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Autore: Stella_B    21/06/2009    1 recensioni
Perchè i genitori sono geneticamente programmati per incasinare la vita dei figli? Si domanda Irene. Una nuova casa, una nuova scuola, segreti, gossip veri o presunti e personaggi decisamente particolari sconvolgono la sua vita già scombinata.
"Non mi avevano detto che il principe azzurro era così stronzo!"
MODIFICATO CAPITOLO 1
Genere: Romantico, Commedia, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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-Chi sei?, mi domanda con particolare attenzione una commessa che vaga per i corridoi.
Indossa una camicia a fiori che sembra andarle troppo stretta, un paio di stivali texani e un foulard maculato intorno al collo. Decisamente appariscente.
-Sono una nuova studentessa- dico, esitante.
-Non dovresti vagare per i corridoi. Perchè non sei in classe?- Un benvenuto caloroso, non c'è che dire.
Come spiegarle che non trovo la mia classe e che la cerco da 20 minuti? Mi guarda già come se fossi un'idiota, figuriamoci se le dicessi che non trovo la mia classe.
Improvviso.
-Sono uscita dalla classe perchè non mi sentivo molto bene.- Punto tutto sui due anni di recitazione delle medie.
Il suo sguardo cerca di scavarmi dentro, a caccia della verità.
-Vuoi che ti accompagni in infermeria?- Non ho la più pallida idea di dove possa essere l'infermeria, e anche se non vedo l'ora che questa Jessica Fletcher mi lasci stare, accetto di farmi accompagnare.
Mentre camminiamo mi chiedo come sia possibile che la mia vita sia cambiata tanto nell'ultimo anno: prima la separazione dei miei genitori, la nuova casa e ora la nuova scuola.
Questo nuovo inizio mi incoraggia, anche se questo non mi sembra esattamente il miglior inizio possibile: dopo essermi persa, ho mentito spudoratamente e ora fingo di stare male, saltando le lezioni. Ottimo!

Scendiamo di qualche piano e mi porta in un'altra area della scuola, arrivando nel piano interrato.
-Questa è l'infermeria- dice con voce ferma, indicando una delle tante porte.
In realtà, il lungo corridoio è riempito quasi esclusivamente da porte scure, dall'aria vecchia e cigolante.
-Io sono la preside, mi chiamo Cinzia Neri e per ogni problema puoi venire nel mio ufficio. Mi ricordi il tuo nome?-
Rimango stupita.
Lei sarebbe la preside? Ora si spiegano diverse cose ma continuo a pensare che lei somigli più a una cowgirl di mezz'età che ad una dirigente scolastica.
-Irene Bellini. Sono appena arrivata- Al sentire il mio nome qualcosa sembra venirle in mente.
-Ah, quindi sei tu!- Per la prima volta colgo una specie di interessamento nella sua voce, ma non so ancora se sia positivo o meno.
-Bene...stai qui finchè non ti senti meglio.- Indica una porta alla fine del corridoio, l'infermeria.
Improvvisamente, la preside sembra essersi addolcita.
Lancio uno sguardo alla porta che mi indica, trovandola uguale a tutte le altre.
Non appena mi giro per salutare la preside, mi accorgo che è già silenziosamente sparita.
Ok, non si era addolcita affatto.

Mi guardo intorno ma con il timore di fare altri incontri strampalati decido di entrare in infermeria, sedermi, chiudere gli occhi e dimenticare il mondo.
Entro in una piccola anticamera spoglia, sulla sinistra c'è un'altra stanza che dev'essere la sala medica vera e propria.

Non appena apro la porta però rimango bloccata dalla sorpresa, come se avessi appena preso una secchiata di acqua fredda in testa.
Non per la stanza, ma per il fatto che uno sconosciuto si trova su un lettino sghembo dall'altra parte della camera, praticamente a un metro e mezzo di distanza.
E' seduto tranquillamente, smanetta con il cellulare e non mi sembra affatto malato. Ci mancava lui a rovinare la mia quiete!
In un secondo percepisce la mia presenza e alza lo sguardo.
I suoi occhi sono tra l'azzurro e il verde, mentre i capelli color biondo scuro, sono un po' lunghi e spettinati; è più alto di me, però non riesco a capire quanti anni possa avere.
Anche lui mi sta studiando, lo sento, e istintivamente sistemo un ricciolo ribelle, tesa.

-Ciao- dice con semplicità, continuando a studiarmi.
-Ciao- ricambio a voce bassa, ferma sulla soglia della stanza. Che dovrei fare? Andarmene o restare? Uno sconosciuto non era previsto nella mia idea di "arenarsi in un angolo dimenticato della scuola e non pensare a niente".
Nota chiaramente la mia indecisione e dice -Non stai bene?-
- Ehm, sì... e quindi eccomi qui- Dico, semplicemente.
Si alza subito da quello che è praticamente l'unico arredo della stanza: il lettino. Per un momento mi guardo intorno: la stanza, con i muri un po' scrostati, ha una finestra che occupa quasi tutta una parete.
Di fianco al lettino c'è una vecchia sedia di legno e un mobiletto vuoto.
-Sdraiati pure, io non sono malato.- Dice, come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Finalmente riesco a spostarmi dalla soglia e poggio lo zaino per terra.
-Perchè sei qui se non stai male?- Domando incuriosita, sedendomi sul lettino, anche se non sto male neanche io.
Lui si appoggia al muro. Devo dire che sembra dell'ultimo anno, è alto e la maglietta a mezze maniche rivela dei discreti bicipiti.
Eppure nell'espressione del suo viso c'è qualcosa di infantile.
-Bigio la prima ora perchè ho un'interrogazione e non ho studiato-, abbozza un sorriso angelico che dovrebbe dimostrare la sua innocenza.
Indossa una maglietta dei Metallica e dei pantaloni neri, mentre intorno al polso ha un per-niente-affabile bracciale di pelle nera.
Direi che lo si può mettere sulla mensola "Metallari" della dispensa delle mie conoscenze. Oh, è solo.

Sembra il classico bullo. Chissà se ho l'aria da secchiona?
-Chi sei?-
Anche lui con questa domanda?
- Non ti ho mai vista.- Aggiunge.
-Sì... infatti sono nuova.-
Mi osserva ancora, anche se pare rilassarsi.
-Benvenuta, allora.- Non sembra sorpreso. Che lo sapesse?
Forse è un bullo che ha un suo clan di fedeli schiavetti che lo informano di tutto...
-Non sembri sorpreso- Dico, senza pensarci.
La sua risposta mi stupisce ancora.
- No, sapevo che saresti arrivata. Circolava da un po' la voce dell'arrivo di una nuova, ma non si era capito quando.-
- Si sapeva?- Ripeto, stupidamente. Però non posso fare a meno di chiedermi a chi mai possa interessare una tizia in più o in meno nella scuola.
In quella di prima ero quasi invisibile, mentre ora mi trovo al centro dell'attenzione.
La mia faccia deve avere una strana espressione, perchè lui sorride.
- Ti colpisce tanto? In questa scuola si sa tutto di tutti, soprattutto riguardo l'Elite.-
L'Elite? Ok, lasciamo perdere. Non lo seguo già più.
-Comunque se avessi bisogno di qualcosa chiedi pure.- Continua.
EH? Il bullo mi sta offrendo solidarietà? Forse vuole diventare mio amico per poi chiedermi i compiti in cambio! Sì, dev'essere così.
E poi, con tutte le persone carine e normali che ci sono in questa scuola dovrei chiedere proprio a lui?
Mi viene in mente di andarmene con una scusa ma mi rendo conto improvvisamente che non ho la più pallida idea di dove sia la mia classe.
La mia solita fortuna.
-Per caso...sai dov'è la 3F?- chiedo, speranzosa.
-Sì certo, è sul mio stesso piano.- Olè.
Però...questo significa che non è in classe con me. E' già un miglioramento!
Esulto silenziosamente, con un piccolo sorriso sollevato.
- Ti posso accompagnare quando finisce la prima ora, se non sai dov'è l'area 2b.-
Come se io possa sapere dov'è l'area 2b. Non so neanche dove mi trovo adesso.
Per un momento sono tentata di rimanere lì, sola e in pace, ma poi come farei a trovare la mia classe?
-Sì...grazie- rispondo, dopo qualche momento di esitazione.
-Mi sembrava di aver sentito la voce della preside prima, ma non ero sicuro. Eri con lei?- domanda d'un tratto.
-Sì!- rispondo, per una volta contenta di sapere di cosa si sta parlando- -Io non sapevo come arrivare qui... l'ho incontrata per caso in realtà. E' stata...- mmm. -gentile-, concludo.
-GENTILE? Ma chi, squalo bianco?- Adesso è lui ad essere sorpreso e mi sento finalmente in vantaggio. Ah-ah.
Continua -La chiamano tutti così. Forse capirai da sola perchè.-
Ripenso alla sua sensibilità nei miei confronti e al suo tono di voce secco, non mi ci vuole molto a dargli ragione.
-Bè...in effetti non è stata molto accogliente. Anzi, sembra un ispettore di polizia in allerta costante.- Lo strano tizio sorride.
- Ti ha fatto l'interrogatorio? Poi sei anche nuova...- Mi chiede lui, rispondendosi.
- E' un po' strana, in effetti.- (E non solo lei)
-Dovresti vederla quando fa le supplenze...- In quel momento suona la campanella. Deo grazias.
-E' ora di andare- dice, tornando serio. -Di già, uff.- si mette in spalla la cartella e capisco che non dev'essere un tipo molto studioso.
Lo seguo dubbiosa.
-Sei fortunata, oggi la tua classe entrava alla seconda ora- E' onnisciente? Coglie la mia sorpresa.
- Un mio amico è nella tua classe.- spiega, mentre saliamo le scale.
Incontriamo pochi studenti ma la maggioranza di essi mi guarda come se avessi stampato "IDIOTA" in faccia a caratteri cubitali.
-Com'è la mia classe?- chiedo con curiosità, e anche un po' di paura. Ero la classica bambina che "arrossiva per qualunque cosa".
-Non saprei... casinisti un bel po'! E ci sono anche alcune niente male.- Ah bene, è pure maniaco.
-Eccoci. Questa è la tua aula.- Interrompe i miei pensieri.
Si è fermato davanti alla prima porta, indicandomela.
-Grazie...- gli dico, titubante. Improvvisamente non voglio che mi lasci lì da sola con una marea di sconosciuti. Bè, anche lui lo è, però un po' meno degli altri.
-E la tua classe qual'è?- gli domando.
-La penultima in fondo. Se hai bisogno mi trovi lì, ma non penso ti servirà una mano- Non capisco la sua frase, ma non importa.
- Ti trovo lì, o in infermeria.- Ride piano.
Ok, luoghi da evitare da qui fino alla fine dei tempi: penultima classe in fondo e infermeria.
-Adesso vado, buona fortuna.- Mi saluta con la mano. Ma che metallaro è? O forse sono io che ho un'idea sbagliata del metallaro tipo.
-Ciao...- dico, mentre si allontana, poi mi lancia un ultimo saluto ed entra nella sua classe.

Quando mi rendo conto del perchè sono lì, mi volto verso la porta chiusa della mia classe.
Non sono più così sicura di voler conoscere i miei compagni di classe ma ormai non ho alternative: ormai sono qui.
Faccio un respiro profondo e mi preparo ad entrare, quando, dalle scale, arriva una donna abbastanza alta, di mezz'età.
Porta degli occhiali rossi che fanno pandan con il colore dei capelli.
Quando si avvicina mi nota e il suo sguardo, prima sorpreso, diventa pensieroso.
-Tu devi essere la nuova studentessa, giusto? Irene Bellini...?- Ha l'aria molto gentile, per essere una prof.
Tra le braccia ha un sacco di libri, peseranno almeno 5 chili.
-Sì, sono io.- dico con un sorriso.
-Piacere, io sono la prof di fisica!- Dice con allegria. -Pronta a conoscere i nuovi compagni?-
-Ehm, sì abbastanza.- Sono sicura che sto arrossendo al solo pensiero.
Questa prof però sembra una persona normale.
-Non ti preoccupare, ti ambienterai presto. Sono molto...calorosi- Però alza gli occhi al cielo. In effetti si sente un discreto brusio arrivare dalla classe.
-Speriamo...- aggiungo a voce bassa, mentre la professoressa entra e mi fa cenno di seguirla.
Entro e rimango timidamente in piedi, tutti mi guardano e mi sento come un orso impagliato esposto in un museo. Cala anche il silenzio.
-Buongiorno. Oggi è arrivata la vostra nuova compagna di classe, Irene.- Dice, sorridente.
-Bene, perchè non ti siedi lì?- Dopo qualche secondo mi indica un banco vuoto vicino alla finestra. -Di fianco a Lara.- Noto una ragazza con dei lunghi capelli biondi e un maglione rosa.
-Va bene, grazie.- Sono le prime e uniche parole che riesco a pronunciare.
Mi sento avvampare mentre attraverso la classe, soprattutto ricordando le parole di...ma come si chiamerà? chissà... le sue parole a proposito dei pettegolezzi nella scuola: tutti sanno tutto.
Raggiunto il mio banco mi siedo e con circospezione mi guardo intorno.
Ci sono circa una decina di ragazzi e altrettante ragazze, tutti cercano furtivamente di squadrarmi ma non è facile visto che mi trovo in ultima fila.
La ragazza seduta affianco a me, Lara, mi sorride gentilmente ma non dice nulla e io lo apprezzo molto.
La professoressa fa il punto della situazione e poi inizia a spiegare, ma è un argomento che ho già studiato, così mi rilasso.

L'ora finisce presto, e l'insegnante esce, rivolgendomi un occhiolino complice. Lara si gira verso di me ed esclama -Piacere.- La sua voce è fresca, sembra davvero entusiasta della novità, cioè io.
-Benvenuta!- aggiunge con semplicità, ma i suoi occhi scuri brillano, sento che vuole chiedermi altro.
-Grazie- La mia voce è un po' tremolante, gli approcci non sono il mio forte.
-Avevi già studiato fisica?- Rompe lei il ghiaccio, e mi accorgo che mi stanno guardando in molti.
-Avevo fatto qualcosa, compreso questo argomento...quindi è tutto a posto. Poi è una materia che mi piace molto.-
-Oh, io non riesco mai a capirla, con tutti quei grafici, formule!- Nonostante stia parlando di qualcosa che detesta, ride.

Le lezioni continuano e durante l'intervallo conosco gli altri compagni, sembrano tutti molto gentili.
In questo momento gli strampalati incontri di stamattina sembrano solo un ricordo distante.
Lara è davvero espansiva, si è già offerta di aiutarmi a mettermi in pari nelle altre materie; domani andremo a comprare i libri insieme.
Finalmente la campanella dell'una suona. Non so se essere preoccupata o sollevata.
Tutti escono e io mi faccio guidare da Lara. Ma non hanno una cartina della scuola? E' davvero enorme, non come la piccola scuola di provincia che frequentavo fino all'anno scorso.
Penso che dovrebbero fornire un kit con mappa, bussola e elmetto da esploratore al momento dell'iscrizione.
Il metallaro non si vede, in compenso vengo inghiottita dalla folla di studenti e non so bene come, mi ritrovo fuori.
Lara, e altre due ragazze, Izel e Michela, percorrono la strada con me.

-Io oggi ho un passaggio. Grazie per tutto- Sorrido, e loro ricambiano, dirigendosi verso la fermata dell'autobus.
E la prima giornata è andata!
Tiro un sospiro di sollievo mentre sprofondo nel sedile della macchina della mamma.
-Ciao tesoro- mi saluta, raggiante. -Com'è andato il tuo primo giorno di scuola?-
-Direi bene- Cancellando l'inizio. E' sempre difficile fare un bilancio, ma farlo a mia madre, lo è il doppio.
-Fammi un bilancio- sorride. Ecco la classica deformazione professionale dell'economista.
Mentre le racconto del più e del meno arriviamo a casa, ma lei deve "scappare" così rientro da sola.
Dopo aver pranzato faccio qualche pulizia, ripasso le lezioni della mattina ma sono solo le cinque ed ho già finito.
Tutti dicono che sono sempre, dannatamente veloce.
Non posso farci nulla, e devo ammettere che spesso è comodo.
E' un soleggiato pomeriggio autunnale e il cielo è ancora molto luminoso.
Un po' di vento scuote le cime degli alberi, che per il rosso dell'autunno sembrano in fiamme.
Improvvisamente, sento una forte voglia di uscire. Ho bisogno di uscire, così senza un motivo preciso.
Il trasloco è un'altra delle novità di quest'anno e non conosco ancora bene questa città.
Il mio condominio ha quattro piani e si affaccia su un parco.
Sotto casa c'è anche qualche qualche negozietto, tra cui una pasticceria.

Passandoci davanti, mi rendo conto di meritarmi un pacchetto di caramelle, che vado a mangiare al parco.
Mi siedo su una panchina e osservo i passanti, gustando gli orsetti di gelatina.
La maggior parte sono giovani mamme con i loro bambini o coppie di innamorati.
Il sapore dolce delle caramelle accompagna la mia passeggiata tra i ricordi e nei pensieri sulla giornata.
Quel ragazzo era davvero irritante, ma anche attraente, devo ammettere con me stessa.
La luce del tramonto è così dolce che avrei voglia di restare lì ancora per molto ma a breve tramonterà, così torno a casa.
Mii chiedo come sarà domani, piena di curiosità, del resto ho ancora molti dubbi. Cosa sarebbe L'elite?
Passato, presente e futuro vogliono stringersi nello stesso istante, e il risultato sono sogni strani.

Fine Primo Capitolo!
  
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