Thorin
Scudodiquercia stava
seduto al tavolo e mangiava lentamente una zuppa da un piatto che Bilbo
gli
aveva portato e parlava con i suoi uomini nella quiete della casa dello
hobbit,
illuminato dalla luce del camino e delle candele.
Cliantha,
che aveva
approfittato della distrazione di Bilbo per l’arrivo del
tredicesimo nano e del
supporto di Gandalf per stare ancora qualche minuto, lo osservava
mangiare e
chiacchierare, raccontando del suo viaggio presso i parenti e
informandosi
delle famiglie dei suoi amici, poi Dwalin chiese: -Che cosa hanno detto
i nani
dei Colli Ferrosi? I Durin sono con noi?
Quella
domanda sembrò
conferire una sferzata all’orgoglio del nano, che
appoggiò il cucchiaio sul
bordo del piatto e, emesso un leggero sospiro, rispose: -Loro non
verranno.
Dicono che quest’impresa è nostra e solo nostra.
-Partite
per un’impresa?-
chiese timidamente Bilbo da dietro le spalle di Gandalf, incuriosito. A
quella
domanda lo stregone rispose chiedendo che gli venisse fornita
più luce e lo
hobbit andò a cercare una lanterna.
-Lontano
verso est- iniziò
Gandalf, estraendo da sotto il mantello un pezzo di carta pecora
ripiegato ed
estendendolo sul tavolo -Oltre le montagne e il fiume, al di
là di terreni
boschivi e terre desolate, giace un’unica vetta solitaria.
-La
Montagna Solitaria-
esclamò la ragazza, completamente assorbita dalla
conversazione e provocando
non pochi sguardi sorpresi da parte di alcuni dei nani.
-Esatto-
confermò lo
stregone.
-I
presagi sono stati
interpretati- si intromise il nano dalla spessa chioma fulva -E dicono
che è il
momento.
-I
corvi sono stati visti
volare verso est- intervenne un altro nano con in mano un corno
acustico di
ottone -Così come era stato predetto. Quando gli uccelli del
passato torneranno
a Erebor, il regno della bestia avrà fine.
Bilbo
Baggins emerse dalla
dispensa, in cui era andato a cercare la lanterna, e, evidentemente
scosso,
domandò: -Quale bestia?
-Oh,
sarebbe in riferimento a
Smaug il terribile- rispose Bofur, facendo ondeggiare la sua pipa con
noncuranza -La maggiorissima e più grande
calamità della nostra epoca. Uno
sputafiamme volante- iniziò a descrivere, evidentemente
divertito dalla
reazione che suscitava nel timido hobbit -Denti come rasoi, artigli
come ganci
da macellaio, appassionato di metalli preziosi.
-Direi
che è chiaro-
intervenne Cliantha, notando la tensione nel collo di Bilbo.
Il
giovane nano con i capelli
a scodella si alzò dalla sedia e dichiarò il suo
coraggio, dicendo di voler
affrontare il drago con la sua lama nanica, ma il suo impeto venne
smorzato dal
fratello più anziano, Dori, che lo fece sedere.
I
compagni gli fecero eco,
finché il più anziano della compagnia non prese
parola: -Ci vorrebbe un esercito
per affrontarla e noi siamo solo in tredici, non dei migliori e neanche
dei più
svegli.
-A
chi hai dato dello
stupido?- domandò un altro nano, mentre Fili prendeva
parola: -Saremo pure
pochi di numero, ma siamo combattenti, tutti quanti. Fino
all’ultimo nano!-
esclamò con maggiore enfasi, battendo la mano sul tavolo.
-E
dimenticate che abbiamo
uno stregone nella compagnia- intervenne Kili, infervorato dalle parole
del
fratello -Gandalf avrà ucciso centinaia di draghi ai suoi
tempi.
Tuttavia
quell’intervento da
parte del giovane nano sembrò mettere in
difficoltà lo stregone, che,
balbettando poche parole, cercò di sviare
l’argomento, ma i nani sono creature
testarde e insistettero, chiedendo esattamente quanti draghi egli
avesse
ucciso; l’immediata mancanza di risposta provocò
una reazione furibonda che
venne placata solo dal comando di Thorin.
-Shazara!- urlò il loro capo,
ristabilendo finalmente l’ordine -Se
noi abbiamo interpretato questi segni non pensate che altri
l’abbiano fatto?-
domandò dall’alto della sua statura,
eccezionalmente elevata per la sua razza
-Le voci hanno iniziato a diffondersi, il drago Smaug non viene
avvistato da
sessant’anni. Occhi guardano a est, verso la montagna,
valutando, ponderando,
soppesando i rischi. Forse la grande ricchezza del nostro popolo ora
giace
senza protezione e stiamo comodi, mentre altri prendono ciò
che è nostro di
diritto? O afferriamo l’occasione per riprenderci Erebor?
Il
discorso venne accolto con
grandi acclamazioni e Cliantha rimase affascinata dalla
capacità di
Scudodiquercia di ristabilire coraggio e motivazione nei suoi uomini,
che
alzavano i boccali in segno di approvazione.
-Peccato
che la porta
principale sia nascosta- intervenne di nuovo Balin, riportando tutti
alla dura
realtà dei fatti -Non si può entrare nella
Montagna.
-Questo,
mio caro Balin- si
intromise Gandalf -Non è del tutto vero.
In
un abile movimento di
dita, una spessa e grossa chiave di metallo da i bordi spigolosi
apparì nella
sua mano; lo stupore era dipinto sul volto del capo dei nani, che quasi
in un
sussurro domandò: -Perché è nelle tue
mani?
-Mi
è stata data da tuo
padre, Thrain- rispose il vecchio, porgendogliela -Come forma
precauzionale.
Ora è tua.
Il
nano prese quell’oggetto
con una delicatezza quasi reverenziale che le sue dita grosse e corte
non
sembravano neanche capaci di operare e rimase per qualche istante ad
ammirarla,
come se fosse stato un oggetto di infanzia a lungo perduto e ora
ritrovato.
-Se
c’è una chiave…- iniziò
Fili, dando voce ai propri pensieri -Ci deve essere una serratura.
-Hai
ragione, mastro nano-
convenne Gandalf, accendendosi la pipa con qualcosa che poteva essere
un
fiammifero ma che Cliantha non riuscì a comprendere -La
mappa indica l’ingresso
di un passaggio all’interno della Montagna, ma le porte dei
nani sono
impossibili da trovare una volta chiuse. Inoltre queste rune spiegano
come
trovarlo, ma io non sono in grado di interpretarle. Comunque
c’è chi ha
maggiore conoscenza di me e, una volta interpellato, saranno necessari
discrezione, astuzia e una certa dose di coraggio.
In
tutto quel discorso
Cliantha aveva capito dove l’uomo stesse andando a parare e
si sorprese della
propria audacia quando sentì la sua voce dare corpo ai suoi
pensieri: -Per
questo vi serve qualcuno che sia in grado di intrufolarsi in qualunque
luogo
non visto e non udito. Un ladro provetto!
-Esatto-
le sorrise
affettuosamente Gandalf -Uno scassinatore, per la precisione.
-E
uno bravo!- convenne
Bilbo, che con le dita infilate sotto alle bretelle non colse lo
sguardo
eloquente che lo stregone aveva lanciato alla ragazza.
Il
silenzio scese per qualche
secondo, mettendo in evidente difficoltà Bilbo, che si
guardò intorno.
-Tu
lo sei?- chiese Dwalin
alla fine, dando voce ai pensieri di tutti
-Sono
cosa?- domandò lo
hobbit.
-Uno
scassinatore!- esclamò
Balin.
-No-
rispose fermamente
quello, che aggiunse con orgoglio -Non ho mai rubato niente in vita mia.
-È
come pensavo- disse Dwalin
-Quest’impresa non è adatta alla gente per bene
che non sa badare a sé stessa-
poi, squadrando Cliantha con un’occhiata di sufficienza,
aggiunse -E tantomeno
per fragili fanciulle.
-Cosa
ti fa credere che io
sia fragile?- sbottò alla fine Cliantha, incapace di
tollerare
quell’insopportabile atteggiamento di superiorità
e sdegno che quel maleducato
ostentava.
La
sua reazione fu la
scintilla che fece scoppiare un’altra accesa discussione,
fatta di una
cacofonia di urla e strepiti in cui alcuni sostenevano, con poco garbo,
che lo
hobbit sarebbe stato inadatto alla missione, mentre altri lo
difendevano. Il
caos spinse la pazienza di Gandalf al limite e lo stregone si
alzò, fuori di
sé, proiettando un’ombra che avvolse tutta la
stanza.
-Silenzio!-
disse,
sovrastando le voci di tutti e riportando il silenzio -Se dico che
Bilbo
Baggins è uno scassinatore, allora uno scassinatore egli
è.
Il
suo animo si placò e
l’ombra restituì il posto alla calda luce del
focolare: -Gli hobbit sono
piccoli e veloci- spiegò -E sono in grado di non farsi udire
da molti, se lo
desiderano. Inoltre, se il drago è avvezzo
all’odore dei nani, quello degli
hobbit gli è completamente sconosciuto e questo ci
dà un immenso vantaggio.
-Molto
bene- affermò Thorin,
facendo cenno a Balin -Dagli il contratto.
Il
nano, interpellato, fece
quanto gli era stato chiesto e porse un lungo foglio di carta pecora
ripiegato
più volte, anche di lato, che lo hobbit prese e
iniziò a scorrere; Cliantha
notò che Thorin si era sporto verso Gandalf e gli sussurrava
qualcosa
nell’orecchio, a cui lo stregone annuì serio.
Nel
frattempo la voce di
Bilbo, intento a leggere i termini del contratto, giungeva nella sala
dapprima
bassa e veloce, poi sempre più alta e chiara -La
presente compagnia non risponderà di
lesioni inflitte da, o come conseguenza di, incluso, ma non
limitatamente a
lacerazioni, eviscerazioni... incenerimento?- scandì
l’ultima parola con
chiarezza, aspettandosi forse che si trattasse di uno scherzo.
-Oh sì!- esclamò invece
Bofur, che Cliantha inquadrò, a
quel punto, come un burlone caratterizzato da una vena di sadismo -Il
drago ti
ridurrà a braciolette in un batter d’occhio.
Continuò ad elencare altre situazioni
poco piacevoli che
il drago non avrebbe mancato di procurare al povero hobbit, il cui
voltò
sbiancò e il respiro divenne corto e affannoso.
-Stai bene?- chiese Balin, accigliato.
-Sì, sì- mentì
Bilbo, piegandosi sulle ginocchia e
cercando di prendere dei respiri profondi -Devo solo…
E cadde a terra svenuto.
-È un tipetto piuttosto eccitabile-
giustificò Gandalf in
risposta allo sguardo cupo e severo che Thorin aveva rivolto al povero
hobbit
-Gli vengono questi strani buffi attacchi, ma è uno dei
migliori! Fiero come un
drago se c’è bisogno.
Nel frattempo Cliantha era schizzata dalla sedia a
piena
velocità e accorsa allo svenuto signor Baggins, prendendo la
brocca di acqua
che stava sul tavolo e da cui Thorin si era dissetato durante il pasto:
-Era
davvero necessario?- domandò, rivolgendo agli astanti
sguardi di gelo, poi
bagnò un tovagliolo con l’acqua e lo
passò sulla fronte, il collo e i polsi di
Bilbo.
-Non
sembra essersi fatto
nulla cadendo- osservò Cliantha, non vedendo segni, poi gli
prese il polso per
accertarsi che il battito fosse regolare -È solo svenuto,
qualcuno mi aiuti a
distenderlo sul divano e portatemi del whiskey!
Fili
e Kili si alzarono
prontamente e si occuparono di sollevare il loro scassinatore dal
pavimento,
mentre Dori, il nano con la barba bianca accuratamente intrecciata e i
capelli
argentati raccolti sul capo, corse a procurare l’alcolico.
Quando
Dori le ebbe portato
la bottiglia, Cliantha la stappò e ne avvicinò il
collo sotto al naso dello
hobbit, che si riprese di soprassalto.
-Come
va?- chiese la ragazza,
la cui voce recava una punta di dolcezza.
-I-io…-
balbettò Bilbo,
ancora disorientato -Credo di aver bisogno di una tazza di
thé.
Ciò
detto lo hobbit si alzò
e, aiutato dai due giovani nani, si recò in cucina a fare
quanto aveva
annunciato, lasciando soli Cliantha e lo stregone.
-Quindi
è questa la famosa
avventura?- chiese la ragazza, che ancora osservava con apprensione in
suo
paziente allontanarsi pur essendo instabile sulle ginocchia -La
riconquista di
Erebor?
Un
cenno affermativo dello
stregone le diede a conferma e il suo cuore prese a saltare nel petto
come un
forsennato: -Giorni celesti!- esclamò, aggrappandosi al
bracciolo della
poltrona per non cedere all’emozione -Io.. Io credevo che
fosse solo una storia
della buonanotte! Mia madre me la raccontava di quando in quando
e… credevo che
i draghi si fossero estinti, non immaginavo che Smaug il Terribile
esistesse
davvero! Crescendo l’avevo interpretato come una metafora
dell’avidità di
Thror, che aveva portato la disgrazia sul suo popolo… E suo
nipote,
Scudodiquercia, è qui, nella Contea! E io gli servito da
bere! Oh giorni
celesti! Oh giorni celesti!
-Thornrose-
intervenne
Gandalf, interrompendo il suo sproloquio delirante -Conosceva la storia
di
Erebor?
-Ne
conosceva tante- rispose
la ragazza, ancora emozionata per le sue scoperte -Ma quella era tra le
mie
preferite.
Bilbo
tornò con la sua tazza
di thè e si mise a sorseggiarlo seduto in poltrona,
dichiarando di star bene e
di aver solo bisogno di stare tranquillo per qualche attimo per
riprendersi.
Lui e Gandalf iniziarono a discutere e Cliantha si sentì
abbastanza tranquilla
sulla sua salute per poter lasciare il capezzale del suo paziente e
andare in
cucina a versarsi da bere.
Mentre
passava davanti alla
sala da pranzo sentì Balin sospirare: -A quanto pare abbiamo
perso il nostro
scassinatore. Forse è meglio così. Le
probabilità c’erano lo stesso a sfavore.
Dopotutto cosa siamo noi? Mercanti, minatori, stagnai, giocattolai. Non
certo
materia da leggenda.
-Ci
sono alcuni guerrieri tra
di noi- sentì dire dalla voce calda e profonda di Thorin.
-Vecchi
guerrieri- ribatté
l’altro.
-Io
sceglierei uno qualunque
di questi nani invece di un esercito dei Colli Ferrosi- disse Thorin,
la cui
voce era animata da un forte senso di orgoglio -Perché
quando li ho convocati
hanno risposto. Lealtà. Onore. Un cuore volenteroso. Non
posso chiedere più di
questo.
A
quelle parole, per quanto
il contesto le sembrasse assurdo e incredibile, Cliantha non
poté trattenersi
dal sorridere: Thorin era mosso da sentimenti di grande
nobiltà e aveva una
grande capacità di trasmetterli a chi lo ascoltava.
Dentro
di lei sentì crescere
il desiderio di voler fare parte di quel progetto, infervorata dal
discorso del
re dei nani e desiderosa di dimostrare le qualità che aveva
appena elencato:
“Erebor!” sembrava scandire il suo cuore ad ogni
battito. La sua memoria le
riportò la voce dolce e carezzevole della madre che le
raccontava, dopo averle
rimboccato le coperte, della ricchezza e della bellezza della mitica
città dei
nani scavata nella roccia, traboccante di oro e gemme preziose, della
Montagna
Solitaria.
Forse
quella era davvero la
sua occasione, un segno del destino per spingerla a cercare quella
nuova vita
che tanto aveva sognato il giorno in cui suo padre, o, più
accuratamente, i
suoi resti erano stati deposti in una fossa accanto a quella che
già ospitava
il cadavere di sua madre.
Nulla
più, pensava la
ragazza, mentre sorseggiava il suo bicchiere d’acqua,
osservando i nani
radunarsi davanti al fuoco del camino nel salotto, la tratteneva in
quella
città, in quella casa piena di ricordi e svuotata degli
affetti, quindi perché
non tentare?
Dalla
cucina poteva
osservarli tutti con chiarezza, i nani di Erebor: raccolti attorno alla
bocca
infuocata del camino, i loro volti sembravano quelli di antiche statue
scolpite
nella pietra, i lineamenti erano marcati dalle forti luci delle fiamme
che
scoppiettavano allegre, le loro barbe rilucevano dei piccoli gioielli,
chi ne
aveva, intrecciati ai lunghi e spessi peli corvini, bianchi o fulvi e
in quel
momento a Cliantha parve di vedere i personaggi leggendari di quelle
vecchie
storie raccontate nel buio della sua stanza da letto.
Chissà
quale storia sarebbe
stata raccontata da quell’impresa tanto audace?
Ad
un tratto le sue orecchie
captarono un canto, dapprima un semplice mugugnio, poi parole distinte
scandite
dalla lenta melodia della voce bassa e calda di Thorin, che con la pipa
saldamente accomodato tra le dita se ne stava appoggiato alla mensola
del
camino, ispirato dalle lingue di fuoco al suo interno:
Lontano
su nebbiosi monti gelati
in
antri oscuri e desolati.
Partir
dobbiamo,
l'alba
scortiamo
per ritrovare gli ori incantati.
Poi
gli altri nani si unirono
al suo canto, innalzando un coro solenne, senza strumenti né
accompagnamento,
le loro sole voci a rievocare quella canzone antica e colma di una
tremenda
memoria:
Ruggenti
pini sulle vette
dei
venti il pianto nella notte.
Il
fuoco ardeva
fiamme
spargeva
alberi accesi torce di luce.
Era
uno spettacolo maestoso e
al contempo malinconico e Cliantha dovette passare i polpastrelli agli
angoli
interni degli occhi per arginare una lacrima; dall’altra
parte del salotto,
seduto sulla sua poltrona nella stanza accanto, Cliantha vide Bilbo
Baggins,
commosso quanto lei, che osservava il camino, immerso nelle riflessioni
scatenate da quelle parole.
Nel
frattempo i nani si erano
messi comodi sul divano e sulle poltrone che arredavano il salotto,
chiacchierando e fumando Vecchio Tobia; Cliantha si riempì
di nuovo il
bicchiere e raggiunse i nani nel salotto, dove trovò posto a
sedere accanto a
Bofur, intento a colmare il serbatoio della pipa con il tabacco.
-È
stata un’esibizione
splendida- disse la ragazza, accomodandosi sui cuscini ricoperti di
tessuto
color cremisi impreziosito da merletti di pizzo; il nano accese la pipa
e se la
portò alle labbra per tirare la prima boccata di avviamento:
-Meno male!-
esclamò, emettendo volute di fumo che andarono a disperdersi
sopra le loro
teste -Thorin ci ha fatto provare un milione di volte, sarebbe andato
su tutte
le furie se non fosse venuta buona la prima!
-Come?-
chiese Cliantha,
facendo quasi schizzare l’acqua fuori dal bicchiere e
lanciando occhiate
incredula al re dei nani, che, attorniato dai nipoti, studiava la mappa
alla
luce del camino.
-Sto
scherzando!- rise Bofur,
puntando il bocchino della pipa contro la sua faccia -Guarda che
faccia! No, è
una canzone che è stata scritta durante l’esodo da
Erebor dopo che era stata
occupata dal drago, fa parte della nostra tradizione da duecento anni
oramai.
-Beh-
riprese Cliantha -Era
davvero bellissima.
-Sì-
annuì Bofur, prendendo
una nuova boccata -E speriamo che alla fine della campagna vengano
aggiunte
delle nuove strofe.
Cliantha
annuì a sua volta,
per poi rimanere in silenzio ed ascoltare le conversazioni che si
tenevano
attorno a lei: l’ambiente era divenuto molto più
disteso e rilassato e i
piccoli gruppi che si erano formati (per lo più basati sulla
parentela, da
quanto Cliantha aveva avuto modo di comprendere) discutevano di cose
comuni,
normali, come le nuove tecniche di assemblaggio dei meccanismi di un
orologio
da taschino ideate ai Colli Ferrosi, o l’aumento di prezzo
delle pietre
preziose e dei legni da incenso, o, ancora, della scelta
dell’abbigliamento per
quello che, dalle previsioni, sarebbe stato un inverno particolarmente
rigido.
C’era
una pace imprevista
nell’affollato salotto di casa Baggins, che lo stesso padrone
di casa,
risvegliatosi dai suoi pensieri, aveva quasi timore di infrangere
quando,
entrato in salotto, offrì ai suoi ospiti di sistemarsi per
la notte nelle
numerose stanze da letto.
La
compagnia accettò di buon
grado e un po’ alla volta i nani presero i propri bagagli e
si distribuirono
nelle camere degli ospiti per prepararsi per la notte: -Anche tu,
Cliantha- le
disse Bilbo, porgendole delle lenzuola fresche di bucato -Ormai
è troppo tardi
e non mi sentirei in pace sapendoti in strada a quest’ora
della notte. Puoi
fermarti a dormire.
-Vi
ringrazio, signor
Baggins- rispose Cliantha, incapace di trattenere uno sbadiglio -Prima
però
devo occuparmi di Brithil, che è rimasta fuori agganciata al
carretto. Vi
dispiace se resta nel vostro giardino?
-Non
c’è problema, purché non
mangi i miei fiori.
Cliantha
ringraziò e prima di
uscire si avvolse il mantello ben stretto attorno al collo per
ripararsi dalla
brezza fredda che tirava e faceva ondeggiare le chiome degli alberi;
facendosi
luce con una lanterna, la ragazza attraversò il giardino e
raggiunse l’animale,
che l’accolse sbuffando.
-Ciao,
bella!- la salutò
Cliantha passando la sua mano tra il crine bruno che ondeggiava sul
collo
muscoloso dell’animale -Ti ho fatta aspettare un sacco qua
attaccata al carro,
vero? Povera Brithil! Dai, adesso ti sgancio, così potrai
riposarti un po’ in
mezzo a questo bel prato.
La
cavalla emise di nuovo uno
sbuffo dalle ampie narici quando Cliantha la liberò dai
vincoli che la tenevano
al carretto, ma, mentre stava per portarle la coperta da distendere
sulla sua
schiena, la ragazza si ritrovò faccia a faccia con Thorin,
che, spuntato dal
nulla come uno spirito, la squadrava a braccia incrociate, la schiena
dritta
come una torre e le gambe ben piantate al suolo.
-Che
cosa credi di fare?-
domandò il re dei nani, diretto e implacabile come un colpo
di frusta.
-Preparare
il cavallo per la
notte- rispose Cliantha con finta ingenuità, ben sapendo che
il nano non si
stesse riferendo a quello, e, infatti, alle sue parole Thorin
sollevò un
sopracciglio e le lanciò un’occhiataccia: -Gandalf
sostiene che tu sia una
persona degna di fiducia- riprese poi il nano -E se non fosse per
l’alta
considerazione in cui tengo la sua opinione, saresti stata rispedita
alla tua
locanda nel momento esatto in cui ho messo piede in casa. Tuttavia,
quello che
hai udito questa sera ha un’importanza troppo alta
perché io ti lasci andare,
rischiando che tu vada a spifferare informazioni su cose che non ti
riguardano.
Cliantha
si sentì il sangue
raggelare nelle vene: alle sue orecchie quelle parole erano parse come
una velata
minaccia e dentro di lei temeva che Thorin, dato il fervore dei suoi
discorsi e
l’alta posta in gioco di quell’impresa, non avrebbe
avuto problemi nel
tramutarla in fatti.
-Avete
la mia parola- disse,
soppesando attentamente le sue parole -Che nulla di quanto è
stato detto questa
sera uscirà mai dalla mia bocca.
-La
parola di una locandiera
non è sufficiente- rispose Thorin, sprezzante.
-Allora
accettate la parola
di una figlia- ribatté Cliantha, il cui cuore aveva
cominciato a fare i salti
mortali, iniziando a temere per il peggio, così nel
tentativo di calmarlo e, al
contempo, dare maggiore enfasi al suo discorso, pose la mano destra sul
petto e
alzò la sinistra, aperta -Giuro sulla memoria di mia madre e
di mio padre che
non dirò ad anima viva quanto è accaduto stasera.
Gli
occhi di Thorin andarono
a posarsi sul palmo segnato della ragazza e per qualche istante le sue
iridi
blu non sembrarono in grado di vedere null’altro; poi
passarono al suo viso e
il nano parve riflettere su quel giuramento, soppesandone il valore e
valutando
se accettarlo o meno, cosa che alla fine sembrò fare
perché, rilassate le
braccia e le spalle, disse con voce più calma: -E sia,
ragazza, ma ricorda che
i nani sono poco inclini a dimenticare il male subito, così
come il bene ricevuto.
Se anche solo una sillaba scivolerà fuori dalla tua bocca,
saprò per certo da
chi tornare a riscuotere i danni. Sono stato chiaro?
-Limpido-
rispose Cliantha.
Avuta
la sua risposta, Thorin
annuì e tornò in casa, non prima però
di averle lanciato un’ultima, penetrante,
occhiata alla mano, rimasta sollevata e che Cliantha si
affrettò ad abbassare:
ma cosa avevano tutti con la sua mano? Certo, la pelle rossa e rugosa
del suo
palmo non era uno spettacolo piacevole, ma la cosa stava diventando
morbosa.
Se
non altro, pensò la
ragazza, mentre finiva di preparare Brithil per la notte e si
assicurava che
avesse un bacile pieno d’acqua da cui attingere, Thorin
sembrava essersi
convinto della sua affidabilità abbastanza da non infierire
ulteriormente con
le minacce, ma come si sarebbe comportato quando avrebbe messo in atto
il piano
che la sua mente stava elaborando?
L’autrice:
salve a tutti e benvenuti alla fine del terzo capitolo de Il marchio del drago! Grazie per aver
resistito fino in fondo, lo apprezzo molto 😉
Un
abbraccio speciale vorrei mandarlo a Fjorleif per aver iniziato a
seguire la
mia storia, a SaraGreta_24 e Thorin 78 per averla aggiunta tra le
preferite!
Grazie di cuore, è un piacere immenso sapere che il mio
lavoro vi abbia
regalato qualche emozione e abbiate deciso di dargli
un’opportunità!
Spero
che continuerà ad essere così anche se buona
parte di questo capitolo sia
tratta dalla trasposizione cinematografica di Peter Jackson, ma per me
è stata
la scena più interessante e meglio riuscita di tutta la
trilogia e ci tenevo a
inserirla nel mio scritto.
Di
seguito un piccolo collage di mia realizzazione ispirato alle vicende
del primo
capitolo. Le immagini non mi appartengono, mi sono solo divertita ad
associarle
tra loro. Spero vi piacciano.
Un
abbraccio e alla prossima!
Desma