Commiato d'autore: Ebbene sì, sono ancora viva. In realtà avevo già in mente il finale di questa storia e l'avevo anche già abbozzato, ma non so perchè ho esitato a postarlo. Forse mettere la parola fine ad una storia che ho sentito particolarmente mia mi rattristava un po', ma è anche giusto che i personaggi (e i lettori) abbiano il loro finale. A questo punto avrete capito che questo è il capitolo finale, per cui mi eclisserò in fretta. Volevo solo ringraziare tutti quelli che hanno seguito la storia, perchè ogni racconto ha raggiunto il suo scopo, se anche vi fosse un solo lettore a portarlo nel cuore. Un bacio, VeronicaDauntless.
La
prima cosa che vide fu il fucile. Nei suoi
sogni il colpo rimbombava così vivido che le sembrava
familiare. Ad
imbracciarlo con mani sicure, un occhio già chiuso per
prendere la mira, c’era
un uomo giovane, le spalle larghe e i capelli scuri lunghi. Anche lui
le sembrò
familiare, come se avesse popolato i suoi incubi allo stesso modo
dell’arma che
impugnava.
E
poi c’era la bestia. Le zampe solide piantate a terra, il
corpo incurvato e la
bocca leggermente spalancata sulle zanne bianche. Gli occhi
scintillavano nella
poca luce del mattino, gialli, grandi, privi d’espressione,
come non li aveva
mai visti. Fu questo a scuoterla.
Si
gettò contro l’uomo, afferrando la canna del
fucile e cercando di cambiarne la
traiettoria, prima che fosse troppo tardi. Il colpo mancò il
bersaglio, volò
lontano, il rombo la fece sobbalzare, gli occhi stretti.
-Che
diavolo.. – il cacciatore strattonò la sua presa,
liberando il fucile e spingendola
lontano con violenza. –Maledetta
strega-
sputò con la voce impregnata di disprezzo.
Strega.
Sbatté
con forza contro il tronco di un albero, sentì un dolore
sordo infiammarle la
spina dorsale, le spalle, prima di rovinare a terra. La caduta le
mozzò il
fiato e le graffiò le mani, immobilizzandola sul terreno
umido.
L’uomo
puntò l’arma verso di lei, che spalancò
gli occhi, trattenendo il fiato. Ma il
colpo non arrivò. Al suo posto, un ringhio feroce le
percorse la schiena,
attirando l’attenzione di entrambi. La bestia
balzò contro Gaston, che si
scansò, ma subito dopo emise un gemito di dolore e si
portò una mano sul
braccio, dove quattro profonde scie rosse gli sfregiavano la pelle
bianca.
-Adam-
sussurrò, ma lui non la stava guardando, continuava a tenere
gli occhi fissi
sull’avversario, mentre questi sollevava nuovamente il fucile
e, senza perdere
tempo per prendere la mira, sparò.
Belle
sentì l’ululato di dolore dell’animale
trafiggerle il corpo, scuotendola, si
sollevò, ignorò le fitte che le
attraversavano la schiena ad ogni respiro e tenne gli occhi fissi sui
due
contendenti. Adam aveva attaccato di nuovo, sfruttando il momento di
esaltazione dell’altro e ora lottavano, troppo vicini
perché lei avesse il
coraggio di afferrare il fucile, che ora giaceva abbandonato a terra, e
sparare.
D’un
tratto vide qualcosa luccicare tra loro, ma fu solo un secondo,
l’istante dopo
il mugolio straziante della bestia la raggiunse e capì che
Gaston doveva avere
con sé un pugnale. Subito dopo lo vide correre nella
direzione opposta alla
sua, verso il castello distrutto dalle fiamme a cui non aveva rivolto
nemmeno
uno sguardo. Adam lo seguì, l’andatura incostante,
eppure notò che anche
l’altro zoppicava leggermente.
Corse
dietro di loro, arrivando in tempo per vederli salire la scala
annerita, ma
quella scala si interrompeva presto, affacciandosi nel vuoto e, ancora
oltre,
sulla fontana abbandonata.
Gaston
arrivò sul penultimo gradino e si voltò, il fiato
corto, la lama sollevata, la
bestia si erse in tutta la sua grandezza, lui si fece indietro, perse
l’equilibrio, sul suo viso comparve una smorfia spaventosa e
lei urlò,
vedendolo oscillare nel vuoto, sorretto solo dalla zampa di Adam, che
gli
graffiava la spalla e dall’intrico di foglie e rose che
risaliva sulla facciata
del castello. La sembrò che i rami fossero mossi dal vento,
leggermente,
costantemente, finché non li vide avvinghiare le braccia di
Gaston, che cercava
di trovare un appiglio sul muro franato, stringersi intorno ai gomiti,
ai
polsi, ad ogni singolo dito, finché la pelle non
iniziò a farsi pallida, sempre
più pallida e poi cinerea, come cenere, o meglio, come
brandelli di una statua
di pietra. Lui urlò, terrorizzato, gli occhi spalancati fino
a sembrare enormi
cerchi scuri, la bocca aperta in un grido senza fine, sempre
più acuto.
-Aiutami!-
urlò, strappando le foglie, i rami, allungò il
braccio verso Adam, ne afferrò
il pelo, ma le dita si sgretolarono, come frammenti del castello che
aveva
intorno.
La
bestia ringhiò, non minacciosa, ma confusa, guardava
l’uomo e l’uomo fissava le
sue dita, quello che ne era rimasto, mentre la carne cinerea cadeva,
pezzo dopo
pezzo, nel vuoto, precipitando nell’acqua con un rumore
tonfo.
Quando
anche l’altra mano si sfaldò, cadde, avvolto dalle
sue stesse grida e dal
silenzio attonito di Belle e della bestia, di cui ancora vedeva gli
occhi
gialli. L’impatto con l’acqua gli mozzò
il fiato, zittendolo, e sollevò un’onda
scomposta attorno a lui.
Belle
si precipitò, allungando le mani per aiutarlo, ma quando
stava già per sentire
la ruvidezza dei suoi abiti, vide due mani delicate, due braccia lunghe
avvolgergli il corpo e spingerlo verso il fondo, in acque
più profonde di quanto
avrebbero dovuto essere. Allora ritrasse le mani, ancora distese verso
di lui e
fece un passo indietro. I suoi occhi, ancora spalancati e colmi di
terrore,
scomparvero presto. Un unico gorgoglio distorto precedette il silenzio,
mentre
l’acqua tornava liscia e calma.
Non
si concesse un attimo di più e corse all’interno
della casa, scorse la bestia
accasciata sul pavimento coperto di fuliggine, gli occhi socchiusi e la
bocca
aperta in un respiro affannoso. Accennò un passo nella sua
direzione, ma lui mostrò
le zanne, ringhiando, le orecchie ebbero un fremito e lei si
arrestò.
-Adam-
sussurrò, prima di far scivolare il piede di qualche
centimetro più avanti,
lentamente.
-Adam,
sono io, sono Belle-
La
sua voce si ruppe e solo allora si rese conto di avere la vista
annebbiata.
Sbatté più volte le palpebre, ricacciando
indietro le lacrime e il groppo che
le chiudeva la gola.
-Sono
Belle, sono qui, Adam-
La
bestia continuava a tenere gli occhi stretti su di lei, ma a mano a
mano che
lei avanzava, ritraeva gli artigli, lasciando ricadere le zampe senza
forza,
poi smise di ringhiare, aprì bene gli occhi e
lasciò che lei cadesse in
ginocchio al suo fianco.
-Oh,
Adam- sollevò la mano, seguendo la ferita del fucile alla
spalla, e del
pugnale, al petto, ma non riuscì a toccarlo. Sanguinavano
entrambe,
sporcandogli il pelo scuro e rallentandogli il respiro.
Spostò lo sguardo sui
suoi occhi, ignorò le lacrime che ora, prepotenti, le
inondavano il volto,
scuotendole il petto e gli sfiorò il viso in una carezza
delicata. L’animale
guaì e lei dovette reprimere un singhiozzo.
-Adam
non farmi questo.. non puoi lasciarmi.. mi ricordo di te ora.. Adam..
–
I
suoi occhi si schiarirono, ma fu solo un istante e lei trattenne il
fiato,
sentendo la sua mano tra i capelli, la stessa mano che aveva stretto
quando
tutto le era ancora troppo confuso. Chiuse gli occhi, coprendo la mano
con la
propria, ma quando li riaprì, la sua mano era tornata una
semplice zampa,
ricadde debole sul suo grembo e lei lo scosse, chiamando il suo nome
tra i
singhiozzi, lo sguardo fisso sui suoi occhi ora chiusi. Alla fine si
abbandonò
contro di lui, affondando il viso contro la pelliccia ruvida, sentendo
il
sangue ancora caldo macchiarle la pelle e pianse, stringendo
convulsamente tra
le mani il pelo scuro.
-Io
ti amo-
Sussurrò
impercettibilmente e lasciò fuoriuscire il fiato, allentando
la presa sul suo
corpo, quando il calore quasi la scottò, costringendola ad
allontanare di
scatto le mani e il viso. Scosse la testa, ma i fasci di luce dorata,
sempre
più numerosi, più luminosi, c’erano
davvero, avvolgevano il corpo di Adam in
una spira morbida. Arretrò, balzando in piedi e asciugandosi
il viso con gesti
frettolosi. Le tornò alla mente cos’era successo
all’altro uomo, alle mani che
lo avevano afferrato, trascinandolo giù e balzò
verso Adam, le braccia già
allungate verso di lui, in cerca di un appiglio, ma la luce divenne
talmente
accecante che le bruciò gli occhi e lei dovette scostare la
faccia,
proteggendosi il viso con le braccia. Quando la luce sembrò
affievolirsi, osò
riaprire gli occhi, in cerca del corpo della bestia, ma il pavimento
era vuoto.
Davanti a lei, però, c’era un uomo. I capelli
scuri gli ricadevano sulle
spalle, incorniciando la pelle chiara del volto, le linee marcate del
naso,
delle sopracciglia, le labbra incurvate in un sorriso.
Continuava
a girare le mani davanti al viso, guardandole stupito, poi
alzò gli occhi su di
lei e li puntò nei suoi. Trasalì, arretrando.
Lui
le porse la mano.
-Belle-
Socchiuse
gli occhi, scrutandolo. Non era l’uomo che aveva conosciuto
nei suoi sogni né
quello che l’aveva portata via dalla casa di cura,
c’era qualcosa di diverso
adesso, una strana luce nel suo sguardo. Un ricordo le
attraversò la mente,
ridestato, rivide davanti a sé quello stesso sguardo e
quella stessa luce in
due occhi simili, ma appartenenti ad una bestia. Era lo sguardo che
vedeva ogni
giorno, quando leggeva per lui o quando passeggiavano fianco a fianco.
-Adam?-
Corse
verso di lui, che aprì le braccia e lei vi si
gettò, lasciando che la
stringesse a sé con forza, mentre affondava il volto contro
la sua pelle e
sentiva il calore del suo corpo.
-Ti
ho visto morire- sussurrò, senza sciogliere
l’abbraccio.
-Anch’io
ti avevo vista morire. Ma ora è tutto finito-
-Mi
avevi riconosciuta-
-E
tu hai ricordato chi ero-
Le
prese il viso tra le mani, costringendola a sollevare lo sguardo e le
sfiorò
con le dita la fronte, il naso, il mento, come più di una
volta aveva fatto
lei. Sorrise, poggiando la mano sulla sua e inclinando leggermente il
capo per
sentire tutto il calore di quella carezza.
-Non
lasciarmi più andare via-
-Mai
più- soffiò sul suo volto, prima di poggiare le
labbra sulle sue e stringerla
nuovamente a sé.
Il
bambino la guardò con gli occhi sgranati, ma alla fine la
sua espressione si
fece risoluta ed annuì.
Alla
vista dello scrigno, il vecchio aveva annuito, sorridendo ad Adam e
toccandogli
gentilmente la spalla, eppure lei era sicura che fosse vuota.
Maurice
aveva brontolato per un bel po’, continuando a rimproverarla
per averlo fatto
preoccupare ed essere andata da Adam senza chiamarlo, ma, quando lei lo
strinse
a sé, lui ricambiò l’abbraccio. Strinse
anche la mano di Adam, sussurrandogli
un ‘ben fatto’.
-Ti
sei autoinvitato, Maurice?- gli chiese un giorno, lontano
dall’ancora ottimo
udito del mago e lui aveva mostrato un sorriso sghembo, guardandola, ma
non
aveva risposto e, sebbene continuasse a dirgli che avrebbe potuto stare
con lei
ed Adam per tutto il tempo che voleva, lui ripeteva che lì
stava bene, si
sentiva a casa ed era contento così.
Andava
da loro più spesso che poteva e la maggior parte delle volte
li trovava seduti
accanto al fuoco con in mano una tazza di the. Era sicura che Maurice
non
sarebbe più andato via da quella casa e che al vecchio, in
fondo in fondo, non
dispiacesse poi tanto.
-Hai..
visto la tua famiglia?- le chiese Maurice un
giorno.
Lei
abbassò lo sguardo, le sembrava ancora così
strano poter parlare liberamente
dei suoi sogni, ma sì, aveva visto la sua famiglia.
L’aveva sognata.
Sorrise. –Sì-
-E?-
E..
aveva visto più in là di quanto avrebbe voluto.
Dominic aveva una famiglia,
Christian viveva in una casa tutta sua e sua madre sorrideva spesso,
anche se
spolverava ogni giorno una foto che ritraeva tutti e tre i fratelli
abbracciati, sorridenti. Faceva scivolare l’indice sui loro
volti e si
soffermava a lungo sul suo, guardandolo con gli occhi lucidi. Passato
quel
minuto, abbandonava la fotografia e tornava ai suoi impegni.
-E
stanno bene, tutti-
-Ti
mancano-
Non
era una domanda, ma lei rispose ugualmente.
–Mi mancheranno sempre, ma è qui che
voglio stare-
Maurice
le sorrise sornione, come al solito, dandole una leggere gomitata.
-Ti
mancherei troppo, eh?-
Aveva
ricevuto anche una visita inaspettata. Una mattina qualcuno aveva
bussato alla
porta e si era trovata davanti una ragazza bellissima, la vita stretta,
fluenti
capelli rossi e un sorriso sbarazzino. Sollevò appena la
lunga gonna, mostrando
le ginocchia e lei sgranò gli occhi, presa di sorpresa.
-Le
avevo detto che avevo delle belle gambe, miss-
-Rebecca!-
Trascorsero
la giornata a parlare, Rebecca le raccontò dove si era
rifugiata dopo
l’incendio e la sorpresa quando si era vista di nuovo umana,
che era tornata
dalla sua famiglia e che, in paese, un ragazzino, il figlio della
locandiera,
ne raccontava delle belle: la bestia aveva ucciso Gaston e mangiato la
bella,
altre volte che la bella aveva baciato la bestia, scaldandole il cuore
e
rendendola umana, o ancora che i due amanti sfortunati si erano
tramutati in
cervi e adesso vivevano nei boschi, insieme.
-Che
storie assurde- aveva esclamato, facendole l’occhiolino.
La
sera si congedarono con la promessa di vedersi presto.
Stavano
bene, tutti.
Si
svegliò di soprassalto, delusa che il sogno fosse
già finito. Tornò a chiudere
gli occhi, mentre Adam la stringeva a sé, affondando il viso
nei suoi capelli.
-Adam?-
-Mmm?-
rispose, non del tutto sveglio.
-Ho
sempre voluto imparare a ballare-
Lui
sorrise, gli occhi ancora chiusi.
–Ti
insegnerò io-
FINE