Film > La Bella e la Bestia
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Autore: VeronicaDauntless    02/11/2017    2 recensioni
Nelle fiabe, a volte, i sogni si avverano. E se sognaste di cadere in un pozzo guardando il vostro riflesso? Fin da bambina la più grande paura di Belle è quella di addormentarsi, quella di sognare. Non immagina che di lì a breve, tentando di salvare suo fratello, si sarebbe ritrovata prigioniera di una bestia.
Dal prologo: "Avrebbe potuto dire di aver perso la sua umanità molti anni addietro, ma la verità era che non l’aveva mai avuta. [..]Questa non è la sua storia. Questa è la storia di come il suo cuore riprese a battere."
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adam, Belle, Gaston, Lumière, Quasi tutti | Coppie: Adam/Belle
Note: Movieverse, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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Epilogo

Commiato d'autore: Ebbene sì, sono ancora viva. In realtà avevo già in mente il finale di questa storia e l'avevo anche già abbozzato, ma non so perchè ho esitato a postarlo. Forse mettere la parola fine ad una storia che ho sentito particolarmente mia mi rattristava un po', ma è anche giusto che i personaggi (e i lettori) abbiano il loro finale. A questo punto avrete capito che questo è il capitolo finale, per cui mi eclisserò in fretta. Volevo solo ringraziare tutti quelli che hanno seguito la storia, perchè ogni racconto ha raggiunto il suo scopo, se anche vi fosse un solo lettore a portarlo nel cuore. Un bacio, VeronicaDauntless.

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La prima cosa che vide fu il fucile. Nei suoi sogni il colpo rimbombava così vivido che le sembrava familiare. Ad imbracciarlo con mani sicure, un occhio già chiuso per prendere la mira, c’era un uomo giovane, le spalle larghe e i capelli scuri lunghi. Anche lui le sembrò familiare, come se avesse popolato i suoi incubi allo stesso modo dell’arma che impugnava.
E poi c’era la bestia. Le zampe solide piantate a terra, il corpo incurvato e la bocca leggermente spalancata sulle zanne bianche. Gli occhi scintillavano nella poca luce del mattino, gialli, grandi, privi d’espressione, come non li aveva mai visti. Fu questo a scuoterla.
Si gettò contro l’uomo, afferrando la canna del fucile e cercando di cambiarne la traiettoria, prima che fosse troppo tardi. Il colpo mancò il bersaglio, volò lontano, il rombo la fece sobbalzare, gli occhi stretti.
-Che diavolo.. – il cacciatore strattonò la sua presa, liberando il fucile e spingendola lontano con violenza.  –Maledetta strega- sputò con la voce impregnata di disprezzo.

Strega.
Sbatté con forza contro il tronco di un albero, sentì un dolore sordo infiammarle la spina dorsale, le spalle, prima di rovinare a terra. La caduta le mozzò il fiato e le graffiò le mani, immobilizzandola sul terreno umido.
L’uomo puntò l’arma verso di lei, che spalancò gli occhi, trattenendo il fiato. Ma il colpo non arrivò. Al suo posto, un ringhio feroce le percorse la schiena, attirando l’attenzione di entrambi. La bestia balzò contro Gaston, che si scansò, ma subito dopo emise un gemito di dolore e si portò una mano sul braccio, dove quattro profonde scie rosse gli sfregiavano la pelle bianca.
-Adam- sussurrò, ma lui non la stava guardando, continuava a tenere gli occhi fissi sull’avversario, mentre questi sollevava nuovamente il fucile e, senza perdere tempo per prendere la mira, sparò.
Belle sentì l’ululato di dolore dell’animale trafiggerle il corpo, scuotendola,  si sollevò, ignorò le fitte che le attraversavano la schiena ad ogni respiro e tenne gli occhi fissi sui due contendenti. Adam aveva attaccato di nuovo, sfruttando il momento di esaltazione dell’altro e ora lottavano, troppo vicini perché lei avesse il coraggio di afferrare il fucile, che ora giaceva abbandonato a terra, e sparare.
D’un tratto vide qualcosa luccicare tra loro, ma fu solo un secondo, l’istante dopo il mugolio straziante della bestia la raggiunse e capì che Gaston doveva avere con sé un pugnale. Subito dopo lo vide correre nella direzione opposta alla sua, verso il castello distrutto dalle fiamme a cui non aveva rivolto nemmeno uno sguardo. Adam lo seguì, l’andatura incostante, eppure notò che anche l’altro zoppicava leggermente.
Corse dietro di loro, arrivando in tempo per vederli salire la scala annerita, ma quella scala si interrompeva presto, affacciandosi nel vuoto e, ancora oltre, sulla fontana abbandonata.
Gaston arrivò sul penultimo gradino e si voltò, il fiato corto, la lama sollevata, la bestia si erse in tutta la sua grandezza, lui si fece indietro, perse l’equilibrio, sul suo viso comparve una smorfia spaventosa e lei urlò, vedendolo oscillare nel vuoto, sorretto solo dalla zampa di Adam, che gli graffiava la spalla e dall’intrico di foglie e rose che risaliva sulla facciata del castello. La sembrò che i rami fossero mossi dal vento, leggermente, costantemente, finché non li vide avvinghiare le braccia di Gaston, che cercava di trovare un appiglio sul muro franato, stringersi intorno ai gomiti, ai polsi, ad ogni singolo dito, finché la pelle non iniziò a farsi pallida, sempre più pallida e poi cinerea, come cenere, o meglio, come brandelli di una statua di pietra. Lui urlò, terrorizzato, gli occhi spalancati fino a sembrare enormi cerchi scuri, la bocca aperta in un grido senza fine, sempre più acuto.
-Aiutami!- urlò, strappando le foglie, i rami, allungò il braccio verso Adam, ne afferrò il pelo, ma le dita si sgretolarono, come frammenti del castello che aveva intorno.
La bestia ringhiò, non minacciosa, ma confusa, guardava l’uomo e l’uomo fissava le sue dita, quello che ne era rimasto, mentre la carne cinerea cadeva, pezzo dopo pezzo, nel vuoto, precipitando nell’acqua con un rumore tonfo.
Quando anche l’altra mano si sfaldò, cadde, avvolto dalle sue stesse grida e dal silenzio attonito di Belle e della bestia, di cui ancora vedeva gli occhi gialli. L’impatto con l’acqua gli mozzò il fiato, zittendolo, e sollevò un’onda scomposta attorno a lui.
Belle si precipitò, allungando le mani per aiutarlo, ma quando stava già per sentire la ruvidezza dei suoi abiti, vide due mani delicate, due braccia lunghe avvolgergli il corpo e spingerlo verso il fondo, in acque più profonde di quanto avrebbero dovuto essere. Allora ritrasse le mani, ancora distese verso di lui e fece un passo indietro. I suoi occhi, ancora spalancati e colmi di terrore, scomparvero presto. Un unico gorgoglio distorto precedette il silenzio, mentre l’acqua tornava liscia e calma.
Non si concesse un attimo di più e corse all’interno della casa, scorse la bestia accasciata sul pavimento coperto di fuliggine, gli occhi socchiusi e la bocca aperta in un respiro affannoso. Accennò un passo nella sua direzione, ma lui mostrò le zanne, ringhiando, le orecchie ebbero un fremito e lei si arrestò.
-Adam- sussurrò, prima di far scivolare il piede di qualche centimetro più avanti, lentamente.
-Adam, sono io, sono Belle-
La sua voce si ruppe e solo allora si rese conto di avere la vista annebbiata. Sbatté più volte le palpebre, ricacciando indietro le lacrime e il groppo che le chiudeva la gola.
-Sono Belle, sono qui, Adam-
La bestia continuava a tenere gli occhi stretti su di lei, ma a mano a mano che lei avanzava, ritraeva gli artigli, lasciando ricadere le zampe senza forza, poi smise di ringhiare, aprì bene gli occhi e lasciò che lei cadesse in ginocchio al suo fianco.
-Oh, Adam- sollevò la mano, seguendo la ferita del fucile alla spalla, e del pugnale, al petto, ma non riuscì a toccarlo. Sanguinavano entrambe, sporcandogli il pelo scuro e rallentandogli il respiro. Spostò lo sguardo sui suoi occhi, ignorò le lacrime che ora, prepotenti, le inondavano il volto, scuotendole il petto e gli sfiorò il viso in una carezza delicata. L’animale guaì e lei dovette reprimere un singhiozzo.
-Adam non farmi questo.. non puoi lasciarmi.. mi ricordo di te ora.. Adam.. –
I suoi occhi si schiarirono, ma fu solo un istante e lei trattenne il fiato, sentendo la sua mano tra i capelli, la stessa mano che aveva stretto quando tutto le era ancora troppo confuso. Chiuse gli occhi, coprendo la mano con la propria, ma quando li riaprì, la sua mano era tornata una semplice zampa, ricadde debole sul suo grembo e lei lo scosse, chiamando il suo nome tra i singhiozzi, lo sguardo fisso sui suoi occhi ora chiusi. Alla fine si abbandonò contro di lui, affondando il viso contro la pelliccia ruvida, sentendo il sangue ancora caldo macchiarle la pelle e pianse, stringendo convulsamente tra le mani il pelo scuro.
-Io ti amo-
Sussurrò impercettibilmente e lasciò fuoriuscire il fiato, allentando la presa sul suo corpo, quando il calore quasi la scottò, costringendola ad allontanare di scatto le mani e il viso. Scosse la testa, ma i fasci di luce dorata, sempre più numerosi, più luminosi, c’erano davvero, avvolgevano il corpo di Adam in una spira morbida. Arretrò, balzando in piedi e asciugandosi il viso con gesti frettolosi. Le tornò alla mente cos’era successo all’altro uomo, alle mani che lo avevano afferrato, trascinandolo giù e balzò verso Adam, le braccia già allungate verso di lui, in cerca di un appiglio, ma la luce divenne talmente accecante che le bruciò gli occhi e lei dovette scostare la faccia, proteggendosi il viso con le braccia. Quando la luce sembrò affievolirsi, osò riaprire gli occhi, in cerca del corpo della bestia, ma il pavimento era vuoto. Davanti a lei, però, c’era un uomo. I capelli scuri gli ricadevano sulle spalle, incorniciando la pelle chiara del volto, le linee marcate del naso, delle sopracciglia, le labbra incurvate in un sorriso.
Continuava a girare le mani davanti al viso, guardandole stupito, poi alzò gli occhi su di lei e li puntò nei suoi. Trasalì, arretrando.
Lui le porse la mano.
-Belle-
Socchiuse gli occhi, scrutandolo. Non era l’uomo che aveva conosciuto nei suoi sogni né quello che l’aveva portata via dalla casa di cura, c’era qualcosa di diverso adesso, una strana luce nel suo sguardo. Un ricordo le attraversò la mente, ridestato, rivide davanti a sé quello stesso sguardo e quella stessa luce in due occhi simili, ma appartenenti ad una bestia. Era lo sguardo che vedeva ogni giorno, quando leggeva per lui o quando passeggiavano fianco a fianco.
-Adam?-
Corse verso di lui, che aprì le braccia e lei vi si gettò, lasciando che la stringesse a sé con forza, mentre affondava il volto contro la sua pelle e sentiva il calore del suo corpo.
-Ti ho visto morire- sussurrò, senza sciogliere l’abbraccio.
-Anch’io ti avevo vista morire. Ma ora è tutto finito-
-Mi avevi riconosciuta-
-E tu hai ricordato chi ero-
Le prese il viso tra le mani, costringendola a sollevare lo sguardo e le sfiorò con le dita la fronte, il naso, il mento, come più di una volta aveva fatto lei. Sorrise, poggiando la mano sulla sua e inclinando leggermente il capo per sentire tutto il calore di quella carezza.
-Non lasciarmi più andare via-
-Mai più- soffiò sul suo volto, prima di poggiare le labbra sulle sue e stringerla nuovamente a sé.


Prima di tornare da Maurice, Adam aveva dato un ultimo sguardo al castello, poi i suoi occhi si erano fermati su una piccola scatola intagliata, l’aveva presa da terra e l’aveva aperta, sorridendo al suo interno. Aveva cercato di sbirciare oltre la sua schiena, chiedendogli cosa fosse, ma lui l’ aveva richiusa in fretta, rispondendo che era solo un vecchio regalo del mago e a lui la consegnò, appena arrivarono a casa. Mentre andavano via, lasciandosi alle spalle il castello in rovina e la fonte d’acqua che era stata tomba di Rosaline e ora di Gaston, avevano dovuto evitare una folla di uomini che parlavano a gran voce. Tra di loro, Belle riconobbe Chicco, il figlio della locandiera e, per quanto provasse ancora dell’odio verso quella donna, non poté evitare di sorridere allo sguardo stupito del bambino. Gli sorrise, mentre si dirigevano nella direzione opposta e si portò un dito alle labbra, facendogli segno di non dire nulla.
Il bambino la guardò con gli occhi sgranati, ma alla fine la sua espressione si fece risoluta ed annuì.
Alla vista dello scrigno, il vecchio aveva annuito, sorridendo ad Adam e toccandogli gentilmente la spalla, eppure lei era sicura che fosse vuota.
Maurice aveva brontolato per un bel po’, continuando a rimproverarla per averlo fatto preoccupare ed essere andata da Adam senza chiamarlo, ma, quando lei lo strinse a sé, lui ricambiò l’abbraccio. Strinse anche la mano di Adam, sussurrandogli un ‘ben fatto’.


Andarono a vivere in una casa piccola, ma accogliente, abbastanza lontana dal villaggio perché Delacroix non li trovasse, se anche stesse ancora dando loro la caccia. Maurice accettò l’invito del vecchio di trascorrere qualche giorno da lui, sebbene il mago continuò a sostenere di non ricordare di aver mai avanzato nessun invito, finché non avesse trovato un posto dove vivere.
-Ti sei autoinvitato, Maurice?- gli chiese un giorno, lontano dall’ancora ottimo udito del mago e lui aveva mostrato un sorriso sghembo, guardandola, ma non aveva risposto e, sebbene continuasse a dirgli che avrebbe potuto stare con lei ed Adam per tutto il tempo che voleva, lui ripeteva che lì stava bene, si sentiva a casa ed era contento così.
Andava da loro più spesso che poteva e la maggior parte delle volte li trovava seduti accanto al fuoco con in mano una tazza di the. Era sicura che Maurice non sarebbe più andato via da quella casa e che al vecchio, in fondo in fondo, non dispiacesse poi tanto.
-Hai.. visto la tua famiglia?-  le chiese Maurice un giorno.
Lei abbassò lo sguardo, le sembrava ancora così strano poter parlare liberamente dei suoi sogni, ma sì, aveva visto la sua famiglia. L’aveva sognata.
Sorrise.  –Sì-
-E?-
E.. aveva visto più in là di quanto avrebbe voluto. Dominic aveva una famiglia, Christian viveva in una casa tutta sua e sua madre sorrideva spesso, anche se spolverava ogni giorno una foto che ritraeva tutti e tre i fratelli abbracciati, sorridenti. Faceva scivolare l’indice sui loro volti e si soffermava a lungo sul suo, guardandolo con gli occhi lucidi. Passato quel minuto, abbandonava la fotografia e tornava ai suoi impegni.
-E stanno bene, tutti-
-Ti mancano-
Non era una domanda, ma lei rispose ugualmente.  –Mi mancheranno sempre, ma è qui che voglio stare-
Maurice le sorrise sornione, come al solito, dandole una leggere gomitata.
-Ti mancherei troppo, eh?-
Aveva ricevuto anche una visita inaspettata. Una mattina qualcuno aveva bussato alla porta e si era trovata davanti una ragazza bellissima, la vita stretta, fluenti capelli rossi e un sorriso sbarazzino. Sollevò appena la lunga gonna, mostrando le ginocchia e lei sgranò gli occhi, presa di sorpresa.
-Le avevo detto che avevo delle belle gambe, miss-
-Rebecca!-
Trascorsero la giornata a parlare, Rebecca le raccontò dove si era rifugiata dopo l’incendio e la sorpresa quando si era vista di nuovo umana, che era tornata dalla sua famiglia e che, in paese, un ragazzino, il figlio della locandiera, ne raccontava delle belle: la bestia aveva ucciso Gaston e mangiato la bella, altre volte che la bella aveva baciato la bestia, scaldandole il cuore e rendendola umana, o ancora che i due amanti sfortunati si erano tramutati in cervi e adesso vivevano nei boschi, insieme.
-Che storie assurde- aveva esclamato, facendole l’occhiolino.
La sera si congedarono con la promessa di vedersi presto.
Stavano bene, tutti. 



Prese un profondo respiro, lisciandosi distrattamente la gonna ampia, prima di sorridere ad Adam e stringere la mano che le porgeva. Le mise una mano sulla vita, avvicinandola a sé e ricambiando il sorriso. Registrò solo il primo passo, prima che la musica iniziasse a guidarla autonomamente, e che il suo sguardo si perdesse in quello, adesso così luminoso, del suo accompagnatore. Adam sollevò il braccio, trascinando in alto anche il suo e facendola girare, prima di stringerla nuovamente contro di sé. Rise. Come doveva sembrare goffa. Ma fu il pensiero di un istante, sparì subito, così com’era sparita l’ansia. Pensò a come doveva brillare, il suo vestito dorato, mentre ruotava, inseguendo i suoi volteggi, gonfiandosi intorno alle sue gambe e ondeggiando l’attimo dopo, accarezzandole le caviglie, per poi tornare ad accostarsi al blu dell’abito di Adam, e questi pensieri la riempirono di contentezza. Rideva ogni volta che lui la faceva girare, sperando di non inciampare, di non pestargli i piedi, ma lui era un ottimo cavaliere, riusciva a guidarla nei movimenti e lei tornava sempre di fronte a lui, stretta nel suo braccio, dove quasi riusciva a percepire il battito del suo cuore e dove il suo sorriso la riempiva di calore e d’amore in un solo istante..


Si svegliò di soprassalto, delusa che il sogno fosse già finito. Tornò a chiudere gli occhi, mentre Adam la stringeva a sé, affondando il viso nei suoi capelli.
-Adam?-
-Mmm?- rispose, non del tutto sveglio.
-Ho sempre voluto imparare a ballare-
Lui sorrise, gli occhi ancora chiusi.  –Ti insegnerò io-


     
                                                      FINE

  
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