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Autore: __roje    03/11/2017    1 recensioni
-- QUESTA STORIA CONTIENE SCENE DI SESSO ESPLICITE! --
Aki Nomura è solo un ragazzo di 16 anni che ha sempre sognato di poter condurre una vita scolastica del tutto normale, fatta di amicizia e nuovi amori. Tuttavia la realtà in cui si trova non è affatto così; a causa di diversi eventi il suo carattere è diventato molto più rude e introverso e i primi due anni di scuola non sono stati esattamente ciò che credeva ed una delle ragione è la continua presenza nella sua vita di quello che una volta era il suo migliore amico: Hayato Maeda. Un ragazzo di straordinaria bellezza che viene definito da tutti "Principe" per i suoi tratti e i suoi modi, ma la realtà è ben altra infatti Aki scoprirà presto i nuovi gusti sessuali della persona che credeva di conoscere bene e da quel momento tutta una serie di strani eventi cominceranno a susseguirsi nella vita di questo giovane ragazzo.
IKIGAI: è l'equivalente giapponese di espressioni italiane quali "qualcosa per cui vivere" o "una ragione per esistere" o "il motivo per cui ti svegli ogni mattina".
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Slash
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Non-con, Tematiche delicate, Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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CAPITOLO 20

Dichiararmi non era stato poi così difficile come credevo, e le cose non erano nemmeno cambiate così tanto, anzi, Hayato continuava a prendermi in giro come aveva sempre fatto ma ogni tanto allentava la presa e spesso mi sfiorava dolcemente anche solo per spostarmi un ciuffo di capelli fuori posto.
Le settimane trascorsero velocemente e non passò molto prima che Hayato cominciò a mettere bocca anche sui miei risultati scolastici. Mi prendeva in ostaggio a casa sua per farmi studiare, e come professore era davvero il diavolo!
“Te l’ho detto già tre volte che questa formula non va applicata così. Idiota!” tuonò dandomi un quaderno in testa come se stesse punendo un cane col giornale.
Lo guardai con un occhiataccia “Ci stiamo lavorando da due ore dammi tregua!”
“Non hai tempo, domani c’è la verifica e cosa ci scriverai eh? Cazzate ecco cosa.”
E questo sarebbe il ragazzo con cui sto? Ero l’unico ad essere trattato così male, non faceva che chiamarmi idiota e mi insultava quando sbagliavo qualche calcolo. “Non siamo tutti geni in matematica!” sbottai esasperato e mollai la penna sul tavolo arrendendomi completamente.
“Non si tratta di essere geni o meno, semplicemente non ti impegni abbastanza.”
Disse ciò e lasciò la sedia andando verso il lavello della cucina e lo guardai mentre riempì una teglia da tè per prepararne un po’. Erano settimane che lo guardavo ed ero arrivato alla conclusione che non c’era cosa che non sapesse fare e mi chiedevo come facesse ad essere così dannatamente perfetto. Non era assurdo che volessero tutti o essere lui o uscirci insieme. Ciò che però mi stupiva continuamente era come facesse a stare con qualcuno che era il suo esatto opposto, ero una vera frana in ogni cosa e non facevo che farlo arrabbiare per qualsiasi cosa. Come faceva ad amarmi ancora?
“Hayato senti io..” Hayato si voltò a guardarmi mentre iniziai a parlare ma proprio in quel momento un cellulare cominciò a squillare ma non era il mio bensì il suo, l’oggetto era poggiato sul tavolo accanto a me e vidi Hayato avvicinarsi per vedere chi fosse e nel leggere il nome della chiamata persa sembrò sgranare gli occhi anche se solo per un secondo. “Chi è?” domandai.
“Nessuno hanno sbagliato numero.”
E ripose il cellulare nella tasca tornando a preparare il tè, ma in quel momento mi sembrò come se avesse voluto evitare di dirmi qualcosa ma non sapevo proprio cosa. Hayato non era un bugiardo, almeno era ciò che credevo ma non volevo farmi film in testa senza motivo.
Il lunedì seguente uscii di casa molto presto e andai come ormai era mia abitudine a chiamare Hayato, ma quando lo feci non nessuno aprì la porta. Che stesse dormendo ancora? Inarcai un sopracciglio, era raro per lui non svegliarsi, così provai a chiamarlo e il cellulare squillava.
- Hey – rispose la sua voce, profonda come sempre alla cornetta.
“Sono fuori casa tua. Che stai facendo? Faremo tardi.”
Ci fu una lunga pausa. – Scusami Aki ma oggi non verrò, ci vediamo direttamente domani. –
“Eh? In che senso oggi non vieni. Hayato!” Non ebbi il tempo di fare domande che riattaccò, così preso da un po’ di rabbia ricominciare a bussare al campanello di casa ma niente, tentai allora ancora col cellulare e dopo vari squilli fatti a vuoto rispose la segreteria dicendomi che quel numero non era più raggiungibile. “Fottuto bastardo..” osservai il suo numero pieno di rabbia.
Non poteva fare così, non poteva lasciarmi così senza una risposta. Al diavolo tutto! Cercai nella rubrica il numero della madre di Hayato e sperai che fosse ancora quello. Hayato mi conosceva bene, non mi arrendevo facilmente e non poteva scaricarmi in quel modo.
- Pronto? -
“Oh salve signora Maeda, sono Aki Nomura l’amico di Hayato.”
- Aki-kun? Cosa c’è? –
Ero davvero fortunato, quel numero funzionava ancora. “Ecco vede non riesco a rintracciare Hayato, mi saprebbe dire dove si trova? A casa non c'è nessuno e sono un po’ preoccupato.”
- Oh non te l’ha detto? Oggi arrivava suo padre dagli Stati Uniti e penso sia andato a prenderlo. – Cosa? Il padre di Hayato era in Giappone?
A sentire quella notizia restai un po’ perplesso e mi tornarono alla mente le volte in cui era stato via tanto tempo per andare a trovare il padre. In quei lunghi periodi mi ero sentito così solo senza lui, e quando tornava non mi raccontava mai nulla. Di suo padre sapevo poco e nulla e non capivo perché tenesse per se una parte della sua vita.
“La ringrazio molto signora.”
- Figurati Aki-kun. Ascolta se riesci a sentirlo puoi dirgli di tornare a casa stasera? –
C’era addirittura la possibilità che non tornasse a casa? “Si lo farò signora.”
- Grazie mille Aki-kun. A presto. –
Continuarono ad affiorare diversi ricordi, tutte le volte che Hayato aveva parlato in inglese dicendo cose che io a quei tempi non potevo capire e che ora ricordavo a stento. Aveva un caratteraccio, si teneva tutto dentro e non mostrava mai i suoi veri sentimenti, persino dichiararsi era stato una faticaccia ed ero stato io a tirargli tutto fuori altrimenti non mi avrebbe mai detto niente. Quell’idiota...
La mia decisione fu rapida e decisi di non andare a scuola quel giorno e cominciai a percorrere la strada opposta in direzione del centro, dove si trovava l'aeroporto con la speranza di trovarlo lì.
Ero uno sciocco, magari si erano già spostati e andavo lì inutilmente. Eppure dentro di me sentivo che dovevo andare, che qualcosa mi stava spingendo a correre sempre più velocemente per arrivare il più velocemente possibile e trovarlo.
Il cuore mi batteva a mille, e mi sudavano le mani. Contavo alla rovescia le fermate della metro che mancavano per arrivare a destinazione e guardavo fisso il tabellone delle fermate affinché il tempo passasse più velocemente e finalmente arrivai, mi sembrò un viaggio interminabile.
In vita mia non avevo mai preso l’aereo e quel luogo mi sembrò immenso, pieno di gente che sbucava da ovunque e soprattutto c’erano tanti stranieri, molti che addirittura avevano i colori di Hayato ma nessuno di questi era lui. Mi resi conto allora che non bastava semplicemente avere i capelli biondi per essere come lui, no, Hayato era speciale per altro.
Mi fermai un momento e spontaneamente mi venne da chiedermi: “Accidenti e adesso come lo trovo!”
Ero stato avventato e non avevo pensato a tanti dettagli, che cosa credevo? Che fosse come stare alla stazione della metro? Lì c’era un casino di gente che andava e veniva e trovarlo sarebbe stato difficile oltre la possibilità che se ne fosse già andato.
Una mano mi toccò la spalla, il gesto mi fece pensare che potesse essere lui così mi voltai con un sorriso stampato in viso “Hayato...” mi spensi quando notai che non era lui, bensì un uomo adulto chiaramente straniero visti i folti capelli biondi e la sua tenuta da turista.
“Hi boy! You know where is the station?”
Cominciò a parlare in inglese, a chiedermi tantissime cose e mi piazzò davanti anche una cartina comprata probabilmente al momento ma non capivo una cippa di quello che diceva. Ero una capra nelle lingue e cercai in tutti modi di spiegargli che non capivo assolutamente niente ma continuò a riempirmi la testa di domande su domande, e si avvicinò sempre di più.
Che qualcuno mi aiuti!, mi venne quasi da piangere in quel momento.
“I’m sorry Mister, my friend doesn’t speak english” una voce familiare comparve dal nulla, e sebbene avesse parlato in un altra lingua la riconobbi immediatamente.
Aprii gli occhi per guardare e trovai davanti a me Hayato che si era messo in mezzo tra me e quel signore allontanandolo. Finalmente il turista parve comprendere che non parlavo affatto la sua lingua e sembrò dispiaciuto ma riprese immediatamente a fare domande ma questa volta ad Hayato.
Lo osservai mente dialogava perfettamente con quel tizio senza alcun problema e in quel momento mi sembrò egli stesso uno straniero a tutti gli effetti. Non ci avevo mai pensato davvero a quanto lui fosse differente da me a quante cose lui avesse dentro di se rispetto a me, era sul serio speciale.
Il turista finalmente lasciò andare Hayato, lo ringraziò con un inchino e se ne andò felice.
“Mio dio Hayato mi hai salvato. Grazie!” respirai profondamente.
Fu in quel momento che Hayato si voltò veloce e mi fulminò con un occhiata che mi lasciò paralizzato “Che cazzo ci fai qua? Ti ho detto che non sarei venuto a scuola.”
“Che cazzo ci faccio qua mi chiedi? E’ ovvio sono venuto a vedere che diavolo avevi! Se non fosse stato per tua madre avrei pensato che ti fossi ucciso da qualche parte.”
Hayato si morse il labbro “Quella vecchia” pensò alla mamma e la maledisse probabilmente.
“Non prendertela con lei anzi è stata anche troppo gentile. Potevi dirmelo che oggi arriva tuo padre dagli Stati Uniti, ti avrei accompagnato.”
“Non mi serviva la tua compagnia per vedere mio padre.”
Preso dalla rabbia gli calpestai un piede con tutta forza che avevo volendo fargli male e ci riuscii, saltellò dal dolore e mi guardò furioso “Sei impazzito?” urlò.
“Sei un idiota! Come non detto me ne torno a casa.”
Gli diedi le spalle e cominciai a camminare e come immaginai mi seguì a ruota come un cagnolino ma non per fermarmi anzi, continuò a punzecchiarmi “Se te ne vai in giro da solo sarai fermato da qualcun altro che parla inglese e visto che sei una capra nelle lingue andrai in panico.”
“Va al diavolo me la caverò, non ho bisogno di te e tu non hai bisogno di me a quanto pare. E io che mi sono anche preoccupato per te, che idiota che sono...” borbottai a me stesso.
Nel sentirlo Hayato mi afferrò il polso per farmi fermare “Eri preoccupato?” domandò sorpreso.
Non capii di cosa si stupì in verità, e nemmeno perché avesse quella faccia sorpresa. “Mi sembra ovvio idiota. Improvvisamente vengo a sapere che non vieni a scuola e non so il perché, mi credi di ghiaccio?”
Hayato sfoderò un sorrisetto compiaciuto “Eri preoccupato per il tuo ragazzo eh?”
Divenni paonazzo nel sentirgli dire una cosa del genere “R-ragazzo? Smettila!” si avvicinò abbastanza da sfiorarmi la mano e stringerla a se, avvicinò poi il suo viso alla mia guancia in cerca dell’orecchio. Tutto ciò non fece altro che farmi venire i brividi. “Smettila c’è gente qui!”
“Non me ne frega niente.”
Mi baciò la testa in maniera molto discreta e sebbene intorno a noi ci fossero tantissime persone che camminavano non fregò neppure a me di essere visto. Avevo il cuore a mille e una strana sensazione di farfalle nello stomaco. Da un pò di tempo ero diventato tutto così davvero strano.
“Hayacchan!”
Fummo colti davvero di sorpresa, dal nulla era comparso un uomo adulto che catturò Hayato in un grosso abbraccio, lì per lì pensai che fosse un qualche pervertito ma non era così.
“Accidenti vecchio lasciami andare!” si dimenò Hayato da quella presa, sembrava conoscere quel signore e guardandolo meglio notai una certa somiglianza tra i due. Non poteva che essere il padre!
Rimasi di sasso, improvvisamente capii da chi Hayato avesse preso il suo aspetto. Suo padre era un uomo bellissimo, alto e robusto, spalle larghe e una folta chioma bionda che portava tirata di lato e il viso incorniciato da una barba bionda che luccicava come se fossero gioielli d’oro. E gli occhi, erano gli stessi di Hayato, la stessa forma e il colore era identico. Mi sembrò quasi di vedere Hayato tra qualche anno e non potei fare a meno di arrossire davanti a tanto spettacolo.
“You are so bad!” disse l’uomo verso il figlio lasciandolo andare, ovviamente parlava inglese, di cosa mi stupivo. Ma questo avrebbe significato non capirci assolutamente nulla.
“Stupid old man” rispose Hayato schivo come sempre.
L’uomo a quel punto notò la mia presenza e mi lanciò un occhiata incuriosita e mi sorrise, “Who is this boy? Your friend?” domandò al figlio indicandomi. Non era difficile capire cosa gli stesse chiedendo.
“Yes, he’s my friend Aki” Hayato si avvicinò a me “Aki questo è mio padre Michael Hobbs” e indicò l’uomo che nel frattempo si era avvicinato abbastanza per cingermi la mano da vero galantuomo. Molto spaesato per quell’usanza gliela strinsi e abbozzai un sorriso.
“Piacere mio signore” dissi in giapponese ma chissà se mi capiva.
“Il piacere è mio Aki” mi sorrise e improvvisamente aveva risposto in giapponese. Ne rimasi sorpreso e il mio stupore fu tale che fece partire una grossa risata in Michael e il figlio lo esortò a smetterla. Ero veramente in imbarazzo.
“Mio padre parla perfettamente giapponese, è vissuto qui anni prima di tornare in America.” Spiegò Hayato brevemente, “Ti capisce e come, vero vecchio?” lo fulminò con un occhiata.
“Oh yes, scusami se prima ho parlato inglese ma è un fatto di abitudine. Bene, che ne dite se andiamo a fare colazione insieme visto che siamo qui?”
Il padre di Hayato mi aveva seriamente invitato a stare con loro? Il mio stupore fu enorme ma la felicità era ancora di più, quell’uomo mi piaceva e sprigionava allegria da ogni poro a differenza di Hayato che sembrava quasi seccato dall’atteggiamento del padre ma rassegnato lo lasciò fare.
“Non dovresti prima andare in albergo per sistemarti?” domandò Hayato.
Michael lo fissò serio “Sta’ tranquillo prenderò una stanza dopo la colazione” ridacchiò per chissà cosa, e munito della sua valigia cominciò a camminare spronandoci a seguirlo.
“Sei venuto ancora una volta senza aver prenotato una stanza? Sei sempre il solito!” lo rimproverò Hayato. Mi piaceva sempre di più suo padre!
“Hayacchan dovresti vivere più serenamente, vero piccolo Aki?” si rivolse a me in cerca di consenso, mi trovai davanti il suo ampio sorriso e mi sembrò quasi di avere di fronte Hayato invecchiato. Era una strana sensazione quella eppure così piacevole.
“Credo di sì..” balbettai con un po’ di voce e Michael parve quasi deluso del mio poco entusiasmo.
“Cos’è, i ragazzini di qui sono tutti depressi o cosa? Vi farò riprendere un po’” sorrise ancora. Che cosa intendeva per farci riprendere un po’?
Per colazione Michael ci portò in un costoso caffè del centro, ordino una mega colazione mischiando sia dolce che salato e ci costrinse ad assaggiare strana roba che non avevo mai mangiato, ma Hayato sembrava perfettamente a suo agio gradendo anche quel bacon arrostito, mentre io dovetti reprimere la voglia di vomitare, ma trovai di buon gusto il cappuccino e i pancakes al cioccolato.
Il padre di Hayato pagò tutto di tasca sua non volendo accettare che dei ragazzini pagassero la loro parte, fu un gesto davvero gentile e quella mattina non finì certamente così; Micheal ci trascinò un po’ in giro per la città, entro proprio nelle vesti di un turista e cominciammo a girare un po’ ovunque e spese altri soldi inutilmente per farci fare cose che facevamo praticamente tutti i giorni.
Prenotò prima una saletta al karaoke, cantò praticamente solo lui dando il meglio di se sebbene fosse molto stonato, e per tutto il tempo Hayato non fece che vergognarsi di quello spettacolo. Io lo trovai molto divertente e più di una volta mi trascinò a cantare con lui.
Dopo il karaoke ci portò al Ueno Park, chissà come trovò il laghetto e non poté farsi scappare l’occasione di prenotare una barca costringendoci a seguirlo. Una volta sopra Hayato cominciò a sbottare, divenne completamente verde dalla nausea ma il padre continuò la remata ignorando che il figlio soffrisse il mal di mare. Avevo appena scoperto una nuova cosa di Hayato e mi venne da ridere.
Per tutta la giornata non feci che ridere in loro compagnia. Avevano un rapporto strano, non sembravano affatto padre e figlio ma due amici che battibeccava per ogni cosa. Sembravano un po’ io e lui e la cosa mi fece capire che Hayato era così solo con le persone più vicine a lui, mostrando chi fosse veramente.
Si fece presto pomeriggio. “Aaah mi sono proprio divertito un mondo, ma credo che ora sia arrivato il momento di trovarmi una camera in qualche hotel e per voi credo sia arrivata l’ora di tornare a casa dalle vostre mamme.”
Hayato era distrutto e lo ero anch’io. “Sicuro che non ti serva una mano?” chiese il figlio.
Michael scosse la testa “Sta’ tranquillo, sono un adulto dopotutto e poi devi accompagnare Aki a casa.”
Nel sentirmi nominare pensai che forse era arrivato il momento per me di andare per lasciarli un po’ soli, per tutto il giorno non ci avevo pensato ed ero stato il terzo in comodo.
“Allora ci sentiamo domani” Hayato gli sorrise tenendo le mani in tasca.
“Si a domani Harry” disse.
Harry? Nel sentire quel nome mi domandai con chi stesse parlando, non certo con Hayato.
Lasciammo Michael dinanzi ad un albergo a cinque stelle e non ce ne andammo fin quando non lo vedemmo sparire dietro la grossa porta, a quel punto sentii Hayato sospirare. “Vieni torniamo a casa” mi incitò a camminare.
“Hayato mi dispiace, ho interferito nella giornata tra te e tuo padre e adesso sei costretto a tornare a causa mia..” mi strinsi nelle spalle, non volevo rovinargli una cosa così importante.
Hayato si voltò a guardarmi, mi scrutò seriamente e poi sbuffò seccato “Che diavolo dici” rispose però e mi sorprese, “quel vecchio è fatto così, anzi è stato più contento lui in questo modo, ama passare il tempo con i mocciosi come noi e comportarsi da padre di famiglia.”
“Si ma...”
“Sono contento” attirò la mia attenzione dicendo così e fece in modo che smettessi di guardarmi i piedi, trovai il coraggio di guardarlo in faccia ma non ne incontrai lo sguardo che nel frattempo aveva nascosto sotto i capelli biondi, “sono contento di averti potuto presentare a lui.”
Quella confessione fece battere più forte il mio cuore e un ondata di calore arrivò fino alle guance, perché improvvisamente diceva certe cose! Dannazione. "S-sì sono contento anch’io..” non seppi che altro dire.
“Bene! Visto che siamo qui che ne dici di cenare fuori da soli?” mi afferrò la mano e cominciò a trascinarmi lungo il marciapiede radioso come un bimbo a natale. Aveva in viso un sorriso sincero, lo avevo mai visto così contento prima?
“Hayato senti una cosa, perché prima tuo padre ti ha chiamato Harry?”
“Oh beh perché Harry è il mio nome all’anagrafe.”Cosa? Mi fermai di colpo per la notizia shock, Hayato notò la mia faccia piena di stupore e rise “Traumatico?”
“Significa che non ti chiami Hayato?!”
“Beh sì, è il nome che ha sempre usato mia madre per chiamarmi e vivendo in Giappone porto il suo cognome ma il mio nome è Harry Maeda Hobbs.”
“Cazzo hai il doppio cognome!” esclamai ancora più sorpreso.
Hayato mostrò un aria seccata “E’ normale, sono per metà americano e ho la cittadinanza anche li. Per i giapponesi è troppo difficile il mio vero cognome quindi uso quello della mamma e Hayato è il nome del padre di mia madre morto tanti anni fa, a lei piaceva e per aiutarmi nell’integrazione ha fatto in modo che diventasse il mio nome effettivo, Harry non lo uso mai.”
Improvvisamente mi resi conto di non sapere assolutamente di lui, per tutti questi anni lo avevo chiamato con un nome che non era neppure il suo. “Ma cazzo perché non me l’hai mai detto?! Ti ho sempre chiamato Hayato convinto che fosse il tuo nome.”
“Ma è il mio nome. Per te sono Hayato o Harry?”
“Beh.. sei Hayato.”
Mi strappò un bacio sulla guancia avvicinando il suo viso al mio “Allora sono solo Hayato.”
Lo odiavo quando faceva così ma l’irritazione sparì di colpo subito dopo quel bacio innocente, e il modo sexy che aveva usato nel pronunciare il suo nome. Sapeva farci, ed era pericoloso per me.
Quel giorno avevo imparato nuove cose che non conoscevo di lui, e sentivo di aver compiuto un altro passo in più nel suo mondo. Diversamente da un tempo sentivo che si stava aprendo mostrandomi chi era, ogni parte di lui e ne ero davvero felice.
  
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