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Autore: milla4    28/10/2017    0 recensioni
"Famiglia" è una parola che intende qualcosa di dinamico, qualcosa che nel tempo cambia e si rinnova; i componenti cambiano, alcuni vengono altri se ne vanno. Tutto scorre, ma non tutto viene eliminato con il tempo: bugie, errori, parole di fiele, anche questo è il bagaglio di una famiglia.
La Grande Famiglia di Downton non è un'eccezione.
[personaggio centrale: Marigold]
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edith Crawley, Mary Crawley, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il verde del parco della tenuta era sempre più sovrastato dalla folta vegetazione lasciata crescere senza alcuna inibizione.
Marigold sentiva il peso del tempo  riversarsi sotto i loro piedi: il tacco delle scarpe faticava a farsi strada tra le sterpaglie di quello che primo era un ordinato boschetto di cipressi posizionato poco ad est di Downton House.
George le era accanto,  aveva il braccio sotto al suo per sostenerla.
Marigold e George…. ancora insieme dopo tutti quegli anni, due vite opposte e separate eppure quel sentimento di appartenenza era ancora vivo in loro.
Appartenenza ad una grande famiglia, a dei ricordi… a un mondo che era finito e di cui loro erano le ultime briciole.
- Sai… mi era mancato passeggiare insieme, vivere questi piccoli momenti solo per noi… -
Marigold sorrise, sempre stato un poeta il suo George.  Il sorriso le morì sul volto: non suo, non suo.
Sospirò era così stano essere lì.
-Beh, siamo diventati grandi, il tempo dei balocchi e delle fughe improvvise è finito ormai da tempo.- gli mise un mano sopra la sua, posizionata sopra il braccio di lei.
-E chi lo decide quando si è cresciuti? Chi definisce quando è ora di chiudersi in un ufficio tra carte e conti arretrati?- George si bloccò improvvisamente, aveva sentito quei discorsi  sin dalla sua prima infanzia, il peso della morte di suo padre cadde su di lui dal suo primo vagito.
Sua madre… suo nonno… il caro zio Tom erano solo palliativi, amministravano la proprietà aspettando che lui fosse abbastanza grande per occuparsene personalmente.
Tutto deciso, tutto stabilito… come quella notte.
 
-Tu mi comprendi, vero? Tu sai cosa significa avere un destino già scritto!- le prese il viso tra le mani obbligandola a girarsi verso di lui;  la guardava negli occhi,  cercava in quello sguardo ciò che lo faceva sentire compreso quando era un bambino.
Marigold alzò la mano posandola delicatamente sulla spalla del suo accompagnatore, sul viso un sorriso che George non gradì affatto.
 
Accondiscendenza.
 
Il giovane uomo si allontanò da quella mano diventata improvvisamente  estranea.
-George… - non sapeva cosa dire, davanti a lei vi era il ragazzo conosciuto più di dieci anni prima mai cresciuto.
 
-Posso comprendere la difficoltà di portare avanti una nave che sta affondando da così tanto tempo, ma non puoi lasciarla andare in rovina così… trasformala in una pensione di campagna, o vendila. Ma non lasciare che vada in rovina.-
Non credeva di poter provare tanto affetto per una casa che l’aveva sì accolta, ma non come una sua figlia: eppure la sentiva parte della sua identità, della sua parte Crowley.
 
 
 
Il freddo le si insinuò da sotto la leggera giacchetta che aveva sopra le spalle, Marigold rabbrividì: era ora di rientrare.
-Torniamo indietro?- chiese speranzosa
-No… vai avanti tu. Io ho voglia di passeggiare ancora.- George si allontanò di scatto: non l’avrebbe riaccompagnata ma avrebbe lasciato che una giovane donna tornasse all’interno della dimora da sola, al buio.
L’uomo cominciò ad avanzare lasciandola dietro di sé: aveva sentito le parole della sua amica d’infanzia come un ennesimo rifiuto ed ora sarebbe stata lui a rifiutare lei.
-George?- Marigold non riusciva  capire i comportamento dell’altro, ma riusciva a vedere gli effetti deleteri che l’educazione troppo permissiva di sua zia Mary aveva prodotto.
Non poteva fare molto ormai, erano cresciuti in modo diametralmente opposto e la sua influenza non gli avrebbe giovato; non aveva paura di tornare indietro da sola, se la prima guerra aveva  levigato molti fili che riallacciavano al passato ottocentesco, con la fine della seconda quei fili erano stati definitivamente tranciati.
 
L’erba umida le aveva impregnato le scarpe, facendole aderire alla delicata pelle dei suoi piedi; camminava velocemente, voleva dimenticare quella strana passeggiata e tornare l’indomani mattina alla sua vera vita.


Note: Buondì... vorrei dare una scusa plausibile a questo ritardo mostruoso ma  la semplice verità è che non avevo piùù ispirazione nel continuarla; aprivo il foglio e non sapevo cosa scrivere. Forunatamente una ripassata di tutta la slendida seri mi ha spronata a mettermici sotto ed ecco qui questo piccolo capitolo.

Spero vi possa piacere
a presto milla4

 
   
 
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