certo che abbiate già ricevuto la lettera d’ammissione ad Hogwarts… e del resto penso che lo sappia anche Remus” aggiunse Silente. I genitori guardarono il figlio, che distolse lo sguardo e mormorò: “Potrei aver sentito qualcosa quando mi avete fatto salire prima di cena”. Non era proprio la verità, ma in fondo non era nemmeno una bugia, quindi si sentì a posto con la coscienza.

“Ritengo che abbiate dei dubbi molto seri sul mandare un giovane licantropo a scuola. Oh, sì, Lyall, so della situazione molto particolare che affligge Remus – ho agganci fidati anche nella comunità dei lupi mannari – e so per certo che il vostro primo pensiero sia stato di ignorare la lettera o rifiutare l’ammissione”.

“Ma la sua situazione…”

“Lyall, chiamiamola col suo nome: licantropia. La paura di un nome non fa altro che aumentare la paura della parola stessa”.

Il silenzio che seguì l’affermazione di Silente tolse a Remus ogni dubbio sul fatto che aveva ragione: i suoi non volevano mandarlo ad Hogwarts, anche se poteva – anche se voleva.

“Signori miei, vi assicuro che la scelta sarebbe poco saggia. Se è innegabile che Hogwarts è piena di adolescenti, è pur vero che è un luogo sicuro, col più alto tasso di esperti e studiosi del panorama magico britannico. Siate certi che all’interno del nostro corpo docenti e dei nostri assistenti possiamo offrire la possibilità a Remus di frequentare normalmente la scuola nonostante le trasformazioni e di assicurare al contempo la sicurezza di tutti i suoi compagni di scuola. Remus è un lupo mannaro, ma è anche un ragazzino di undici anni che ha il diritto di vivere una vita il più possibile normale, in compagnia di ragazzi della sua età, cercando di crearsi un posto in un mondo che non è certo facile, specie di questi tempi”. Silente fissò Remus negli occhi per un istante che parve eterno, e al ragazzo parve di essere trapassato da parte a parte da quello sguardo acuto, come se potesse leggergli dentro. “Da parte nostra, possiamo assicurarvi che abbiamo già un progetto per permettere tutto questo. Ma ve lo esporrò solo nel momento in cui assicurerete a Remus la possibilità di scegliere cosa fare nel suo futuro.”

Dopo una lunga pausa, Hope si girò verso il figlio, lo accarezzò con delicatezza e gli chiese: “Remus, tesoro, tu vuoi o non vuoi andare ad Hogwarts?”

“Mamma, so che mi vuoi bene, come papà, e anch’io ve ne voglio, ma so anche che più cresco, più divento un problema con la luna piena – mamma, non negare, io sono un problema. Penso che in un luogo pieno di maghi adulti come Hogwarts si potranno trovare alcune soluzioni per gestire una bestia senza cuore”. Remus si sforzò per non piangere, lo sguardo fisso su una macchia nella moquette del salotto, ma non poté impedire ad una lacrima di solcargli silenziosamente la guancia.

“Figliolo, non lasciare che la licantropia ti condizioni la vita. Tu sei innanzi tutto e soprattutto un essere umano, un ragazzo come altri ragazzi, che vuole e merita una vita e un futuro come loro”. Una mano si poggiò sulla spalla del giovinetto, e lui alzò gli occhi per guardare chi lo sfiorava con tutta la forza e la delicatezza dell’amore.

Con stupore di Remus, suo padre, il suo incrollabile papà, che da sempre indossava una corazza di imperturbabilità davanti a lui ma che dentro teneva il senso di colpa per la condizione del suo unico figlio, dimostrava che aveva sbagliato, che ne era consapevole, e che Remus aveva il beneplacito per vivere finalmente a contatto con i coetanei. Il preside cominciò a parlare ai signori Lupin di passaggi sicuri e luoghi dove la trasformazione mensile sarebbe passata inosservata, fuori dai confini della scuola, ma lui già vedeva nella sua testa l’espresso per Hogwarts, le torri del castello dal lago Nero, i vapori colorati salire dai calderoni, i lampi di luce degli incantesimi, e sapeva che quelle storie che per lui erano state solo favole stavano per diventare realtà, e non poté fare a meno di sorridere finalmente felice.

   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Helena Hufflepuff