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Autore: Fiamma Drakon    22/06/2009    1 recensioni
Strane chiamate senza risposta ed ombre evanescenti sono alcuni degli strani avvenimenti che turbano il quieto scorrere dell'esistenza di Pride, che si ritroverà alle prese con le sue prime "cotte adolescenziali" e a confronto con qualcosa che supera anche le capacità degli Homunculus...
[dedicata a valerya90 e _Titti_]
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Pride
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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4_Chiamata senza risposta Pride fu svegliato il mattino seguente dalla limpida luce mattutina che filtrava dalla finestra, colpendolo in pieno viso.
Il biondo si mise una mano sugli occhi, cercando di contenere il riverbero solare che lo stava letteralmente accecando.
Accanto a sé sentiva ancora la presenza di Malice, il suo respiro regolare.
Si volse a guardarla: era incantevole nella sua macabra innocenza.
Era lì, sdraiata accanto a lui, perfettamente addormentata.
Era così bella, così innocente e così dannatamente attraente.
E lui le piaceva.
Inspirò profondamente, cercando di contenersi dall’esultare ad alta voce: la sera prima aveva finalmente avuto conferma di ciò che provava. Lui le piaceva come lei piaceva a lui.
Era stato semplicemente pazzesco, qualcosa di assolutamente straordinario.
Lei lo ricambiava: stentava ancora a crederci, nonostante fosse la pura e semplice verità.
Cercò di calmarsi e il suo sguardo saettò di nuovo verso Malice: semplicemente perfetta.
D’un tratto, il suo fine udito captò il riecheggio del trillo del telefono nel corridoio e s’alzò. Velocemente, uscì dalla camera e percorse il corridoio, scese le scale e sollevò la cornetta.
- Pronto? - domandò.
Nessuna risposta, solo silenzio e quel silenzio gli provocò un’ondata improvvisa ed assolutamente immotivata di brividi.
- Chi parla? - chiese.
Di nuovo, nessuna risposta.
Perplesso e, in un certo senso, spaventato, riagganciò la cornetta e risalì le scale.
Era quasi arrivato in cima, quando il telefono squillò di nuovo.
Quel trillo aveva improvvisamente assunto un suono vagamente sinistro.
Ridiscese le scale e rialzò il ricevitore.
- Pronto?! Si può sapere chi parla?! - domandò con una punta di minaccia nella voce.
Un respiro, rauco, impercettibile, gli giunse all’orecchio e gli provocò nuovi, strani fremiti: avrebbe giurato che quella persona o qualsiasi cosa ci fosse al di là della cornetta stesse ridacchiando sommessamente.
Riagganciò senza perdere un solo istante e risalì le scale velocemente: non gli piaceva affatto la sensazione di profondo disagio che provava.
Stava ancora ragionando su ciò che gli era appena successo, quando sbatté contro qualcuno lungo il corridoio.
- Oh, Malice... scusami io... non ti avevo vista... - cercò di giustificarsi il biondo, arrossendo imbarazzato, evitando di guardarla direttamente negli occhi.
Malice lo fissava dal basso, ancora un po’ assonnata.
- Figurati! Mi sorprende piuttosto che tu sia rimasto sorpreso notandomi! L’imperturbabile Pride finalmente un po’ scosso! - esclamò lei, sorridendogli allegramente.
Lui ricambiò il suo sorriso, guardandola apertamente negli occhi e rimase sorpreso: la vitalità che l’aveva animata fino a pochi istanti prima era del tutto svanita, sostituita da un diffidente sguardo indagatore.
- Cosa ti è successo? - lo aggredì con molto meno tatto del consueto.
Pride riconobbe immediatamente quel tono: era quello che utilizzava per sapere qualcosa riguardante le sue visioni.
- Nulla - rispose lui altrettanto freddamente.
- Pride, non essere cocciuto e non cercare di tenermi nascoste certe cose, perché sai benissimo che ti smaschererei subito! - gli ringhiò contro lei, gli occhi ridotti a due fessure.
Diveniva intrattabile quando entravano in gioco le sue visioni.
- Non mi è successo niente di particolare - ribadì Orgoglio.
Malice emise una specie di basso ringhio, molto simile a quello di un gatto, fissandolo ostinatamente in modo penetrante.
L’Homunculus si sentì letteralmente perforato da quegli occhi così potenti come da una lama arroventata, ma non desisté: non aveva la minima intenzione di dirle cos’era appena accaduto. Ci andava di mezzo il suo orgoglio personale.
Ma, a quanto pareva, neppure Malice sembrava intenzionata a lasciar perdere.
- Dimmelo! Lo sai che lo vedrò comunque con le visioni, tanto vale che tu mi risparmi la fatica -.
- Non è successo assolutamente niente! Sono solo... stanco. Mi hai fatto preoccupare un sacco ieri sera, credevo che non sarei riuscito a salvarti. Tutto qui - mentì, osservandola dritta negli occhi.
Lei parve momentaneamente spiazzata e rimase immobile a fissarlo. Quando parlò di nuovo, aveva le lacrime agli occhi.
- E allora?! Chi ti ha chiesto niente?! -.
- Non mi pare una buona scusa... saresti potuta morire... ma perché devi sempre esporti inutilmente per correr dietro a quegli stupidi umani?!?! -.
Lei rimase scioccata: stavolta era stato veramente cattivo.
- Qui l’unico stupido sei tu, Pride! -.
Gli mollò un ceffone e corse via, chiudendosi nella sua stanza, sbattendo violentemente la porta.
Lui rimase lì, in mezzo al corridoio, palesemente stupito, sfiorandosi appena la guancia brutalmente colpita: era stato troppo duro con lei e lo sapeva, ma ormai il danno era fatto. Non avrebbe dovuto essere così pesante con lei: era certo che ora l’avrebbe odiato e addio ai bei momenti che per lunghissime sere aveva immaginato con tanto fervore. Aveva rovinato tutto a causa di quella telefonata.
Si voltò di nuovo verso il corridoio: quella telefonata non era normale. Affatto. Gli aveva lasciato una malsana sensazione di paura che non sapeva spiegarsi in alcun modo: sapeva solo che non era normale che un Homunculus del suo calibro potesse essere spaventato da una voce roca al di là di un telefono.
Troppo, malsanamente strano e non se lo sapeva spiegare in nessun modo.
Chissà, forse era stata solo soggezione...
   
 
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