Il biondo si mise una mano sugli occhi, cercando di contenere il riverbero solare che lo stava letteralmente accecando.
Accanto a sé sentiva ancora la presenza di Malice, il suo respiro regolare.
Si volse a guardarla: era incantevole nella sua macabra innocenza.
Era lì, sdraiata accanto a lui, perfettamente addormentata.
Era così bella, così innocente e così dannatamente attraente.
E lui le piaceva.
Inspirò profondamente, cercando di contenersi dall’esultare ad alta voce: la sera prima aveva finalmente avuto conferma di ciò che provava. Lui le piaceva come lei piaceva a lui.
Era stato semplicemente pazzesco, qualcosa di assolutamente straordinario.
Lei lo ricambiava: stentava ancora a crederci, nonostante fosse la pura e semplice verità.
Cercò di calmarsi e il suo sguardo saettò di nuovo verso Malice: semplicemente perfetta.
D’un tratto, il suo fine udito captò il riecheggio del trillo del telefono nel corridoio e s’alzò. Velocemente, uscì dalla camera e percorse il corridoio, scese le scale e sollevò la cornetta.
- Pronto? - domandò.
Nessuna risposta, solo silenzio e quel silenzio gli provocò un’ondata improvvisa ed assolutamente immotivata di brividi.
- Chi parla? - chiese.
Di nuovo, nessuna risposta.
Perplesso e, in un certo senso, spaventato, riagganciò la cornetta e risalì le scale.
Era quasi arrivato in cima, quando il telefono squillò di nuovo.
Quel trillo aveva improvvisamente assunto un suono vagamente sinistro.
Ridiscese le scale e rialzò il ricevitore.
- Pronto?! Si può sapere chi parla?! - domandò con una punta di minaccia nella voce.
Un respiro, rauco, impercettibile, gli giunse all’orecchio e gli provocò nuovi, strani fremiti: avrebbe giurato che quella persona o qualsiasi cosa ci fosse al di là della cornetta stesse ridacchiando sommessamente.
Riagganciò senza perdere un solo istante e risalì le scale velocemente: non gli piaceva affatto la sensazione di profondo disagio che provava.
Stava ancora ragionando su ciò che gli era appena successo, quando sbatté contro qualcuno lungo il corridoio.
- Oh, Malice... scusami io... non ti avevo vista... - cercò di giustificarsi il biondo, arrossendo imbarazzato, evitando di guardarla direttamente negli occhi.
Malice lo fissava dal basso, ancora un po’ assonnata.
- Figurati! Mi sorprende piuttosto che tu sia rimasto sorpreso notandomi! L’imperturbabile Pride finalmente un po’ scosso! - esclamò lei, sorridendogli allegramente.
Lui ricambiò il suo sorriso, guardandola apertamente negli occhi e rimase sorpreso: la vitalità che l’aveva animata fino a pochi istanti prima era del tutto svanita, sostituita da un diffidente sguardo indagatore.
- Cosa ti è successo? - lo aggredì con molto meno tatto del consueto.
Pride riconobbe immediatamente quel tono: era quello che utilizzava per sapere qualcosa riguardante le sue visioni.
- Nulla - rispose lui altrettanto freddamente.
- Pride, non essere cocciuto e non cercare di tenermi nascoste certe cose, perché sai benissimo che ti smaschererei subito! - gli ringhiò contro lei, gli occhi ridotti a due fessure.
Diveniva intrattabile quando entravano in gioco le sue visioni.
- Non mi è successo niente di particolare - ribadì Orgoglio.
Malice emise una specie di basso ringhio, molto simile a quello di un gatto, fissandolo ostinatamente in modo penetrante.
L’Homunculus si sentì letteralmente perforato da quegli occhi così potenti come da una lama arroventata, ma non desisté: non aveva la minima intenzione di dirle cos’era appena accaduto. Ci andava di mezzo il suo orgoglio personale.
Ma, a quanto pareva, neppure Malice sembrava intenzionata a lasciar perdere.
- Dimmelo! Lo sai che lo vedrò comunque con le visioni, tanto vale che tu mi risparmi la fatica -.
- Non è successo assolutamente niente! Sono solo... stanco. Mi hai fatto preoccupare un sacco ieri sera, credevo che non sarei riuscito a salvarti. Tutto qui - mentì, osservandola dritta negli occhi.
Lei parve momentaneamente spiazzata e rimase immobile a fissarlo. Quando parlò di nuovo, aveva le lacrime agli occhi.
- E allora?! Chi ti ha chiesto niente?! -.
- Non mi pare una buona scusa... saresti potuta morire... ma perché devi sempre esporti inutilmente per correr dietro a quegli stupidi umani?!?! -.
Lei rimase scioccata: stavolta era stato veramente cattivo.
- Qui l’unico stupido sei tu, Pride! -.
Gli mollò un ceffone e corse via, chiudendosi nella sua stanza, sbattendo violentemente la porta.
Lui rimase lì, in mezzo al corridoio, palesemente stupito, sfiorandosi appena la guancia brutalmente colpita: era stato troppo duro con lei e lo sapeva, ma ormai il danno era fatto. Non avrebbe dovuto essere così pesante con lei: era certo che ora l’avrebbe odiato e addio ai bei momenti che per lunghissime sere aveva immaginato con tanto fervore. Aveva rovinato tutto a causa di quella telefonata.
Si voltò di nuovo verso il corridoio: quella telefonata non era normale. Affatto. Gli aveva lasciato una malsana sensazione di paura che non sapeva spiegarsi in alcun modo: sapeva solo che non era normale che un Homunculus del suo calibro potesse essere spaventato da una voce roca al di là di un telefono.
Troppo, malsanamente strano e non se lo sapeva spiegare in nessun modo.
Chissà, forse era stata solo soggezione...